X DONNA

Peggy non dormì profondamente e a lungo come Alvin. Per Alvin la battaglia era finita; egli poteva dormire il sonno del vincitore. Lei invece aveva perso la sua pace.

Era ancora pomeriggio quando Peggy, dopo essersi girata per l’ultima volta, si svegliò sulle lisce lenzuola di lino del suo letto, in casa di Modesty. Si sentiva esausta; le faceva male la testa. Indosso aveva solo la sottoveste, anche se non ricordava di essersi spogliata. Ricordava di aver ascoltato il canto di Pettirosso, di aver udito Arthur Stuart che lo interpretava. Ricordava di aver scrutato nella fiamma vitale di Alvin, di aver visto tutti i suoi futuri schiudersi nuovamente davanti a lui. Ma lei non compariva in nessuno di essi. Poi i suoi ricordi s’interrompevano. Sicuramente Modesty l’aveva spogliata e messa a letto, mentre il sole si stava ormai avvicinando allo zenit.

Peggy si girò trascinando con sé il lenzuolo, e la schiena sudata le diede una sensazione di gelo. Alvin aveva vinto la sua battaglia, aveva imparato la lezione; il Distruttore non avrebbe più avuto una simile opportunità. Nel futuro di Alvin, Peggy non scorgeva altri pericoli, almeno non nell’immediato. Il Distruttore avrebbe certamente atteso un altro momento propizio, o sarebbe tornato a operare attraverso i suoi servitori umani. Forse il Messo sarebbe tornato a trovare il reverendo Thrower, o qualche altra anima segretamente bramosa del male disposta ad accogliere il Distruttore come proprio maestro. Ma il pericolo, almeno per il momento, non era quello: Peggy lo sapeva.

Finché Alvin non avesse capito come diventare un vero Creatore, o quale uso fare dei suoi poteri, tenere a bada il Distruttore sarebbe servito a ben poco. La Città di Cristallo non sarebbe stata edificata. E doveva esserlo, o la vita di Alvin — e quella di Peggy, votata ad aiutarlo — sarebbero entrambe trascorse invano.

A Peggy, che usciva da un sonno febbrile e spossante, tutto adesso sembrava chiarissimo. Il compito che attendeva Alvin consisteva nel prepararsi, nell’imparare a dominare le proprie debolezze umane. Se da qualche altra parte esisteva la possibilità d’imparare qualcosa sull’arte o la scienza della Creazione, Alvin per ora non aveva alcuna possibilità di accedervi. La sua scuola era la fucina, la sua maestra l’incudine, che gl’insegnavano… che cosa? A cambiare gli altri solo attraverso la persuasione e la pazienza, la gentilezza e la mansuetudine, la dolcezza e l’amore disinteressato e sincero. Il compito di acquisire quella pura conoscenza che avrebbe condotto Alvin alla grandezza toccava dunque a qualcun altro.

La mia scuola a Dekane è terminata.

Mi sono state impartite tante lezioni, e io le ho imparate tutte, grazie a Modesty. Questo per essere degna di fregiarmi del titolo che, secondo il vostro insegnamento, è il massimo cui una donna possa aspirare.

Donna, appunto.

Sua madre veniva chiamata da anni Goody Guester, e molte altre signore erano Goody qui o Goody là. Qualsiasi donna poteva portare quel titolo. Ma poche lo meritavano. Pochissime avevano indotto gli altri a chiamarle con il titolo completo: «Goodwife», cioè appunto «Donna», e non semplicemente col diminutivo «Goody»; proprio come Modesty non veniva mai chiamata missus, «signora», bensì mistress, «padrona». Toccato da una sorta di diminutivo, da un titolo d’uso comune, il suo nome ne sarebbe stato sminuito.

Peggy si tirò a sedere sul letto. Per un istante si sentì girare la testa; attese qualche momento, poi si alzò. I suoi piedi nudi sfiorarono il pavimento di legno. Per quanto leggero fosse il suo passo, sapeva di essere stata udita; sicuramente Modesty stava già salendo le scale.

Si fermò davanti allo specchio e si guardò. Aveva i capelli arruffati dal sonno, appiccicati dal sudore. Sul viso recava, in bianco e rosso, l’impronta delle pieghe del cuscino. Eppure il viso che scorse era quello che la signora Modesty le aveva insegnato a vedere.

«Opera nostra» disse Modesty.

Peggy non si voltò. Sapeva che la sua maestra era dietro di lei.

«Ogni donna deve sapere di esser bella» proseguì Modesty. «Sicuramente Dio donò a Eva un pezzo di vetro, una lastra d’argento lucidato, o per lo meno una pozza d’acqua per farle vedere ciò che vedeva Adamo.»

Peggy si voltò e baciò Modesty sulla guancia. «Mi piace ciò che avete fatto di me» disse.

Modesty la baciò a sua volta, ma, quando fece un passo indietro, aveva gli occhi pieni di lacrime. «E ora dovrò rinunciare alla tua compagnia.»

Peggy non si sarebbe mai aspettata che qualcuno potesse leggerle nel pensiero, soprattutto perché non le sembrava davvero di aver già preso una decisione.

«Come fate a saperlo?» chiese.

«Ti ho insegnato tutto ciò che conoscevo» spiegò Modesty. «Ma dopo quello che è successo stanotte ho capito che hai bisogno di cose delle quali non sospettavo nemmeno l’esistenza, perché ti attende un compito che avrei ritenuto al di sopra delle possibilità di chiunque.»

«Avrei voluto essere soltanto la Donna di Alvin, una volta che egli fosse diventato Uomo.»

«Per me è stato un inizio e insieme una fine» disse la signora Modesty.

Peggy scelse le sue parole in modo che fossero sincere, quindi belle, quindi buone. «Forse tutto ciò che alcuni uomini chiedono a una donna è di essere amorevole, saggia e attenta, come un prato coperto di fiori sul quale egli possa volare come una farfalla, suggendo dolcezza da ogni boccio.»

Modesty sorrise. «Come sei gentile.»

«Ma Alvin deve compiere un’opera molto più gravosa, e quella di cui ha bisogno non è una bella donna sempre fresca e affettuosa che lo accolga fra le braccia al termine di una giornata di lavoro. Per lui ci vuole una donna che possa accollarsi parte del suo fardello.»

«E dove andrai?»

Peggy le rispose ancor prima di rendersi conto che conosceva già la risposta. «A Filadelfia, penso.»

Modesty la guardò sorpresa, come per dire: hai già deciso? Gli occhi le si riempirono di lacrime.

Peggy si affrettò a spiegare: «Laggiù ci sono le migliori università… università libere, nelle quali s’insegna tutto quello che c’è da sapere, non le scuole religiose della Nuova Inghilterra dove regna l’oscurantismo, né le frivole scuole per signorine del Sud».

«Tutto questo non l’hai pensato oggi» commentò Modesty. «Se hai già deciso dove andare, vuol dire che ci stavi meditando da tempo.»

«Vi assicuro che è una cosa improvvisa, ma forse ci stavo pensando da un po’ senza saperlo. Ho ascoltato i discorsi altrui, e ora ho tutto ben chiaro nella mente, tutto deciso e sistemato. A Filadelfia c’è una scuola femminile; ma quelle che m’interessano veramente sono le biblioteche. Non ho titoli di studio, però in qualche modo li convincerò ad ammettermi.»

«Non ci vorrà molto a persuaderli se andrai da loro con una lettera del governatore del Suskwahenny» sorrise Modesty. «E lettere di altri uomini che ripongono sufficiente fiducia nella mia capacità di giudizio.»

Peggy non restò sorpresa nell’apprendere che Modesty era ancora intenzionata ad aiutarla, sebbene la sua decisione fosse maturata in maniera tanto improvvisa e sorprendente. E Peggy non era così accecata dall’orgoglio da rifiutare un simile aiuto. «Grazie, padrona Modesty.»

«Non ho mai conosciuto una donna — o un uomo, se è per questo — con doti pari alle tue. Non sto parlando del tuo dono, per straordinario che sia; io non misuro le persone in base a simili cose. Ma temo che ti stia sprecando per quel giovane apprendista di Hatrack. Com’è possibile che un uomo meriti tutti i sacrifici che stai facendo per lui?»

«Meritarli: questo è il suo compito. Il mio consiste nel possedere le conoscenze che gli serviranno al momento in cui sarà pronto a imparare.»

Adesso Modesty piangeva a dirotto. Eppure sorrideva: perché aveva insegnato a se stessa che l’amore deve sempre sorridere, anche nella sofferenza. Tuttavia le lacrime continuavano a rigarle le guance. «Ah, Peggy, com’è possibile che tu abbia imparato tanto, eppure cada in un simile errore?»

Un errore? Possibile che Modesty non riponesse alcuna fiducia nella sua capacità di giudizio? «’La saggezza di una donna è il suo dono alle altre donne’» citò Peggy. «’La sua bellezza è il suo dono agli uomini. Il suo amore è il suo dono a Dio’.»

La signora Modesty scosse la testa, riascoltando le proprie massime dalle labbra di Peggy. «E allora perché vuoi infliggere la tua saggezza a quel povero disgraziato che dici d’amare?»

«Perché alcuni uomini sono abbastanza grandi da riuscire ad amare una donna tutta intera, e non solo una parte di lei.»

«E lui è un uomo del genere?»

Come rispondere? «Dovrà diventarlo» disse Peggy. «Oppure non mi avrà.»

Modesty tacque per un istante, quasi cercando un modo gradevole per enunciare una verità dolorosa. «Ti ho sempre insegnato che, se diventi completamente e perfettamente te stessa, gli uomini che valgono qualcosa verranno attirati da te e ti ameranno. Peggy, ammettiamo pure che quest’uomo abbia grandi necessità… Tuttavia se per soddisfarle sei costretta a diventare qualcosa di diverso da te stessa, allora non sarai perfettamente te stessa, e lui non ti amerà. Non è forse questo il motivo per cui te ne sei andata da Hatrack, perché lui ti amasse per te stessa, e non per ciò che avevi fatto per lui?»

«Padrona Modesty, io voglio che lui mi ami, è vero. Ma soprattutto amo l’Opera che egli deve compiere. Ciò che io sono oggi sarebbe sufficiente per l’uomo. Ciò che domani andrò a fare non sarà per l’uomo, bensì per la sua Opera.»

«Ma…» prese a dire Modesty.

Peggy inarcò un sopracciglio accennando un sorriso. Modesty annuì e non la interruppe.

«Se amo la sua Opera più di quanto io non ami l’uomo, allora per essere perfettamente me stessa devo fare ciò che la sua Opera mi chiede di fare. Non sarò dunque ancora più bella?»

«Ai miei occhi, forse» concesse Modesty. «Ben pochi uomini hanno una visione sufficientemente chiara da cogliere quella sottile bellezza.»

«Egli ama la sua Opera più della sua stessa vita. Non amerà dunque la donna che sia pronta a dividerla con lui più di quanto non possa amare una donna che sia semplicemente bella?»

«Può darsi che tu abbia ragione» ammise Modesty «benché, per quanto mi riguarda, io non abbia mai amato un’opera più della persona che dovesse compierla, e non abbia mai conosciuto un uomo che veramente amasse la propria opera più della propria vita. Tutto ciò che ti ho insegnato è vero nel mondo che conosco io. Se esci dal mio mondo per entrare in un altro, non sono più in grado d’insegnarti nulla.»

«Forse non mi è concesso essere una donna perfetta e al tempo stesso vivere la mia vita come deve essere vissuta.»

«O forse, padrona Margaret, anche il migliore dei mondi non è in grado di riconoscere una donna perfetta, e di conseguenza accetta me come un ragionevole surrogato, mentre tu passi inosservata.»

Era più di quanto Peggy potesse sopportare. Gettate le buone maniere alle ortiche, buttò le braccia al collo di Modesty, la baciò e pianse a calde lacrime, assicurandole che in lei non c’era niente di artificiale. Però, quando il momento delle lacrime finì, niente era cambiato. Peggy aveva concluso il proprio soggiorno a Dekane, e il mattino seguente il suo baule era pronto per la partenza.

Tutto ciò che possedeva al mondo le era stato donato da Modesty… Tutto, a eccezione della scatola che le era stata regalata dal nonno tanto tempo prima. Eppure ciò che quella scatola racchiudeva era un fardello assai più pesante del resto del suo bagaglio.

Peggy sedeva nel treno che la portava verso il Nord e, fuori del finestrino rivolto a est, guardava le montagne sfilarle accanto. Non era trascorso poi molto tempo dal giorno in cui Whitley Physicker l’aveva portata a Dekane sul suo calesse. All’inizio Dekane le era sembrata una metropoli: giungendo lì le era parso di scoprire il mondo. Adesso sapeva che il mondo era troppo grande perché una sola persona potesse vederlo tutto. Stava lasciando un piccolo posto per andare in un altro piccolo posto, e forse da questo in altri piccoli posti ancora. In ogni città ardevano fiamme vitali delle stesse dimensioni, non certo più luminose per il fatto di essere in così numerosa compagnia.

Ho lasciato Hatrack per non essere più tua prigioniera, Alvin l’Apprendista. Ma fuori ho trovato una rete molto più grande e più fitta. La tua Opera è più grande di te, più grande di me, e ora che lo so, sono costretta ad aiutarti. Se non lo facessi, perderei ogni stima per me stessa.

Perciò che tu finisca con l’amarmi oppure no, la cosa non ha poi grande importanza. Sì, certo, per me è importante, ma il mondo proseguirà ugualmente per la sua strada. La cosa importante è che entrambi uniamo i nostri sforzi per prepararti a quell’Opera. Se verrà anche l’amore, se potrai essere il mio Uomo e io la tua Donna, lo prenderemo come un dono insperato e ne godremo finché durerà.

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