«Sposati!» gracchiò Delanna. Scosse la testa e si schiarì la gola. «Sposati,» ripeté. «Non sono venuta su Keramos per sposarmi. Sono venuta per incassare il denaro dalla vendita della terra di mia madre. Domani devo assolutamente partire per Carthage.»
Sonny le riempì di nuovo la tazza, poi fece lo stesso con la propria. «Non hai bisogno di sposarti.»
Delanna fu sul punto di lasciarsi sfuggire un sospiro di sollievo, ma le rimase in gola quando vide l’espressione di Maggie.
«Sonny intende dire,» spiegò l’avvocato, «che sei già sposata: lo sei stata da quando è morta tua madre.»
«Anche se avessi il denaro per rilevare la tua metà del lanzye…» fece Sonny.
«Che non ha,» puntualizzò Maggie.
«Non posso farlo,» terminò Sonny. Bevve un sorso di ambrosia. Quando abbassò la tazza, si appoggiò allo schienale della sedia e allungò le gambe sotto il tavolo.
«Almeno non per un anno,» spiegò Maggie quando si rese conto che Sonny non lo avrebbe fatto. «La legge non consente altrimenti.»
Delanna bevve un altro po’ di ambrosia. Le bruciò di nuovo la gola, ma questa volta riuscì a sentirne il sapore: era orribilmente amaro e lasciava un pessimo retrogusto. «Se pensi che sia disposta a rimanere un anno a Grassedge per avere il divorzio e il mio denaro, sei pazzo.»
«Non a Grassedge,» la corresse Maggie. «A Milleflores. Adesso la proprietaria sei tu: devi risiedere sulla tua terra per proteggere il diritto di proprietà che hai su di essa mentre viene presa una decisione sul caso. E devi arrivarci il più presto possibile. Esiste un limite di tempo entro cui devi prendere residenza nella tua terra. C’è un treno…»
«Io non andrò a Milleflores,» la interruppe Delanna. «E non andrò da nessuna parte fino a quando questa situazione ridicola non verrà risolta.»
Sonny aggrottò la fronte. «Ma devi farlo.»
«Chi ti credi di essere per dirmi cosa devo fare?» lo rimbeccò Delanna in tono furioso.
«Quello che Sonny intende dire,» intervenne Maggie, «è che se non lo fai, perderai tutto. Tesoro, non c’è altro modo. Il mio consiglio ufficiale come tuo avvocato è che tu debba recarti a Milleflores il più in fretta possibile, in modo da non mettere in pericolo i tuoi diritti, prima che siamo riusciti a raddrizzare la faccenda davanti alla Corte Itinerante.»
«Wilkes e Harry hanno sistemato la casa di tua madre,» le ricordò Sonny. «E in questa stagione dell’anno i fiori sono splendidi.»
Delanna lo ignorò. «Farà appello alla Corte Itinerante?» chiese a Maggie in tono speranzoso.
«Ma certo!» esclamò Maggie con un tono di voce leggermente indignato. «Sono il tuo avvocato e le tue istruzioni erano molto chiare. Mi dispiace solo che tua madre non ti abbia spiegato nulla e che tu abbia scoperto tutto solo quando sei venuta qui. Sono ricorsa in appello alla Corte Itinerante del Consiglio dei Mondi subito dopo che abbiamo perso davanti alla Corte per l’Applicazione dello Statuto di Keramos.»
Delanna annuì mentre pensava alle lettere della madre. Aveva menzionato alcuni dettagli legali che andavano sistemati, ma non aveva rivelato quali fossero; si era limitata a insistere, per pagine e pagine, su quanto era felice che Delanna fosse al sicuro a Gay Paree, visto che Keramos non era certo il posto migliore su cui crescere. «Quando sapremo se il nostro appello è stato accolto?»
«La Corte Itinerante entrerà in orbita all’incirca all’epoca del raccolto. Dovrebbe prendere una decisione abbastanza rapidamente, perché siamo stati tra i primi a ricorrere in appello dopo il periodo della semina.»
«La Corte Itinerante entra in orbita?» chiese Delanna in tono dubbioso.
Maggie annuì. «Due volte l’anno, al tempo del raccolto e della semina, arriva la Justice ed entra in orbita geosincrona su Grassedge.»
«Ma è terribile,» mormorò Delanna. «Che stupido pianeta arretrato.»
«Sembri tua madre. In effetti, penso di averla sentita pronunciare esattamente queste parole. Ma Keramos è considerato molto progredito, rispetto a molti altri mondi di pionieri,» replicò Maggie, non senza simpatia. «Per fortuna adesso la Corte Itinerante arriva due volte l’anno. E mancano solo cinque settimane al tempo del raccolto.»
«E nel frattempo io sono sposata a un Neanderthal,» commentò Delanna.
Sonny impallidì.
Bene! pensò Delanna. Non mi aspettavo che conoscesse una parola tanto difficile. «E cosa succederà se la Corte Itinerante deciderà a mio sfavore?» chiese a voce alta.
«Allora ricorreremo di nuovo in appello,» le spiegò Maggie, «ma non credo che sarà necessario.»
«Per allora avrò un raccolto da vendere,» intervenne Sonny, «e potrò versarti il ricavato come anticipo del pagamento per la tua metà di Milleflores.»
«E se il raccolto va male?»
«Non permetterò che accada,» replicò Sonny.
«Ma ammettiamo che vada male lo stesso; cosa succederà allora?»
«Ci sarà il raccolto dell’anno prossimo.»
«O un altro acquirente,» ipotizzò in tono disperato Delanna.
Ma Sonny scosse la testa. «Non posso essere d’accordo. Non sarebbe giusto.»
«Quello che è altrettanto ingiusto è che io non possa lasciare domani stesso questo pianeta dimenticato da Dio!» protestò Delanna, allontanando di scatto la sedia dal tavolo. Non solo era ingiusto, ma era anche impossibile. Doveva rassegnarsi: era bloccata lì con Sonny Tanner. Anzi, era sposata con Sonny Tanner.
«Sì, ma è la legge che ti impedisce di andare via,» le fece notare Sonny. «Una vendita a terzi non sarebbe giusta.»
«Quello che Sonny vuole dire,» spiegò Maggie, «è che i vostri genitori hanno trascorso le loro vite nel tentativo di fare prosperare il lanzye di Milleflores e che sarebbe un peccato venderlo a un estraneo, specialmente adesso che, per la prima volta, c’è la possibilità di realizzare grossi profitti. Ma devo dire che su questo non sono sicura di essere d’accordo con Sonny. Per te, Delanna, potrebbe essere meglio vendere prima che le esportazioni di ambrosia di Milleflores corrano il rischio di diminuire.»
«Non diminuiranno,» affermò in tono ostinato Sonny.
«Ne abbiamo già parlato,» ribatté Maggie. «E tu sai bene che questo rischio esiste. Ora, non voglio certo dire a voi due cosa fare, ma penso che dovreste trascorrere il lasso di tempo che ci separa dal raccolto conoscendovi meglio e discutendo su tutte le possibilità. Voi due dovrete trascorrere il prossimo mese insieme in ogni caso e, di solito, quando le persone hanno la possibilità di discutere su qualsiasi problema, giungono a un accordo reciprocamente vantaggioso.»
Ma come faccio a parlare con Sonny Tanner, si chiese Delanna, se Maggie ha dovuto interpretare praticamente tutto quello che ha detto? Si alzò dal tavolo coperto di feltro, si incuneò tra di esso e il mucchio di sedie per dare un’occhiata dalla finestra. Non c’era nulla da vedere, tranne la parete di ceramica azzurra dell’edificio adiacente, a stento visibile. Il davanzale di Maggie era coperto dalle stesse mattonelle azzurre della parete. Stava calando il buio. Delanna si allontanò, sentendosi in trappola. Si strinse le braccia al petto e voltò la schiena alla finestra.
«Dunque mi sta dicendo che andare a Milleflores e aspettare lì fino al raccolto è l’unica opzione disponibile?» chiese a Maggie.
«Puoi annullare il tuo diritto di proprietà, insieme a quello di Sonny,» le ricordò Maggie con aria cupa. «Poi puoi andare allo spazioporto, tornare sulla Scoville e recarti dove preferisci.»
No, non posso, pensò Delanna. Aveva lasciato Rebe Primo con l’assegno dell’ultimo mese e il biglietto per Carthage. Non aveva neppure saldato il conto della scuola. E adesso le erano rimasti solo centoventicinque crediti. Senza il denaro ricavato dalla vendita della proprietà, per lei sarebbe stato impossibile recarsi a Carthage.
Doveva affrontare la realtà: era bloccata lì. «Quanto tempo ho a disposizione per recarmi a Milleflores?» chiese in tono rigido.
«C’è un treno che parte stanotte,» la informò Sonny.
Delanna guardò Maggie. «Non posso partire stanotte,» affermò, assalita dalla sensazione che quella faccenda le stesse sfuggendo di mano. «Devo ritirare il mio bagaglio dalla Scoville.» E Cleo. Si era dimenticata di Cleo. Avrebbe dovuto farla uscire dalla quarantena, prendere accordi per portarla a Milleflores, procurarsi un permesso d’importazione da mostrare al veterinario.
«Mi dispiace, tesoro,» stava dicendo Maggie. «Il treno di stanotte è l’unico mezzo di trasporto per raggiungere Milleflores per tutto il mese prossimo. Se non lo prendi, non farai in tempo a consolidare il tuo diritto. Nel frattempo, io cercherò di eliminare tutti gli ostacoli, incluso quello che ci impedisce di vendere a una terza parte.»
«Ma Maggie…» fece per dire Sonny.
«So che non è quello che vuoi, Sonny, e non penso che ci siano molte speranze di ottenere questo risultato, ma posso provarci. Qualsiasi cosa succeda,» proseguì rivolgendo a Delanna un’occhiata eloquente, «devi proteggere i tuoi diritti stabilendo la tua residenza a Milleflores. Se non ci vai, perderai tutto in men che non si dica.»
Qualcuno bussò bruscamente alla porta dell’ufficio.
Maggie fece finta di niente. «Mancano due ore e mezzo alla partenza del treno. Devi andare alla stazione…»
«Ma io non posso partire,» la interruppe Delanna in tono disperato. «Non senza…»
«I tuoi bagagli ti seguiranno con la prossima carovana.»
«Lei non capisce…» fece Delanna.
Jay Madog oltrepassò la soglia, torreggiando su Maggie per mezzo secondo prima di chinarsi a baciare l’avvocato sulla punta del naso. «Sembra che sia arrivato al momento culminante,» commentò, superando Maggie tanto in fretta dopo il bacio che lo schiaffetto di ammonimento dell’avvocato lo mancò. «Farò in modo di recuperare il suo bagaglio, Mrs. Tanner,» affermò in tono tranquillo. «E vedrò cosa posso fare per farle ottenere il rimborso della porzione del suo biglietto che non utilizzerà. Se ho capito bene, intende rimanere?»
«Delanna sta andando a Milleflores,» affermò Maggie. «Ho già prenotato il passaggio.»
«Meraviglioso!» esclamò Jay. «Ne sono deliziato. E sarei anche deliziato di recuperare il suo bagaglio.»
«E di addebitarti una bella somma per averlo fatto,» commentò Maggie rivolta a Delanna.
«Una piccola somma,» la corresse Jay. «Il che è un vero affare, specialmente se si considera che il contratto di trasporto firmato da Mrs. Tanner non dice nulla su eventuali trasferimenti o rimborsi.»
A quelle parole, Maggie si avvicinò al terminale vega e iniziò a toccare alcune icone. Lo schermo mandò un lampo verde, eruppe in un arcobaleno di colori e poi mostrò una serie di frasi nere che scorrevano su uno sfondo blu. Maggie poggiò un dito sullo schermo per bloccare lo scorrimento del testo. Lesse per qualche secondo, poi scosse la testa. «Non avresti mai dovuto firmare un contratto del genere, Delanna. Hanno tutto il diritto di trasportare i tuoi bagagli fino a Carthage e poi di inviarli qui di nuovo, addebitandoti tutte le spese. Certo, potresti citarli in tribunale, ma…»
«Lo so,» la interruppe Delanna in tono rassegnato. «Dovremmo sollevare il caso presso la Corte Itinerante, ma quando verrà emesso un verdetto, il mio baule sarà già stato considerato come un oggetto abbandonato o qualcosa del genere e venduto al migliore offerente.»
«Vede,» commentò Jay, sorridendo di nuovo. «Le sto offrendo un affare. Non dovrà affrontare nessuno dei fastidi di una causa legale, non dovrà pagare nessuna spesa di trasporto nel caso perda la causa, ma riceverà solo un baule consegnato direttamente a casa sua, a Milleflores.»
«Però adesso non iniziare a spiegarci come ci riuscirai,» commentò Maggie, «o sono sicura che ce ne pentiremo entrambi.»
«Tsk, tsk, Maggie,» la ammonì Jay con un sorrisetto di superiorità. «Così spingerai Mrs. Tanner a pensare che userò chissà quale sistema illegale o…»
«Sta’ zitto, Jay,» lo interruppe Maggie con voce divenuta improvvisamente dura come pietra. «Io non faccio giochetti con la legge.»
«C’è qualcos’altro di cui ho bisogno,» annunciò Delanna.
Jay si girò verso di lei, sorridendo in modo malizioso. «Al suo servizio, Mrs. Tanner.»
«Io non sono Mrs. Tanner,» spiegò Delanna. «Io sono Delanna Milleflores.»
Jay annuì saggiamente. «So che molti di voi Stranieri preferite mantenete i vostri cognomi anche da sposati.»
«Io non sono sposata,» ribatté Delanna in tono esasperato. «Si tratta solo di un pasticcio legale.»
«Questa è esattamente la mia concezione del matrimonio,» commentò Jay con un sogghigno. «E sono lieto di scoprire che lei la pensa come me. Era questo che voleva dirmi?»
«No, ovviamente no,» rispose Delanna. Gli fece cenno di avvicinarsi alla finestra. Voltando le spalle a Sonny e Maggie, gli sussurrò, «A causa di questo pasticcio sono costretta a rimanere su Keramos più a lungo di quel che pensavo e così ho assolutamente bisogno di fare uscire Cleo dalla quarantena.»
«Il tuo piccolo scarafaggio?» replicò Jay mentre il suo sorriso svaniva. «Non so se posso aiutarti: discutere con Doc Lyle non è come avere a che fare con la Copperfield Transport Company per recuperare un baule. In effetti, sono venuto qui proprio per assicurarmi che Sonny si fosse procurato i permessi d’importazione per le altre sette oche. Doc Lyle attraverserebbe le Pianure di sale a piedi pur di confiscare un’oca senza permesso di importazione. Sospetto che si agiterebbe ancora di più per una creatura proveniente da un altro pianeta.»
«Ma se lascio qui Cleo, domani la metterà sulla navetta e la spedirà a Carthage senza di me.»
Jay stava scuotendo la testa. «Non la rimanderebbe mai a bordo della Scoville. Non senza i documenti di trasporto. Violerebbe le leggi del pianeta e Doc Lyle è uno che applica le leggi sempre alla lettera.»
«Ma non può rimanere in quarantena per un intero mese.»
«Su questo hai ragione.» confermò Jay e aggrottò la fronte.
«Cosa vuol dire?» gli chiese Delanna.
«Il fatto è che hai portato qui questa cosa, questa cleo, senza un permesso di importazione. Questo è contro le regole. E Doc Lyle…»
«Applica le regole alla lettera. E questo cosa significa?» gli chiese di nuovo Delanna, iniziando a sentirsi spaventata.
«Significa che sarebbe meglio che spiegassi a Maggie questa faccenda.»
«Perché? Cosa succede agli animali che non hanno un permesso di importazione? Cosa farà il veterinario a Cleo?»
Delanna aveva alzato la voce. Maggie li stava fissando, corrugando la fronte, e Sonny commentò, curiosamente, «Cos’è una cleo?»
«Doc Lyle ha confiscato il piccolo animale da compagnia di Delanna,» spiegò Jay. «Si tratta di un qualche tipo di scarafaggio. L’aveva portato giù dalla Scoville nella sua sacca e Doc Lyle lo ha messo in quarantena.»
«Lei deve tirarla fuori,» disse Delanna rivolta a Maggie, ma l’avvocato aveva aggrottato la fronte come Jay.
«Non ha un permesso d’importazione?» le chiese Maggie.
«Ha fatto tutte le iniezioni necessarie prima che salissimo sulla Scoville,» rispose Delanna. «Ha tutti i documenti necessari per il viaggio fino a Carthage.»
Maggie sembrava ancora preoccupata.
«Cleo non è un semplice animale di compagnia,» tentò di spiegare Delanna. «È con me fin dal mio primo anno di scuola. Non posso lasciarla qui. Dovete farla uscire dalla quarantena.»
«Tu non capisci, tesoro,» replicò Maggie in tono tranquillizzante. «Le leggi di Keramos…»
«Sono assolutamente ingiuste!» la interruppe Delanna, poi scoppiò a piangere.
Jay le passò un fazzoletto a fiori. «Non possiamo falsificare qualche permesso di importazione, Maggie?» chiese, dando un colpetto di incoraggiamento sulla spalla di Delanna.
«Sai che non è possibile,» rispose l’avvocato. «Saranno necessarie venti pagine di documentazione solo per fare approvare a Doc Lyle l’importazione delle oche di Sonny e loro non sono state contrabbandate qui in una sacca da viaggio. Sai come la pensa Doc Lyle sul seguire le regole alla lettera. Ormai non accetterebbe neppure un mucchio di permessi di importazione alto dieci centimetri. Posso stilare una diffida in modo che Doc Lyle non possa…» Maggie si fermò, rivolse un’occhiata a Delanna, poi proseguì, «…prendere una decisione sull’animale per trenta giorni, ma è tutto quello che posso fare.»
Delanna si asciugò gli occhi con il fazzoletto. «Non andrò da nessuna parte senza Cleo e questa è la mia ultima parola!» esclamò facendo correre lo sguardo su tutti i presenti.
Maggie aveva di nuovo aggrottato la fronte e Sonny sembrava dispiaciuto. Jay le rivolse un sorriso rassicurante. «Andrà tutto bene. Una diffida è valida per trenta giorni; per allora Maggie avrà trovato una scappatoia legale, vero, Maggie, mio furbo avvocato?»
Delanna pensò che Maggie non fosse molto convinta, ma la donna replicò, «Potrebbe esserci qualche scappatoia nelle leggi originali del pianeta. Inizierò a studiarle non appena sarete partiti per Milleflores.»
«Io non…»
«Non hai scelta, tesoro,» replicò Maggie. «O prendi il treno di mezzanotte, oppure rinunci alla proprietà. E se lo fai,» aggiunse astutamente, «come farai a pagare le spese legali per fare uscire Cleo dalla quarantena?»
Delanna sapeva di essere stata sconfitta. «Ed è sicura che Cleo starà bene?»
«Certo che ne è sicura,» rispose Jay. «Tornerò prima che i trenta giorni siano trascorsi e andrò a sincerarmi delle sue condizioni. Maggie, scrivi quella diffida e io andrò a consegnarla di persona a Doc Lyle. Poi tornerò e la accompagnerò al treno, Mrs. Tanner.»
«Delanna viene con me,» affermò Sonny. «Hai preparato i permessi di importazione per le mie oche?»
«Sì.» Maggie si voltò verso il terminale vega, toccò alcune icone e un fascio di fogli cadde nel cestino. Maggie li tese a Sonny, toccò un’altra icona e un altro fascio, più spesso del primo, emerse dal terminale.
«E la diffida?» le chiese Delanna.
«Non ancora,» rispose Maggie, toccando alcune icone e osservando i fogli che continuavano a uscire dal terminale. «Quelli sono i permessi di importazione delle oche di Sonny.»
Delanna ebbe un tuffo al cuore. Ovviamente gli altri non avevano esagerato quando le avevano illustrato l’ossessione che il veterinario nutriva per il rispetto delle leggi. E quel mare di carta serviva solo per le uova che si erano schiuse dopo il decollo della Scoville.
Maggie passò a Sonny quella che sembrava un’intera risma di fogli, poi si girò verso il terminale e iniziò a toccare di nuovo delle icone… molte icone. Fece una pausa, lesse qualcosa sullo schermo, toccò molte altre icone, poi prese un singolo foglio dal cestino e lo tese a Jay. «Vale per trenta giorni: obbliga il diffidato a prendersi cura dell’animale in questione e a nutrirlo, assumendosi la piena responsabilità del suo benessere.»
«Bene,» commentò Jay, piegando il foglio e infilandolo nel taschino della camicia. «Venga, signorina,» invitò Delanna, cingendole la vita con il braccio.
Sonny si alzò. «Su, Delanna, andiamo. Ti accompagnerò io alla stazione ferroviaria.»
«Non andrò con nessuno di voi due,» replicò Delanna, allontanando ostentatamente il braccio di Jay dalla propria vita. «E non mi chiami ‘signorina.’»
«Sonny, Mad Dog, uscite di qui prima che vada a prendere la mia scopa e vi cacci,» minacciò Maggie spegnendo il terminale vega. «Non c’è bisogno che Delanna vada alla stazione con uno di voi. Può rimanere con me fino alla partenza del treno; la accompagnerò io. Voi due andate pure a sbrigare i vostri affari.»
Con una strizzata d’occhio a Delanna, Jay andò via. Sonny si fermò sulla soglia, fu sul punto di dire qualcosa, poi uscì fuori senza averlo fatto, di qualsiasi cosa si trattasse.
«Adesso,» proseguì Maggie quando furono andati via, «abbiamo due ore e mezzo fino alla partenza del treno e scommetto che sei esausta.» Si sedette e si versò un’altra tazza dalla bottiglia di ambrosia, poi, con un gesto, indicò un divano dall’aria polverosa sul retro dell’ufficio. «Perché non ti sdrai lì e schiacci un pisolino? Ti sveglierò a un’ora che ti permetterà di prendere il treno senza affrettarti.»
«Voglio vedere un altro avvocato,» affermò Delanna.
Maggie poggiò la tazza e fissò Delanna. tamburellando con le dita sul tavolo. A Delanna venne in mente che alienarsi la simpatia dell’unica persona che si era interessata a lei probabilmente era un grave errore, ma ora non le importava più. Visto il punto a cui era giunta con Maggie che proteggeva i suoi interessi, la sua situazione non avrebbe potuto peggiorare di molto avendola come nemica.
«C’è un altro avvocato in questo buco di città?» chiese Delanna fissando di nuovo Maggie.
«In effetti ce ne sono cinque.» Maggie si alzò, si avvicinò alla porta e la aprì. «Philo!» gridò nel bar, che adesso era diventato decisamente rumoroso. «Puoi venire qui un attimo?»
«Ma certo, Maggie, tesoro mio,» gridò una voce profonda.
«C’è qualche avvocato in questo posto che non sia ubriaco o non gestisca un saloon?» chiese Delanna, rendendosi immediatamente conto di quanto insultanti suonassero quelle parole.
«Philo!» gridò Maggie.
«Vengo, vengo,» rispose in tono impaziente l’uomo. «Fammi solo finire questa mano.»
«Non importa, dopo tutto non ho più bisogno di te!» gridò Maggie. «Mi serve Buck. Qualcuno esca fuori a chiamarlo!» gridò e chiuse la porta.
«Ho l’impressione che tu non sappia molto sugli ubriachi e sui gestori di saloon,» commentò in tono tranquillo Maggie, ancora accanto alla porta. «O sugli avvocati.» Qualcuno bussò alla porta. Maggie la apri e Buck, il ragazzo che aveva tenuto d’occhio le oche, entrò. Stava sogghignando come aveva fatto quando Delanna aveva forato lo scalino con il tacco. Si tolse l’ampio cappello ed esclamò, «Congratulazioni per il suo matrimonio, Mrs. Tanner!» e il suo sogghigno divenne ancora più ampio, tanto che Delanna sperò che il suo volto si aprisse in due e cadesse sul pavimento.
«Vammi a chiamare Lydia Stenberg,» gli ordinò Maggie e lo spinse fuori dalla porta prima che potesse fare una sola domanda, con quel sogghigno stampato in faccia. «Lydia Stenberg non è né un’ubriacona, né una proprietaria di saloon,» commentò, sedendosi pesantemente sulla sedia. «Ma è l’unico altro avvocato in città in questo momento. Guarda caso, in questa cittadina ne abbiamo cinque, ma uno è andato nella zona dei frutteti, un altro è alle miniere e tu hai già detto che non volevi avvalerti dei servigi di Philo.» Guardò Delanna con calma. «Lydia non ti dirà nulla di diverso da quello che ti ho detto io.»
«Questo lo vedremo,» replicò Delanna. «Mi rifiuto di credere che io possa essere costretta a un matrimonio e a rimanere su questo pianeta per un anno, se voglio ereditare la terra lasciatami da mia madre.»
«Fa’ pure,» replicò Maggie. Si sporse in avanti e si versò un’altra tazza di ambrosia. «Tua madre ti ha riempita di un bel po’ di veleno su Keramos, vero? Ti ha scritto parlandone solo in modo negativo?»
«Ovviamente non è stata abbastanza negativa,» ribatté Delanna, «visto che voi costringete le persone a sposarsi e rubate gli scarabei altrui.»
Questa replica mise a tacere Maggie, che si limitò a rimanere seduta, bevendo brandy di ambrosia, fino a quando Buck non tornò in compagnia di Lydia Stenberg, che indossava un vestito e delle scarpe con i tacchi alti, ma sembrava avere quindici anni.
«La mia tariffa di consultazione è di cinquanta crediti all’ora,» annunciò immediatamente. «Quante ore può permettersi di pagare?»
Nessuna, pensò Delanna, contando mentalmente i suoi centoventicinque crediti, ma rispose, «Due ore. Solo che non dovrebbe metterci tanto. Tutta questa faccenda non è che un grosso errore.»
«Due ore,» ripeté l’avvocato, sedendosi davanti al computer di Maggie. «E allora raccontami di questo errore, Maggie.»
Maggie la accontentò. Lydia Stenberg la interruppe molte volte per rivolgerle domande apparentemente pertinenti e iniziò a fare scorrere il testamento e a prendere appunti su una finestra sullo schermo addirittura prima che Maggie fosse arrivata a metà della sua spiegazione.
Richiamò i precedenti e gli statuti del pianeta, esaminò l’intero file e inserì ogni tipo di comandi, tamburellando impazientemente con le dita sulla tastiera mentre aspettava la risposta. Delanna iniziò a nutrire una vaga speranza.
Il computer iniziò a trillare mentre Lydia Stenberg aspettava che qualcosa apparisse sullo schermo, poi spense immediatamente il computer e si girò verso Delanna. «Mi dispiace,» affermò, raccogliendo le copie cartacee sparse sul tavolo e sistemandole in una pila ordinata.
«Cosa intende dire con ‘Mi dispiace?’» chiese Delanna.
«Intendo dire che è impossibile impugnare il testamento di suo padre. Avrei potuto dirglielo dopo cinque minuti, ma visto che lei ha pagato per due ore…» Scrollò le spalle. «Fanno centoventiquattro crediti.»
Delanna contò i crediti due volte. «Mi aveva detto cinquanta crediti all’ora.»
«Più l’IVA e le spese,» rispose Lydia Stenberg in tono pratico. Tese la mano. «Farà appello alla Corte Itinerante?»
«Sì,» rispose Delanna.
«Be’, sta sprecando il suo tempo e il suo denaro. La Corte Itinerante non farà altro che dichiarare valido questo testamento.» Tese la mano ancora di più.
Delanna vi poggiò il denaro, pensando, Ecco, adesso sono bloccata su questo pianeta senza soldi e senza alcun diritto legale.
«La tua tariffa è stata appena ridotta a quarantotto crediti all’ora,» annunciò Maggie, sfilando tre banconote dalla mano di Lydia Stenberg. «Defalca le spese dalla somma che avrei potuto farti pagare per il tempo che hai passato al mio computer.» Restituì le banconote a Delanna. «Ti serviranno per pagare il biglietto del treno.»
Lydia Stenberg sembrò irritata, ma mise il resto dei crediti nella valigetta, la chiuse di scatto e andò via.
Maggie chiuse la porta dietro di lei. «Vuoi che ti vada a prendere l’ubriacone? Manca ancora mezz’ora alla partenza del treno.»
«Per lasciare che mi dica la stessa cosa e che mi faccia spendere anche l’ultimo credito? No, grazie.»
«Ti darò un passaggio alla stazione,» si offrì Maggie, in tono piatto. Prese le tre tazze dalla tavola e uscì dall’ufficio.
Delanna si guardò intorno, cercando la sua sacca, poi si rese conto che doveva averla lasciato nel rimorchio, insieme alle oche. Sperò che Sonny si sarebbe ricordato di caricarla sul treno. Come se servisse a qualcosa: dentro c’erano soltanto un paio di pigiami, qualche indumento intimo e gli oggetti da toeletta. Più che sufficienti per una permanenza di una sola notte, pensò amaramente. Avrebbe dovuto comprare degli altri vestiti in qualche negozio della stazione, se le fosse rimasto qualche credito dopo avere pagato il biglietto del treno. Seguì Maggie nel bar.
Adesso il locale era affollato da uomini e donne, tutti giovani: indossavano camicie a fiori in tinte vivaci ed erano seduti al bancone oppure intorno ai tavoli da gioco.
«Ehi, Maggie. Chi è la tua amica?»
«Ti va di ballare, zuccherino?» chiese a Delanna un giovanotto che indossava una camicia a fiori rosa e rossi.
«Non mi sembra un granché per ballare,» commentò una donna, mettendosi davanti al ragazzo. Le sue braccia erano coperte di gesso e Delanna vide strisce di polvere bianca anche sul collo. «E poi scommetto che non sai neppure ballare, vero, dolcezza?»
Dopo avere poggiato le tre tazze sull’estremità del bancone, Maggie strinse la mano di Delanna e la trascinò attraverso la folla; un codazzo di risatine e sghignazzate le seguì oltre la porta d’ingresso.
«Minatori,» commentò Maggie in tono disgustato. Erano uscite sul portico di legno; fuori era ormai buio. «Odio i venerdì sera. Probabilmente per quando sarò tornata avranno già distrutto il locale.»
Maggie scese rapidamente gli scalini, con le scarpe con il tacco basso che producevano tonfi sordi. Ai piedi delle scale c’era Buck, che guardò con anticipazione Delanna mentre iniziava a scendere. Il suo volto si allungò in un’espressione delusa quando Delanna riuscì a scendere senza forare nessun altro scalino con il tacco. Delanna sollevò orgogliosamente il mento mentre gli passava accanto per seguire Maggie oltre l’angolo del saloon.
Percorsero un vicolo privo di qualsiasi illuminazione, così buio che Delanna pensò di essere entrata in una caverna. Il retro dell’edificio non era molto più illuminato, ma riuscì a distinguere una sagoma un po’ più chiara e pensò che fosse il solaris di Maggie. La donna allungò una mano e improvvisamente il retro del bar si illuminò, rivelando un cortile e un solaris: un piccolo veicolo con ruote e dotato di numerosi fari che correvano lungo la parte inferiore della carrozzeria e il tettuccio dell’abitacolo. Maggie tenne aperto il tettuccio per fare salire a bordo Delanna, che si sistemò su uno stretto sedile, con le ginocchia quasi incollate al mento, poi passò davanti a lei sull’altro sedile. Il solaris si attivò con una serie di ronzii quando Maggie chiuse il tettuccio. Il veicolo aveva un motore piccolo e rumoroso che necessitava di boccole nuove al punto di far vibrare l’intera carrozzeria; i programmi di dialogo tentarono tutti di fare rapporto a Maggie nello stesso momento.
«Silenzio,» ordinò l’avvocato. «So di cosa hai bisogno, ma stasera non l’avrai. Dimmi solo se il tuo cervello riesce a immaginare come arrivare alla stazione ferroviaria.»
«So come arrivare alla stazione ferroviaria.»
Era la voce quasi maschile di un computer, deliberatamente modulata per essere riconosciuta come meccanica. «Stavo iniziando a pensare che su Keramos non ci fossero programmi di dialogo fino a quando non sono entrata in questo veicolo,» commentò Delanna. «Almeno ho trovato qualcosa di familiare.» Tentò di inclinare all’indietro lo schienale del sedile, ma non ci riuscì.
«Dai a Keramos almeno una possibilità, Delanna. So che tua madre non ne aveva una buona opinione, ma questo era dovuto più alla sua paura per te che al disprezzo per il nostro mondo.»
«Certo,» commentò Delanna.
Il solaris iniziò a dirigersi verso il vicolo da cui erano arrivate. Delanna pensò che non sarebbe riuscito a passare, ma lo fece; i suoi fari fecero brillare le pareti di ceramica.
«Qualcuno ci sta sbarrando la strada,» annunciò il programma di dialogo mentre il veicolo rallentava. «Devo iniziare manovre evasive?»
«Non è una scimmia incendiaria, stupido pezzo di silicone. È Philo. Fermati e apri il finestrino,» ordinò Maggie. Il solaris si fermò all’estremità del vicolo, dove era in attesa Philo.
«Sonny Tanner mi ha detto di darle questo, solo che prima me ne ero dimenticato,» informò Delanna, porgendole la sua piccola sacca attraverso il finestrino. Nel farlo, fissò con aria stolida le gambe scoperte di Delanna.
Delanna tentò di tirare la corta gonna sulle cosce, ma Philo continuò a fissarle. Delanna prese la sacca dalle sue mani e la sistemò sulle ginocchia. «Grazie,» disse in tono gelido.
«Lì dentro c’è il suo corredo da sposa?» le chiese Philo rivolgendole un sogghigno ammiccante. «Ho sentito che lei e Sonny Tanner vi siete sposati. Non è un granché come valigia. Ma, dopo tutto, di quanti vestiti c’è bisogno per andare in luna di miele?»
«Chiudi il finestrino sulla mano di Philo,» ordinò Maggie al computer. Il solaris fece del proprio meglio per eseguire l’ordine, ma Philo ritrasse la mano di scatto, ancora sogghignando.
«Riprendi il viaggio,» ordinò Maggie al solaris. «Come stavo dicendo, nonostante gli imbecilli locali, Keramos non è poi così male, ed è anche un pianeta molto bello. Stanno iniziando ad arrivare perfino alcuni turisti che vogliono vedere le Pianure di sale; se gli piacciono quelle, aspetta di vedere cosa succederà quando scopriranno le montagne! A me piacciono soprattutto le colline ai loro piedi, specialmente la zona in cui si trova Milleflores…»
«Maggie, se mi hai dato un passaggio solo per tentare di farmi cambiare idea sulla possibilità di rimanere a Milleflores, ti avverto che stai solo sprecando fiato. Non mi interessano praterie infinite o montagne suggestive. Io preferisco i panorami cittadini, con edifici più alti delle montagne, a posti che sembrano l’interno di una sauna troppo riscaldata. Ma quello che voglio davvero è la civiltà. Per come la penso io, dei contadini che pensano di potermi dire con chi posso o non posso andare alla stazione sono quasi allo stesso livello dei minatori che mi chiamano ‘zuccherino.’»
Viaggiarono in silenzio per qualche minuto. Delanna fissò fuori dal finestrino. C’erano altri edifici di ceramica illuminati da file di luci multicolori e anche la strada era fiancheggiata da lampioni in ceramica. Quando il solaris svoltò, abbandonando la strada in terra battuta per imboccarne una pavimentata, Delanna ipotizzò che la pavimentazione fosse in ceramica. A parte le scatole di liquori, sembrava che l’intera città di Grassedge fosse stata costruita in ceramica.
Era bloccata su un pianeta fatto di piastrelle per il bagno, senza soldi, senza vestiti e senza alcun diritto legale.
«Sei preoccupata per il tuo baule, vero?» le chiese Maggie. «Abbiamo ancora un po’ di tempo. Passerò da casa mia e ti presterò un po’ di vestiti, così potrai arrangiarti fino a quando non arriverà il baule.»
«No, grazie,» rispose Delanna, pensando, Se avessi voluto davvero aiutarmi, mi avresti liberato da questo falso matrimonio e mi avresti aiutato ad andarmene da questo pianeta. «Non mi andrebbero,» aggiunse crudelmente.
«Come vuoi,» rispose Maggie. Proseguirono in silenzio per qualche altro minuto.
«Non essere così dura con Sonny,» la esortò infine Maggie. «È un brav’uomo, per quanto possibile. Non ha potuto ricevere un’educazione molto approfondita, ma c’è un buon motivo se le cose sono andate così.» Fece una pausa, poi proseguì. «Praticamente si è quasi ammazzato di fatica per tentare di ricavare qualche soldo da Milleflores e, dopo la morte del padre, non è rimasto più nessuno ad aiutarlo.»
«Lo ha fatto mia madre,» ribatté Delanna.
Questa affermazione fece tacere Maggie per un lungo minuto. «So che non parla bene, come Jay Madog, ma non stava tentando di darti ordini quando ti ha detto di andare con lui. Vedi, è abituato a dare ordini ai suoi fratelli e si è semplicemente dimenticato di pensare prima di aprire la bocca.»
«Non ho notato alcun indizio che indichi che sia in grado di pensare,» commentò Delanna. «È solo uno zoticone.»
Ancora una volta Maggie tacque. Davanti a loro era apparso un edificio vasto e illuminato a giorno che non solo torreggiava sugli altri edifici che lo circondavano, ma aveva una forma diversa. In effetti somigliava a una gigantesca torta nuziale circondata da elaborate balaustre, simili a decorazioni di glassa. Il solaris si fermò davanti alla facciata dell’edificio, da dove la luce si diffondeva proveniente da alte porte doppie. All’interno c’era un altro paio di porte.
«È questa la stazione?» chiese Delanna, sentendosi più sollevata. «Sì,» rispose Maggie.
Delanna annuì con approvazione. Aveva pensato che il terminale della ferrovia sarebbe stato ancora più primitivo dello spazioporto, forse nulla di più di una baracca con una panchina.
«Apri la porta,» ordinò Delanna al solaris. Il tettuccio si aprì, ma non del tutto. Delanna fu costretto a spingerlo con la sacca. «Vuoi che ti accompagni?» le chiese Maggie.
«No,» rispose Delanna.
«Ti terrò informata sul tuo caso via radio. Qualche volta i temporali e le macchie solari disturbano le trasmissioni, dunque chiamerò quando posso. Se non ricevi mie notizie, puoi chiamare tu.»
«Temporali,» ripeté Delanna in tono inespressivo. «Meraviglioso!» Sporse la gambe fuori dal solaris e, con una contorsione, riuscì a far uscire anche il resto del corpo. Quando si avviò verso la stazione illuminata a giorno, Maggie la chiamò. Delanna si fermò e si voltò a guardare indietro.
«Se proprio non vuoi concedere a Keramos una possibilità, almeno sii buona con Sonny. Gli devi molto.»
«Io non gli devo nulla,» replicò Delanna, ma Maggie aveva chiuso il tettuccio e il solaris stava già facendo inversione.
Il terminal ferroviario di Grassedge non era certo paragonabile a qualsiasi terminal di Gay Paree, ma sembrava più promettente di qualsiasi altro edificio Delanna avesse visto fino a quel momento a Grassedge. Si avviò sul vialetto pavimentato a mosaico fino al bordo esterno della torta nuziale, leggermente sorpresa di scoprire che era lo stesso tipo di mosaico che i commercianti avevano usato, senza badare a spese, per i vialetti che conducevano alle porte dei loro negozi nel centro di trasporto di Gay Paree, rimodernato da poco.
Guardò l’orologio. Mancavano venti minuti alla partenza del treno: un intervallo di tempo più che sufficiente per trovare qualche negozio di vestiti. Forse, con un po’ di fortuna, uno di essi avrebbe accettato carte di credito. Su quel mondo tanto periferico era impossibile che fosse disponibile la lettura di stato istantanea e dunque i negozianti non avrebbero avuto alcun modo per appurare che le sue carte di credito erano scadute. Delanna avrebbe potuto permettersi di acquistare un intero guardaroba nuovo di zecca.