CAPITOLO OTTAVO

Partirono per Spencer’s Wagon non appena il sole fu abbastanza alto da caricare lentamente le batterie solari. Faceva già caldo, l’aria era diventata oppressiva e appiccicosa. Cadiz accese il condizionatore, ma Sonny le ordinò di spegnerlo.

«Il motore non è stato ancora aggiustato,» le spiegò. «Non voglio sottoporlo a nessuno sforzo inutile.»

Aveva lavorato sul motore per tutta la notte. Quando Delanna era tornata al loro accampamento, Sonny era già sotto il solaris, mentre Cadiz reggeva una lanterna per fargli luce. «Cavolo, che serata romantica!» aveva esclamato Cadiz quando Delanna si era avvicinata. «Tutta a base di sondaggi e griglie e sottosuoli!» Aveva battuto le mani con aria drammatica.

«Tieni ferma la lanterna, Cadiz,» le aveva ordinato Sonny da sotto il solaris.

«Vorrei che Madog chiedesse a me di fare funzionare un programma per il calcolo delle probabilità,» aveva commentato Cadiz.

Delanna l’aveva ignorata, era entrata nel solaris e si era addormentata accanto a Cleo. Quando Cadiz l’aveva svegliata, commentando in tono allegro, «Pensavo che ti sarebbe piaciuto fare un altro tuffo nel ruscello prima di partire,» Sonny stava ancora lavorando al motore.

Ovviamente era riuscito a ripararlo alla meno peggio, in modo che il solaris fosse in grado di mantenere la velocità con cui avanzava la carovana, ma Delanna sentiva la trasmissione gemere ogni volta che risalivano un pendio e Sonny si piegava con aria tesa sui quadranti, controllando continuamente il livello dell’energia solare, quello dell’energia del motore e la velocità, senza rispondere alla domande di Cadiz.

Cadiz accese la radio, cosa che evidentemente non rischiava di guastare il motore, visto che Sonny non le intimò di spegnerla, poi iniziò a ruotare la manopola, tentando di trovare un segnale abbastanza forte.

«…e così Sonny va a tirarla fuori e lei sgocciola acqua salata e sputacchia come una gallina in un temporale e lui le dice, ‘Cosa diavolo stavi facendo?’ e lei risponde, ‘Volevo fare un bagno!’ Ma ci credete? ‘Volevo fare un bagno!’»

«Spegni la radio, Cadiz,» ordinò Sonny.

«Sto tentando di captare qualche collegamento via satellite per vedere cosa dicono sul temporale,» rispose Cadiz, continuando a ruotare la manopola.

«…preparando la cena e poi, improvvisamente, ci finisce dentro fino alle orecchie. La madre ha speso tutti quei soldi per mandarla in qualche scuola esclusiva e non sa neppure stare alla larga da un ruscello di sale. È così che ha detto Tom…»

«È Far Reach,» commentò Sonny.

«Lo so.» Cadiz stava sogghignando. «Le notizie viaggiano in fretta, vero?» Ruotò la manopola di un’altra frazione verso destra.

«…quasi annegata…»

«…detto a Edgar: Sonny Tanner non avrebbe dovuto sposare una Straniera. Non hanno più buonsenso di…»

«…ha inghiottito tanto sale da poterci conservare un…»

Cadiz ruotò completamente la manopola e poi ricominciò da capo, cambiando frequenza non appena identificava chi stava parlando o quando Sonny esclama, «Cadiz!» Ma non faceva alcuna differenza: la notizia era su ogni banda di frequenza.

In versioni assortite: Delanna era inciampata per colpa dei tacchi alti ed era caduta nel ruscello; ci si era tuffata; Sonny si era tuffato per salvarla; c’erano voluti sei uomini per tirarla fuori; Sonny aveva dovuto praticarle la respirazione bocca a bocca.

Solo una voce menzionò la doccia sonica che aveva fatto nel solaris di Jay.

«Ma senza dubbio non può essere così stupida da andare da sola nel veicolo di Jay!» intervenne una voce femminile, piacevolmente scossa.

«Te l’ho detto, è una Straniera,» rispose l’altra voce, anch’essa di donna, in un tono che indicava chiaramente che una Straniera poteva essere così stupida. «Ma Sonny non glielo ha permesso ed è andato con lei. Sonny Tanner non avrebbe mai lasciato sua moglie da sola con Madog, come ha fatto Emil Vanderson.»

La donna proseguì raccontando una storia ricca di dettagli coloriti i cui protagonisti erano la moglie di Emil Vanderson, Jay e un fienile. Delanna sprofondò nel sedile, pregando che una macchia solare interrompesse il segnale e cercando di immaginare quale sarebbe stato il modo più doloroso per uccidere Cadiz.

Non lascerò che tu diventi lo zimbello di quelli che spettegolano via radio, l’aveva avvertita Sonny. Be’, ovviamente lo era diventata, però almeno non stavano spettegolando sulla doccia sonica che aveva fatto nel solaris di Jay. Quello che era davvero accaduto non era molto importante: quegli zotici erano ovviamente capaci di inventarsi qualsiasi particolare di cui non fossero a conoscenza. E di sbandierarlo all’intero pianeta. Avrebbe dovuto essere felice che tutto quello che stavano dicendo su di lei era che aveva tentato di fare un bagno nel sale.

E sicuramente Sonny sedeva impettito nel sedile anteriore, pronto a dire, Te l’avevo detto, aspettando che lei lo ringraziasse per avere protetto la sua reputazione da un branco di stupidi pettegoli, aspettando che Delanna ammettesse, Hai ragione, non so prendermi cura di me stessa. Grazie per avermi salvato da un fato peggiore della morte. Che borioso, superbo…

«’Non puoi farti una nuotata lì dentro,’ dice Sonny,» spettegolò la prima donna. «Ma lei lo sta a sentire? No. Si toglie quei suoi vestiti da gran signora e…»

«Spegni quella radio, Cadiz,» intimò Sonny in tono brusco. «Voglio sentire il rumore del motore.»

«Stavo soltanto tentando di trovare qualche notizia sul temporale,» protestò Cadiz, però obbedì.

Per un minuto rimasero entrambi in ascolto del motore, che emetteva un ronzio irregolare, poi Sonny disse, «Mi dispiace, Delanna. In questo periodo dell’anno i coloni non hanno molto da fare e la maggior parte di loro vivono a centinaia di miglia di distanza gli uni dagli altri. La radio è il loro unico divertimento.»

Il tono di scusa usato da Sonny sembrava sincero, ma questo non fece altro che fare arrabbiare Delanna ancora di più.

Che borioso, condiscendente… ribollì dentro di sé. Quando arriveremo a Spencer’s Wagon, telefonerò a Maggie Barlow e le dirò che non me ne importa nulla dell’eredità. Voglio che mi metta in condizione di andare via da questo pianeta subito! Perfino firmare un contratto di servitù perpetua sulla Scoville sarebbe meglio di questo.

Si girò sul piccolo sedile posteriore in modo da poter vedere fuori dal finestrino laterale e scrutò l’orizzonte, in cerca di segni di civiltà, ma non ne trovò nessuno; quando Sonny fece affiancare il solaris al rimorchio di quello che lo precedeva e parcheggiò, i segni di civiltà brillavano per la loro assenza.

Il luogo in cui si erano fermati sembrava esattamente identico a quello in cui si erano accampati il giorno precedente, solo che era più caldo e non c’era nessun ruscello. Delanna non vide alcun segno di vita, tranne un macchia di arbusti, apparentemente morti, a cento metri sulla sinistra.

«Qui intorno non c’è nulla in cui tu possa cadere,» osservò Cadiz. Si allontanò per andare a controllare il temporale, i cui lampi illuminavano ancora l’orizzonte, mentre Sonny sollevava la carrozzeria del solaris.

Delanna scese e girò intorno al muso del solaris per chiedergli quanto tempo ci sarebbe voluto per arrivare a Spencer’s Wagon, ma Sonny era già scomparso sotto il solaris. Allora Delanna diede da mangiare a Cleo e poi tornò a sistemarsi sul sedile anteriore, decisa a non fare nulla di cui gli zotici locali avrebbero potuto sparlare via radio.

Jay si avvicinò, si piegò verso il solaris e gridò a Sonny, «Nagle e Pierce sono appena tornati! Porto Delanna nel mio solaris per inserire i dati preliminari.»

Sonny borbottò qualcosa che suonò tipo, «Bene,» e Jay prese il braccio di Delanna e la condusse fino all’inizio della carovana. «Stamattina sembri ancora più bella di ieri sera,» si complimentò.

«Grazie,» replicò Delanna in tono rigido, arrabbiata con Jay perché aveva ritenuto necessario chiedere il permesso a Sonny di venirla a prendere. La trattavano entrambi come se fosse un oggetto, però evidentemente a Sonny non importava più se veniva criticata via radio, perché non aveva fatto nessuna mossa per seguirli, ma aveva semplicemente permesso a Jay di camminare accanto a lei sotto gli occhi dell’intera carovana. «Quanto dista da qui Spencer’s Wagon?» gli chiese.

«Circa quaranta miglia,» rispose Jay, indicando il punto da cui Cadiz e metà della carovana stavano osservando il temporale. «L’ultimo mezzo miglio è tutto in discesa.»

«In discesa?»

«Sì. Da queste parti abbondano le doline. Un paio di anni fa Rick Spencer ha ci ha rimesso un rimorchio proprio in una di esse.»

Ah, ecco spiegato il nome, pensò Delanna. Avrei dovuto immaginarlo. «Da qui in poi ci sono delle città?»

«Temo di no. Ma copriremo questo tratto di strada in pochissimo tempo e poi ci dirigeremo verso il manico della padella, se il programma fa il suo lavoro,» affermò Jay, aprendo la porta del suo veicolo.

Fece sedere Delanna di fronte al terminale, le passò i dati preliminari e poi le si accovacciò accanto, con la guancia vicinissima a quella di Delanna mentre lei inseriva i dati.

«Fantastica,» le mormorò all’orecchio quando iniziò a comparire l’immagine, ma Delanna non riuscì a stabilire se si riferisse a lei, oppure all’immagine sullo schermo.

La tastiera esclusivamente alfanumerica la rendeva più impacciata del solito e così le ci volle più tempo del previsto per eliminare i dati inutili. Ma finalmente riuscì a inserire i dati dei sondaggi eseguiti la sera precedente in uno schema che il programma sapeva come interpretare e l’immagine iniziò a comparire sullo schermo.

«Fantastica,» mormorò di nuovo Jay e le sue labbra quasi le sfiorarono la guancia.

«Salve,» salutò Cadiz. «Ho dimenticato il mio mestolo.» Entrò nel solaris e rivolse un’occhiata a Delanna. «Quello che ho usato per lo stufato di ieri sera. Devo averlo lasciato qui.»

«Il tuo mestolo?» ripeté Jay in tono inespressivo.

«Sì. Deve essere qui da qualche parte,» rispose Cadiz, ma invece di guardarsi intorno, si avvicinò al terminale. «E allora, come vanno le cose?»

Era tanto chiaro che si trattava di una scusa e Cadiz sembrava così irritata di essere lì che era ovvio che era stato Sonny a mandarla. E così, pensò Delanna, gli importa ancora di non lasciarmi diventare un altro pettegolezzo sulle imprese di Jay trasmesso via radio. Provò una strana sensazione di piacere.

«Stanno andando bene,» replicò Jay. «Fino a questo momento, le infiltrazioni non costituiscono un grosso problema.» Indicò l’immagine sullo schermo. «Penso che riusciremo a passare di qui,» spiegò, tracciando un percorso con le dita. «Se questa sezione tiene.» Indicò una sezione ancora bianca.

Delanna inserì il resto dei dati preliminari e chiese al computer di prevedere i sondaggi di densità del satellite. L’immagine cambiò, mostrando le letture multisensorie più probabili, ma la sezione indicata da Jay rimase bianca.

«Dovrò mandare di nuovo fuori Pierce e Nagle,» commentò Jay, annotando le coordinate. «E sarà meglio che mandi anche una squadra per verificare quanto è larga,» aggiunse, indicando la parte più stretta del percorso che aveva tracciato. «Delanna, tu puoi rimanere qui, se vuoi, ma ci vorranno parecchie ore. Cadiz, vuoi riportarla indietro all’accampamento?»

«So trovare da…» iniziò Delanna, ma Jay era già andato via. «So trovare da sola la strada del ritorno,» concluse rivolta a Cadiz.

«Sai, Sonny non vuole che tu cada in qualche buco,» si giustificò Cadiz. Attese mentre Delanna stampava una copia della mappa e poi uscì insieme con lei.

«Dove sono questi buchi in cui si suppone io non debba cadere?» chiese Delanna mentre si avviavano.

Cadiz indicò in direzione del temporale. «Iniziano a circa mezzo miglio oltre il posto in cui siamo accampati. Qui siamo ancora sulle rocce scistose. Ma non avventurarti oltre.»

«C’è qualcos’altro che non mi hai ancora detto? Scimmie incendiarie? Piante velenose? Pozze di catrame?»

Cadiz scosse la testa. «Le scimmie incendiarie non sono così stupide da spingersi fin qui.» Indicò la macchia di arbusti. «Laggiù ci sono degli arbusti reddsie e qualche palma del sale, ma nulla di speciale.» Si sventolò con la mano. «Ragazzi, che caldo!»

Aveva ragione. L’aria era così spessa e appiccicosa che Delanna aveva l’impressione di nuotarci dentro. Si fermò e si girò a osservare il temporale. «Vorrei che si dirigesse verso di noi e rinfrescasse l’aria.»

«Non dirlo neppure,» la avvertì Cadiz, «a meno che non voglia passare le prossime tre settimane bloccata qui oppure in solaris, diretta a sud, verso il ponte.» Fissò il temporale. «Pensi che sia stia avvicinando?»

«No,«rispose Delanna. Le nuvole non sembravano essersi avvicinate, però sembravano più nette, più definite e, dopo che le due ragazze furono tornate al loro campo, Delanna pensò di avere udito un fioco rombo di tuono.

Cadiz andò a osservare il temporale dall’inizio della carovana. Sonny era ancora sotto il solaris, mentre Cleo era sotto uno dei pannelli solari, sdraiata all’ombra con le zampe completamente estese.

«L’ho lasciata uscire,» spiegò Sonny a Delanna, scivolando da sotto il solaris per concedersi un minuto di riposo. «Nel solaris faceva troppo caldo. Adesso che può godersi un po’ d’ombra sembra contenta. Non pensò che scapperà via. Hai inserito i dati preliminari?»

«Sì,» rispose Delanna e fu sul punto di aggiungere in tono brusco che non aveva bisogno di un’accompagnatrice, ma Sonny era già scivolato di nuovo sotto il solaris.

Delanna entrò nel solaris, ma era caldo come un forno. Uscì di nuovo, si sedette accanto a Cleo e si sventolò usando il cappello di Cadiz. Si appoggiò alla fiancata e tentò di dormire, ma faceva troppo caldo e riuscì solo a sonnecchiare. Venne svegliata da un coro di starnazzi oltraggiati.

Si avvicinò alla gabbia delle oche e scoprì che Cleo le stava infastidendo, sporgendo una delle zampe anteriori oltre le sbarre della gabbia. Una delle oche aveva deposto un uovo; era molto piccolo rispetto alla media, ma a Cleo non importava: gli scarabei tentavano di covare qualsiasi uovo su cui riuscissero a mettere le zampe. Cleo era impegnata nel tentativo di sottrarre all’oca l’uovo.

«Cattivona!» la rimproverò Delanna, poi la prese tra le braccia. «Qualcuno potrebbe vederti!»

Portò Cleo di nuovo al campo e la depositò all’ombra del pannello solare, le ordinò di rimanere lì, poi tornò indietro e diede da bere alle oche, versando l’acqua in piatti disposti ai quattro lati della gabbia, in modo che gli animali non avessero bisogno di accalcarsi, rischiando di soffocare. Poi tornò indietro e si sedette di nuovo accanto al solaris.

Il pomeriggio si trascinò stancamente. Vide Jay dirigersi verso di lei e si alzò, spolverandosi la gonna di Cadiz, ma lui si fermò a due accampamenti di distanza, parlò con l’uomo che l’aveva rimproverata per avere bloccato la luce del sole e si avviò con lui di nuovo verso l’inizio della carovana.

Anche Delanna si avviò in quella direzione, pensando che camminare l’avrebbe fatta sudare e che così si sarebbe rinfrescata, ma non servì a nulla. Il temporale sembrava essersi allontanato leggermente, le sue nuvole brillavano di un bianco luminoso nel sole del pomeriggio. Delanna notò che c’erano più persone a osservarle di quante ce ne fossero state in precedenza, ma tra di esse non scorse Cadiz.

Tornò al loro accampamento, pensando che perfino un bagno di sale le sarebbe sembrato rinfrescante, bevve un bicchiere d’acqua e riempì una ciotola d’acqua per Cleo. La poggiò accanto al pannello solare, ma Cleo non era lì.

Delanna si accovacciò e scrutò sotto il solaris. Sonny la fissò ammiccando, il volto sporco e striato di sudore. «Cleo è lì sotto con te?» gli chiese.

«No,» rispose lui, poi riprese subito a svitare qualcosa.

Delanna si raddrizzò e si guardò intorno; preoccupata. Cosa sarebbe successo se Cleo fosse entrata in uno degli altri accampamenti e qualcuno l’avesse vista? Iniziò a camminare lungo la fila di solaris, cercando Cleo e, nello stesso tempo, sforzandosi di non darne l’impressione.

Negli accampamenti non si muoveva nessuno; tutti erano allungati all’ombra dei pannelli dei solaris, oppure erano sulla cengia, impegnati a osservare il temporale. Delanna non udì urla o strilli, il che era un buon segno, ma poteva anche significare che nessuno aveva visto lo scarabeo fino a quel momento.

«Cleo,» chiamò a bassa voce sporgendosi sotto un rimorchio. «Cleo!» Lo scarabeo era troppo timido per essersi allontanato in cerca di persone, ma sarebbe potuto andare in cerca di uova. Tom Toricelli, tre veicoli più giù lungo la fila, aveva delle galline che stava portando a casa da Grassedge. Delanna si avviò verso la loro gabbia.

Dietro di lei, dalla gabbia delle oche provennero starnazzi terrorizzati.

«Cleo!» esclamò Delanna in tono disgustato e tornò verso i rimorchi. Cleo non era lì, ma era chiaro che se n’era appena andata: le oche si erano radunate nell’estremità più lontana della gabbia e i loro starnazzi isterici spiegavano a quale terribile persecuzione fossero state sottoposte.

Delanna osservò con attenzione gli altri rimorchi intorno a quello delle oche, poi si girò verso il solaris di Sonny, ma Cleo non si vedeva da nessuna parte. Non si sarebbe mai allontanata dall’accampamento, anche se le oche stavano guardando proprio in quella direzione. Lo scarabeo era ancora tanto traumatizzato da Keramos e dai suoi abitanti da raggomitolarsi a palla ogni volta che udiva un rumore sconosciuto; e poi, anche se si fosse allontanato nella pianura, Delanna sarebbe riuscita a vedere facilmente il suo carapace, il cui colore brillante spiccava contro la sabbia chiara.

«Cleo!» chiamò, sperando che lo scarabeo sarebbe comparso tra due dei rimorchi.

Delanna sollevò la mano per schermarsi gli occhi e scrutò il paesaggio polveroso. Tra la gabbia delle oche e la macchia di arbusti dall’aria decisamente defunta, a cento metri di distanza, non c’era neppure una roccia. Ovviamente Cleo non poteva essere andata da quella parte.

«Ma dov’è andata?» chiese Delanna alle oche, poi si voltò a metà per vedere se lo scarabeo fosse strisciato sotto uno dei rimorchi. Mentre lo faceva, qualcosa lampeggiò accanto alla macchia di arbusti.

«Cleo!»

Lo scarabeo era quasi arrivato alla macchia, muovendosi rapidamente, e apparentemente senza alcun timore, sulle zampe in piena estensione.

«Cleo, torna indietro!» chiamò Delanna, anche se parlare allo scarabeo era utile quanto parlare alle oche.

Diede un’occhiata al solaris di Madog, ma non c’era nessuno in vista e Cleo stava già scomparendo tra i cespugli.

Delanna iniziò a correre: un grosso errore in quel calore soffocante. Quando raggiunse la macchia di cespugli, ansimava pesantemente e la camicia prestatale da Cadiz era fradicia di sudore.

Vista da vicino, la macchia di arbusti aveva un aspetto ancora più lugubre: i rami privi di foglie degli arbusti secchi si intrecciavano in un intrico impenetrabile, sotto il quale Delanna fu costretta a chinarsi.

Si accovacciò, scrutando nell’ombra, poi chiamò lo scarabeo, che era strisciato fino al centro esatto della macchia e poi si era fermato. Evidentemente il suo spirito d’avventura, acquisito tanto di recente, era già scomparso e l’animaletto si era raggomitolato a palla per la paura.

«Vieni qui, Cleo,» chiamò Delanna. «Ti piacerebbe bere un po’ d’acqua? Dai, vieni qui.»

Dalle scaglie di Cleo non provenne neppure un fremito.

«Dico sul serio, Cleo,» proseguì Delanna in tono severo. «Vieni qui. Non costringermi a venirti a prendere.»

Ma era chiaro che sarebbe stata costretta a fare esattamente questo. Si alzò e camminò lungo il bordo della macchia di arbusti, tentando di trovare il modo di superare l’intrico dei rami, poi si voltò a guardare la carovana. Le gambe di Sonny non spuntavano più da sotto il solaris. Doveva averlo aggiustato, oppure aveva raggiunto tutti gli altri, ancora impegnati a osservare i fulmini che sembravano non avvicinarsi mai. Lampeggiavano ancora all’orizzonte, troppo lontani per biforcarsi.

Delanna si mise in ginocchio. Cleo non si era mossa. Allora la ragazza si sporse verso la macchia di arbusti, sperando che Cadiz avesse detto la verità e che non ospitasse pericolose forme di vita locali. Per fortuna poteva vedere il terreno. Il sottobosco era completamente assente, tranne un paio di rami nodosi, seccatisi per il calore. Ma forse si trattava di un paio di serpenti abilmente mimetizzati da rami.

«Cleo, vieni fuori di lì in questo istante,» ordinò Delanna in tono severo. «Non costringermi a venire a prenderti,» minacciò, poi si decise a entrare.

Lo spazio tra i rami era sufficiente solo per strisciare sullo stomaco. Evidentemente all’esterno doveva soffiare una leggera brezza, anche se Delanna non l’aveva percepita, perché, sotto i cespugli, la temperatura era più alta di almeno dieci gradi. Se Cleo si era infilata lì dentro pensando che avrebbe fatto più fresco, aveva commesso un grave errore. Ecco perché probabilmente era così immobile: aveva avuto un colpo di calore o qualcosa del genere.

Lo spazio sotto i cespugli divenne ancora più basso e così Delanna fu costretta a proseguire con il volto praticamente nella polvere e poi si ritrovò a pochi centimetri da Cleo.

Si alzò e si guardò intorno. Dall’esterno, aveva avuto l’impressione che Cleo si trovasse in uno spazio aperto in cui cresceva una specie di erba seccata dal sole e dunque si era aspettata di sbucare in una radura; invece si ritrovò in un boschetto di alberi alti, che somigliavano a delle palme, con tronchi spessi e squamosi e pochi rami biancastri che crescevano molto in alto.

Quegli alberi gettavano ben poca ombra e all’interno dello spazio delimitato dalla macchia sembrava di essere in un forno. Tra gli alberi il suolo era spoglio, con occasionali chiazze di erba bluastra. A poca distanza da Cleo, l’erba era carbonizzata, come se in quel punto qualcuno avesse accesso un fuoco da campo, anche se Delanna non riusciva assolutamente a immaginare a chi sarebbe venuto in mente di accendere un fuoco, visto quel caldo infernale: l’aria era ancora più soffocante di quanto fosse stato sotto i cespugli. Forse l’erba aveva preso fuoco per il calore, che senza dubbio sembrava abbastanza intenso da provocare fenomeni di combustione spontanea.

Delanna si guardò intorno, sperando di trovare una via d’uscita più rapida rispetto a quella d’entrata, ma la macchia di arbusti circondava completamente il boschetto e, dall’interno, i cespugli sembravano ancora più impenetrabili. Erano tanto alti e fitti che Delanna non riusciva più a vedere la carovana; inoltre sembravano tagliare fuori anche i rumori. Nel tuono assordante di quel silenzio afoso Delanna non riuscì a sentire neppure gli starnazzi delle oche.

«Usciamo subito da questo posto, brutta cattivona!» esclamò Delanna per rompere quel silenzio, poi prese Cleo tra le braccia. Lo scarabeo tese immediatamente le zampe anteriori e le unghie e si aggrappò disperatamente alla camicia di Delanna.

«Eri spaventata?» le chiese Delanna, facendo una smorfia quando sentì le unghie di Cleo serrarle la spalla. Tentò di spostarle.

Lo scarabeo stava tentando di salirle sulla spalla.

«È tutto a posto,» lo rassicurò Delanna. «Ci sono io qui.» Diede una pacca sulle scaglie di Cleo per confortarla. «Dai, dobbiamo andare a separare quelle oche prima che soffochino.»

Stringendo lo scarabeo contro il petto, si piegò per scivolare di nuovo sotto la macchia di arbusti, quando Cleo si lanciò verso la sua testa e si aggrappò con le unghie ai capelli.

«Cleo! Ma che fai?» Delanna si girò, tentando di arrivare alla zampa anteriore dello scarabeo.

Tre creature, adesso immobili, avevano formato un semicerchio intorno a lei ed erano tanto protese in avanti da essere solo leggermente più alte di Delanna. «Aaaah!» strillò la ragazza e fece un passo indietro.

«Scimmie incendiarie,» bisbigliò, anche se quelle creature non avevano certo l’aspetto di scimmie. Non erano coperte di pelliccia rossa, ma Delanna capì immediatamente cosa fossero osservando i tratti, vagamente antropoidi, delle loro facce ovali. Erano dello stesso colore dei rami morti della macchia di arbusti e ovviamente erano dei rettili: la pelle sui loro ampi petti e sulle zampe posteriori era spessa e scagliosa e le mani terminavano in artigli sottili come quelli delle lucertole.

Cleo lasciò andare i capelli di Delanna e improvvisamente si tuffò prima sulla spalla e poi tra le braccia della ragazza, circondando con le zampe anteriori il collo di Delanna, che si strinse lo scarabeo al petto e fece un altro cauto passo indietro.

E finì tra le braccia di un’altra scimmia incendiaria. Si allontanò di scatto e gridò: un urlo agghiacciante che avrebbe dovuto fare accorrere l’intera carovana, ma che venne assorbito dall’aria stagnante. Fu come se fosse stato inghiottito dalla macchia di arbusti.

Altre tre scimmie emersero da dietro gli alberi simili a palme e avanzarono, mentre i loro occhi, di un colore giallo-arancione, la fissavano senza mai ammiccare. La scimmia più grande reggeva un bastone nella mano dotata di artigli. Delanna si guardò freneticamente intorno, in cerca di un’arma, ma tra l’erba secca non trovò nulla, neppure una foglia. La creatura con il bastone lo avvicinò alla bocca e vi soffiò sopra, mentre la gola si gonfiava come quella di una rana; il bastone iniziò a brillare di un rosso smorto.

«Non sapevo che questo fosse il vostro accampamento,» si scusò Delanna, dirigendosi verso la macchia di arbusti. «Sono venuta solo a prendere il mio scarabeo.» Si girò e gridò, «Se qualcuno può sentirmi, sono tra gli arbusti! Aiuto! Sonny! Qualcuno mi aiuti! Aiuto!»

Il suono rimbalzò sugli arbusti e, come per magia, un’altra scimmia incendiaria comparve dagli arbusti e si unì al cerchio. La scimmia con il bastone che ardeva si batté la testa con la mano libera e fece un altro passo avanti.

«Non avvicinarti di più, dico sul serio,» la avvertì Delanna, tendendo un braccio per respingerla e tenendo stretta Cleo con l’altro. «Dico sul serio!»

Udì un fruscio tra i rami alle proprie spalle e si allontanò dalla macchia, timorosa di distogliere lo sguardo dalla scimmie.

Quella che era appena comparsa avanzò verso di lei.

«Sta’ lontana da me!» gridò Delanna.

L’essere tese un lungo braccio verso Delanna e sfiorò Cleo con uno dei suoi artigli. Cleo si ritrasse tanto bruscamente che Delanna la lasciò quasi cadere e fu costretta ad afferrarla come se fosse stata una palla da baseball ricevuta in modo difettoso.

Il suo movimento sembrò spaventare la scimmia, che indietreggiò a passi saltellanti, facendo dardeggiare avanti e indietro la lingua biforcuta. Quella con il bastone lo passò alla scimmia accanto a lei e avanzò, la sua mano tesa verso il volto di Delanna, che arretrò ancora. «Lasciateci in pace!» esclamò e schiaffeggiò con violenza la mano della scimmia.

«Non colpirla,» le consigliò Sonny alle sue spalle. «Così la spaventerai.»

«Spaventarla?» ripeté Delanna, mentre veniva invasa dal sollievo. Si girò per guardare Sonny. Non era strisciato sotto i cespugli: era arrivato di corsa passando attraverso di essi. «Spaventarla?»

«Non c’è alcun motivo di avere paura di loro,» le spiegò Sonny. «Sono innocue.»

La scimmia colpita da Delanna ritrasse la mano, ma stava ancora fissandola con attenzione. La sua lingua dardeggiò di nuovo.

Delanna arretrò contro Sonny. «Non mi importa se sono innocue!» esclamò. «Falle andare via.»

Sonny batté le mani e le scimmie incendiarie si dispersero immediatamente, sparendo nel folto della macchia, tutte tranne quella colpita da Delanna, che arretrò, osservando Sonny con diffidenza, ma poi avanzò di nuovo con decisione verso Delanna.

La ragazza quasi si gettò tra le braccia di Sonny, cingendogli il collo con un braccio e stringendo Cleo con l’altro. «Falla andare via!» gridò. «Falla andare via!»

«È tutto a posto,» la rassicurò Sonny, abbracciandola come se volesse proteggerla. «Non ti farà alcun male. Le scimmie incendiarie non sono aggressive.»

«Non sono aggressive?» esclamò Delanna, scostandosi da lui. «Non sono aggressive

La scimmia si era fermata nel punto in cui si trovava quando Delanna si era lanciata verso Sonny, ma adesso iniziò di nuovo ad avanzare. Delanna si strinse di nuovo a Sonny.

«Non riesco a capire il suo comportamento. Di solito fuggono non appena vedono un umano,» commentò Sonny in tono perplesso. «E hanno degli ottimi motivi per farlo. Si vede chiaramente che è spaventata.» Allontanò il braccio da Delanna e batté di nuovo le mani.

La scimmia incendiaria sussultò udendo il rumore, si fermò, poi fece un mezzo passo incerto verso di lei e tese la mano. Delanna premette la testa contro il petto di Sonny.

«Sono i tuoi capelli!» esclamò Sonny. «Probabilmente non ha mai visto dei capelli rossi — su Keramos ci sono pochissime persone con i capelli rossi — e forse crede che siano in fiamme. Dimostrale che non è così.»

«Cosa?»

Sonny strinse una ciocca di capelli di Delanna. «Passaci attraverso le dita,» spiegò. «In modo che possa vedere che sono i tuoi capelli.»

Delanna inclinò la testa di lato e passò le dita tra i lunghi capelli.

«Vedi?» disse Sonny. «Capelli. Niente fuoco. Niente calore. Capelli.»

La scimmia incendiaria si protese in avanti fino a quando non fu quasi piegata in due e scrutò con attenzione i capelli di Delanna.

«Lasciaglieli toccare,» le ordinò Sonny.

«Sei sicuro che non sia pericolosa?»

«Ne sono sicuro, fino a quando non mette le mani su una scatola di fiammiferi.»

Delanna inclinò ancora di più la testa e allungò una ciocca di capelli verso la mano protesa della scimmia incendiaria, che fece un altro passetto in avanti e tese un dito artigliato. Sfiorò con esitazione i capelli, senza quasi toccarli, poi ritrasse di scatto il dito e lo infilò in bocca, come se si fosse scottata.

Sonny rise. Batté di nuovo le mani, con decisione. «Adesso va’ via. Va’!»

La scimmia incendiaria scomparve dietro una delle palme, muovendosi tanto in fretta che Delanna finalmente si convinse che quelle creature erano davvero dei rettili.

«Non tornerà, vero?» chiese in tono spaventato.

«No. Hanno paura dei rumori secchi e squillanti. E degli umani. Devono essere state davvero affascinate dai tuoi capelli per farsi vedere. Stai bene?»

«Sì,» rispose Delanna. Improvvisamente le venne in mente che era ancora aggrappata a Sonny. Tolse le braccia dal suo collo e si scostò. «Erano così… Cadiz ha detto che non c’erano animali in questa macchia di arbusti… Non hanno un aspetto innocuo,» terminò in tono lamentoso.

«Questo è vero,» concesse Sonny con un sogghigno. «La prima volta che ne vidi una, mi arrampicai di corsa su un albero di palle di cannone che aveva molti meno rami di queste palme di sale.» Si avviò verso la palma dietro la quale era scomparsa la grande scimmia incendiaria.

«Sei sicuro che siano andate via?» chiese Delanna, seguendolo: non voleva che si allontanasse troppo da lei.

«Ne sono sicuro,» rispose Sonny, osservando i cespugli. «Si nasconderanno fino a quando non ce ne saremo andati, poi spero che lasceranno questa macchia.»

«Che significa che lo speri?» Delanna si avvicinò maggiormente a Sonny. «Pensavo che avessi detto che erano innocue.»

«Loro sono assolutamente innocue,» confermò Sonny. «Ma ci sono un mucchio di persone in questa carovana, compreso Jay Madog, che sparerebbero a vista su qualsiasi scimmia incendiaria. Se scoprissero che sono qui…» Sonny si girò e la fissò. «Voglio che tu mi faccia un favore,» affermò in tono serio. «Non voglio che tu dica nulla sulle scimmie incendiarie quando torneremo. Nessuno sa che sono qui. Cadiz era convinta di dire la verità quando ti ha detto che in questa macchia non c’era nulla di cui preoccuparsi. Le scimmie incendiarie si spingono di rado nelle pianure e nessun altro umano verrà qui. Stiamo per partire.»

Le poggiò le mani sulle spalle. «Sono innocue. Appiccano qualche incendio, ma non tanti quanti gliene vengono attribuiti, mangiano qualche palla di cannone. Certo, sono una seccatura, ma non meritano di essere massacrate solo perché…»

«Perché io sono stata tanto stupida da venire qui,» concluse Delanna in tono dispiaciuto.

«Perché sono state così stupide da accamparsi tanto vicino a una carovana. Per favore,» disse Sonny, guardandola con ansia.

«Non dirò nulla. In ogni caso,» aggiunse Delanna, girando la testa, «penserebbero che si tratti di un’altra storiella divertente su come la moglie di Sonny sia incapace di prendersi cura di se stessa. Probabilmente la racconterebbero per radio e si divertirebbero un mondo a riferire come ho gridato, facendo la figura della perfetta imbecille.» Si fermò e sollevò lo sguardo verso Sonny. «Ma se qualcun altro oltre te mi ha sentito gridare?»

«Io non ti ho sentito gridare,» le spiegò Sonny. «Ti stavo cercando e ho visto che ti dirigevi qui.» Esitò. «Stavo venendo a scusarmi per quello che ti ho detto ieri sera.»

«Vuoi dire il fatto che non so prendermi cura di me stessa? Ovviamente avevi ragione, oppure non sarei finita a farmi circondare da un branco di scimmie incendiarie e non ti avrei gridato di venirmi a salvare.»

Sonny sorrise. «Hai chiamato me, eh? Non Jay Madog?»

Delanna arrossì. «Sapevo che stavi lavorando al solaris,» tentò di giustificarsi. Se ne pentì immediatamente.

«Giusto,» commentò Sonny. «Sapevo che doveva esserci un motivo logico.» Si chinò e raccolse Cleo. «Andiamo. Prima lasciamo questo posto, meno possibilità ci sono che qualcuno venga a cercarci.» Si avviò verso i cespugli sotto cui Delanna aveva strisciato con Cleo appesa al collo.

Come stavo facendo io un minuto fa, pensò Delanna. «Aspetta un attimo!» esclamò.

Sonny si fermò e si girò.

«Grazie per essere venuto,» gli disse Delanna. «Ero davvero spaventata.»

«Prego.»

«E voglio scusarmi per le cose che ho detto ieri sera. Stamattina ho ascoltato la radio, dunque so che stavi solo cercando di proteggermi dai pettegolezzi.»

«I coloni possono essere molto duri, specialmente nei confronti degli Stranieri,» spiegò lui. «Una volta, durante il raccolto, mi si è aperta la cucitura dei pantaloni mentre pigiavo le palle di cannone e ne parlano ancora.» Le rivolse un sorriso. «Vieni.»

Si avviò con passo deciso verso la macchia, portando Cleo su un braccio come un bambino. Delanna iniziò a seguirlo, poi si fermò.

«Come hai fatto ad arrivare qui?» gli chiese, guardando il cerchio intatto di cespugli.

«Cosa vuoi dire?» le chiese Sonny, tendendo la mano. «Ho camminato, ovviamente.» I rami si aprirono davanti a lui. «Questi sono arbusti reddsie.» Arbusti Mar Rosso, pensò Delanna.

Poi si affrettò a seguirlo, toccando i rami sottili con la stessa cautela con cui la scimmia incendiaria le aveva toccato i capelli. I rami si ritrassero, come le zampe di Cleo, nei rami più grandi e questi ultimi a loro volta rientrarono nei rami principali, lasciandole un sentiero libero. Delanna rimase a fissarli, affascinata.

«Ah, eccovi qui!» sentì dire Cadiz. «Vi abbiamo cercato dappertutto. Pierce è tornato.»

Delanna sollevò lo sguardo. Sonny era già uscito dalla macchia di arbusti, tendendo il braccio per continuare a lasciare aperto un sentiero per Delanna e Cadiz era accanto a lui con le mani sui fianchi. «Sono qui, Jay!» gridò Cadiz, agitando le braccia. «Stanno bene.»

Delanna si affrettò a uscire dalla macchia, guardandosi ansiosamente alle spalle per assicurarsi che le scimmie incendiarie non fossero visibili da nessuna parte, ma non aveva bisogno di preoccuparsi: i rami si erano già allungati di nuovo. Ormai non era rimasto alcun segno che qualcuno vi fosse passato attraverso.

«Ma cosa stavate facendo dentro voi due?» chiese Cadiz, tentando di scrutare attraverso la macchia di arbusti. «Jay vi sta cercando. Ha avuto i nuovi dati.»

«La scarabeo di Delanna si era allontanato,» affermò Sonny.

«Mmm,» bofonchiò Cadiz in tono scettico. «Questo spiega cosa ci faceva lei lì, ma non tu. Cosa sta davvero succedendo?»

«Mi era persa nei cespugli,» spiegò Delanna, guardando in faccia Cadiz. «Non sapevo che si aprivano e così sono strisciata sotto di essi. Sono rimasta bloccata, ho chiamato Sonny e lui è venuto a salvarmi.»

«Vuoi scherzare,» replicò Cadiz con una risata. «Sei strisciata sotto gli arbusti reddsie! Oh, ma questa è perfino migliore del tuo tuffo nel ruscello di sale! Riesco quasi a vederti mentre strisci quando tutto quello che dovevi fare era… Aspetta che lo racconti a Jay! Questa sì che è una storia fantastica!»

Si allontanò verso la carovana, presumibilmente per andare a cercare Jay.

«Non c’era bisogno che glielo dicessi,» commentò Sonny. «Questa storia finirà in onda prima del tramonto.»

«Dovevo pur dirle qualcosa. Immagino che sia meglio che vada a cercare Jay e a inserire i nuovi dati,» replicò Delanna. «E a lasciare Cleo nel solaris, così non si allontanerà un’altra volta, mettendomi di nuovo nei guai.» Allungò la mano per prendere Cleo da Sonny.

«Sì,» commentò Sonny, ma non lasciò andare lo scarabeo. «E sarà meglio che io vada a vedere se il solaris ha deciso di partire.» Le passò Cleo. «I tuoi capelli sembrano davvero in fiamme, sai. Non mi meraviglio che le scimmie incendiarie siano pazze di te.»

Jay arrivò di corsa. «State bene tutti e due?» chiese, osservando prima Delanna e poi Sonny. «Ero preoccupato da morire quando non sono riusciti a trovarvi.»

«Sto bene,» rispose Delanna. «Sonny era con me.»

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