XII IL COMITATO SCOLASTICO

Quando la carrozzella si fermò di fronte alla locanda, la vecchia Peg Guester era a una finestra del piano di sopra a dare aria ai materassi, e di conseguenza godeva di un’ottima visuale. Era il nuovo mezzo di Whitley Physicker, un veicolo modernissimo con una cabina chiusa che teneva fuori l’acqua e la maggior parte della polvere. Ora Physicker poteva permettersi di pagare un uomo che stesse a cassetta al posto suo. Era per questo genere di cose che la maggior parte della gente adesso lo chiamava «dottor Physicker», e non più semplicemente «Whitley».

Il cocchiere era Po Doggly, che una volta aveva una fattoria, ma, da quando era morta sua moglie, aveva cominciato a bere. Era stato un bel gesto da parte di Whitley assumere Po, giacché gli altri non lo consideravano che un vecchio ubriacone. Cose del genere facevano sì che la maggioranza della gente avesse una buona opinione del dottor Physicker, sebbene egli sfoggiasse la sua recente ricchezza più di quanto convenisse a un buon cristiano.

Po saltò giù dalla cassetta e corse ad aprire la porta della carrozzella. Ma a scenderne per primo non fu Whitley Physicker, bensì Pauley Wiseman, lo sceriffo Se c’era un uomo al mondo che non meritava il nome di Wiseman, cioè «saggio», questi era proprio Pauley. Solo a guardarlo la vecchia Peg si sentiva accapponare la pelle. Suo marito Horace lo diceva sempre: chiunque desiderasse il posto di sceriffo era chiaramente inadatto a ricoprire quella carica. Pauley Wiseman aveva desiderato quel posto, l’aveva desiderato più di quanto la maggioranza delle persone desiderasse respirare. Lo si poteva capire dal modo in cui portava quella stupida stella d’argento bene in vista, sul petto della giacca, cosicché nessuno potesse dimenticare che stava parlando all’uomo che aveva le chiavi della prigione. Come se Hatrack avesse bisogno di una prigione!

Poi scese dalla carrozzella Whitley Physicker, e la vecchia Peg capì immediatamente che cosa fossero venuti a fare. Il comitato scolastico aveva preso la sua decisione, e quei due erano lì per assicurarsi che la vecchia Peg l’accettasse senza far baccano in pubblico. La donna sbatté sul davanzale il materasso che aveva fra le mani, lo sbatté con tanta forza che quasi le sfuggì di mano; allora lo afferrò per un angolo e lo tirò su in modo che prendesse aria come doveva. Poi scese le scale di corsa; non era ancora tanto vecchia da non poter fare di corsa una rampa di scale… in discesa, almeno.

Si guardò intorno in cerca di Arthur Stuart, ma naturalmente il bambino non si trovava in casa. Era abbastanza grande per sbrigare le faccende domestiche, e lo faceva senza discussioni, però, quando aveva finito, se ne andava a zonzo per conto suo, qualche volta in città, qualche volta da Alvin, il giovane apprendista del fabbro. «Perché vai sempre da lui, figliolo?» gli aveva chiesto una volta la vecchia Peg. «Perché devi sempre andare a dargli fastidio?» Per tutta risposta, Arthur aveva sorriso, poi aveva allargato le braccia proprio come un lottatore di strada pronto ad agguantare l’avversario e aveva detto: «Voglio imparare a mettere a terra un uomo grosso il doppio di me». La cosa buffa era che l’aveva detto esattamente con la voce di Alvin e nello stesso identico tono in cui Alvin l’avrebbe detto, cioè con una punta di riso nella voce, così che l’altro capisse che non doveva prenderlo proprio sul serio. Arthur aveva quel dono, sapeva imitare chiunque come se lo conoscesse sino in fondo all’anima. A volte la vecchia Peg si chiedeva se il bambino non avesse anche qualcosa della fiaccola, come la figlia che le era scappata, la piccola Peggy; ma no, non sembrava che Arthur capisse veramente quello che faceva. Era semplicemente un imitatore. Tuttavia era furbo come un diavolo, e per questo la vecchia Peg pensava che il bambino meritasse di andare a scuola, forse più di qualsiasi altro suo coetaneo di Hatrack.

Giunse alla porta d’ingresso un istante prima che i nuovi arrivati cominciassero a bussare. La vecchia Peg Guester, ansimando un poco per la fretta con cui aveva sceso le scale, non aprì, anche se scorgeva le ombre degli uomini attraverso le tendine di pizzo che coprivano i riquadri vetrati della porta. I due sembravano dondolarsi sui piedi, come se fossero nervosi… e ne avevano ben donde. Facciamoli penare ancora un po’, si disse la vecchia Peg.

Era proprio tipico di gente come quella del comitato scolastico affidare un incarico del genere a Whitley Physicker. Vedere la sua ombra alla porta di casa bastava a mandar fuori dai gangheri la vecchia Peg Guester. Non era forse stato lui quello che s’era portato via la piccola Peggy sei anni prima, e poi non aveva voluto dirle dov’era andata? A Dekane, si era limitato a dirle, da gente che Peggy sembrava conoscere. E poi Horace, il marito di Peg, che leggeva e rileggeva quel biglietto dicendo: «Se una fiaccola non sa provvedere al proprio futuro, certamente nessuno di noi può fare di meglio». Già, se non fosse stato per il bisogno che Arthur Stuart aveva di lei, la vecchia Peg si sarebbe alzata e se ne sarebbe andata. Proprio andata, e allora avremmo visto come se la sarebbero cavata! Portarsi via mia figlia, e raccontarmi che era la soluzione migliore… fare una cosa del genere a una madre! Chissà che cosa succederebbe se me ne andassi io. Se non avessi avuto Arthur a cui badare, me la sarei filata tanto in fretta che la mia ombra sarebbe rimasta sotto la porta.

E adesso le mandavano Whitley Physicker per lo stesso motivo, per farla soffrire di nuovo a causa di un figlio. Stavolta però sarebbe stata più dura, perché la piccola Peggy in realtà era in grado di badare a se stessa, Arthur Stuart no, era solo un bambino di sei anni, un bambino senza nessun futuro a meno che la vecchia Peggy non avesse lottato con le unghie e con i denti.

Bussarono di nuovo. La vecchia Peg aprì la porta. Di fronte a lei c’era Whitley Physicker, con un’espressione allegra e solenne sul viso, e alle sue spalle Pauley Wiseman, con un’aria solenne e boriosa. Come due alberi della stessa nave, con le vele spiegate e l’aria da padreterni. Due palloni gonfiati. Siete venuti per spiegare a me come si vive? Prego, accomodatevi.

«Goody Guester» disse il dottor Physicker togliendosi il cappello come si conveniva a un gentiluomo. Ecco che cos’è che non funziona a Hatrack di questi tempi, pensò la vecchia Peg. Tutte queste persone che si danno arie da gran signori. Ma non si rendono conto che questo è l’Hio? I gran signori stanno nelle Colonie della Corona con Sua Maestà, l’altro Arthur Stuart. Il re bianco dai lunghi capelli, ben diverso dal ragazzino nero dai capelli corti. Nello Stato dell’Hio chiunque si creda un gentiluomo non fa che prendere in giro se stesso e gli altri idioti come lui.

«Immagino che vogliate entrare» disse la vecchia Peg.

«Mi auguravo che fossimo invitati a farlo» replicò Physicker. «Veniamo da parte del comitato scolastico.»

«Allora potete dirmi di no anche in veranda.»

«Ehi, ascoltate» intervenne lo sceriffo Pauley. Non era abituato a restare in piedi fuori della porta.

«Non siamo venuti a dirvi di no, Goody Guester» disse il dottore.

La vecchia Peg non abboccò neanche per un istante. «Vorreste raccontarmi che quel branco d’ipocriti dal colletto inamidato acconsente a lasciar entrare un bambino nero nella nuova scuola?»

A questo punto lo sceriffo Pauley esplose come un barile pieno di polvere da sparo. «Be’, se eravate così dannatamente sicura di sapere la risposta, vecchia Peg, perché prendervi la briga di presentare la domanda?»

«Perché volevo che tutti quanti vi mostraste per quello che siete veramente, degli schiavisti che odiano i Neri! Così, un giorno, quando gli Emancipazionisti avranno vinto e ai Neri saranno riconosciuti ovunque i loro diritti, dovrete subire il pubblico disprezzo che vi meritate.»

La vecchia Peg pronunciò queste ultime parole a voce così alta che non sentì suo marito arrivarle alle spalle.

«Margaret» disse Horace Guester. «Nessuno resta in piedi nella mia veranda senza essere invitato in casa.»

«Invitali tu, allora» sbottò la vecchia Peg. Quindi, girate le spalle al dottor Physicker e allo sceriffo Pauley, se ne andò in cucina. «Me ne lavo le mani» gridò.

Però, una volta entrata in cucina, si rese conto che quando i due visitatori erano arrivati lei non stava cucinando, bensì rifacendo i letti al piano di sopra. E mentre se ne stava lì incerta sul da farsi, le venne da pensare che anche Ponzio Pilato si era lavato le mani di fronte ai farisei. E lei si era dichiarata colpevole di empietà con le sue stesse parole. Dio non l’avrebbe certamente guardata con occhio benevolo se si fosse messa a imitare l’uomo che aveva lasciato ammazzare Gesù. Perciò la vecchia Peg girò sui tacchi, rientrò nella sala comune e andò a sedersi vicino al camino. Essendo agosto, il fuoco era spento, e quello era il posto ideale per sedersi al fresco. Non come accanto al focolare di cucina, che nelle giornate estive era caldo come il cesso del diavolo. Non c’era nessun motivo per sciogliersi in sudore in cucina mentre quei tre decidevano il destino di Arthur Stuart nella stanza più fresca della casa.

Suo marito e i due ospiti la guardarono, ma non fecero alcun commento riguardo al modo in cui era uscita e poi rientrata. La vecchia Peg sapeva benissimo che cosa si diceva dietro le sue spalle — che litigare con la vecchia Peg Guester era come cercar di mettere la museruola a un ciclone — ma non le dispiaceva affatto che uomini come Whitley Physicker e Pauley Wiseman le si rivolgessero con una certa cautela. Dopo qualche istante, quando lei si fu seduta, i tre ripresero a parlare.

«Come ti dicevo, Horace, abbiamo considerato seriamente la tua proposta» disse Physicker. «Per noi sarebbe una gran comodità se la nuova maestra venisse alloggiata alla locanda anziché stare a pensione qua e là come è accaduto finora. Ma non possiamo permettere che tu lo faccia gratis. Abbiamo un numero sufficiente d’iscritti e ricaviamo un gettito sufficiente dalla tassa sulla proprietà da poterti offrire un piccolo compenso.»

«Vale a dire?»

«Dobbiamo ancora definire i particolari, ma si parlava di venti dollari l’anno.»

«Francamente» ribatté Horace «mi sembra poco, se si tratta di coprire le spese effettive.»

«Vedi, Horace, sappiamo di essere molto al di sotto delle spese. Siccome però ti eri offerto di ospitarla gratuitamente, ci sembrava comunque un miglioramento.»

Horace stava per acconsentire, ma Peg non riuscì più a sopportare tanta ipocrisia. «Lo so io di che cosa si tratta, dottor Physicker, e non è affatto un miglioramento. Non c’eravamo offerti di ospitare gratuitamente una maestra. C’eravamo offerti di ospitare gratuitamente la maestra di Arthur Stuart. E se credete che venti dollari bastino a farmi cambiare idea, sarà meglio che rifacciate i vostri calcoli.»

Il dottor Physicker aveva un’espressione sofferente. «Ascoltate, Goody Guester. Non lasciatevi trascinare dall’emozione. Nessuno, nel comitato scolastico, ha avuto niente da obiettare al fatto che Arthur Stuart frequentasse la nuova scuola.»

Mentre Physicker pronunciava queste parole, la vecchia Peg lanciò un’occhiata arcigna a Pauley Wiseman. Quest’ultimo si dimenava sulla sedia come se avesse un tremendo prurito in un posto nel quale un gentiluomo non può grattarsi. Certo, il dottor Physicker può dire quel che vuole, ma io ti conosco, Pauley Wiseman, e so che in quel comitato c’era almeno una persona che aveva un sacco di obiezioni a proposito di Arthur Stuart.

Whitley Physicker continuò a parlare, si capisce. Poiché stava fingendo che tutti adorassero il piccolo Arthur Stuart, non era certo nella posizione migliore per prendere atto della scomoda posizione dello sceriffo Pauley. «Sappiamo che Arthur è stato allevato da coloro che hanno fondato la città di Hatrack e oggi ne sono i due cittadini più rispettati, e tutta la città gli vuole bene. Ma non riusciamo a capire quali benefici potrà recare al ragazzo un’educazione scolastica.»

«Gli stessi benefici che può recare a chiunque altro» lo rimbeccò la vecchia Peg.

«Davvero? Siete convinta che imparare a leggere e a scrivere gli possa procurare un posto in un ufficio contabile? Credete sul serio che se pure gli permettessero di prendere la toga, una qualsiasi giuria sarebbe disposta ad ascoltare l’arringa di un avvocato nero? La società ha decretato che ogni bambino nero resti Nero anche da adulto, e il Nero, come l’antico Adamo, si procurerà il pane col sudore della fronte, e non con le fatiche dell’intelletto.»

«Arthur Stuart è più intelligente di qualsiasi altro bambino che frequenti quella scuola, e voi lo sapete.»

«Una ragione in più per non suscitare in lui speranze che potranno solo essere deluse quando diventerà grande. Sto parlando delle vie del mondo, Goody Guester, non delle vie del cuore.»

«E allora perché voi sapientoni del comitato scolastico non dite: ‘Al diavolo le vie del mondo, noi faremo ciò che riteniamo giusto!’ Non posso costringervi a fare quel che non volete, ma che io sia dannata se vi lascio dire che è per il bene di Arthur!»

Horace trasalì. Non gli piaceva sentir imprecare sua moglie. La vecchia Peg aveva cominciato da poco a farlo, dalla volta in cui aveva pubblicamente insultato Millicent Mercher perché quest’ultima voleva essere chiamata «Padrona» Mercher invece di «Goody» Mercher. A Horace non andava a genio sentirla usare parole del genere, soprattutto perché, a differenza di un uomo, non sembrava capace di scegliere il luogo e il momento giusti, o almeno così sosteneva lui. Ma la vecchia Peg affermava che se non si poteva insultare un ipocrita patentato, allora a che servivano gl’insulti?

Pauley Wiseman cominciò a farsi rosso, controllando a malapena la sfilza delle sue imprecazioni preferite che gli stava per salire alle labbra. Ma Whitley Physicker adesso era un gentiluomo, e si limitò a chinare la testa per un istante, come in preghiera… La vecchia Peg, comunque, immaginò che semplicemente attendesse di essersi calmato abbastanza da rispondere in modo civile. «Goody Guester, avete ragione. La scusa che fosse per il bene di Arthur l’abbiamo trovata solo dopo aver preso la decisione» disse infine.

La franchezza di quella risposta la lasciò senza parole, almeno per il momento. Persino lo sceriffo Pauley riuscì a emettere solo una specie di squittio. Whitley Physicker non si stava attenendo a ciò che tutti insieme avevano deciso di sostenere; pareva rischiosamente vicino a dire la verità, e lo sceriffo Pauley non sapeva mai che fare quando la gente cominciava a spargere in giro pericolose verità. La vecchia Peg provò un piacere particolare nel vedere Pauley Wiseman fare la figura dell’imbecille, cosa per cui il vecchio Pauley sembrava avere un autentico dono.

«Vedete, Goody Guester, noi vogliamo che questa scuola funzioni come si deve, lo vogliamo veramente» proseguì il dottor Physicker. «Il concetto stesso di scuola pubblica è abbastanza curioso. Nelle Colonie della Corona le scuole funzionano in modo tale che a frequentarle siano solo le persone che hanno mezzi e titoli nobiliari, cosicché i poveri non hanno modo d’istruirsi e di migliorare le loro condizioni di vita. Nella Nuova Inghilterra le scuole sono tutte religiose, per cui non ne escono menti brillanti, bensì soltanto dei perfetti piccoli puritani che sanno stare al posto assegnato a ciascuno di loro dalla volontà divina. Ma le scuole pubbliche degli Stati olandesi e della Pennsylvania stanno dimostrando a tutti che in America possiamo fare di meglio. Possiamo insegnare a ogni bambino in ogni capanna di tronchi a leggere, scrivere e far di conto, in modo da avere un’intera nazione abbastanza istruita da votare, detenere incarichi pubblici e governarsi da sola.»

«Tutto questo è molto bello» disse la vecchia Peg «e ricordo bene che questo stesso discorso l’avete fatto nella nostra sala comune non più di tre mesi fa, quando dovevamo votare per la tassa scolastica. Quel che non riesco a capire, Whitley Physicker, è perché secondo voi mio figlio dovrebbe essere un’eccezione.»

A quel punto, lo sceriffo Pauley decise che era il momento di tirare i remi in barca. E siccome tutti quanti dicevano la verità in maniera così sconsiderata, anche lui perse il controllo di sé e disse la verità. Era un’esperienza del tutto nuova per lui, e gli diede alla testa. «Scusatemi, vecchia Peg, ma in quel ragazzo non c’è una goccia di sangue vostro, per cui non lo potete considerare come un figlio… Inoltre, anche ammettendo che in lui vi sia qualcosa di Horace, questo non basterebbe certo a farlo diventare Bianco.»

Horace si alzò lentamente in piedi, come se si stesse preparando a invitare lo sceriffo Pauley fuori di casa per inculcargli un po’ di buone maniere a suon di cazzotti. Probabilmente Pauley Wiseman capì di essere nei guai nel momento stesso in cui aveva ventilato la possibilità che Horace fosse il padre di un bastardo mezzo Nero. E quando Horace si alzò in tutta la sua statura, Pauley si rese conto che uno scontro tra loro due avrebbe potuto finire in un modo solo. Perciò il vecchio Pauley si comportò com’era sua abitudine quando le cose rischiavano di sfuggirgli di mano. Si voltò leggermente di sbieco, in modo che il suo distintivo puntasse diritto verso Horace Guester. Prova a toccarmi, diceva quel distintivo, e finirai in tribunale per aggressione a pubblico ufficiale.

La vecchia Peg tuttavia sapeva che suo marito non avrebbe mai colpito un uomo per una parola di troppo; Horace non aveva steso nemmeno quel ratto di fiume che una volta l’aveva accusato di atti innominabili con animali da cortile. Horace non era tipo da perdere il controllo di sé in un accesso di rabbia. Anzi, la vecchia Peg vide che in quel preciso istante Horace aveva già dimenticato la propria rabbia verso Pauley Wiseman e stava seguendo un altro ragionamento.

Difatti Horace si rivolse alla vecchia Peg come se Wiseman nemmeno fosse esistito. «Forse dovremmo lasciar perdere, Peg. Finché Arthur era piccolo e carino è andato tutto bene, ma ora…»

Horace, guardando la vecchia Peg dritto negli occhi, si guardò bene dal concludere la frase. Lo sceriffo Pauley invece abboccò immediatamente all’amo. «Diventa più nero ogni giorno che passa, Goody Guester.»

Che si poteva rispondere a un’affermazione del genere? Se non altro, adesso il senso di quanto stava accadendo era chiarissimo: a impedire l’accesso di Arthur Stuart alla nuova scuola di Hatrack era il colore della sua pelle, e nient’altro.

Scese il silenzio. Whitley Physicker sospirò. Quando si aveva a che fare con lo sceriffo Pauley, niente andava mai secondo le previsioni. «Lo capite, adesso?» mormorò Physicker. Ora sembrava mite e ragionevole, tono che gli si addiceva particolarmente. «In questa città c’è gente arretrata e ignorante» — così dicendo lanciò un’occhiata gelida allo sceriffo Pauley — «che non riesce a tollerare l’idea che un bambino nero abbia la stessa istruzione dei propri figli. Che vantaggio c’è ad andare a scuola, pensano, se il Nero ha le stesse opportunità del Bianco? Basta che uno volti l’occhio, si dicono, e i Neri vorranno votare o detenere cariche pubbliche.»

La vecchia Peg non ci aveva pensato. Proprio non le era mai venuto in mente. Cercò d’immaginarsi Mock Berry eletto governatore che cercava di dare ordini alla milizia. In tutto l’Hio non c’era un solo soldato che avrebbe preso ordini da un Nero. Sarebbe sembrato non meno innaturale di un pesce che saltasse fuori dall’acqua per azzannare un orso.

Ma la vecchia Peg non era disposta a battere in ritirata con tanta facilità, solo perché Whitley Physicker tra le tante ne aveva detta una giusta. «Arthur Stuart è un bravo ragazzo» disse. «Non gli salterebbe mai in mente di votare. Piuttosto una idea del genere potrebbe venire a me.»

«Lo so» annuì Physicker. «E come me lo sa tutto il comitato scolastico. Ma i boscaioli no. Sentirebbero dire che a scuola c’è un piccolo Nero, e terrebbero i figli a casa. E noi pagheremmo fior di quattrini per una scuola che non riesce a svolgere il proprio compito di educare i cittadini di questa repubblica. Perciò chiediamo ad Arthur di rinunciare a un tentativo che comunque non gli servirebbe a niente, al fine di permettere ad altri di ricevere quell’istruzione che recherà grandi vantaggi a loro e alla nazione intera.»

Sembrava tutto così logico… In fin dei conti Whitley Physicker era un dottore, no? Era stato all’Università di Filadelfia, e doveva conoscere le cose del mondo molto meglio della vecchia Peg. Come aveva potuto quest’ultima pensare anche soltanto per un istante di poter essere in disaccordo con un uomo come Physicker senza mettersi dalla parte del torto?

Eppure, anche se non riusciva a pensare a un solo argomento contro di lui, nel profondo delle sue viscere avvertiva la sensazione che, se avesse detto di sì a Whitley Physicker, sarebbe stato come piantare un coltello nel cuore del piccolo Arthur. Già se lo immaginava mentre le chiedeva: «Mamma, perché non posso andare a scuola come tutti i miei amici?» E allora tutti i paroloni del dottor Physicker sarebbero volati via, quasi non fossero mai esistiti, e lei avrebbe potuto rispondergli soltanto: «È perché sei Nero, Arthur Stuart Guester».

Whitley Physicker sembrò intendere il suo silenzio come un segno di resa, e in effetti non si sbagliava di molto. «Vedrete» disse. «Ad Arthur non dispiacerà non andare a scuola. Anzi, i ragazzi bianchi saranno gelosi di lui, che potrà giocare all’aperto mentre loro dovranno restarsene chiusi in classe.»

La vecchia Peg Guester sapeva che in tutto ciò c’era qualcosa di sbagliato, che non era tutto così ragionevole come sembrava, ma non riusciva a capire di che cosa si trattasse.

«Forse un giorno le cose andranno diversamente» proseguì Whitley Physicker. «Forse nelle Colonie della Corona e negli Appalachi smetteranno di tenere schiavi i Neri. Forse verrà un tempo in cui…» La sua voce si abbassò fino a spegnersi. Poi si riscosse. «A volte mi lascio trasportare dalla fantasia» disse. «Che sciocchezze. Il mondo è quello che è. Non è normale che un Nero cresca come un Bianco, ecco tutto.»

A queste parole la vecchia Peg sentì montare dentro di sé un odio profondo. Ma non era una rabbia così violenta da farla urlare. Era un odio freddo, pieno di disprezzo, che diceva: può ben darsi che io non sia normale, però Arthur Stuart è mio figlio, e io non lo tradirò mai… Mai.

Anche stavolta il suo silenzio venne interpretato come un segno d’assenso. Gli uomini si alzarono con espressione sollevata, Horace più di tutti. Evidentemente non si erano aspettati che la vecchia Peg ascoltasse così in fretta la voce della ragione. Il sollievo dei visitatori era qualcosa che Peg poteva aspettarsi; ma perché Horace aveva l’aria così giuliva? La vecchia Peg concepì un atroce sospetto, e immediatamente capì di essere nel giusto: Horace Guester, il dottor Physicker e lo sceriffo Pauley si erano messi d’accordo in separata sede, prima che gli ultimi due venissero a farle visita. L’intera conversazione era stata una finzione. Solo una messa in scena affinché la vecchia Peg Guester si mettesse il cuore in pace.

Horace non voleva che Arthur Stuart andasse a scuola più di quanto lo desiderassero Whitley Physicker e tutti i bravi cittadini di Hatrack.

La vecchia Peg si sentì soffocare dalla rabbia, ma già era troppo tardi. Physicker e Pauley erano già fuori della porta, e Horace li stava seguendo. Sicuramente, non appena la vecchia Peg non avesse più potuto vederli, si sarebbero scambiati un sorriso e una pacca sulle spalle. Ma la vecchia Peg non sorrideva. Ricordava fin troppo chiaramente la sera prima che la piccola Peggy scappasse di casa, quando quest’ultima, dietro sua richiesta, aveva visto nel futuro di Arthur Stuart. La vecchia Peg aveva chiesto alla piccola Peggy se Horace avrebbe mai voluto bene al piccolo Arthur, e la ragazza si era rifiutata di rispondere. A ripensarci adesso, anche quella era stata una risposta. Horace poteva ben fare le viste di trattare Arthur come un figlio, ma in realtà lo considerava semplicemente un piccolo Nero che sua moglie si era messa in testa di allevare. Lui però non si considerava suo padre.

Perciò Arthur era di nuovo orfano. Aveva perso suo padre. O meglio, non l’aveva mai avuto. Ebbene, se così doveva essere, pazienza. In cambio aveva due madri: quella che era morta per lui quand’era ancora piccolissimo, e Goody Guester. Non avrebbe potuto andare a scuola. E questo la vecchia Peg in fondo lo aveva sempre saputo. Ma un’istruzione posso dargliela ugualmente. Nella sua mente prese forma un piano. Tutto dipendeva dalla maestra che il comitato scolastico aveva appena assunto, quella signorina di Filadelfia. Con un po’ di fortuna, sarebbe stata una quacchera, senza pregiudizi verso i Neri, e di conseguenza il suo piano avrebbe funzionato alla perfezione. Ma anche se la maestra avesse odiato i Neri con la stessa violenza di un Cercatore che vede uno schiavo passeggiare libero sulla sponda canadese, non avrebbe fatto la minima differenza. La vecchia Peg avrebbe trovato il modo. Arthur Stuart era l’unico familiare che le fosse rimasto al mondo, l’unica persona da lei amata che non le mentisse, non si burlasse di lei e non tramasse alle sue spalle. E lei non avrebbe permesso che venisse privato con l’inganno di qualcosa che avrebbe potuto fargli solo del bene.

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