CAPITOLO TREDICESIMO

Delanna era quasi dispiaciuta che Harry le avesse rivelato che stava indossando una camicia da notte, visto che i vestiti della madre erano così lunghi e pesanti e i colori pastello si sporcavano nello stesso istante in cui usciva in giardino o prendeva il secchio per dare da mangiare alle oche. Si chiese in che modo sua madre fosse riuscita a svolgere qualsiasi lavoro indossando vestiti del genere.

Se solo avesse avuto il suo baule! Tentò di calcolare quanto tempo sarebbe dovuto passare prima che Jay tornasse a portarglielo. Avrebbe impiegato quasi due settimane per andare e tornare, se la carovana avesse avuto la stessa fortuna che avevano avuto loro nell’attraversare le Pianure di sale e se non ci fossero stati temporali; questo significava che avrebbe dovuto aspettare da tre settimane a un mese, anche se Jay fosse tornato immediatamente a Grassedge; nel frattempo, sarebbe stata costretta a usare quei vestiti pesanti e color rosa confetto in cui riusciva a stento a muoversi. Un mese!

Spero che Jay si sbrighi, pensò e poi ritirò immediatamente quel desiderio. Non voleva che si sbrigasse. Anzi, non voleva neppure che venisse. «Quando tornerò, avrò qualcosa da dirti,» le aveva detto e lei aveva paura di sapere con assoluta certezza di cosa si trattasse.

Avrebbe dovuto mettere immediatamente a posto Jay. Non puoi continuare a comportarti in modo tanto contraddittorio senza finire nei guai, aveva detto a Cadiz. Avrebbe dovuto seguire anche lei il proprio consiglio. Invece, si era messa a flirtare con Jay, era andata nel suo solaris, aveva tentato di attirare la sua attenzione.

Ma adesso non voglio più attirarla… pensò, però non permise a se stessa di finire il pensiero. Be’, forse non sarebbe tornato. Grassedge era molto lontana e tra poche settimane sarebbero arrivate le piogge estive. Con un po’ di fortuna, sarebbe rimasto bloccato dall’altro lato delle Pianure di sale per un mese o anche di più e a quel punto avrebbe trovato qualche vedova o la figlia di un agricoltore da importunare.

Nel frattempo, però, doveva avere qualcosa da indossare. Trovò un paio di forbici e tagliò uno dei vestiti della madre all’altezza del ginocchio, il che le permise di muoversi con maggiore scioltezza ma non risolse il problema del colore e quando tentò di lavare le macchie di succo di pomarancia che si era fatta preparando il pranzo, il vestito si trasformò in un ammasso intrattabile di grinze.

Non sapeva se Sonny avesse un ferro da stiro e non poteva neppure chiederglielo perché lui non era quasi mai in casa. Evidentemente il suo viaggio a Grassedge lo aveva fatto ritardare sulla tabella di marcia e per una settimana e mezza Delanna lo vide pochissimo. Quando lo vedeva, era impegnato a montare il distillatore o a scavare canali di scolo nel frutteto, oppure impartiva ordini a Harry e a Wilkes, che continuavano a lavorare duro quasi quanto lui.

«Cosa posso fare per aiutarvi?» gli chiedeva Delanna ogni volta che lo vedeva, ma lui rispondeva, ansimando per la stanchezza e coperto di fango, «Se non ti è di troppo disturbo, potresti preparare qualche panino alle verdure. Wilkes e io dobbiamo andare a controllare il frutteto settentrionale.»

Preparare qualche panino alle verdure non significava certo svolgere la sua parte di lavoro e Delanna si sentiva colpevole di oziare quando era ovvio che di lavoro ce n’era tanto, più di quanto loro tre potessero svolgerne; il povero Harry era perfino costretto a portare pesanti secchi d’acqua e a sarchiare il giardino.

Una mattina Delanna bloccò Wilkes prima che andasse via con Sonny e gli chiese se poteva prendere in prestito un paio dei suoi pantaloni e una camicia, poi aiutò Harry a portare l’acqua fino al giardino in cui crescevano le verdure, lieta di essere almeno un po’ utile.

«Harry,» gli chiese mentre raccoglievano le verdure per la cena, «cosa faceva mia madre da queste parti?»

Harry si raddrizzò, con un’espressione apparentemente perplessa. Delanna si chiese se era possibile che nessuno lo avesse informato che lei era la figlia di Serena.

«Voglio dire Serena, Miz Milleflores,» gli spiegò allora. «Voglio fare la mia parte di lavoro e pensavo che avrei potuto iniziare dai lavori che svolgeva mam… Serena. Quali erano?»

Harry chinò la testa. «Non lo so,» bofonchiò. «Queste pomarance saranno mature tra un paio di giorni.»

«Si prendeva cura del giardino?» insistette Delanna. «Oppure distillava l’ambrosia?»

Adesso Harry sembrò a disagio, perfino imbarazzato. «Devo andare a sentire la radio. Sonny dice che devo scoprire che tempo farà,» rispose, poi corse in casa.

Ma che cosa significa tutta questa faccenda? si chiese Delanna. Sonny aveva ordinato ai ragazzi che non dovevano chiederle di svolgere alcun lavoro? Di sicuro lui non le aveva chiesto nulla del genere. Quando, proprio quella mattina, Delanna gli aveva chiesto cosa poteva fare mentre lui era via, Sonny le aveva risposto, «Riposati. Hai dovuto sopportare un viaggio molto duro.»

Ma anche lui aveva dovuto sopportare un viaggio molto duro, però questo non gli impediva di alzarsi alle prime luci dell’alba e di lavorare nei frutteti fino al tramonto. Il minimo che Delanna potesse fare era svolgere i lavori di cui si era occupata la madre.

Il giorno seguente Sonny portò con sé Harry, così Delanna svolse anche i suoi compiti: raccolse le verdure mature, lavò le camicie dei ragazzi incrostate di fango e diede da mangiare alle oche. Per loro Sonny aveva costruito accanto allo stagno un recito improvvisato fatto con pali e rete metallica. Delanna presunse che, una volta abituatesi al nuovo ambiente, le oche avrebbero potuto scorrazzare liberamente nell’aia, ma non aveva avuto la possibilità di chiedere a Sonny se in giro ci fossero dei predatori che avrebbero potuto attaccare le oche, o lei stessa, così decise di lasciarle nel recinto fino a quando non sarebbe riuscita a scoprirlo e andò in casa per ascoltare la radio. Anche quello era uno dei compiti di Harry: doveva sentire i rapporti sul tempo trasmessi dai lanzye circostanti e riferirli a Sonny.

Quei rapporti non giungevano a un orario o in un ordine particolari, ma erano mescolati a un guazzabuglio di notizie, ricette, consigli agricoli, richieste di rintracciare qualcuno e pettegolezzi. Delanna temeva che stessero ancora discutendo del suo incontro con i cespugli reddsie, ma quella ormai era storia vecchia. I pettegolezzi più recenti erano incentrati su un’epidemia del virus delle pecore a sud, su una rissa scoppiata nel saloon di Maggie e sulla storia d’amore tra B.T. e Cadiz.

Le informazioni sul tempo venivano trasmesse in mezzo a tante altre notizie sugli argomenti più disparati. «Questa mattina il barometro è alto,» riferì un uomo dal tono brusco che viveva a North Cutting. «Ho una gallina con una specie di eczema sulla cresta. Ho provato con la salvia a borsello e gli antibiotici, ma nessuno dei due ha funzionato. Qualcuno lì fuori ha qualche idea su cosa possa essere? Qui ci sono venticinque gradi e qualche cirro.»

La donna dal tono dolce che chiamava da Rambaugh’s Corner era perfino peggio. Mescolava le notizie sul tempo con le istruzioni su come cucire una manica in modo tanto disinvolto che Delanna non era mai sicura di cosa stesse ascoltando e infiorettava il suo rapporto con una versione incredibilmente colorita del corteggiamento di B.T. e Cadiz.

«E così lui le dice, ‘Cadiz, smettila di fare la civetta con Jay Madog!’» riferì la donna. «’Tu sei la mia ragazza, Cadiz,’ dice. Oh, Bob dice di riferirvi che stamattina ha visto una scimmia incendiaria con la barba. Secondo lui, questo significa che quest’anno le piogge saranno molto forti. E così, in ogni caso, B.T. deve avere detto a Madog il fatto suo, perché Jay è partito subito per le Pianure di sale, senza neppure salutare la ragazza dei Collins a cui continuava a ronzare intorno dai Flaherty.»

Bene, pensò Delanna, ovviamente Jay mi ha dimenticata lo stesso istante in cui io e Sonny siamo andati via dal cortile dei Flaherty.

«Non togliere i punti di sostegno prima di avere finito,» disse la donna alla radio e Delanna si rese conto che era tornata alla manica da cucire. «Stamattina fa più fresco del solito, un paio di cumuli su Sugarbowl.»

Delanna non aveva alcuna idea su dove si trovasse Sugarbowl, oppure North Cutting, o qualsiasi altro lanzye che nominava. Avrebbero potuto trovarsi a cinquanta miglia verso sud, oppure a cinquemila. Così annotava tutto, inclusi i nomi di coloro che trasmettevano i rapporti, quando li dicevano, cosa che di solito si guardavano bene dal fare. Ma ovviamente presumevano che tutti avrebbero saputo riconoscere le loro voci. Talvolta non si preoccupavano neppure di dire da dove stavano chiamando e Delanna era costretta ad annotare, «Una donna con una voce anziana, parla in fretta, molta statica. Ha menzionato qualcuno chiamato Lonell.»

«Deve essere Livvy Cameron su a Trickle,» commentò Sonny quando Delanna gli lesse gli appunti che aveva preso. «Nessuno ha riferito di un calore soffocante o che il barometro stava scendendo?»

«Solo Hardscrabble. Hanno detto che lì la temperatura aveva superato i cinquanta gradi.»

Sonny scosse la testa. «Quel lanzye si trova dalle parti di Spencer’s Wagon. Lì fa sempre caldo. Sembra che le piogge siano disposte ad aspettare fino a quando non avrò scavato i canali di scolo nel frutteto settentrionale.» Si alzò con aria stanca per tornare fuori. «Grazie per avere annotato i rapporti. Domani lascerò Harry a casa, in modo che possa occuparsene lui.»

«Ma hai molti altri lavori da fargli fare e poi a me non dà alcun fastidio scrivere i rapporti sul tempo. C’è qualcosa che posso fare per aiutarti a scavare?»

Sonny sembrò sorpreso e compiaciuto, ma si limitò a rispondere, «Ti sarei molto grato se potessi preparare dei panini di verdura per domani. Rimarremo nel frutteto dietro la casa per tutto il giorno.»

Sempre i soliti panini alla verdura. Però, dopo quella conversazione, Sonny portò con sé Harry ogni giorno. Eppure Delanna aveva ancora l’impressione di non stare facendo abbastanza. Sapeva che c’erano ogni sorta di cose che andavano fatte, ma non riusciva a capire quali fossero.

Tentò di chiamare Cadiz per farsi dare qualche suggerimento, ma non riuscì a trovare nessuno. Sono tutti fuori per prepararsi al raccolto, pensò Delanna, disgustata. Inviò una richiesta di rintracciare Cadiz, finì di annotare i rapporti sul tempo e uscì in giardino per cogliere le verdure e alcune pomarance per cena.

Molte delle pomarance erano mature e morbide al tocco e sembrava che le altre sarebbero state pronte a essere colte entro pochi giorni. E ovviamente bisognava farci qualcosa, ma cosa? Irradiarle? Conservarle in barattolo? Delanna non aveva la più pallida idea di come fare entrambe le cose e in casa non aveva visto alcun tipo di equipaggiamento adatto alla bisogna. Avrebbe dovuto chiederlo a Cadiz, se e quando sarebbero riusciti a rintracciarla.

Mentre tornava in casa diede un’occhiata nella camera da letto, vide il baule della madre e pensò, Forse troverò qualcosa nei diari di mamma. Lavò e tagliò le verdure, le mise a cuocere, poi andò in camera da letto e aprì il baule. Si sedette sul pavimento e tirò fuori i diari, provando una strana riluttanza ad aprirli. Sulle copertine non c’erano date. Aprì il primo. Non riuscì a trovare nessuna data neppure all’interno e non vide nulla che somigliasse a una ricetta o a una lista di istruzioni. I fogli erano scritti da un margine all’altro, senza alcuno spazio tra le varie annotazioni e senza quasi divisione in paragrafi.

Delanna provò di nuovo una fitta di dolore vedendo la scrittura a lei tanto familiare e il chiaro tentativo della madre di risparmiare la carta, ma tentò di ignorarla. Aveva bisogno di aiutare Sonny e sicuramente sua madre aveva scritto qualcosa sul raccolto e su come conservava gli alimenti.

Sfogliò varie pagine, trovando finalmente alcune date abbreviate che corrispondevano al periodo giusto dell’anno. Sua madre aveva registrato solo il giorno e il mese, così Delanna non riuscì a stabilire in che anno fossero state scritte le varie annotazioni, ma questo non era importante. Adesso doveva solo trovare il mese giusto.

La parola «raccolto» attirò la sua attenzione e lesse: «La festa del raccolto è finalmente finita, grazie a Dio. Praticamente si sono mangiati quasi tutta la casa. Il ragazzo dei Tanner avrebbe distribuito fino all’ultima goccia di ambrosia, se io non l’avessi chiusa a chiave. Due degli zotici hanno festeggiato quello che qui passa per un matrimonio e il ragazzo dei Tanner ha detto che dovevamo aprire bottiglie ambrosia almeno sufficienti per i festeggiamenti, ma io non avrei mai permesso che un mucchio di puzzolenti contadini ubriachi si bevesse il futuro di Delanna.»

Delanna si morse il labbro, pensando all’allegra combriccola di uomini che a Last Chance avevano intonato canti natalizi appositamente adattati e avevano riso fuori della finestra, poi pensò a Cadiz e B.T. Si chiese se sua madre avrebbe classificato anche loro come imbecilli, o se ci fossero altre cose che non aveva registrato nel diario, qualche altra preoccupazione che l’aveva resa tanto astiosa e inflessibile.

Di qualsiasi cosa si trattasse, le note non la stavano certo aiutando a scoprire cosa fare con quelle verdure che stavano maturando tanto rapidamente. Era andata troppo avanti. Sfogliò il diario fino a giungere a un mese prima.

«Sembra che quest’anno avremo un raccolto passabile, così potrò mandare a Delanna del denaro per permetterle di comprare nuovi vestiti. Voglio assolutamente che vada vestita alla moda.»

Oh, mamma, pensò tristemente Delanna, se potessi vedermi adesso.

«Avremmo avuto un raccolto maggiore, se i ragazzi dei Tanner avessero ripulito quella parte di boschi a nord, ma sono troppo pigri per farlo. Penso che dirò a Delanna di comprare qualche paio di quelle nuove scarpe con i tacchi alti.»

«Pigri,» mormorò Delanna, pensando, con un certo disagio, alle scarpe costose e alle gonne di strasse nel baule.

Qualcuno bussò alla porta sul retro. «Ciao, Delanna,» chiamò Harry. «Siamo a casa!»

«Sono in camera da letto. Arrivo tra un attimo,» rispose Delanna, lieta che la porta della camera da letto fosse parzialmente chiusa. Riordinò i diari.

«Com’era il tempo oggi?» le chiese Sonny.

Delanna ripose in fretta i diari nel baule. «I miei appunti sono accanto alla radio. Esco subito.» Chiuse il baule, abbassando il coperchio lentamente in modo da non produrre alcun rumore, vi poggiò sopra la sua camicia da notte piegata per bene e aprì la porta.

Harry le andò incontro appena fuori della porta della camera da letto. «Abbiamo finito di scavare i canali del frutteto settentrionale,» la informò, «e Sonny ha detto che non dovevamo iniziare a lavorare nel prossimo frutteto fino a domani.»

«Hai trovato i miei appunti?» chiese Delanna a Sonny, che si era seduto al tavolo e aveva l’aria esausta. «Andrò a prenderli io,» si affrettò a dire Delanna.

Raccolse gli appunti e si sedette di fronte a lui. «A Hernandez’s Holding fa bel tempo e il barometro segna trenta virgola sei. La stessa cosa a Rambaugh’s Corner,» riferì, leggendo dalla lista. «Ieri a Ultima Thule c’è stato un acquazzone…»

Sonny sollevò lo sguardo. «A che ora?»

«A metà del pomeriggio.»

«Allora era solo una nuvola temporalesca. Qualche temperatura superiore ai trentadue gradi?»

«No,» rispose Delanna, studiando la lista. «Aspetta.» Sonny aveva sollevato lo sguardo con interesse. «A Diehard ci sono trentaquattro gradi.» Scosse la testa.

«Quel lanzye si trova ai bordi delle Pianure di sale.»

Delanna lesse il resto dell’elenco, felice che questa volta fosse riuscita a identificare quasi ogni voce. «E a West Wall ci sono quasi ventotto gradi e alcuni cirri,» terminò. «North Cutting non ha chiamato.»

«Bene,» commentò Sonny. «Sembra che riuscirò a finire di scavare i canali prima che arrivino le piogge.» Si alzò con una certa difficoltà. «Penso che sarà meglio che vada a dare un’occhiata ai frutteti più esterni.»

«Non puoi mangiare prima?» gli chiese Delanna. «La cena è pronta.»

Sonny scosse la testa. «Voglio vedere quanti altri canali bisogna scavare prima che faccia buio. Tu e i ragazzi mangiate pure. Non aspettatemi.»

Si avviò verso la porta e Delanna lo seguì. «Aspetta un minuto e ti preparerò qualcosa da portare via.»

«No, grazie lo stesso,» rispose Sonny. «Mangerò qualcosa quando torno.» Improvvisamente allungò un braccio e le prese la mano. «Grazie per avere preso nota dei rapporti sul tempo, per avere preparato la cena e per tutto il resto.»

«Vorrei solo poter fare di più,» replicò Delanna. «Lo so, lo so,» proseguì prima che Sonny potesse parlare, «hai bisogno di panini alla verdura per domani.»

Sonny le rivolse un sorriso, diede alla mano di Delanna una lieve stretta e uscì, girando intorno all’angolo della casa. Delanna rimase sulla soglia per un istante, osservandolo. Eccolo il pigro ragazzo dei Tanner, che lavorava tutto il giorno e poi usciva di nuovo per andare a controllare i frutteti più lontani.

Si chiese improvvisamente se Sonny avesse letto i diari della madre. Era stato lui a riporre tutto nel baule della madre, a piegare le lenzuola e a sistemare i diari in una pila ordinata. Spero di no, pensò e giurò di non farsi mai vedere da Sonny mentre li leggeva.

Sonny non tornò dal frutteto se non molto tempo dopo che era calato il buio; aveva gli stivali incrostati di fango e il mattino seguente lui e i ragazzi si recarono al frutteto meridionale prima che Delanna avesse la possibilità di chiedergli cosa c’era bisogno che facesse, così continuò a svolgere le solite incombenze: strappare le erbacce dal giardino, portare a dormire le oche, annotare i rapporti sul tempo. Negli intervalli, dopo avere spinto il baule davanti alla porta della camera da letto, leggeva i diari della madre.

Ma non certo per leggere consigli su cosa fare con le pomarance mature, oppure per scoprire quali lavori avesse svolto la madre, perché le era bastato leggere solo poche annotazioni per rendersi conto che la madre non alzava neppure un dito per aiutare Sonny e i suoi fratelli.

Era stata malata: le annotazioni, specialmente nell’ultimo diario, erano piene di riferimenti a medicine e a giorni «cattivi,» ma, perfino da quanto c’era scritto nei primi diari, era chiaro che sua madre non aveva dato una mano a fare il raccolto o a curare il giardino oppure a tenere pulita la casa. Non c’era da meravigliarsi che Delanna avesse messo in imbarazzo Harry quando gli aveva chiesto quali fossero i lavori della madre: non ne aveva svolto nessuno.

Tutto quello che aveva fatto era lamentarsi di Keramos, del tempo, della mancanza di comodità civili, e soprattutto di Sonny.

«Ho chiesto al ragazzo dei Tanner perché non ha ancora conservato le verdure,» aveva scritto e «Ho detto di nuovo al ragazzo dei Tanner di aggiustare il tetto,» oppure «Ho preteso di sapere come mai la doccia non è stata ancora finita.»

Si riferiva sempre a Sonny come al «ragazzo dei Tanner,» non lo chiamava mai per nome, come se fosse un estraneo oppure un servo; pigro era l’epiteto più gentile che gli affibbiava. «È uno zoticone stupido e sudicio,» scriveva. «Grazie a Dio sono riuscita ad allontanare Delanna da lui e da questo posto!» Sonny era “disgustosamente rozzo” e “ignorante,” un “bruto scontroso”.

Sarei scontrosa anch’io, pensò Delanna, se qualcuno mi desse continuamente della stupida e mi comandasse come se fosse una regina. E questo non era neppure il peggio. «Ho detto al ragazzo dei Tanner che sto per mandare a Delanna il ricavato dell’ambrosia. Ovviamente ha detto che aveva bisogno lui di quel denaro, visto che voleva assumere qualcuno per pulire il frutteto meridionale. E adesso afferma che il solaris ha bisogno di un nuovo sistema di trasmissione, ma io so che è solo una scusa. Lui rimpiange ogni centesimo che invio a Delanna, ma intendo far sì che lei abbia il meglio di qualsiasi cosa. Può pulirsi i suoi boschi da solo.»

Ma Delanna sapeva che il solaris aveva davvero bisogno di un nuovo sistema di trasmissione, perché parti di esso si stavano staccando, incastrandosi nelle marce. Si chiese quale percentuale dei profitti del lanzye sua madre le avesse inviato. Era per questo che Milleflores era ridotto in quelle condizioni, mentre il lanzye dei Flaherty era tanto prospero?

Sollevò lo sguardo verso la luce che proveniva dalla finestra della camera da letto. Stava avvicinandosi mezzogiorno e Sonny e i ragazzi stavano lavorando nel frutteto sul retro della casa. Delanna si era offerta di portare loro il pranzo. «Oggi niente panini alla verdura,» aveva detto a Sonny.

Ripose i diari nel baule, pensando a tutto il denaro che aveva speso per comprare vestiti e gioielli, poi andò a prendere il sacco con il cibo e la brocca d’acqua.

Tre scimmie incendiarie erano in attesa accanto alla porta quando Delanna uscì all’esterno. «Adesso Cleo non può giocare,» spiegò, agitando la mano libera verso di loro. «Sciò.»

Due delle scimmie incendiarie iniziarono ad arretrare. La terza, un esemplare basso e tarchiato che Delanna non aveva mai visto prima, iniziò a gesticolare con eccitazione, indicando i suoi capelli.

«Adesso non ho tempo per questi giochetti,» la avvertì Delanna, poggiando la brocca e il sacchetto tra le ginocchia mentre si legava una sciarpa sui capelli. «Devo portare a Sonny il pranzo. Va’ a casa. Dico sul serio. Sciò!»

Batté insieme le mani, producendo un suono secco. La scimmia tarchiata arretrò per lasciarla passare; sulla sua faccia era comparsa quella che, probabilmente, era un’espressione di timore. Le altre due attesero fino a quando Delanna non fu uscita in cortile e poi si rimisero in attesa accanto alla porta. Quella tarchiata si sedette sullo scalino. Be’, almeno non la stavano seguendo.

Delanna girò intorno alla casa, cercando lo scarabeo. «Cleo!» iniziò a gridare e poi si interruppe. Non voleva che le scimmie incendiarie la sentissero e venissero a cercare la loro compagna di giochi… o la loro palla, visto che Delanna non avrebbe saputo stabilire con certezza cosa rappresentasse per loro Cleo.

Qualsiasi cosa rappresentasse per le scimmie, Cleo era accanto al recinto delle oche: era salita fino a metà altezza della rete metallica e aveva sporto una delle zampette pelose oltre la barriera, tentando di raggiungere la scatola in cui le oche deponevano le uova. Le oche, in particolare quella che sedeva sul nido, posto in angolo riparato del recinto, stavano sibilando furiosamente.

«Vieni, Cleo,» la invitò Delanna. «Andiamo a fare una passeggiata.»

Lo scarabeo si girò, guardò Delanna, poi si girò di nuovo verso il nido.

«Mi farai fare tardi per il pranzo,» si lamentò Delanna, poggiando di nuovo a terra il sacchetto e la brocca. «Dai, andiamo!» Staccò Cleo dalla rete — fu costretta a staccare l’ultima zampa un’unghia dopo l’altra — poi la depose davanti al sacco.

«Dai, andiamo,» ripeté, raccogliendo di nuovo il sacco. «Andiamo a fare una bella passeggiata nel frutteto.»

Cleo la seguì con riluttanza, rivolgendo sguardi colmi di desiderio in direzione della oche, che stavano starnazzando rumorosamente, come a voler dire, «Addio e non farti più rivedere!»

«Così si comportano le brave ragazze,» commentò Delanna. «Ci saranno un mucchio di uccelli. Potresti perfino trovare un bel nido abbandonato con un uovo che potrai covare tu.» Così la smetterai di fare venire l’infarto alle oche, pensò.

Il sentiero che conduceva al frutteto sul retro della casa in realtà era una semplice pista di piante schiacciate che passava attraverso una piccola macchia di candele di scimmia e oltre la radura, in cui Delanna ricordava che sgorgava la sorgente termale.

Fece per due volte il giro della radura, tentando di trovare la sorgente, ma il suolo era coperto da uno spesso strato di foglie secche.

Delanna si chiese se la sorgente si fosse seccata. Ma anche se era ancora lì, si stava facendo davvero tardi. Avrebbe cercato la sorgente dopo avere portato a Sonny il suo pranzo.

«Andiamo, Cleo,» disse e poi si guardò intorno. Lo scarabeo non si vedeva da nessuna parte. «Cleo!» gridò, scrutando tra gli alberi.

Si udì un orribile gracchio, poi un uccello svolazzò fuori dal sottobosco dirigendosi direttamente verso Delanna e spiccò improvvisamente il volo, spalancando le ali con un balenio di arcobaleno. Cleo emerse dal sottobosco, zampettando velocemente verso la sua padrona. Vi fu un altro rauco gracchio, seguito dal rumore di un frenetico battere di ali, simile a quello di un’oca, poi un secondo uccello uscì dal sottobosco allargando le ali in un improvviso arcobaleno di piume rosse, color indaco e verde brillante. Cleo si raggomitolò a palla, il che fu una fortuna perché il mandarino reale si tuffò direttamente verso la sua testa, la sfiorò e volò via dalla radura in tutto il suo splendore.

«Lì dentro c’è un nido di mandarini reali? Non dovresti dare fastidio ai loro nidi,» la rimproverò Delanna, «anche se li fanno a livello del suolo. Sono una specie in via di estinzione.»

Cleo sporse un occhio da dentro il guscio.

«E poi è probabile che te ne facciano pentire amaramente. Adesso, andiamo.»

Cleo la seguì docilmente per il resto del cammino, senza rivolgere agli alberi neppure un’occhiata. Sonny e i ragazzi erano sul lato opposto del frutteto, impegnati a scavare profondi canali ai piedi degli alberi di palle di cannone. Il suolo sembrava duro come la pietra e tutti e tre erano chiaramente esausti. Il sudore colava lungo il corpo di Sonny mentre affondava con forza la pala nel terreno duro come granito e ogni tanto si fermava per strofinarsi il collo e le spalle, come se gli dolessero.

Delanna si fermò, osservandolo lottare con il terreno ostinato e vergognandosi del denaro che aveva sperperato in vestiti, denaro che sarebbe potuto servire per comprare una scavatrice che avrebbe consentito a Sonny di non dover scavare l’intero lanzye a mano.

Sonny gettò via stancamente una palata di terra, ma quando Delanna disse, «Vi ho portato il pranzo,» sollevò lo sguardo con anticipazione e poggiò la pala contro il tronco di un albero.

«Harry, Wilkes, è ora di pranzo» annunciò, avviandosi oltre gli stretti canali verso Delanna e strofinandosi le spalle. «Cosa c’è?» le chiese, guardandola con ansia. «C’è qualcosa che non va?»

Sì, pensò Delanna, io mi sono divertita in giro per Gay Paree, comprando gonne luccicanti e scarpe con i tacchi alti di cui non avevo bisogno e spendendo soldi che sarebbero potuti servire per comprare strumenti utili per la fattoria.

«No,» rispose Delanna, aprendo il sacchetto del pranzo e passando a Harry e Wilkes una ciotola di zuppa e una fetta di pane.

I ragazzi si sedettero sotto l’albero più vicino e iniziarono a divorare il loro cibo, ma Sonny mangiò in piedi, mandando giù la zuppa a grandi sorsi e tornando subito al lavoro di scavo.

«Grazie per il pranzo,» disse a Delanna, appoggiando tutto il proprio peso sulla pala. «Sei sicura che non ci sia nulla che non va?»

«È solo che… state tutti lavorando così duro,» rispose Delanna. «Non c’è nulla che possa fare per aiutarvi?»

«Lo stai già facendo,» replicò Sonny. Si terse il sudore dalla fronte con il dorso della mano. «Sei venuta qui a portarci il pranzo, facendo a piedi tutta questa strada.» Prese un fazzoletto già zuppo e si asciugò la fronte.

Delanna si tolse la sciarpa e gliela tese. Sonny la prese con gratitudine e la usò per asciugarsi il volto. «Non avresti dovuto toglierti questa sciarpa, lo sai,» commentò, guardandole i capelli. «Potresti accecare qualcuno.»

Le rivolse un sorriso e il cuore di Delanna sembrò fare una capriola.

Si toccò goffamente i capelli con una mano. «Ho messo la sciarpa per evitare che le scimmie incendiarie mi seguissero.»

«Non ha funzionato,» commentò Harry e indicò alle spalle di Delanna.

Lei si girò: le tre scimmie incendiarie che erano state in attesa accanto alla porta adesso erano al bordo del frutteto e fissavano i suoi capelli.

«Sembra che tu abbia un vero corteo di ammiratori,» commentò Sonny.

«Probabilmente hanno seguito Cleo. Vogliono continuamente giocare a palla con lei.»

«Non penso che sia Cleo il vero spettacolo,» replicò Sonny e il cuore di Delanna fece di nuovo quella strana capriola.

Ma probabilmente Sonny non ha voluto dire nulla con quella frase, pensò Detanna mentre tornava indietro attraverso i boschi, perché le aveva immediatamente voltato la schiena e aveva iniziato a scavare di nuovo, senza neppure accorgersi che lei era andata via, seguita da Cleo e dalle scimmie incendiarie. Ma si era tenuto la sciarpa: l’aveva infilata nel taschino della camicia.

Delanna si fermò per cercare di nuovo la sorgente termale. Era ovvio che le spalle e il collo di Sonny gli dolessero; un bagno caldo avrebbe potuto alleviare il dolore dei suoi muscoli. E anche per Delanna sembrava una possibilità paradisiaca: l’acqua della doccia, che non rimaneva mai calda molto a lungo, non riusciva neppure a scalfire lo strato di sporco che si raccoglieva sulla pelle ogni giorno, quando lavorava in giardino.

Rimase per un lungo minuto sul sentiero, tentando di immaginare dove fosse stata la sorgente. Laggiù, pensò: all’estremità opposta della radura, sotto una larga roccia piatta, dove spuntava un boschetto di fior-di-rosa carico di boccioli. Ruppe un ramo da uno dei cespugli e iniziò ad aprirsi la strada attraverso la radura, usando il ramo come una scopa. Cleo la seguì, zampettando con una certa difficoltà tra il folto fogliame e, alle sue spalle, le tre scimmie incendiarie rimasero a osservare la scena con notevole interesse.

«Probabilmente ci cadremo dentro tutte e due,» commentò Delanna rivolta a Cleo, «e allora avranno davvero un bello spettacolo da guardare.» Scostò una parte dello strato di foglie, pensando che avrebbe visto la nuda roccia, ma sotto le foglie non trovò che altre foglie. Spazzò via anche quelle foglie e un getto di acqua nerastra iniziò a colmare il fosso.

Delanna usò il ramo per scavare nella massa di foglie bagnate, ma non era abbastanza resistente e si ruppe con un forte schiocco; due delle scimmie incendiarie si tuffarono dietro i fior-di-rosa.

Delanna si chinò e raccolse con le mani due manciate di foglie bagnate. L’acqua era fredda. Probabilmente è solo acqua piovana, pensò, ma tolse un’altra manciata di foglie e fu ricompensata da altra acqua, che colmò il fosso che aveva scavato. Era solo leggermente meno fredda, ma, dopo che Delanna ebbe tolto un altro paio di manciate di foglie, divenne più limpida e quasi tiepida. Cleo mise un’unghia nell’acqua.

«Ho bisogno di una pala o di qualcosa del genere,» mormorò Delanna, «ma almeno la sorgente è ancora qui. Vieni, Cleo. Torniamo a casa.»

Lo scarabeo seguì Delanna lungo il sentiero, attraverso il bosco e fin quasi al recinto delle oche. Poi si fermò di colpo, si girò verso le scimmie incendiarie, che le stavano seguendo mantenendosi a una discreta distanza, e tese le zampe anteriori verso di loro. La scimmia più vicina corse in avanti, afferrò Cleo e la lanciò con violenza in aria. La scimmia più vicina arretrò come un calciatore, prese lo scarabeo con una zampa e lo lanciò alla terza scimmia. Cleo lanciò uno strillo di piacere.

Delanna scosse la testa, controllò le oche, che erano attaccate al recinto e tenevano d’occhio Cleo ed entrò in casa. Probabilmente avrebbe preso la pala e sarebbe tornata subito alla sorgente, ma faceva caldo e lei non aveva pranzato. Si versò un po’ di zuppa in un piatto, trasmise un’altra richiesta di rintracciare Cadiz e mangiò ascoltando la radio.

Lo donna di Rambaugh’s Corner aveva finito di spiegare come attaccare una manica ed era passata a come fare le asole, mentre l’epidemia del virus delle pecore si era estesa a est. C’era una richiesta di rintracciare Doc Lyle e una chiamata per Jay.

«Qui è Clinton Manzilla. Qualcuno sa dove si trovi Jay Madog?»

Dovrebbe essere nelle Pianure di sale, pensò Delanna, ma un’altra voce intervenne dicendo, «Sta guidando una carovana attraverso le Pianure di sale.»

«Col cavolo che lo sta facendo! Sono ormai quattro giorni che stiamo aspettando a Last Chance che si faccia vedere.»

Intervenne la voce di una giovane donna. «Prova a Hashknife Lanzye. Scommetterei qualsiasi cosa che è lassù con Miriam Takahashi.» Sembrava disgustata e Delanna si chiese se fosse la «ragazza dei Collins» a cui Jay aveva «ronzato intorno» dai Flaherty.

Sam Noakes di West Canyon entrò in linea. «Io l’ho visto due giorni fa: era diretto verso sud e sembrava avere una fretta del diavolo. Io penso che sia giù a Meridian con Carolina Goldstein.»

«Ma pensavo che fosse promessa in matrimonio a Dig Perry.»

«Questo non fermerebbe di certo Jay,» replicò la donna in tono derisorio. «Jay Madog è specializzato in future spose.»

E in spose e basta, si disse Delanna con un sorriso mesto. Pensò a Jay che diceva, «Non bisogna credere a tutto quello che si sente per radio.» Anche se lei avesse creduto solo a un decimo delle storie, era decisamente chiaro che non doveva farsi molte illusioni sull’eventualità di riavere presto il suo baule. Il che era un sollievo, anche se avrebbe dovuto portate i pantaloni e le camicie di Wilkes per qualche settimana in più.

«Questa è una richiesta di parlare con Sonny Tanner,» annunciò una voce che Delanna riconobbe immediatamente.

«Cadiz!» esclamò Delanna, prendendo il microfono. «Sonny non c’è. Qui parla Delanna.»

«Oh, bene. Era proprio con te che volevo parlare. Sai, ho pensato: Scommetto che laggiù non hai nulla da mettere.»

«Ho i vestiti che mi hai prestato,» rispose Delanna, «ma non voglio rovinarli. Ho indossato un vecchio paio di pantaloni da fatica di Wilkes.»

«Sapevo che i vestiti che portava sempre Serena sarebbero stati inutili e volevo mandarti qualche indumento da lavoro, ma me ne…» — nella voce di Cadiz si intuì un sorriso — «sono dimenticata. Oh, Delanna, sono così felice!»

Poi si gettò con foga in un monologo di lodi sperticate rivolte a B.T. che avrebbe dovuto mettere a tacere le vecchie pettegole che, via radio, avevano insinuato che Cadiz si fosse fidanzata per ripicca; Delanna riuscì a stento a zittirla chiedendole delle pomarance.

«Sono quasi mature,» le disse quando Cadiz finalmente tacque per riprendere fiato. «Ma cosa devo farne? Forse devo irradiarle?»

«Irradiarle?» gridò Cadiz. «Oh, assolutamente no! E poi cosa ne faremmo? Le impacchetteremmo, le legheremmo con nastri rosa e le metteremmo in vendita in un mercato elettronico, proprio come su Rebe Primo, così potrai andare a fare compere. Irradiarle!?»

Delanna, con un tuffo al cuore, ebbe l’assoluta certezza che quello sarebbe diventato l’argomento principale dei pettegolezzi via radio per qualche giorno, ma insistette. «Be’, allora, dimmi cosa devo farne. E non dirmi di chiedere a Sonny. È troppo impegnato per essere disturbato.»

«Lo so. È colpa mia, visto che sto trattenendo B.T. Come ve la state cavando? B.T. mi ha detto di scoprire se avevate bisogno di lui subito. La nostra scavatrice si è rotta e B.T. pensa che ci vorranno altri due giorni per aggiustarla.»

Almeno voi ce l’avete, una scavatrice, pensò Delanna. «Non lo so. Sonny è tremendamente indaffarato, i ragazzi lavorano con lui tutto il giorno. Glielo chiederò.»

«Digli che, al massimo, saremo lì tra quattro giorni. Per quanto riguarda le pomarance, possono maturare ancora un po’, ma le ciliegie di terra inizieranno ad ammuffire, se non le togli da sotto quelle grandi foglie non appena diventano dolci; di solito, lo fanno all’incirca nello stesso periodo in cui maturano le pomarance.»

«Sono dolci,» confermò Delanna. Fantastico: avrebbe dovuto occuparsi delle pomarance e delle ciliegie di terra. «E cosa ci faccio con le ciliegie?»

«Le metti a seccare.» Cadiz disse a Delanna di tagliare le ciliegie, dopo avere tolto i noccioli, e di metterle a essiccare sulle apposite greppie, interrotta dalle correzioni della donna con la voce dolce che viveva a Rambaugh’s Corner.

«Metto a essiccare anche le verdure?»

«No, quelle devi conservarle nei barattoli di vetro. Ti farò vedere come si fa quando verrò lì. E ti porterò qualche vestito. Non puoi farti vedere da Sonny in pantaloni da fatica.»

«Cadiz, ho un’altra domanda da farti. Cosa puoi dirmi su mia madre?»

Vi fu un lungo silenzio, punteggiato da scariche di statica. La stessa reazione di Harry, pensò Delanna, poi si chiese se, in quel momento, anche Cadiz avesse assunto un’espressione imbarazzata e se avrebbe inventato qualche scusa per interrompere il collegamento.

«Non la conoscevo molto bene, davvero.»

Delanna pensò che fosse strano che Cadiz le avesse dato una risposta del genere, visto che conosceva tutti e aveva opinioni molto decise su tutti quanti.

«Lei era…» fece Delanna, poi si rese conto che non poteva fare via radio la domanda che aveva in mente. «Com’era?» terminò in tono incerto.

Vi fu un altro silenzio: «Stava molto a Milleflores. E negli ultimi due anni è stata male. Ora devo proprio andare. B.T. mi sta chiamando. Ci vedremo lì tra qualche giorno.»

Cadiz non voleva parlare e anche se lo avesse fatto, Delanna non sarebbe riuscita a chiederle: Mia madre era davvero la persona autoritaria e amareggiata che traspare dai suoi diari? Era dura con Harry? È perché lei mi mandava i soldi per farmi comprare i miei vestiti eleganti che Milleflores è in condizioni tanto disastrose?

Oh, mamma! pensò Delanna, poi uscì per trovare le greppie di cui aveva parlato Cadiz.

Passò i due giorni seguenti a raccogliere ciliegie di terra; le lavò, tolse loro i noccioli e le tagliò a fette. Sonny le aveva detto di avvertire B.T. di rimanere ad aggiustare la scavatrice, ma fu un bene che non gli avesse chiesto di tornare subito a casa, perché la radio smise di funzionare.

«Macchie solari,» annunciò North Cutting quando il crepitio dell’energia statica si attenuò per qualche minuto. «Ho delle chiamate per…» La voce si interruppe di nuovo.

Delanna lasciò la radio accesa tutto il giorno mentre lavorava, in modo da potere captare i frammenti di messaggi e di informazioni sul tempo che arrivavano ogni tanto, ma il secondo giorno non udì altro che un crepitio di statica continuo e irritante.

Fu impegnata con le ciliegie di terra fino a mezzogiorno e poi andò a lavorare alla sorgente. Con un pubblico composto da una banda di scimmie incendiarie e da Cleo (quando lo scarabeo non era impegnato a importunare qualsiasi uccello potesse avere un nido), tolse le foglie ingiallite che coprivano la sorgente e poi entrò nell’acqua tiepida e iniziò a scavare via palate di fango che ostruivano il flusso dell’acqua. L’acqua sgorgò fangosa e con un odore di marcio, ma dopo quelle che a Delanna sembrarono almeno mille palate di fango, iniziò a diventare limpida e la temperatura dell’acqua diventò calda e poi bollente. Le scimmie incendiarie si sedettero in cerchio intorno ai bordi della polla per osservarla, quasi altrettanto affascinate dalle sue fatiche nel fango quanto lo erano state dai suoi capelli. Di tanto in tanto, una di esse infilava una zampa nell’acqua e poi la ritraeva di scatto, portandola alla bocca.

Bene, pensò Delanna, questo significa che avrò la polla tutta per me. Ma il pomeriggio seguente, quando arrivò armata di una scopa per eliminare il fango accumulatosi all’interno della sorgente, due delle scimmie erano sedute nell’acqua, che arrivava loro fino al petto, e facevano scorrere manciate d’acqua sopra le loro teste con gesti languidi.

«Fuori!» gridò Delanna, entrando in acqua e colpendole con l’estremità più larga della scopa. «Non avete alzato un dito per aiutarmi, dunque non avete il diritto di fare il bagno. Questa è la mia sorgente!»

Le scimmie sgattaiolarono fuori dalla polla, tenendosi le teste con un’aria abbastanza intimidita, ma non appena ebbero raggiunto l’orlo si sedettero e iniziarono a dondolare i piedi nella polla formata dalla sorgente.

«Sono stata io a pulirla, dunque dovrei essere io a fare il primo bagno,» commentò Delanna.

Una delle scimmie raccolse una manciata d’acqua e se la versò in testa.

Delanna scosse la testa. Era inutile. Le scimmie amavano il calore, e la sorgente era deliziosamente calda. Avrebbe dovuto semplicemente portarsi dietro la scopa ogni volta che avesse deciso di fare il bagno. O avrebbe dovuto fare il bagno quando le scimmie non erano nei paraggi.

Pulì la fonte della sorgente con il manico della scopa e spazzò il fondo per buona misura. Per qualche attimo l’acqua divenne fangosa, poi tornò a scorrere di nuovo limpida. Delanna lavò la scopa nell’acqua e spazzò anche le rocce piatte al centro della pozza.

«È pronta,» disse Delanna rivolta alle scimmie incendiarie, «e domani, dopo che Sonny e i ragazzi saranno andati al frutteto, verrò qui e mi farò il bagno.» Le minacciò con la scopa. «Da sola.»

Non ne ebbe la possibilità. Il giorno seguente Sonny e i ragazzi lavorarono nel frutteto vicino alla casa e Harry non fece altro che correre dentro e fuori di casa tutto il pomeriggio, andando a prendere una brocca d’acqua, o una pala, oppure gli immancabili panini alla verdura. E il resto delle ciliegie di terra erano maturate tutte contemporaneamente. Delanna lavorò freneticamente l’intero giorno successivo, raccogliendo ciliegie, lavando, togliendo noccioli e affettando fino a quando non fu coperta di succo.

Quando portò gli ampi vassoi di rete metallica carichi di ciliegie di terra alle greppie sistemate nel cortile posteriore, le scimmie incendiarie la seguirono e controllarono sotto le reti metalliche e nel recinto delle oche; ovviamente stavano cercando Cleo.

«Non so dov’è,» spiegò loro Delanna, iniziando a legare alle greppie le reti metalliche. «Probabilmente è nel bosco.»

Evidentemente Cleo aveva apprezzato la loro passeggiata nel bosco: quando non era alla sorgente, era nel bosco, in cerca di nidi, cosa che le oche avrebbero certamente apprezzato, se le scimmie incendiarie non avessero continuato a sbirciare dall’esterno del recinto, cercando lo scarabeo. Adesso le oche stavano protestando ad alta voce.

Usando la pala, Delanna cacciò le scimmie via dal recinto e finì di legare le reti sui pali agli angoli delle greppie, sperando di farlo nel modo giusto. Non poteva chiamare Cadiz per scoprirlo: l’attività delle macchie solari impediva ancora alla radio di funzionare.

La statica svanì poco dopo mezzogiorno, ma era ovvio che tutti si attendevano che iniziasse di nuovo. Si limitarono a inviare rapporti sul tempo e messaggi molto brevi. «Il barometro segna trenta virgola otto, tempo stabile a West Wall, trentuno gradi e cirri a Salazar’s Gap, un acquazzone la scorsa notte a Diablo Lanzye.»

Il capo della carovana evidentemente non aveva trovato Jay. C’era una chiamata per lui e una per Delanna da parte di Maggie Barlow. «Cielo terso e ventinove gradi a Stillwater. Trenta gradi e…» La voce svanì di nuovo in uno scoppio di statica. Delanna avrebbe dovuto tentare di rispondere a Maggie più tardi.

Finì di affettare l’ultima delle ciliegie di terra e portò il vassoio alle greppie. Era tutta appiccicosa di succo. Quando andò in cortile per pompare un po’ d’acqua con cui lavarsi le mani, Harry era lì, senza fiato per la corsa.

«Sonny mi ha detto di dirti,» ansimò,»che abbiamo finito di scavare il frutteto davanti alla casa e che stiamo andando a quello orientale.» Partì a razzo e scomparve lungo il sentiero.

Mentre Delanna si lavava le mani sotto la pompa, udì un forte strillo e sollevò lo sguardo, pensando che le scimmie incendiarie dovevano aver trovato Cleo, che volò in aria direttamente verso la sua testa. Delanna si chinò per schivarla, ma una scimmia la afferrò senza alcuna difficoltà e sollevò il braccio per lanciarla di nuovo. Lo scarabeo squittí di piacere.

Delanna batté le mani seccamente. «Andate a giocare da qualche altra parte!» ordinò. La scimmia che aveva preso Cleo se la strinse protettivamente al petto. «Potete giocare con lei,» spiegò Delanna. «Ma non qui. Andatevene.»

Le cacciò nel cortile laterale e tornò in casa. All’interno faceva caldo e lavarsi sotto la pompa non era servito a molto. Si sentiva tutta appiccicosa. Ho bisogno di un bagno, pensò, poi si rese conto che quella era l’occasione perfetta per recarsi alla sorgente.

Sonny e i ragazzi erano nel frutteto orientale, le scimmie incendiane erano impegnate con Cleo e la radio era fuori uso, dunque non era obbligata a rimanere in casa per annotare i rapporti sul tempo. Era l’occasione giusta.

Prese un asciugamano e il sapone dalla doccia e uscì, ci ripensò e tornò in camera da letto per prendere una delle camicie da notte della madre. Non c’era nessuno in giro, ma se i ragazzi avessero finito presto, oppure se Cleo e le scimmie si fossero stancate del loro gioco, non voleva essere sorpresa completamente nuda.

Indossò la corta camicia da notte, desiderando di avere uno dei costumi da bagno conservati nel suo baule, ne incrociò la fascia intorno e sotto il petto, ne annodò le estremità intorno alla vita e uscì di soppiatto di casa.

Non aveva bisogno di preoccuparsi. Le scimmie, deliziate dall’aver trovato Cleo, stavano giocando a una qualche elaborata variante della palla avvelenata accanto al recinto delle oche. Cleo strillava di piacere, ma le oche si stavano facendo venire un vero e proprio attacco isterico. Non avrebbero notato Delanna neppure se si fosse messa a camminare in mezzo a loro.

Percorse in fretta il sentiero e attraversò la macchia di alberelli. Quando arrivò alla sorgente, si fermò e si girò verso la casa, ma le scimmie erano ancora impegnate nel loro gioco. Udì dei fiochi strilli.

Si tolse le scarpe di Cadiz ed entrò nell’acqua. Oh, era meraviglioso. L’acqua era deliziosamente calda. Fece un altro passo, poi si immerse nella sorgente e la gonna della camicia da notte si gonfiò intorno a lei come un gigantesco fiore acquatico.

Era più che meraviglioso, era un vero paradiso. Delanna si sentì pulita per la prima volta dal suo malaugurato tuffo nel fiume di sale e sentì la fatica e la tensione scivolare via nell’acqua calda. Un bagno avrebbe fatto meraviglie anche per i muscoli e il collo doloranti di Sonny. Lo avrebbe fatto venire lì con lei non appena sarebbe tornato a casa quella sera. Sonny si sarebbe opposto — avrebbe detto che era troppo stanco — ma sarebbe stato così contento quando avrebbe visto la sorgente!

Si chiese se Sonny avesse qualcosa da mettersi per fare il bagno. Non aveva costumi da bagno, questo era certo, visto che non aveva neppure due ricambi di vestiti e che non c’erano soldi sufficienti per comprare una scavatrice o il sistema di trasmissione di un solaris. Pensò di nuovo, provando un forte senso di colpa, ai vestiti che si era comprata su Rebe Primo.

Su questo ormai Delanna non poteva fare nulla, però l’aver pulito la sorgente almeno avrebbe dimostrato a Sonny che lei era disposta ad accollarsi la propria parte di lavoro. Pensò a quanto sarebbe stato contento Sonny quando avrebbe visto la sorpresa che gli aveva preparato: le avrebbe rivolto quel suo sorriso lento e…

Delanna si sdraiò nell’acqua calda e galleggiò a filo d’acqua, le braccia tese. Chiuse gli occhi. Sembrava che le scimmie avessero proseguito il loro gioco nel recinto delle oche. Riusciva a sentire i loro starnazzi indignati perfino da lì.

Ignorò qualsiasi rumore, si girò e fece alcune bracciate, poi galleggiò di nuovo sulla schiena, con i capelli che fluttuavano dietro di lei, osservando il cielo azzurro attraverso le chiome degli alberi sopra la sua testa. Cielo terso e trentuno gradi, pensò.

Ma come aveva fatto sua madre a odiare quel posto? Era bellissimo: la sorgente termale, il cielo, i fiori selvatici. Pensò a Sonny che le tendeva il mazzo di fior-di-rosa, sorridendole nel crepuscolo e dicendo, «Sì. Bellissima.»

Ti sbagliavi su Keramos, mamma, pensò. E ti sbagliavi anche su Sonny. Lavora duro, su di lui si può contare ed è sempre lì quando ne hai bisogno. Pensò a Sonny che la salvava dalle scimmie incendiarie nella radura, a Sonny che le diceva, «Non c’è da meravigliarsi che le scimmie incendiarie siano pazze di te.» Meraviglioso, pensò, chiudendo gli occhi e galleggiando, meraviglioso, meraviglioso, meraviglioso.

«Be’, mi venga un colpo se non è una sirena quella che vedo,» commentò una voce proveniente dall’alto.

Delanna aprì gli occhi e tentò di mettersi a sedere. Perse l’equilibrio e andò sotto, batté selvaggiamente le mani e inghiottì metà sorgente. Poi soffocò e iniziò a tossire.

«E allora, sirena, a cosa stavi pensando per sorridere in quel modo? A me, forse?»

Delanna lottò per mettersi in piedi nell’acqua che le arrivava al petto. «Jay!» esclamò, ancora tossendo. «Ma cosa ci fai tu qui?»

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