CAPITOLO SETTIMO

Cadiz rifiutò di cedere il sedile di guida a Sonny, che così si sistemò sul retro del solaris, piegato in avanti e con il mento sulle ginocchia in modo potere vedere fuori dal tettuccio e, senza dubbio, ascoltarle parlare. Ma adesso le due ragazze viaggiavano in silenzio. Di tanto in tanto, Cadiz rivolgeva un’occhiata a Sonny e ridacchiava tra sé e sé, un comportamento che faceva apparire un’espressione accigliata sul volto di Sonny, ma non lo spingeva a fare alcun commento.

Il suo sguardo era concentrato sul lontano orizzonte; aveva occhi chiari con ciglia lunghe e nere, un filo di barba lungo la mascella volitiva. Poi qualcosa mutò nella sua espressione e, anche se i suoi occhi non si erano mossi, Delanna capì che adesso l’attenzione di Sonny si era concentrata su di lei. Si appoggiò lentamente allo schienale e le sorrise. Delanna si sentì arrossire e distolse in fretta lo sguardo.

«Cosa c’è?» chiese Cadiz, sporgendosi in avanti per poi girarsi verso Sonny. «Oh, lei sa sorridere. Tesoro, dovresti farlo più spesso. Quell’espressione arcigna che hai avuto tutto il giorno ti dà l’aria di una prugna secca.»

Delanna fissò fuori dal finestrino, lasciando che i cespugli marroni e gli occasionali alberi privi di foglie le passassero accanto come macchie confuse fino a quando sentì il calore del rossore che svaniva. Non importa che aspetto abbia Sonny, si disse severamente. L’unica cosa importante per me è ricevere l’eredità e andarmene da questo pianeta.

«Accelera, Cadiz,» ordinò Sonny.

Delanna si arrischiò a guardarlo ed emise un sospiro di sollievo rendendosi conto che Sonny aveva di nuovo rivolto la propria attenzione verso l’orizzonte.

«Non posso accelerare di più. Siamo già al massimo,» replicò Cadiz.

«Ma stai rimanendo di nuovo indietro,» le fece notare Sonny.

«Me ne sono accorta,» rispose Cadiz. Stava controllando i quadranti sul cruscotto. «Stiamo assorbendo i raggi solari dalla batteria troppo in fretta. Sarà meglio che chiami Jay.»

«Non ancora,» replicò Sonny mentre allungava un braccio e faceva scattare più volte un interruttore.

«Ho già alzato la vela solare,» lo informò Cadiz in tono apparentemente irritato.

Ma Sonny non le prestava ascolto: si era incuneato tra i sedili per poggiare le mani sull’albero della trasmissione al centro del pavimento. «Tenta di scalare marcia. Quest’albero è addirittura bollente.»

Delanna osservò Cadiz abbassare con il pollice una leva sul volante e il solaris ebbe un lieve sussulto. Il gemito del motore divenne più alto, anche se il solaris continuò a rallentare.

Iniziarono a seguire un sentiero di erba battuta che saliva su basse collinette oppure girava loro intorno e che, con il passare del tempo, li separò sempre più spesso dalla carovana.

«Fermati, Cadiz. Quest’albero sta diventando ancora più bollente.»

«Sarà meglio che chiami Jay,» rispose lei. «Ormai non riesco più neppure a vedere la bandiera.»

«Fammi prima provare ad aprire la carrozzeria e fare entrare un po’ d’aria per raffreddare la parte inferiore.»

Cadiz sospirò, ma fece fermare il solaris. Sonny aprì i ganci del tettuccio, uscì all’esterno e aprì altri ganci sulla carrozzeria, poi la tirò verso l’alto in modo che si sollevasse di qualche centimetro lungo l’orlo del veicolo. Quando tornò dentro e richiuse il tettuccio, Cadiz fu costretta a sollevare il mento per vedere oltre il cofano del veicolo. Si inerpicarono lungo un’alta collina, discesero senza alcun problema lungo l’altro versante e giunsero a metà del versante della collina successiva.

«Cos’è questa puzza?» chiese Delanna, rendendosi improvvisamente conto che nell’aria secca e polverosa c’era una nuova sfumatura acre.

«Un motore,» spiegò cupamente Sonny.

«O forse tutti e due,» commentò Cadiz. «Adesso posso chiamare Jay?»

«Chiamalo pure e spegni quei dannati motori: così li stai bruciando.»

«Io li sto bruciando?» ribatté Cadiz. «Sei tu quello che non ha voluto farmi fermare mezz’ora fa.»

Sonny si limitò a scuotere la testa.

«Immagino che Sonny pensasse che scalare marcia e aprire la carrozzeria sarebbe stato d’aiuto,» intervenne Delanna.

Sonny annuì impercettibilmente e allungò un braccio oltre di lei per aprire il gancio sopra le loro teste. Quando Cadiz fece fermare il solaris, Sonny spalancò il tettuccio e fu costretto a scavalcare Delanna per uscire. Gettò il cappello a terra, poi strisciò sotto il solaris.

«Jay, mi senti?» stava dicendo Cadiz nel microfono.

«Sì, ti sento.» Udirono la voce di Jay provenire da entrambi gli altoparlanti. «Di quanto siete rimasti indietro? Per caso voi ragazze dovete parlare di nuovo?»

«Qui abbiamo un problema, Jay,» spiegò Cadiz. «Stiamo consumando tanta energia solare quanta riusciamo ad assorbirne e il nostro albero di trasmissione è bollente.»

«Il motore numero uno è andato,» annunciò Sonny quando strisciò vìa da sotto il solaris. Aveva lo sguardo rivolto verso il cielo. Delanna pensò che stesse fissando il sole, che ormai sfiorava l’orizzonte occidentale. Sonny scosse la testa. «Lo avevo appena fatto riparare a Grassedge.»

«E abbiamo perso il motore numero uno,» aggiunse Cadiz al microfono.

Udirono Jay emettere un fischio. «Rimanete lì,» ordinò. «Tornerò indietro per rimorchiarvi.»

Sonny spostò il pannello solare in modo che fosse perpendicolare ai raggi del sole, poi rimase in piedi con le mani in tasca, appoggiandosi al solaris. Cadiz uscì dal solaris e Delanna la seguì, portandosi dietro Cleo, grata di quell’opportunità di sgranchirsi le gambe.

Delanna fece un respiro profondo. Senza il polverone sollevato dal resto della carovana, l’aria era quasi piacevole, per quanto fosse leggermente calda e secca. L’erba sotto i suoi piedi era fragile e si spezzava con un crepitio a ogni passo che faceva. Dietro di loro, le dolci colline erano di un uniforme colore marrone; non c’era nessuna traccia dei campi verdi e irrigati che aveva potuto osservare dal finestrino del treno il giorno precedente.

Tanto per fare qualcosa, Delanna iniziò a camminare sull’erba schiacciata verso la sommità della collina, ma i tacchi alti la rendevano troppo goffa per spingersi così lontano. Sedendosi, Delanna si girò a guardare il solaris. La sua linea snella era allungata per avere un’aerodinamica migliore, le ruote erano molto all’interno della carrozzeria e montate su supporti triangolari; il solaris ricordava un insetto volante in un momento di riposo. Perfino il rimorchio che trainava era stato costruito in maniera più o meno aerodinamica: era lungo, sottile e finiva a punta. Sonny doveva avere tolto l’incerata, poiché le oche stavano sporgendo i becchi da dietro le sbarre. Ma qualcuno ha dato loro da mangiare? si chiese improvvisamente Delanna. Con riluttanza, si alzò e tornò indietro per andare a controllare, portando Cleo con sé. Dopo avere dato da mangiare alle oche, avrebbe nascosto Cleo nel sacco del mangime.

Quando Jay comparve a bordo del suo grande solaris equipaggiato di tutto punto, i due uomini non impiegarono molto tempo nell’attaccare una barra di rimorchio al piccolo solaris di Sonny e salirono tutti nella cabina del veicolo di Jay. Anche con quattro passeggeri, c’era abbastanza spazio per stendere le gambe. Jay prese delle tazze da un compartimento e tirò giù uno spinotto da un pannello del soffitto, poi riempì le tazze con una mano mentre guidava con l’altra. Era acqua semplice, ma era fredda e molto rinfrescante. Delanna la bevve tutta e Jay le riempì di nuovo la tazza.

«Hai un motore di ricambio?» chiese Jay a Sonny.

«Non servirà a nulla,» replicò Sonny in tono cupo.

«C’è qualcosa che fa surriscaldare l’albero di trasmissione,» spiegò Delanna. «Sostituire il motore sarebbe inutile fino a quando Sonny non riuscirà a capire di cosa si tratta. Un altro motore si limiterebbe a bruciare come il primo.»

«Pensi di essere capace di aggiustarlo?» chiese Jay.

«Ci proverò,» rispose Sonny, ma Delanna pensò di avere colto nella sua voce un tono dubbioso.

Avevano appena raggiunto la sommità di un’altra collina e Delanna vide un cambiamento sorprendente nel territorio davanti a lei. Le dolci colline terminavano di colpo in una sporgenza rocciosa che dominava una pianura di terra secca e cotta dal sole, interrotta soltanto da una linea serpentina di bassi arbusti di un colore verde polveroso, che non riuscivano a celare il luccichio dell’acqua corrente. Il resto della carovana si era fermato accanto al ruscello e tutti i solaris avevano i pannelli solari perpendicolari sui pennoni, dando l’impressione di una fila di lucertole intente a godersi gli ultimi raggi del sole.

Jay si fermò all’estremità della fila e uscì per aiutare Sonny a sganciare il rimorchio e poi il solaris; Cadiz e Delanna scesero e rimasero a osservarli. Non appena il solaris venne sganciato, Jay tornò nel suo veicolo, raggiunse l’inizio della carovana e parcheggiò. Sonny sollevò completamente la carrozzeria e il suo busto scomparve sotto il solaris.

«Sarà un viaggio molto lungo,» commentò Cadiz, stiracchiandosi.

«Quanto è lontano l’albergo?» le chiese Delanna.

«Albergo?» Cadiz sembrò perplessa. «Quale albergo?»

«Quello dove dormiremo stanotte.» L’acqua offertale da Jay aveva placato la sete di Delanna, ma era coperta di polvere e ancora molto stanca. Avrebbe gradito molto concedersi un lungo bagno caldo.

«Oh, vuoi dire il campzye. Il sole tramonterà tra un’ora, dunque immagino che per stanotte ci fermeremo qui.» Cadiz la fissò inclinando la testa. «Sonny non ti ha detto che ci accamperemo all’aperto fino a quando non arriveremo a casa?»

«No,» rivelò Delanna. «Non me l’ha detto. Naturalmente io presumevo che…»

«Devi smetterla di presumere, tesoro. Qui siamo su Keramos.»

«Non me lo sono dimenticato,» replicò Delanna. «Abbiamo almeno una tenda?»

«Penso che Sonny abbia un bozzolo per una persona. Può essere usato anche da due persone, se sono disposte a stare strette come sardine.» Cadiz ridacchiò. «Anche B.T. ha un bozzolo. La scorsa primavera, quando andammo insieme a controllare la fioritura del lotto orientale, io dimenticai il mio.»

Delanna la osservò con interesse.

Ma Cadiz si limitò a scrollare le spalle. «B.T. mi cedette il suo bozzolo e allora io mi misi il più possibile da un lato.» Si fermò e aggrottò la fronte. «Il mattino dopo, io ero ancora lì e B.T. era ancora fuori. I Tanner possono essere così dannatamente nobili!»

«Vorrei averlo saputo ieri notte,» commentò Delanna. «Forse sarei riuscita a dormire almeno un po’.»

«Non dirmi che eri preoccupata per Sonny!» esclamò Cadiz, poi rise perché Delanna non lo negò. Improvvisamente ridivenne seria. «Però, se fossi in te, avrei qualche motivo per preoccuparmi.» Sorrise. «Forse allora vedremo se B.T. è ancora solo un amico.»

«Di cosa stai parlando, Cadiz?» chiese Delanna. «Non riesci a farti notare da B.T. e così tenti di attirare l’attenzione di Sonny, nella speranza che B.T. si ingelosisca?»

«Perché dovrebbe importarmi quello che pensa B.T.?» replicò Cadiz in tono triste. «Lui è solo un amico. O almeno, è quanto lui dice a me e a chiunque altro su Keramos.»

«Almeno è un inizio migliore di molti altri,» cercò di rincuorarla Delanna.

«Come il tuo matrimonio, vero?» commentò Cadiz.

«Non è un matrimonio.»

«Anche Sonny la pensa così?» le chiese Cadiz.

«Sì,» rispose Delanna. «È un accordo finanziario.»

«Ne sei proprio sicura? Non fa che parlare di te da un bel po’ di anni.»

«Non riesco a immaginare Sonny che parla di qualcuno, figuriamoci di me. E anche se fosse vero, non riesco a immaginarne il motivo.»

«Be’, immagino che non sia proprio vero che parlasse di te. Parlava della ragazzina che ricordava, sempre curiosa su quello che lui stava facendo e che lo seguiva tutto il tempo. Sonny Tanner sa parlare, però ci vuole un po’ d’ambrosia per sciogliergli la lingua.»

«Sì, ricordo che gli stavo sempre intorno. E lui era gentile con me quando ero bambina. Ma questo è il passato. Adesso è diverso, adesso non desideriamo più le stesse cose.»

«E tu cosa vuoi?»

«Andarmene da questo pianeta dimenticato da Dio e tornare alla civiltà, dove posso fare il bagno ogni volta che ne ho voglia.»

«A Milleflores c’è una doccia,» rivelò gentilmente Cadiz.

«Grazie dell’informazione, ma è difficile che questo dettaglio sia sufficiente a farmi rimanere. La cosa peggiore di questo pianeta sono i suoi orribili costumi, le sue leggi primitive. Sono sposata a un uomo che non conosco neppure. Quando sono state promulgate quelle leggi qualcuno si è fermato a riflettere che forse io consideravo il matrimonio come qualcosa di sacro e di personale?»

«Ti sei mai fermata a riflettere che forse lo stesso vale anche per Sonny? Che forse vale per tutti noi?»

«Tutto quello che importa a Sonny è il suo prezioso lanzye e il prossimo raccolto.»

«È necessario dedicarsi totalmente alla propria terra,» replicò Cadiz. «E lui lo sa.»

E senza dubbio Sonny Tanner si dedicava totalmente… alla sua terra e al suo raccolto. Frustrata, Delanna scosse la testa. Cleo sporse il muso da sotto le scaglie ingioiellate.

«Si è mosso!» esclamò Cadiz, allontanandosi di scatto da Delanna. «Il tuo scarafaggio si è mosso.»

Delanna provò l’impulso di ribattere, Guarda che Cleo non è uno scarafaggio, ma era troppo stanca per mettersi a discutere, così si limitò a voltare le spalle a Cadiz. Sonny era ancora sotto la carrozzeria del solaris e Delanna non riuscì a vedere Jay da nessuna parte tra le file di solaris.

Lo scarabeo sgusciò via dalle braccia di Delanna e si diresse verso il ruscello. Delanna si affrettò a bloccarlo. «Stai viaggiando in incognito, Cleo,» le ricordò. «Non puoi andare laggiù.»

Cleo lottò contro di lei, agitando le zampe, adesso completamente estese, tentando di scendere a terra. Ovviamente voleva fare un po’ di esercizio, dopo essere stata rinchiusa tutto il giorno nel solaris e nella gabbia delle oche, ma Delanna non poteva correre il rischio che qualcuno la vedesse. Avrebbero immediatamente diffuso la notizia via radio e Doc Lyle sarebbe apparso di nuovo.

«Aspetta solo un istante,» disse Delanna, e poi andò a prendere la sacca dal retro del solaris. «Starai qui dentro solo fino a quando non avremo superato la carovana,» spiegò a Cleo mentre la infilava dentro e chiudeva la sacca. «Poi ti lascerò uscire.» Iniziò a camminare lungo la fila di solaris parcheggiati. Si fermò quando pensò di avere visto Jay davanti a sé, ma si trattava di un altro uomo, che la fissava con la fronte aggrottata.

«Non hai niente di meglio da fare di proiettare la tua ombra sul mio pannello solare?» le chiese l’uomo.

«Non l’ha fatto apposta,» spiegò il suo compagno, l’uomo dal volto rosso che Delanna aveva visto quella mattina. «È la sposa novella di Sonny Tanner.» Rivolse un sogghigno a Delanna. «Se qualcuno si mette davanti ai collettori solari, non si caricano più, signorina: devono essere esposti direttamente verso il sole.»

«Mi dispiace,» si scusò Delanna, affrettandosi a spostarsi.

«Sta andando da qualche parte?» le chiese il primo uomo, che adesso sogghignava anche lui. Indicò la sacca.

«Vado a fare una passeggiata,» rispose Delanna e se ne pentì immediatamente. Poteva già sentire i commenti che sarebbero stati trasmessi via radio il giorno seguente. Avreste dovuto vederla. Non sa andare neppure a fare una passeggiata senza portarsi dietro il suo bagaglio.

«E allora, com’è la vita matrimoniale?» le chiese l’uomo dal volto rubizzo.

Delanna lo ignorò, superò rapidamente la fila di solaris e si diresse verso il ruscello. Si voltò indietro per assicurarsi che nessuno la stesse osservando, specialmente i due uomini che le avevano rivolto la parola, poi lasciò uscire Cleo dalla sacca.

Lo scarabeo zampettò su una roccia piatta ed estese le zampe anteriori. Delanna si sedette accanto a Cleo e si tolse le scarpe. L’acqua era fresca e scorreva rapida sulle dita dei piedi. Se ne spruzzò un po’ sulle braccia e la sensazione di frescura fu meravigliosa. Cleo, tuttavia, si allontanò dal ruscello, zampettò sul collo di Delanna, scese lungo la schiena e si fermò sulla riva, osservando la propria padrona.

«Cosa c’è, Cleo?» le chiese Delanna; di solito allo scarabeo piaceva l’acqua, a patto che non fosse troppo fredda. Però Cleo non aveva mai visto un ruscello prima d’ora, ma soltanto eleganti e tranquille piscine, con scalini di pietra e corrimano a cui aggrapparsi. Ora che ci penso, si rese conto Delanna, neppure io ho mai visto dell’acqua corrente da quando ero bambina su Keramos. Ricordò che allora non aveva avuto bisogno di scalini di marmo o di corrimano, dunque non ne aveva bisogno neppure adesso.

Delanna fece qualche altro passo nel ruscello, lasciando che l’acqua le arrivasse oltre la vita dei pantaloni. L’acqua aveva il colore del tè, ma non era fangosa, tranne quando i piedi di Delanna agitavano il fondo. Avanzò ancora, indecisa se togliersi i vestiti. Si voltò a guardare verso la carovana. L’uomo che le aveva intimato di smetterla di bloccare il suo collettore solare la stava osservando, così come una donna, Delanna pensò che fosse la moglie, e almeno un’altra mezza dozzina di persone.

«Non hanno mai visto nessuno fare il bagno,» borbottò. «Ma, probabilmente, loro si lavano solo due volte l’anno.»

Non aveva certo voglia di dare spettacolo togliendosi i vestiti, ai quali probabilmente un bel bagno avrebbe fatto altrettanto bene. Avanzò ancora, lasciando che i pantaloni si gonfiassero nell’acqua, che sembrava già più calda. Quando l’acqua le arrivò ai fianchi e Delanna era già giunta al centro del ruscello, si tappò il naso e si tuffò. La corrente si impadronì di lei e la trascinò lungo il letto roccioso, rovesciandola sulla schiena. Staccò la mano dal naso per raddrizzarsi, andò a sbattere contro una roccia e ansimò di paura.

Riemerse sputacchiando e soffocando, con in bocca un tremendo sapore di sale e gli occhi che le bruciavano. Sulla riva, Cleo stava gridando, ma Delanna non riuscì ad aprire gli occhi per scoprire perché: le bruciavano come se fossero in fiamme.

«Cleo…» chiamò lo scarabeo, poi iniziò a tossire. L’acqua le colò lungo il viso dai capelli gocciolanti, entrandole nella bocca. «Sono…» Soffocò di nuovo. «Arrivo.»

«Delanna, ma cosa diavolo ci fai li dentro?» senti urlare Sonny.

Si gettò indietro i capelli e cercò a tentoni la riva, tentando di costringere i propri occhi ad aprirsi.

«Esci subito di lì, Delanna!» snidò Sonny.

Riuscì a socchiudere gli occhi nonostante il terribile bruciore. Sonny era una sagoma confusa sul bordo della riva, una sagoma confusa con in mano un gioiello. E stava parlando al gioiello.

«Va tutto bene, Cleo,» stava dicendo Sonny. «Non si è fatta male… O no?»

Delanna scosse lievemente la testa, troppo orgogliosa per dirgli quanto dolore avesse provato battendo il gomito contro la roccia. Lottò per tornare a riva, sentendosi incredibilmente goffa e stupida, adesso che qualcuno la stava osservando.

Cleo si allungò verso di lei, estendendo una zampa anteriore per afferrare la camicia a fiori fradicia, ma la lasciò andare immediatamente. Si pulì l’unghia sulla camicia di Sonny, gemendo come faceva sempre quando entrava in contatto con qualcosa di sgradevole.

«Quello è un ruscello di sale,» spiegò Sonny.

«L’ho appena scoperto,» ribattè Delanna.

«Tutto quel sale ti farà venire un prurito terribile,» aggiunse Sonny.

«Fantastico. Come se non fossi già abbastanza depressa dall’essere coperta di polvere.» Allungò una mano verso Cleo, ma lo scarabeo si affrettò a spostarsi sulla nuca di Sonny. «Traditrice,» sibilò Delanna, poi si girò e si avviò lungo il ruscello, furiosa nei confronti del mondo intero.

Non solo per colpa del sale, ma anche per l’uomo che era stato tanto brusco nel proteggere la sua preziosa luce solare e per l’uomo dal volto rubizzo che l’aveva trattata con tanta condiscendenza e per Cadiz, che parlava di Keramos e di Sonny come se Delanna non avesse alcun diritto di essere infuriata; ma poi, che diritto aveva un dannato ruscello che scorreva al centro di un continente di essere pieno di sale? Sua madre aveva ragione su Keramos: era davvero un pianeta dimenticato da Dio.

Urtò con l’alluce e si fermò perché il dolore era troppo intenso per permetterle di fare un altro passo. E poi, dove pensava di potere andare? Di nuovo a Last Chance? Non aveva alcuna possibilità di riuscirci. A piedi, ci sarebbero voluti dei giorni. Si voltò indietro. Sonny era ancora immobile accanto al ruscello e la stava osservando. In mano aveva la sacca di Delanna: doveva avervi infilato Cleo. Delanna rivolse un’occhiata all’accampamento: anche tutti gli altri la stavano guardando, alcuni erano perfino saliti sui loro solaris per godere di una vista migliore. Meraviglioso! E come se non fosse già abbastanza famosa, quando la notizia sarebbe stata trasmessa via radio, Delanna avrebbe fatto la figura di una vera stupida.

«Voi non avete mai commesso uno stupido errore?» gridò rivolta verso di loro, portando le mani sui fianchi in un gesto di sfida.

Probabilmente erano troppo lontani per sentire con chiarezza le parole di Delanna, ma, si trattasse della posizione o del fatto che si erano annoiati, i curiosi ripresero qualsiasi occupazione stessero svolgendo in precedenza. Delanna guardò di nuovo Sonny, che abbassò lo sguardo verso gli stivali, poi si girò e si avviò verso l’accampamento con la sacca. Delanna infilò le mani nelle tasche bagnate e finse di osservare le brillanti sfumature dorate e purpuree nel cielo occidentale mentre la palla di colore dorato iniziava a scivolare sotto l’orizzonte; poi si avviò di nuovo verso l’accampamento.

Quando tornò, Sonny era di nuovo sotto la carrozzeria e Jay era accovacciato sui talloni accanto al solaris. Cadiz aveva acceso il fuoco e Cleo apparentemente era tornata nella gabbia delle oche, poiché da essa provenivano starnazzi isterici. Delanna prese una spazzola dalla sacca e si sedette accanto al fuoco. Cadiz aveva appeso sul fuoco una pentola di qualcosa e ne stava girando il contenuto con un mestolo.

«Ti sei goduta il bagno?» le chiese Cadiz con un sogghigno che andava da un orecchio all’altro. «Cavolo, avrei voluto esserci quando hai capito in cosa stavi nuotando!»

«Avresti potuto avvertirmi, Cadiz.» Il sale sulle braccia e le gambe di Delanna si era già seccato, formando una crosta bianca, la camicia a fiori e i pantaloni erano diventati appiccicosi.

«La verità è che nessuno pensa come uno Straniero, tranne, forse, un altro Straniero, cosa che io di certo non sono,» si difese Cadiz, togliendo il mestolo dalla pentola per assaggiare. «Ha bisogno di un altro po’ di sale,» commentò. «Non è che ti andrebbe di saltarci dentro?» Iniziò a ridere. «No, diventerebbe troppo salato. Che ne dici di infilare solo la testa?» Scoppiò a ridere a crepapelle.

Delanna la ignorò e continuò cupamente a tentare di passare la spazzola tra i ciuffi di capelli appiccicosi.

Jay si alzò, smettendo di fare qualsiasi cosa stesse facendo accanto al solaris, poi si avvicinò a Delanna.

«Ho una doccia sonica nel mio solaris,» affermò. «Se vuoi, puoi usarla.»

«Oh, ma questa mi pare…»

«Abbiamo dell’acqua che può usare per lavarsi,» affermò Sonny, interrompendo Delanna quando apparve dall’oscurità alle spalle di Jay.

L’acqua era una prospettiva ancora migliore rispetto alla doccia sonica. Delanna era sul punto di dirlo, quando Cadiz chiese, «Quale acqua? Per caso la nostra acqua potabile?»

«Delanna è mia moglie,» affermò Sonny, rivolto non a Cadiz, ma a Jay. «Non ha bisogno della tua doccia sonica.»

«Mi piacerebbe molto usare la tua doccia,» affermò Delanna, rivolgendo un’occhiata rabbiosa a Sonny. «Grazie per l’offerta, Jay. Cadiz, hai qualche vestito da prestarmi?»

«Sì,» rispose Cadiz in tono cauto. Passò a Sonny il mestolo e iniziò a frugare nel suo zaino.

Aggrottando la fronte, Sonny immerse il mestolo nella pentola e ne agitò il contenuto. Lo stufato tracimò oltre i bordi e sfrigolò nel fuoco.

«Devi girarlo, Sonny, non montarlo,» lo avvertì Cadiz senza sollevare lo sguardo. Un istante dopo passò a Delanna un involto di vestiti.

«Grazie,» le disse Delanna, poi si girò verso il veicolo di Jay. «Questo è molto gentile da parte tua,» disse a Jay, perfettamente consapevole che Sonny e Cadiz la stavano sentendo. «Non potrei sopportare di viaggiare fino al lanzye coperta di sale. Non sono davvero cinquemila miglia, vero?»

«Adesso sono un po’ più di quattromila e cinquecento,» replicò Jay. Anche se il sole era tramontato, Jay fu ben attento a camminare dietro i solaris con le loro vele sollevate. O forse aveva scelto il percorso meno illuminato dai fuochi da campo.

Quattromila e cinquecento miglia… dunque quel giorno avevano percorso cinquecento miglia. «A questa velocità, ci vorranno dieci giorni,» affermò Delanna, sentendosi quasi altrettanto scoraggiata di quanto si era sentita quella mattina.

«No, ce ne vorranno più di venti. Una volta giunti nella Pianure, potremo procedere a velocità dimezzata. Se non piove.»

Jay si fermò, il piede poggiato su una roccia, la mano tesa per aiutare Delanna a salire lungo una serie di cenge, fino alla cima di uno spuntone roccioso piatto dove era parcheggiato il suo solaris. Le rocce erano nude come ossa.

«Pioggia?» ripeté Delanna in tono incredulo, stringendo la mano di Jay in modo da saggiare la superficie della cengia prima di appoggiare l’intero peso del corpo sui piedi nudi. «È difficile credere che da queste parti cada una sola goccia di pioggia.»

«Alla radio abbiamo sentito di una lunga serie di temporali a est di qui. Guarda laggiù,» la invitò Jay, indicando verso est mentre Delanna saliva su un’altra stretta cengia. «Riesci a vederli?»

Quando Delanna si girò, ondeggiando leggermente, Jay le lasciò andare la mano e le cinse i fianchi per permetterle di riprendere l’equilibrio. Delanna guardò nella direzione indicatale. Il cielo era di un colore rosa pallido, sopra la testa di Delanna stavano già spuntando le stelle. Vicino all’orizzonte c’era una striscia di rosa più scuro. Delanna l’aveva già notata durante la sua passeggiata e aveva sperato che fossero le montagne da cui erano racchiusi i lanzye.

«Vedi quella linea di nuvole?» chiese Jay, salendo finalmente sulla cengia con lei. «Lì sta piovendo, il che significa guai sulle pianure.»

«Perché?» gli chiese Delanna. Jay non le aveva ancora lasciato andare i fianchi. «È per colpa del fango?»

Jay rise. «Vorrei che il fango fosse l’unico problema che dovremo affrontare. No. L’intera pianura è formata da rocce di sale cristallizzato. Quando piove, l’acqua scava crepacci e buche tanto grandi da inghiottire un solaris. Dovremo eseguire sondaggi sul grado di erosione del sottosuolo e questo ci costringerà a rallentare. Speravo che potessimo passare a nord di qui, ma non sembra molto probabile.»

«No,» confermò Delanna, osservando la sottile striscia di nuvole. Adesso era rossa, mentre il cielo sovrastante aveva assunto una sfumatura di un arancione rosato. Due stelle, molto vicine, spiccavano con la loro fievole luminosità contro lo sfondo di colore intenso.

«Il cielo ha un colore meraviglioso, vero?» chiese Jay, avvicinandosi di più.

«Sì,» replicò Delanna. Si girò verso ovest e, nel farlo, si scostò da Jay. «Guarda il tramonto!» Si avvicinò al bordo opposto della cengia. «Cos’è quello?» chiese, indicando una macchia scura molto lontana dietro di loro. «Anche quello è un temporale?»

«No.» Jay si avvicinò e le poggiò una mano sulla spalla. «È solo un incendio. Probabilmente appiccato da quelle maledette scimmie.»

«Le scimmie incendiarie?» chiese Delanna, pensando a quello che le aveva detto Cadiz su quelle creature. «Sono pericolose, vero?»

«Sono una maledetta seccatura: rubano il legname dei coloni, appiccano incendi. Qualche volta ne appiccheranno uno che brucerà tutte le pianure fino ai lanzye.» La sua mano scivolò lungo la spalla di Delanna. «Ma non si spingono mai fin qui. Delanna…»

A Delanna non rimase altro che scendere dalla cengia. «Ma perché li appiccano?» chiese frettolosamente.

«Sono rettili. A sangue freddo. Appiccano gli incendi di notte per mantenere alta la loro temperatura corporea.» Il braccio di Jay si strinse intorno a lei. «Ma tu non devi preoccuparti delle scimmie o di qualsiasi altra cosa quando ci sono io con te, Delanna.»

Non devo preoccuparmi di nulla, a parte te, pensò Delanna, ricordando la storia raccontatale da Cadiz sulla moglie di Miller e le gemelle Spellegny. Si grattò il braccio. «Sarà meglio che faccia quella doccia prima che finisca per grattarmi a morte,» affermò, poi salì sulla cengia successiva.

«Hai ragione.» Jay la superò e poi si girò per aiutarla a percorrere gli ultimi metri. Aprì la portiera del solaris e si fece da parte per farla entrare prima di lui. Delanna salì a bordo e Jay la seguì. «Una rilassante doccia sonica,» commentò Jay, indicando con la mano un angolo del veicolo protetto da una tendina, «una buona cena, un po’ di ambrosia…»

Delanna aveva detto a Cadiz che sapeva prendersi cura di se stessa, ma adesso si chiese se fosse vero. Il veicolo di Jay era piccolo ma lussuoso; non solo era dotato di una doccia sonica, ma aveva anche un’unità di lavaggio chimico per i vestiti e i piatti, un’unità per la cottura dei cibi e un vero letto. Ed era ovviamente progettato per sedurre le mogli dei coloni: il letto occupava quasi l’intero interno del veicolo ed era coperto da una pelliccia di un rosso vivo. Delanna si chiese se fosse appartenuta a qualche scimmia incendiaria. Accanto al letto, a portata di mano, era sistemato un tavolino con inserite delle bottiglie ornamentali. Una rilassante doccia sonica, un po’ d’ambrosia…

«Puoi gettare i tuoi vestiti nell’unità di lavaggio chimico. Basta premere il pulsante,» la invitò Jay, passando rasente al letto per arrivare a una credenza. «I vestiti di Cadiz sono troppo piccoli per te.» Le gettò una vestaglia. «Puoi indossare questa fino a quando i tuoi vestiti non saranno pronti.»

Andò al terminale che era inserito nella parete opposta a quella della doccia sonica, si sedette e lo accese. «Darò un’occhiata a quel temporale e poi preparerò la cena,» annunciò, toccando alcune icone. Sullo schermo apparve un’immagine multicolore, ma che non somigliava assolutamente a una mappa.

Delanna, stringendo contro il petto la vestaglia e l’involto di vestiti datogli da Cadiz come se fosse già svestita, entrò nella cabina della doccia e tirò la tendina di plastica chiara. Darò un’occhiata a quel temporale. Bene, pensò, poi si chiese quante altre donne impolverate Jay avesse invitato per una rilassante doccia sonica e un po’ d’ambrosia. Entrambe le gemelle Spellegny? Lizabeth Infante?

Aprì di nuovo la tendina. «Jay, penso che…» iniziò.

Lui si girò. «Vuoi un po’ di intimità?» le chiese, rivolgendole un sorriso ironico. «Solo un attimo, poi andrò a fare il mio solito giro di controllo.» Si girò di nuovo verso il terminale. «Ho questo nuovo programma, che dovrebbe interpretare i sondaggi, ma non riesco neppure a farmi dire quanto sia lontano quel fronte di tempesta.» Toccò alcune icone, si accigliò, scosse la testa. Poi, con un sospiro, si alzò e andò alla porta. «Tornerò tra mezz’ora.» Indicò una serratura numerica accanto alla porta. «Puoi chiuderti dentro, se vuoi,» le disse, poi le fece l’occhiolino. «Tornerò tra poco.»

«Questo non…» iniziò Delanna, ma Jay era già uscito. Delanna rimase a fissare infuriata la porta. Gli uomini di quel pianeta erano così irritanti! Sonny la considerava come un oggetto di sua proprietà, Jay come un’altra conquista e, cosa ancora peggiore, una conquista che era sicuro di avere già in pugno. Tornerò tra poco.

Raggiunse la porta e attivò la serratura, poi tornò alla cabina della doccia e iniziò a togliersi i vestiti. Entrò dentro, chiuse la tendina e indossò i guanti sonici.

Attivò la batteria e iniziò a lavarsi i capelli. Una folata d’aria calda provenne da sopra la sua testa mentre si strofinava il cuoio capelluto. Non era acqua, ma era meglio di niente e costituiva un tocco di classe per un’unità portatile. Si lavò via la crosta di sale e poi si strofinò la pelle fino a quando non assunse un colore rosato e Delanna si sentì pulita, se non rinfrescata. Quando ebbe finito, appese i guanti e guardò con aria dubbiosa i vestiti datigli da Cadiz. Jay aveva ragione: Cadiz era molto più piccola di lei, ma mentre prendeva la biancheria intima, Delanna si rese conto che Jay non aveva immaginato che Cadiz sapesse scegliere così bene. Le mutandine e la canottiera erano in tessuto elasticizzato e la gonna era a portafoglio: un po’ corta, ma poteva andare. Delanna riuscì a indossare anche il top, sia pure con un po’ di sforzo; le andava un po’ più aderente di quanto preferisse, ma non era particolarmente scomodo. Tra i vestiti Cadiz aveva messo anche una spazzola. Delanna la usò per sistemarsi i capelli, uscì dalla cabina, gettò i vestiti sporchi nell’unità chimica e regolò la manopola sul lavaggio indumenti.

Si guardò intorno in cerca di un posto dove sedersi. Non vide nulla tranne il letto e lo sgabello di fronte al terminale. Delanna girò intorno al letto e si sedette al terminale. Jay aveva richiamato la mappa sullo schermo. Si trattava solo di un’immagine trasmessa dal raggio di ritorno di un satellite, ma Delanna riuscì a distinguere sulla mappa quella che doveva essere la pianura di sale: un cerchio di colore grigio smorto al centro del continente, simile a una padella, con un «manico» che si estendeva verso nord. Toccò il bordo della mappa per richiamare i pannelli di controllo, li trovò e premette il localizzatore. Un puntino giallo lampeggiò sull’orlo sud-occidentale della padella. Delanna mosse le dita in basso, verso gli alfanumerici, iniziò a digitare «lanzye.» Un altro puntino giallo iniziò a lampeggiare non appena toccò la Z. Erano lontani come aveva detto Jay; il che significava che, tutto considerato, non erano particolarmente distanti.

Disgustata, Delanna salvò la mappa di Jay in una finestra e richiamò l’immagine termografica delle caratteristiche della superficie con i sondaggi multispettro del satellite. Adesso poté vedere la linea di fuoco azzurra, incredibilmente fredda, che ostruiva la via più diretta tra i due puntini gialli e il fronte temporalesco che sovrastava come una pesante cortina la pianura di sale, dividendola in due come una pesante cortina. Se avessero scelto qualsiasi altra strada, avrebbero avuto bisogno di barche per attraversare i verdi mari interni. No, avrebbero dovuto attraversare per forza la pianura di sale.

Delanna cercò rapidamente i dati dei sondaggi nella banche dati di Jay, trovò dati vecchi solo di tre settimane e li inserì nel modello su cui stava lavorando. L’immagine mostrò una linea punteggiata che aggirava le depressioni color magenta: apparentemente era il percorso più recente per attraversare la pianura di sale lungo il suo bordo orientale. Il resto della pianura aveva assunto un colore giallo zafferano, il che significava che non c’erano dati disponibili. Il puntino giallo più vicino non era che una pallida scintilla. Jay non aveva scherzato quando aveva parlato di pericoli. Delanna pensò di dare un’occhiata alle immagini del sottosuolo, ma doveva andare a vedere se i suoi vestiti erano asciutti. Annullò la sua richiesta e richiamò la mappa di Jay dalla finestra.

«Adesso sei bellissima,» affermò Jay.

Delanna si girò di scatto sullo sgabello. Jay era sulla soglia e la stava osservando. Ecco a cosa è servito chiudere la porta, pensò Delanna. «Se la doccia sonica riesce a provocare effetti del genere, allora quando ho comprato questo solaris ho fatto un vero affare.»

Delanna si alzò. «Grazie per avermela lasciata usare,» gli disse. «E per avermi permesso di usare l’unità di lavaggio.» Con un gesto indicò l’unità di lavaggio in cui stavano ancora ruotando i vestiti. «Adesso mi sento molto meglio.»

«Hai un aspetto magnifico.» Jay iniziò a girare intorno al letto per avvicinarsi a Delanna. «Sapevi che i tuoi capelli sono perfino più luminosi del tramonto a cui abbiamo appena assistito?»

«Ehm… ora dovrei proprio andare,» balbettò Delanna, dirigendosi verso l’unità di lavaggio. «I miei vestiti dovrebbero essere quasi pronti.»

Jay la precedette. «No,» rispose, dopo avere dato una rapida occhiata ai controlli. «Ci vorrà almeno un’altra mezz’ora. Abbiamo un mucchio di tempo.» Aprì un pannello a muro sopra l’unità di lavaggio. «Cosa preferisci da bere? Ambrosia?»

«No, grazie,» rispose Delanna. «Non mi piace il suo sapore.»

«Allora un po’ di succo di scimmia.» Jay prese una tazza di ceramica e vi versò un liquido chiaro da una grande caraffa smaltata d’azzurro. Passò la tazza a Delanna e prese un’altra tazza.

«Succo di scimmia?» chiese Delanna, scrutando la tazza con aria dubbiosa.

«È acqua minerale frizzante con dentro un po’ di succo di frutta,» le spiegò Jay, versandosene anche lui una tazza. «È chiamato succo di scimmia perché d’inverno le scimmie incendiarie vivono intorno alle sorgenti termali, non perché dentro c’è un po’ di carne di scimmia macinata.»

Delanna ne bevve un sorso, con una certa cautela. L’acqua poteva anche essere sgorgata da una sorgente calda, ma era fresca e Delanna non si era resa conto di quanta sete le avesse fatto venire tutta l’acqua salata che aveva ingurgitato. Vuotò la tazza e ne chiese un’altra. «Ha un sapore di rosa,» affermò.

Jay le versò una seconda razione, mettendo la mano su quella di Delanna in modo da tenere ferma la tazza. «E tu sembri una rosa,» affermò, mentre i suoi occhi incontravano quelli di Delanna. Toccò la tazza di Delanna con la sua. «Brindo alle rose e ai tramonti e alle cene romantiche…» Si sporse verso di lei. «… E a qualsiasi cosa venga dopo…»

«A proposito di cene,» affermò Sonny.

Delanna si girò di scatto: Sonny era appoggiato allo stipite della porta.

«È quasi pronta,» affermò. «La cena, voglio dire.» Guardò Jay e scrollò le spalle. «La porta era aperta. Vieni, Delanna.»

«Non sono ancora pronta,» replicò Delanna. «Sto aspettando che i miei vestiti finiscano di essere lavati.»

«Puoi tornare a prenderli dopo cena,» propose Sonny in tono divertito. «Oppure può portarteli Jay, quando saranno pronti. Che ne dici, Jay?»

Delanna guardò Jay, aspettandosi che dicesse, Ho invitato a cena Delanna, ma invece lui annuì e rispose, «Sicuro, li porterò io più tardi.»

«Magnifico!» esclamò Sonny. «Vieni, Delanna.»

«Preferisco aspettare qui fino a quando non saranno pronti,» ribatté Delanna.

«Oh, okay,» si arrese Sonny, sempre con un tono divertito. Si allontanò dalla porta e andò a sedersi sul letto.

«Non c’è bisogno che aspetti anche tu,» gli fece notare Delanna in tono gelido. «Sono perfettamente in grado di trovare da sola la strada del ritorno.»

«Ne sono lieto,» ribatté Sonny. «Mi dispiacerebbe molto se mia moglie cadesse di nuovo nel ruscello.»

«Io non sono tua…» iniziò Delanna, infuriata.

«Penso che sarà meglio che vada a vedere cosa sta facendo il temporale,» intervenne Jay e uscì dalla porta.

«Io non sono tua moglie!» concluse Delanna non appena Jay fu andato via. «E tu non hai alcun diritto di seguirmi.»

Sonny si alzò. «La legge dice che lo sei,» replicò, «e tutti i componenti della carovana pensano che tu lo sia. Cosa pensi che stiano dicendo sul fatto che sei venuta qui da sola con Madog? Ha sedotto ogni donna nubile su Keramos, e metà di quelle sposate. Jay è uno che ha la lingua svelta, Delanna. Non voglio che tu cada in…»

«Non ho bisogno dei tuoi consigli o della tua protezione!» lo interruppe Delanna. «Jay mi ha invitato a cena e io intendo rimanere.»

«Molto bene,» replicò Sonny. «Allora rimarrò anch’io.» Afferrò un cuscino, lo sprimacciò ben bene e vi si appoggiò con espressione beata.

«Tu…» Delanna lo fissò furiosa, tanto arrabbiata da non riuscire neppure a parlare. Però poi ci riuscì e disse la prima cosa che le venne in mente. «Tu invece te ne vai subito.»

Sonny intrecciò le mani dietro la testa. «Quando arriveremo nel nostro lanzye, potrai comportarti come preferisci,» affermò, «ma fino a quando non saremo a Milleflores, non permetterò che tu divenga lo zimbello di quelli che spettegolano via radio, né che, per colpa tua, lo divenga io.»

Jay entrò di nuovo; sul volto aveva un’espressione guardinga.

«Delanna mi ha detto che l’hai invitata a cena insieme al suo novello sposo,» dichiarò Sonny. «È molto gentile da parte tua. Cosa fa il temporale?»

Qualcuno bussò alla porta. Jay andò ad aprire.

«Ma come mai non si riesce a far sedere nessuno a tavola quando la cena è pronta?» chiese Cadiz. Entrò nel solaris e Delanna vide che aveva portato con sé la pentola di stufato. Cadiz rivolse un’occhiata eloquente prima a Sonny, sdraiato sul letto, poi a Delanna. «E allora, visto che non sono riuscita a far venire nessuno per cena, ho deciso di portarvela direttamente.»

«Fantastico!» approvò Sonny. Si alzò dal letto. «Ti aiuterò ad apparecchiare.» Prese la pentola dalle mani di Cadiz e la poggiò sul tavolino, che quasi sparì sotto di essa, poi iniziò ad aprire i pannelli a parete.

«Davvero un bel solaris, Madog,» si complimentò Cadiz, guardandosi intorno con un’espressione di approvazione. «Come mai non mi hai mai invitato a fare una doccia sonica? Hai visto il fronte di quel temporale laggiù? Secondo te quanto a nord si spinge?»

«Troppo lontano per poterlo aggirare,» replicò Jay.

Sonny passò a Jay una ciotola di stufato e un cucchiaio. «Di quanti giorni ci farà rallentare?» chiese.

«Un bel po’, se è così esteso come penso che sia. Forse impiegheremo un paio di settimane in più, se non dobbiamo deviare verso sud e raggiungere il ponte. Altrimenti, ci metteremo un mese in più.»

Non posso sopportare di vivere un altro mese in questa situazione, pensò terrorizzata Delanna. Poi si sedettero tutti sul letto — Cadiz si mise al centro, con le gambe incrociate — mangiarono lo stufato e discussero sui vantaggi di rinunciare subito ad aggirare il temporale e di dirigersi direttamente a sud, verso il ponte, qualsiasi cosa significasse. Jay e Sonny sembravano essersi completamente dimenticati di lei.

«Ho un nuovo programma che dovrebbe servire a integrare i dati dei sondaggi con quelli del satellite e a indicarci il percorso migliore,» spiegò Jay, mangiando lo stufato, «ma quel dannato affare è troppo complicato. Non riesco neppure a visualizzare una mappa che mostri il percorso del temporale.» Passò la sua ciotola vuota a Cadiz e si avvicinò al terminale. «Ehi, ma la mappa è sullo schermo!» Si sedette. «Il temporale non è poi così grosso come pensavo. Forse, dopo tutto, possiamo dirigerci a nord per aggirarlo.»

Sonny lo raggiunse e rimase alle sue spalle, Cadiz strisciò sul letto fino a un punto da cui poteva osservare lo schermo.

Delanna era ancora così furiosa con tutti loro, che riusciva a parlare a stento, ma voleva dare un’altra occhiata alla mappa. Se il temporale era abbastanza piccolo da potere essere aggirato, questo significava che avrebbe dovuto trascorrere meno tempo con loro. Girò intorno al letto e si mise dall’altro lato di Jay.

«Questa è la posizione attuale del temporale?» chiese Cadiz, inginocchiandosi sul letto e appoggiandosi alle spalle di Jay.

«Sì,» rispose lui. «I dati provengono direttamente dal satellite.» Fissò accigliato la tastiera. «Sto tentando di ottenere un ingrandimento, ma non riesco a…» Toccò due icone e la mappa si congelò improvvisamente.

«Tocca l’icona APRI FINESTRA,» suggerì Delanna.

Jay la guardò come se l’avesse vista per la prima volta.

«Così comparirà una griglia,» spiegò Delanna. «Seleziona l’icona APRI FINESTRA, inserisci le coordinate del punto che vuoi ingrandire e poi tocca ZOOM.»

Adesso la stavano guardando tutti come se improvvisamente la sua pelle fosse diventata di un verde intenso.

«Tu sai come far funzionare questo programma?» chiese Jay in tono incredulo.

«Ma certo,» replicò Delanna, accigliandosi per la sorpresa. «Si tratta di un semplice programma per l’integrazione e l’interpretazione di dati statistici. Seleziona l’icona APRI FINESTRA,» ripeté.

Jay lo fece e sulla mappa comparve una griglia numerata. Allora fece scorrere le dita lungo le linee, inserì le coordinate e toccò ZOOM. La mappa ingrandì la sezione desiderata.

Il temporale occupava quasi l’intero ingrandimento, ma Sonny indicò la parte superiore dello schermo e affermò, «Guardate: le sezioni non sono neppure collegate.»

«Puoi darmi una lettura di densità delle nuvole?» chiese Jay.

«Seleziona le nuvole, poi tocca MISURAZIONI e seleziona ANALISI,» spiegò Delanna, ma Jay si alzò e con un gesto la invitò a sedersi di fronte al terminale. Allora Delanna si sedette e inserì i comandi che le avrebbero fornito una lettura di densità.

«Ma guarda!» esclamò Sonny. «Zero virgola quattro cinque. Non sono abbastanza dense per essere cariche di pioggia.»

«Abbiamo bisogno dell’immagine del sottosuolo,» affermò Jay.

Delanna richiamò il menu e lesse la configurazione necessaria per eseguire un esame della densità del sottosuolo. Fece apparire l’immagine usando i dati del satellite, poi la sovrappose all’immagine del raggio di ritorno. Adesso la pianura di sale sembrava pili un guscio d’uovo incrinato che una padella; molte delle crepe erano piene di acqua, rappresentata in verde, la cui direzione di scorrimento era indicata da una luce lampeggiante. Delanna seguì con un dito una spessa linea verde e chiese al terminale vega di interpretarla.

«È il fiume sotterraneo!» esclamò Jay nello stesso istante in cui il terminale visualizzò la risposta. «Quel ruscello in cui ti sei tuffata scorre nel sottosuolo fino a poche miglia da qui. Credo che abbia mutato di nuovo corso a causa delle colate di lava.»

Adesso Delanna vide i tentacoli di lava che provenivano da est rispetto alle nuvole temporalesche e lambivano la confluenza dei vari ruscelli, prima che svanissero nel sottosuolo. Non riuscì a capire come questo potesse influenzare il corso di un fiume fino a quando non si rese conto che il flusso d’acqua era stato deviato verso una regione costituita, secondo l’analisi del computer, principalmente di gesso e sale, entrambi solubili in acqua.

«Di solito noi ci teniamo a sud della pianura di sale,» spiegò Cadiz, «ma gli incendi a sud-est sono tanto grandi che o attraversiamo la pianura di sale, o facciamo tutta la strada fino al ponte.»

«È impossibile stabilire fino a che profondità il fiume abbia eroso il gesso e il sale,» affermò Jay. «Almeno basandosi su queste immagini. Pensavo che questo programma fosse uno strumento di analisi fantastico, ma questi dati sono già vecchi di due settimane.»

«Davvero?» chiese Delanna; a lei sembrava un trasmissione in tempo reale, visto che mutava costantemente.

Annuendo, Jay allungò una mano oltre Delanna e toccò l’icona della fonte dati. Delanna vide che due settimane prima aveva pagato per ricevere dal satellite un aggiornamento completo delle banche dati. Solo le immagini del raggio di ritorno erano in tempo reale, e gratis; Delanna notò che provenivano dal canale di trasmissione pubblico. Aveva utilizzato il programma di analisi nel modo in cui lo aveva sempre fatto a scuola, dove aveva conosciuto meglio il contenuto delle banche dati e le fonti a cui attingevano. Allora attivò alcuni indicatori di funzionamento standard, in modo da non essere più colta di sorpresa, memorizzò i dati vecchi di due settimane sotto l’immagine tremolante del raggio di ritorno e si accigliò.

«Se avessi a disposizione un buon albero di probabilità, probabilmente questo programma sarebbe in grado di mostrarci la situazione attuale,» rifletté.

«Nel mio database ce n’è uno davvero ottimo,» rivelò Jay. «Se puoi migliorare quell’immagine, vale la pena di dargli un’occhiata.»

Era un albero di probabilità semplice ma molto buono. Delanna riuscì a focalizzarlo sul centro della pianura di sale. Ingrandì sulla pianura, selezionò il fiume sotterraneo che seguiva il suo probabile corso di due settimane prima, poi aggiunse le nuvole temporalesche.

«Dacci un ingrandimento di Spencer’s Wagon,» le chiese Sonny, indicando una macchia azzurra in un’area sullo schermo colorata di un rosso intenso.

La fecero lavorare per più di mezz’ora. Ma dopo pochi minuti, Cadiz sbadigliò, si alzò dal letto e annunciò, «Questa è stata una serata davvero romantica, Jay, ma ora devo proprio andare.» Prese la pentola e uscì. I due uomini non sembrarono neppure accorgersene.

«Se il temporale non devia verso nord stanotte, penso che riusciremo ad arrivare a Spencer’s Wagon,» annunciò finalmente Jay. «Delanna, puoi inserire i dati dei sondaggi?»

Lei consultò di nuovo il menu e chiese le istruzioni. «Sì.»

«Bene. Stasera manderò Nagle e Pierce a compiere i sondaggi preliminari e domani mattina ci dirigeremo verso Spencer’s Wagon. Grazie, Delanna.»

Lei lo guardò. «Abbiamo finito?»

«Per questa sera, sì,» rispose Jay. «Domani avrò ancora bisogno di te per inserire i dati preliminari. Ora devo andare a parlare con Nagle e Pierce.»

Andò via. Delanna spense il terminale e rimase seduta fissando lo schermo vuoto. Tanti saluti alle rose, ai tramonti e alle cenette romantiche, pensò. E a quello che viene dopo.

«Allora, possiamo andare?» le chiese Sonny. «Adesso i tuoi vestiti dovrebbero essere pronti.» Si avvicinò all’unità di lavaggio e iniziò a tirarli fuori.

Delanna tentò di pensare a qualche risposta devastante, non ci riuscì e allora uscì dal solaris di Jay. All’esterno era buio, erano comparse le prime stelle e le lune di Keramos erano a un terzo del loro cammino nel cielo. Il temporale si stagliava come una muraglia nera contro l’orizzonte. Sembrava più vicino di prima e, mentre Delanna lo osservava, un lampo illuminò la porzione centrale di nuvole. Delanna iniziò a scendere lungo le cenge rocciose, desiderando di avere portato una torcia, e quasi cadde.

«Sta’ attenta,» la avvertì Sonny, afferrandola per il braccio.

Delanna scostò rabbiosamente il suo braccio. «Non ho bisogno del tuo aiuto!» replicò in tono tagliente. «So prendermi cura di me stessa.»

«Molto bene,» rispose Sonny. Lasciò cadere il mucchio di vestiti tra le braccia di Delanna, saltò rapidamente da una cengia all’altra e scomparve nell’oscurità.

«E non sono tua moglie!» gli gridò dietro Delanna.

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