CAPITOLO QUARTO

La biglietteria era la prima cosa che si incontrava una volta superate le porte, però non era situata dentro la stazione vera a propria, bensì nel piccolo atrio delimitato dalle due coppie di porte. Non era neppure una vera biglietteria, ma un cavalletto con un’asse sopra e un cartellone degli orari attaccato all’elaborata parete di ceramica alle spalle. Una perfetta metafora dell’intero maledetto pianeta, pensò Delanna, compresi gli uomini male in arnese in fila di fronte a essa.

Erano tutti uomini che non si radevano da almeno una settimana e non facevano il bagno da almeno un mese e si girarono tutti a guardare Delanna quando entrò, come se fossero sopraffatti dalla gioia di vederla. Delanna andò a mettersi in quella che presunse fosse l’estremità della fila disordinata, stando bene attenta a mantenere la distanza maggiore possibile tra lei e gli uomini.

«Passi pure avanti, signorina,» la invitò l’uomo davanti a lei, facendole segno di avanzare con una mano nerastra. La fila ondeggiò, si aprì e Delanna si ritrovò davanti alla biglietteria, chiedendosi se quello fosse uno dei modi in cui si manifestava la cavalleria locale, oppure se il cerchio di uomini si sarebbe improvvisamente chiuso intorno a lei.

«Dove vuole andare?» le chiese il bigliettaio. La domanda le fece comprendere di non avere la più pallida idea di quale fosse la sua destinazione. Milleflores non poteva avere una stazione ferroviaria e Delanna non sapeva quale fosse la città più vicina che ne avesse una. Quando aveva lasciato Keramos per andare a scuola non esisteva neppure la linea ferroviaria e non riusciva a ricordare che la madre le avesse scritto qualcosa sulla costruzione di una stazione.

Studiò il tabellone alle spalle della biglietteria, sperando di leggere un nome citato nelle lettere della madre. Si Chrome Lode, China Dome, Richmond Furnace, Last Chance, Cermet Summit. Non ne riconobbe nessuno, tranne Last Chance.

«Non riesce a decidere, signorina?» le chiese un minatore dall’aria sudicia con una barba molto folta, invece della solita peluria. «Perché non viene all’Anaconda?»

«Sì,» confermò il suo amico, ovviamente sbronzo per la troppa ambrosia bevuta. «La faremo divertire davvero un sacco.»

«Non vada con quei mangiatori di minerale.» intervenne un altro, coperto dalla testa ai piedi di polvere grigio-nerastra. «Se vuole conoscere dei veri gentiluomini, deve venire all’lmpareggiabile. Stavo per prendermi una settimana di riposo, ma — al diavolo! — tornerò con lei e le mostrerò la strada. Mi chiamo Frank Fuller. E lei, signorina?»

«Io voglio andare a Milleflores,» disse Delanna rivolta al bigliettaio, tentando di parlare a bassa voce. «Qual è la stazione più vicina?»

«La stazione più vicina?» rispose il bigliettaio con voce inespressiva. «A Milleflores?»

«Milleflores?» ripeté il minatore che aveva appena affermato di chiamarsi Frank Fuller. «Sta andando dalla parte sbagliata, signorina. In quella direzione non c’è nulla, tranne polvere, sale e altra polvere, esattamente in questo ordine. Lei non può sprecare il suo fascino con un mucchio di pesta-frutti. Lei deve venire all’lmpareggiabile.»

«Ho bisogno di un biglietto per Milleflores, o per la stazione più vicina,» sibilò Delanna al bigliettaio.

L’uomo la guardò di nuovo in modo inespressivo.

«Sembra che lei non possa andare a Milleflores in ogni caso,» la incalzò il minatore barbuto, «dunque perché non viene con me e…»

Delanna spinse il proprio denaro verso il bigliettaio. «Mi dia un biglietto per Milleflores,» ordinò.

L’uomo si limitò a fissare il denaro ammiccando, poi il suo volto si illuminò improvvisamente. «Lei è la moglie di Sonny Tanner, vero?»

No, pensò Delanna, assolutamente no. «Sì,» rispose invece.

Il bigliettaio prese una custodia rossa. «Ecco il suo biglietto. Jay Madog ha detto che sarebbe passato a prenderlo.» Delanna tentò di dargli il denaro, ma lui Io spinse di nuovo verso Delanna. «Ha già pagato Mad Dog. E così tu sei la moglie di Sonny. Cavolo, scommetto che Cadiz Flaherty starà schiumando di rabbia! Sono tre anni che tenta di prendere al laccio Sonny, senza riuscirci. E poi lui sposa te così, di botto. Devi averlo davvero colpito.»

Mi piacerebbe molto colpirlo, pensò Delanna. Lui, te e un mucchio di altre persone. Tentò di prendere la custodia del biglietto, ma il bigliettaio la allontanò. «Sei stata su Rebe Primo, giusto? Ma come avete fatto voi due a innamorarvi, visto che Sonny era qui e tu andavi a scuola?»

«Non l’abbiamo fatto,» replicò in tono secco Delanna, poi capì immediatamente che era la cosa sbagliata da dire di fronte a quella banda di tipacci. Ovviamente la faccenda non era affare loro, però questo non poteva certo dirlo. No, adesso doveva dire qualcosa che avrebbe soddisfatto il bigliettaio, in modo che si decidesse a darle finalmente il biglietto, permettendole di andarsene di lì.

«Non l’avete fatto?» commentò il bigliettaio assumendo la stessa espressione stolida di quando Delanna gli aveva chiesto un biglietto per Milleflores.

«Volevo dire che non ho dovuto innamorarmi di lui: lo conoscevo fin da quando ero bambina e immagino di averlo sempre amato.» Il volto del bigliettaio conservò la sua espressione vuota. «E, ovviamente, ci scambiavamo delle lettere.» L’espressione del bigliettaio divenne ancora più stolida, ammesso che fosse possibile. «Ci scrivevamo delle lettere. Ma ora devo sbrigarmi. Sonny arriverà da un momento all’altro.» Allungò una mano verso il biglietto e riuscì finalmente a prenderlo. «Grazie,» disse rapidamente e iniziò a farsi largo tra la folla di uomini. «Scusatemi, scusate, chiedo scusa.»

«Hai detto di essere la moglie di Sonny Tanner?» chiese Frank Fuller, piantandosi di fronte a Delanna.

«Sonny Tanner non si sarebbe mai sposato,» obiettò il minatore barbuto. «E se ci avesse provato, Cadiz Flaherty avrebbe avuto qualcosa da ridire.»

«Immagino sia inutile chiederti in che modo tu sia riuscita ad accalappiare Sonny,» affermò il minatore sbronzo. Lanciò un’occhiata eloquente alla gonna corta di Delanna.

«Lei dice che gli scriveva delle lettere,» intervenne il bigliettaio.

«Be’, allora qualcuno mi dia subito un pezzo di carta!» esclamò il minatore barbuto. «Anch’io voglio una moglie!»

«Cosa gli dicevi in quelle lettere?» le chiese qualcuno, Delanna non riuscì neppure a vedere chi fosse.

«Scommetto di sapere cosa gli diceva!» urlò il bigliettaio. «E non era certo ‘Caro Sonny’!»

«Ora basta!» gridò Delanna, sbattendo la sacca sul bancone della biglietteria. «Ne ho abbastanza di questo buco infernale che chiamate pianeta e ne ho abbastanza di voi gratta-sudiciume! Sono venuta per comprare un biglietto e prendere un treno, non per essere molestata da un branco di sudicioni zotici e ignoranti! Ora chiudete il becco e toglietevi dai piedi!»

«Andiamo, Mrs. Tanner, ci stavamo soltanto divertendo un po’,» si difese il bigliettaio.

«E non mi chiami Mrs. Tanner!» gridò Delanna. «E neppure signorina!» Afferrò la sacca, preparandosi a vibrarla contro lo stomaco di qualcuno, se fosse stato necessario. Frank Fuller arretrò, sollevando le braccia coperte di polvere come per difendersi, ma sul volto aveva stampato un sogghigno irritante.

Delanna passò davanti ai minatori con andatura decisa e oltrepassò le porte interne.

«Dove è diretta?» le chiese con aria leggermente timorosa un uomo che indossava il berretto da conduttore. Meglio così. Questo significava che aveva sentito la sfuriata di Delanna.

Delanna non avrebbe accettato espressioni stolide da parte del conduttore quando rispose, «Milleflores.» Tese il biglietto verso di lui.

Il conduttore aprì la custodia e vi guardò dentro. «Superi il cancello su cui c’è scritto Last Chance,» la indirizzò con un tono di voce sorprendentemente educato, poi indicò un’altra coppia di porte.

Delanna gli strappò il biglietto di mano e spinse le porte. Dietro di lei, udì qualcuno commentare, «Povero Sonny. Qualcuno dovrebbe avvertirlo. Si è ficcato in un bel guaio.» Le porte si chiusero alle sue spalle e Delanna entrò nella stazione.

L’edificio non era fatto di piani sovrapposti, ma era un unico, vasto ambiente, il cui soffitto si restringeva ogni dieci metri fino a culminare, molto in alto, in un lucernario. L’intera sala era ricoperta di mattonelle di ceramiche con incredibili sfumature rosse e verde pallido, fiamme e tozzi alberi che bordavano il secondo livello e una serie di archi in uno stridente colore turchese su cui erano scritti gli stessi nomi del tabellone: Si Chrome Lode, Last Chance, Richmond Furnace, Cermet Summit; ovviamente gli archi conducevano ai treni.

E questo era tutto. Non c’erano né ristoranti, né negozi, né banche e neppure delle panchine su cui sedersi. Accanto all’arco contrassegnato dalla scritta Anaconda, un gruppetto di uomini dall’aspetto malmesso sedevano sul pavimento con la schiena appoggiata alla parete e, al centro dell’ampio pavimento piastrellato, un vecchio stava dormendo con la bocca aperta, russando in modo così sonoro da far tremare l’aria fino al lucernario.

Meraviglioso, pensò Delanna. Non solo sono sposata a un imbecille e mi ritrovo bloccata su questo pianeta dimenticato da Dio, diretta verso un zona desolata e perfino più dimenticata da Dio, ma lo sto facendo indossando scarpe con i tacchi alti e una gonna che mi espone alle voglie di qualsiasi straccione e minatore ubriaco sul pianeta. Qualcuno mi dica che è tutto un sogno, che non sta succedendo davvero.

Uno degli uomini seduti contro la parete sollevò lo sguardo e le rivolse un fischio, che riecheggiò stranamente nell’immenso spazio piastrellato. Iniziò ad alzarsi.

Delanna superò rapidamente il cancello contrassegnato dalla scritta Last Chance e percorse un lungo tunnel illuminato solo sporadicamente da una luce gialla, mentre i tacchi risuonavano come colpi di fucile sul pavimento di ceramica. Si chiese se avrebbe dovuto cambiare treno a Last Chance e per quale stazione fosse valido il biglietto. Visto quanto era fortunata, il treno non sarebbe arrivato a meno di cinquanta miglia da Milleflores e lei avrebbe dovuto coprire a piedi la distanza rimanente, in compagnia di Sonny e di tredici oche. Era indecisa su chi fosse più stupido.

Desiderò non avere pensato alle oche: le avevano fatto ricordare Cleopatra. Povera Cleo, tutta sola nello spazioporto, senza sapere perché Delanna fosse stata costretta a lasciarla! Avrebbe dovuto insistere per tornare allo spazioporto a vedere come stava. Avrebbe dovuto insistere con Maggie per farsi dare la diffida, in modo da poterla consegnarla immediatamente al veterinario. Sicuramente sarebbe riuscita a convincerlo a farle portare con sé lo scarabeo, oppure avrebbe fatto qualcosa. Almeno avrebbe potuto vedere Cleo, rassicurarla.

Il tunnel terminò improvvisamente davanti al treno; accanto ai binari c’era a stento lo spazio per camminare. Delanna tese il biglietto a un altro uomo con il berretto da conduttore. Lui gli diede una rapida occhiata, disse, «Ultima carrozza,» e le restituì il biglietto. Delanna lo infilò nella sacca e iniziò a camminare lungo lo stretto passaggio. Il treno era un veicolo a monorotaia di un modello antiquato, ma nello stesso tempo più moderno di quanto si fosse aspettata. C’erano solo quattro carrozze passeggeri, ma alle spalle dell’ultima si allungava una fila di carri senza sponde, carichi di casse coperte di fogli di plastica e di oggetti più grandi e meno definibili, tutti legati con funi e corde. Delanna sperò che il conduttore non avesse davvero voluto riferirsi all’ultima carrozza del treno.

Salì sull’ultima carrozza passeggeri, trovò lo scompartimento indicato sul suo biglietto e sedette sul primo sedile confortevole da quando era scesa su Keramos. Si rese conto di quanto fosse stanca: si era dovuta sorbire il lungo viaggio nella navetta, quella ridicola scarpinata fino a Grassedge, la frustranti ore trascorse nel locale di Maggie. Dunque non c’era da meravigliarsi che fosse così stanca. Forse, se Sonny Tanner l’avesse lasciata in pace, avrebbe potuto dormire un po’ durante il viaggio verso Milleflores.

Qualcuno fischiettò nel corridoio all’esterno dello scompartimento. «Perché non viene a China Dome, signorina?» le chiese una voce artificialmente baritonale, poi la ragazza che Delanna riconobbe come Cadiz entrò, indossando il suo cappello floscio e trasportando due grossi zaini di tela. «Ho sentito che hai dato il fatto loro a quei minatori! Quando sono arrivata, Frank Fuller stava ancora tremando. Non sapevo che nelle scuole degli altri pianeti insegnassero un linguaggio del genere!»

Questo era proprio quello di cui avevo bisogno, pensò Delanna. «Cosa ci fai qui?»

«Io?» rispose Cadiz in tono innocente. «Be’, sto solo tornando a casa! Avrei dovuto trattenermi a Grassedge una settimana o giù di lì, ma poi ho pensato: Perché non andare a casa con Sonny e sua moglie e fare loro compagnia? Cosa c’è di più divertente di andare in luna di miele?»

«Ma davvero,» commentò Delanna. «Invece io avrei pensato che il ‘vero divertimento’ dell’Anaconda fosse più di tuo gusto.»

«Ah, ah, ma allora Frank aveva ragione: la tua lingua potrebbe forare la buccia di una palla di cannone.» Cadiz poggiò gli zaini sulla reticella e poi vi gettò anche il cappello. «Dov’è il timido sposino?» chiese, scuotendo i suoi corti capelli biondi.

«Non lo so,» rispose Delanna.

«Brutto segno,» commentò Cadiz, sbirciando nel tunnel dal finestrino. «Sai, lo sposo che fugge la notte di nozze e tutto il resto. Sei sicura che tornerà?»

Il treno ebbe un sobbalzo improvviso, facendo quasi cadere Cadiz. Delanna non aveva mai avuto l’occasione di rendersi conto che anche le monorotaie potessero sobbalzare. Cadiz si sedette di fronte a Delanna e scosse tristemente la testa. «Il tuo sposo perderà il treno, se non arriva qui entro cinque secondi.»

La porta esterna della carrozza si aprì ed entrambe si girarono in direzione del rumore. Jay Madog entrò nello scompartimento.

«Oh, bene, Delanna, temevo che potessi… Ma cosa diavolo ci fai tu qui, Cadiz?!»

«Sto tornando a casa,» rispose la ragazza, rivolgendogli il più innocente dei sorrisi. «Con te.»

«Puoi scordartelo: per questo viaggio siamo al completo.»

«Sonny ha spazio. Lui mi ha detto che andava bene.»

«Ci scommetto che l’ha fatto,» commentò Jay. Il treno sussultò di nuovo e poi iniziò a muoversi lentamente.

«Dov’è Sonny?» gli chiese Delanna in tono ansioso. L’imbecille stava davvero per perdere il treno.

«Ci raggiungerà a Last Chance,» rispose Jay in tono pensieroso, come se fosse preoccupato da qualcosa. «Ha avuto un problema.»

«Un problema?» chiese Delanna, pensando a Cleo. «Con il veterinario.»

«No, ha sistemato la faccenda delle oche in un battibaleno,» replicò Jay, ancora accigliato. «Ha avuto dei problemi con l’equipaggiamento che ha comprato: non si fidava di caricarlo sul treno.»

E posso anche capire perché, pensò Delanna quando il treno acquistò velocità: ondeggiava continuamente da un lato all’altro e sussultava periodicamente, come se qualcuno stesse cambiando marcia; il fatto era che le monorotaie non avevano marce.

«Io dico che se l’è filata,» affermò Cadiz.

«Hai consegnato la diffida a Doc Lyle?» intervenne Delanna rivolta a Jay.

«Sì,» rispose Jay in tono distratto, poi sembrò tornare in sé. «Sì. Non ci sono problemi. E il tuo scarafaggio sta bene: ho controllato di persona. Doc Lyle mi ha assicurato che se ne prenderà buona cura.»

«Sei sicuro che Cleo stia bene?» gli chiese Delanna in tono ansioso.

«Chi è Cleo?» chiese Cadiz. «Tua figlia? Non dirmi che Sonny ha una moglie e una figlia di cui non so nulla.»

«Cleo è il mio scarabeo da compagnia,» le spiegò Delanna. «Adesso è in quarantena, ma presto il mio avvocato la farà uscire e me la manderà.»

«Certo… e le Pianure di sale si trasformeranno in zucchero,» ribatté Cadiz.

Jay scosse bruscamente la testa.

Cadiz lo ignorò. «Doc Lyle non toglierebbe mai dalla quarantena nessun animale sprovvisto di un permesso di importazione. Non ha autorizzato l’ingresso neppure di quei gatti che il bordello ordinò quella volta.» Imitò la voce del veterinario: «’Le leggi sono le leggi. Non posso fare nulla che metterebbe in pericolo Keramos.’ Mi dispiace, tesoro.»

Il treno saettò in avanti con un sibilo, superando macchie confuse che erano edifici bui e campi ancora più bui.

«Cosa vuoi dire?» chiese Delanna. «Cosa vuole dire, Jay?»

«Nulla,» rispose lui, rivolgendo a Cadiz un’altra occhiata severa.

«Te l’ho detto, il suo scarafaggio sta bene. Ho consegnato la diffida a Doc Lyle. Per trenta giorni non può fargli nulla.»

«Non può fargli nulla… ma cosa farà a Cleo dopo trenta giorni?»

«Lo arrostirà,» affermò Cadiz, stiracchiandosi sul sedile. «Il tuo piccolo animaletto è cibo per le scimmie incendiarie.»

«È vero?» domandò Delanna a Jay. «Dimmi, è vero?» Lui sembrò a disagio.

«Ma certo che è vero!» rispose al suo posto Cadiz. «Doc Lyle ha avuto ordine di incenerire qualsiasi creatura sprovvista di un permesso di importazione. Se Sonny non si fosse procurato tutte quelle scartoffie per le oche nate sulla nave, adesso staremmo mangiando oca arrosto. Cosa ti ha detto Jay… che avrebbe convinto Doc Lyle a restituirti il tuo animaletto?» Intrecciò le mani dietro la testa. «Sta’ a sentire, la prima cosa che devi imparare è che Jay Madog dirà qualsiasi cosa a una donna, se questo serve a farle fare ciò che vuole lui.»

«Come salire su un treno?» chiese Delanna, guardando Jay.

Madog si era tolto il cappello. «Senta, io ho una carovana da guidare e lei deve arrivare a Milleflores. Ho detto che avrei ritirato il suo baule e ho detto che avrei tentato di fare uscire il suo scarafaggio dalla quarantena.» Si rigirò il cappello tra le mani. «La diffida è valida per trenta giorni e Doc Lyle non si azzarderà a violarne le disposizioni, di questo può stare certa.»

Le leggi sono le leggi, pensò Delanna.

«Io sarò di ritorno prima che i trenta giorni siano scaduti,» proseguì Jay. «Andrò da Maggie non appena metterò piede a Grassedge. Farò tutto il possibile per salvare il suo scarafaggio, signora. Tutto,» ripeté in tono enfatico. «Adesso devo andare a controllare le merci sulle altre carrozze,» affermò. «Voi signore godetevi pure il panorama.»

Uscì dallo scompartimento.

«Vengo con te,» dichiarò Cadiz. Prese il cappello dalla reticella. «Farò tutto il possibile per salvare il suo scarafaggio, signora,» ripeté, rigirando il cappello tra le mani. «Lei è una che non perde tempo, signora. È arrivata su Keramos solo da un paio di ore, ma si è già trovata un marito e un fidanzato.» Gettò il cappello in aria, lo prese al volo e poi uscì dallo scompartimento.

Delanna si girò e guardò fuori dal finestrino. All’esterno era sceso il buio. Il treno superò alcune abitazioni illuminate da lampioni di ceramica, che diventarono sempre più rade e più distanziate, fino a quando Delanna non riuscì a vedere più nulla. Poggiò la testa contro il finestrino, desiderando di poter dormire, ma probabilmente Cadiz sarebbe tornata da un momento all’altro.


Quando si svegliò, il treno si era fermato. Cadiz era seduta di fronte a lei, le braccia conserte sul petto e il cappello che le copriva gli occhi. Delanna si raddrizzò. «Siamo arrivati a Last Chance?»

«Siamo a Vira’s,» rispose Cadiz. Con un colpetto della mano sollevò ii cappello. «Stiamo caricando delle provviste.»

All’esterno era ancora buio, ma lungo l’orizzonte assolutamente piatto era apparsa una sottile linea grigia. Delanna sbadigliò. «Quanto tempo ci fermeremo qui?»

«Circa…» iniziò Cadiz, poi il treno sussultò in avanti. «Non a lungo,» concluse e abbassò di nuovo il cappello sugli occhi.

Delanna guardò dal finestrino il panorama che cambiava lentamente. Non era ancora l’alba, ma ormai riusciva a riconoscere le varie sagome. Non che ci fosse molto da riconoscere: piccoli campi quadrati circondati da ampie e spoglie distese di polvere. Delanna si chiese se fossero barriere frangifiamme. Molto lontano, verso nord, il suo sguardo colse un bagliore di luce rossastra che poteva anche essere quello di un incendio.

Provò l’impulso di chiedere a Cadiz quanto fosse lontana Milleflores, ma la ragazza sembrava essersi addormentata, con la testa poggiata contro lo schienale del sedile e le braccia di nuovo incrociate sul petto. Sembrava una posizione molto scomoda.

Bene, pensò assonnatamente Delanna, spero che le venga un bel torcicollo.


Quando Delanna si svegliò di nuovo, era giorno fatto. I campi quadrati con i loro confini tracciati accuratamente erano stati sostituiti da chiazze irregolari di vegetazione circondate da arbusti e sabbia. Non si vedeva alcun edificio da nessuna parte.

Cadiz la stava fissando con irritazione.

«Dove siamo?» le chiese Delanna, massaggiandosi il collo: le era venuto un terribile torcicollo.

«Circa dieci miglia dopo Bismuth,» rispose Cadiz. «Hai continuato a dormire anche quando il treno si è fermato. E hai continuato a dormire anche durante il pranzo. Ti stai riposando per la notte di nozze?»

Delanna ignorò quella battuta. Il suo orologio le rivelò che erano le quattro e mezza del pomeriggio; era impossibile, ma era altrettanto ovvio che non era mezzogiorno. Le poche ombre in quel paesaggio desolato si stavano già allungando. Doveva essere stata sopraffatta dalla stanchezza.

«Quanto manca per Milleflores?» chiese.

«Cinquemila miglia,» rispose Cadiz, guardando fuori dal finestrino. «Con un’approssimazione per difetto o per eccesso di un paio di centinaia.»

Delanna era stata stupida a pensare di potere avere una risposta diretta da Cadiz. Doveva trovare Jay. Uscì nel corridoio e si imbatté in Sonny. «Cosa ci fai qui?» gli chiese, sorpresa.

«Ho raggiunto il treno prima di quanto mi aspettassi.» Sonny scrutò il corridoio e poi si guardò brevemente alle spalle. «Ho guidato come un pazzo per arrivare qui,» affermò. Non aveva certo l’aspetto di un uomo che avesse guidato senza interruzione per una notte e un’intera mattinata: sembrava perfettamente sveglio e felice per qualche motivo. Il suo volto era rosso per l’eccitazione e, per un istante, Delanna pensò che somigliava al ragazzo che lei ricordava.

«Torna nello scompartimento,» sussurrò Sonny, prendendola per un braccio.

«Ma…» fece Delanna, e Sonny aveva già aperto la porta dello scompartimento e la stava spingendo dentro.

«Delanna, devo parlarti,» le rivelò in tono pressante. «Ho…»

«Ma guarda un po’ chi si vede: lo sposo perduto da lungo tempo,» commentò Cadiz, mettendosi a sedere e spingendo indietro il cappello. «Pensavo che ci avresti raggiunto a Last Chance.»

«Cosa ci fai qui, Cadiz?» chiese Sonny, apparentemente sorpreso.

«Sto andando a casa,» rispose lei.

«Non con questa carovana.»

«È la carovana di Mad Dog, non la tua,» replicò Cadiz, alzandosi per affrontarlo, «e lui mi ha invitato a venire con voi.»

Pronunciando quella bugia colossale, Cadiz non rivolse neppure un’occhiata a Delanna, che fu costretta ad ammettere che l’altra ragazza era molto brava a mentire.

«Stai facendo tutto questo solo per provocare guai e tu lo sai, Cadiz,» replicò Sonny e Delanna fu lieta che Sonny avesse saputo intuire lo scopo dell’altra donna.

«Provocare guai?» gridò Cadiz. «Provocare guai? Chi ha sposato una Straniera con i tacchi alti? A me sembra che sia tu quello che ha provocato tutti i guai.»

Il treno sussultò, Cadiz allungò un braccio per riguadagnare l’equilibrio e batté la testa contro il finestrino. Spero che svengo, pensò Delanna.

«Se Jay Madog ti ha invitato, perché non vai a tenergli compagnia?» chiese Sonny.

«In modo che tu possa parlare alla tua timida sposina? ‘Delanna, devo parlarti!’» lo imitò Cadiz in tono svenevolmente romantico. «In effetti Jay mi ha confessato che non sopporta di rimanere senza di me neppure un minuto, ma immagino che dovrà farlo. Voglio vedere questo ‘equipaggiamento’ che non ti sei fidato di fare caricare sul treno a Grassedge. Però ti fidi di farlo caricare a Bismuth. Come mai?» Uscì rabbiosamente dallo scompartimento.

Sonny esitò accanto alla porta, guardandola andare via. «Delanna, senti, devo parlarti, ma…» Il treno sussultò di nuovo. «Devo andare a controllare il mio equipaggiamento. Cadiz è capace di… Comunque, non preoccuparti,» aggiunse in modo criptico, poi andò via.

Non preoccuparti, pensò Delanna. Ma certo, era ovvio che non c’era nulla di cui preoccuparsi: era semplicemente bloccata su uno strano pianeta senza il becco di un quattrino e, se il suo orologio andava bene, tra cinque minuti avrebbe perso la navetta che l’avrebbe ricondotta sulla nave, dopodiché sarebbe rimasta davvero bloccata. E stava dividendo lo scompartimento con la fidanzata gelosa di suo «marito,» su un treno apparentemente diretto il più lontano possibile da quella che passava per civiltà su quel pianeta dimenticato da Dio.

I campi invasi dalla vegetazione divennero chiazze marroni e poi scomparvero del tutto. Perfino gli arbusti iniziarono a sembrare più piccoli e più radi nel paesaggio polveroso.

Delanna si chiese di cosa volesse parlare Sonny. Era troppo sperare che fosse riuscito a trovare una scappatoia in quel ridicolo testamento; probabilmente era riuscito soltanto a trovare un modo per anticipare la decisione della Corte Itinerante a quattro settimane da quel momento, e non cinque.

La porta dello scompartimento si aprì. Delanna sollevò lo sguardo con speranza, ma non era Sonny. Era Jay Madog.

«Sonny è sul treno,» la informò.

«Lo so,» rispose Delanna. «L’ho visto.»

«Dov’è Cadiz?»

«Ha detto che sarebbe venuta a cercarti. Ha anche detto che non potevi stare senza di lei neppure un istante.»

«Oh,» mormorò Jay, come se non avesse sentito Delanna, poi uscì di nuovo, ma tornò quasi immediatamente, portando una grossa busta di carta con l’orlo superiore ripiegato. «Philo mi ha detto di darti questo,» spiegò e andò via senza aspettare che Delanna aprisse la busta.

Maggie doveva averle inviato dei vestiti dopo tutto, anche se con lei Delanna si era comportata peggio di Cadiz. Iniziò ad aprire il sacchetto.

Cadiz entrò nello scompartimento, prese un panino e un frutto verde-giallo da uno degli zaini e si sedette. «Hai fame? Ceneremo a Last Chance, ma manca ancora un’ora. Cos’è? Sonny ti ha portato un regalo di nozze?»

«No, me lo ha dato Jay,» rispose Delanna. Venne colpita da un pensiero improvviso. Jay aveva detto che era stato Philo a dargli il sacchetto, ma se era così, perché aveva aspettato tanto tempo per darglielo? E perché aveva aspettato fino a quando aveva visto che nello scompartimento non c’era nessuno tranne lei? Farò tutto il possibile per riportarle Cleo, aveva detto. Tutto il possibile.

«Ah, un regalo da parte di Jay,» commentò Cadiz in tono sarcastico. «Me l’ero dimenticato: tu hai un marito e un fidanzato.» Prese un temperino e cominciò a sbucciare il frutto. «Be’, cos’è?»

«Vestiti,» rispose Delanna, chiudendo frettolosamente l’orlo della busta. «Il mio baule è ancora a bordo della Scoville. Avevo bisogno di qualche vestito di ricambio.» Si alzò e mise la busta sulla reticella, spingendola verso il fondo e mettendo davanti la sacca.

«Vestiti, eh?» commentò Cadiz, togliendo un pezzo della buccia verde-gialla. «È la prima volta che sento parlare di Jay Madog che dà dei vestiti a una donna. Ho sempre sentito dire che preferiva toglierglieli, bada bene. A sentire Sally Jane Parkiner, non aveva più un solo filo di tessuto addosso quando attraversò le Pianure di Sale con Mad Dog. Lui le strappò i vestiti direttamente dalla schiena.» Tolse un altro pezzo di buccia e riuscì a estrarre un pezzo di polpa della grandezza di un noce. «Ovviamente, posso anche capire perché tu ci tenga tanto a coprirti.» Si infilò il pezzo di frutto in bocca. «Cosa ti ha portato? Un’acconciatura e un velo?»

Delanna non la stava ascoltando. Si stava chiedendo cosa avrebbe potuto dire a Cadiz per farla andare via. Ovviamente era impossibile riuscirci senza insultarla. Stava chiedendosi se dirle che Jay la stava cercando, quando Cadiz si alzò di nuovo, prese un altro frutto dal sacco e uscì sbattendo la porta.

Delanna aspettò fino a quando non udì chiudersi la porta esterna, poi attese un altro paio di minuti, che le sembrarono infiniti, prima di alzarsi e di togliere la busta dalla rastrelliera. La poggiò delicatamente sul sedile, poi uscì nel corridoio e controllò in entrambe le direzioni: non c’era nessuno in vista, ma Cadiz aveva la sconcertante abitudine di apparire dal nulla. Tentò di chiudere a chiave lo scompartimento, ma non riuscì a inserire il chiavistello. Dal finestrino filtravano i raggi obliqui del sole del tardo pomeriggio. Non c’erano ombre.

Si sedette, si mise la busta in grembo e la aprì. «Cleo?» sussurrò, poi infilò dentro una mano. Trovò una camicia a fiori simile a quelle indossate dai minatori, un paio di pantaloni stazzonati e un maglione di lana. Delanna li tirò fuori dalla busta frettolosamente. Sul fondo della busta c’era una pesante scatola di cartone. Delanna lanciò di nuovo un’occhiata ansiosa al corridoio, poi, con il cuore che le batteva forte, aprì la scatola.

Maggie le aveva mandato un pranzo: alcuni panini, un contenitore di latte, tre frutti simili a quello che stava mangiando Cadiz e un biglietto. «So che per te tutto questo è stato molto difficile, ma andrà tutto per il meglio. Sonny è uno degli uomini migliori che conosca.»

«Bella camicia,» commentò Cadiz, entrando nello scompartimento nel suo tipico modo. «Quando la indosserai, somiglierai a Frank Fuller. Stiamo arrivando a Last Chance.»

«Davvero?» replicò Delanna, tentando di evitare che le lacrime le arrochissero la voce. Tutto il possibile, aveva detto Jay Madog, ma non aveva avuto alcuna intenzione di salvare Cleo. Aveva una carovana da guidare e, in ogni caso, Cadiz l’aveva avvertita di non fidarsi mai di quello che diceva. Evidentemente aveva ragione.

«Di cosa ti crucci?» chiese Cadiz, togliendo gli zaini dalla rastrelliera. «Quella camicia non è poi così brutta, però i pantaloni sono addirittura orrendi.»

Delanna chiuse la scatola e ammucchiò i vestiti su di essa. «Per quanto tempo ci fermeremo qui?»

Cadiz le rivolse un’occhiata inespressiva. «Fino a quando non saremo pronti a partire, immagino.»

«Posso lasciare le mie cose sul treno?»

«No, a meno che tu non voglia che tornino a Grassedge. Questo è il capolinea.» Riuscì ad aprire la porta e vi fece passare gli zaini.

«Ma…» fece Delanna.

«Last Chance, signorine,» annunciò Jay, sporgendosi oltre gli zaini per affacciarsi nello scompartimento. «Avete fatto un bel viaggio?»

«È qui che prenderemo la coincidenza?» gli chiese Delanna, ma ricevette la stessa occhiata inespressiva rivoltale pochi istanti prima da Cadiz. «Il treno arriva davvero solo fin qui?»

«Certo. Dovremo coprire il resto del percorso viaggiando in carovana.»

«Carovana? Vuoi dire in autobus o qualcosa del genere?»

«No, viaggeremo nei solaris. Maggie non te lo ha spiegato?»

Maggie non le aveva spiegato un bel po’ di cose. E quante avrebbe dovuto scoprirne nel modo peggiore? «Nei solaris,» ripeté Delanna. «E quanto sarebbe lungo questo resto del percorso?»

«Te l’ho già detto,» intervenne Cadiz.

Delanna la ignorò. «Quanto è lontano Milleflores, Jay?»

«Dipende da quale strada faremo.»

«Quanto è lontano all’incirca

«Te l’ho già…» fece Cadiz.

«Mmm,» esclamò lentamente Jay, come se stesse immaginando il viaggio nella sua testa, «se non troviamo troppi crepacci o valanghe e non dobbiamo aggirare nessun temporale, cinquemila miglia.»

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