CAPITOLO QUINDICESIMO

Sonny passò i due giorni seguenti a scavare i canali dei frutteti. Delanna lo vide a stento. Tornava tardi per la cena, mangiava in fretta e poi usciva di nuovo. «Devo sfruttare tutta la luce che ho a disposizione,» spiegò a Delanna.

«Non posso aiutarti?» gli chiese la prima sera, quando Sonny si trascinò in casa stanco morto.

«No, è tutto okay,» rispose lui. «Solo una persona per volta può fare funzionare una scavatrice.»

«Ma ci deve pur essere qualcosa che io possa fare,» insistette Delanna e quasi aggiunse, Io non sono mia madre, io voglio lavorare.

«Occupati solo delle oche,» rispose Sonny, «e annota i rapporti del tempo.»

Delanna gli obbedì, anche se farlo la teneva impegnata la maggior parte della giornata e, tra un rapporto e l’altro, era costretta a sorbirsi una quantità incredibile di pettegolezzi. Il bambino di Mary Rees aveva un’infiammazione alla pelle. Il figlio di Neder Gustafson si era rovesciato con il solaris, slogandosi un braccio, Jay Madog stava tentando di rubare Cadiz Flaherty a B.T. Tanner.

«Più ciliegie di terra di quante ne entrino nei sacchi che abbiamo…»

«…l’unico compratore di raccolti onesto sul pianeta, o almeno così credevo fino a quando non mi ha offerto dei prezzi che sarebbero un insulto per un albero di palle di cannone rachitico con le bolle sulla corteccia.»

«Mel Flaherty sta facendo provvista di legname con i ragazzi Tanner…»

«Il barometro è sceso leggermente qui a Blue Rug, ma non ci sono nuvole di cui valga la pena di parlare. E come mai stanno facendo legna se Sonny non ha ancora finito di scavare?»

«…non pensi che abbia a che fare con l’avere usato noccioli di ciliegie di terra tritati come pacciame l’autunno scorso, vero?»

Mrs. Siddons commentò che il figlio di Neder Gustafson stava andando troppo veloce e che B.T. non avrebbe dovuto portare dei bambini a tagliare alberi, suggerì a Mary Rees di applicare amido di grano sull’infiammazione e diede a sua figlia una nuova ricetta per la torta alle pomarance che sua figlia doveva assolutamente provare.

Era impossibile rimanere seduti lì ad ascoltare per ore quel profluvio di chiacchiere. Delanna si lavò, mise nei sacchi le pomarance che Cadiz aveva portato in casa, attese che Mrs. Siddons iniziasse a dettare un’altra ricetta e poi corse fuori per raccogliere un altro secchio di frutti.

Mrs. Siddons stava ancora elencando gli ingredienti quando Delanna tornò dentro, così uscì di nuovo fuori e diede da mangiare alle oche, che stavano starnazzando per la fame.

Fu facile condurle nel recinto, dove Cleo, che ormai sapeva in quale punto fosse meglio aspettare, tentò di introdursi di soppiatto insieme a loro. Delanna riuscì ad afferrarla appena in tempo, solo per vedersela portare via da un paio di scimmie incendiarie, ma almeno questo servì a distrarre Cleo dalle oche e permise a Delanna di occuparsi delle pomarance.

Raccolse un altro secchio mentre Mrs. Siddons spiegava a sua figlia come preparare i pintuck e lavò e mise nei sacchi le pomarance sentendo una discussione su quanto caldo facesse. «Non ho mai visto i vestiti appesi asciugarsi più in fretta. Ho tolto il primo asciugamano non appena finito di stendere l’ultimo.»

Delanna attese qualche minuto, sperando che Mrs. Siddons facesse un rapporto sul tempo meno vago, poi andò fuori a cogliere altri frutti.

Si abituò a raccogliere un secchio di pomarance tra un rapporto e l’altro, portandolo in casa e mettendo i frutti immediatamente nei sacchi, il che le permetteva di dare un po’ di riposo alla schiena.

I rapporti sul tempo giungevano a intervalli irregolari e Delanna li annotava, anche se avrebbe potuto impararli a memoria. Erano tutti dello stesso tenore: tempo secco e caldo, e neppure un alito d’aria che si muovesse da qualche parte.

A mezzogiorno le scimmie incendiarie tornarono a irritarla, spiandola tra le piante di pomarance e facendola sussultare quando le toccavano i capelli. Cleo non si vedeva da nessuna parte. Dopo aver lavato e messo nei sacchi il decimo secchio di frutta, tornò in giardino portandosi dietro di nuovo la scopa, ma le scimmie incendiarie erano così insistenti che finalmente tornò in casa per immaginare come salire in soffitta per appendere i sacchi che aveva già riempito.

Trovò una botola nel soffitto della cucina e, in soffitta, alcuni ganci a cui attaccò i colli dei sacchi. Faceva un caldo tremendo e Delanna stava gocciolando di sudore prima di rendersi conto che, a un’estremità della soffitta, c’erano un ventilatore e alcuni cavi che seguì fino a un collettore solare. Vi inserì i cavi e il ventilatore iniziò a ruotare, rinfrescando un’aria resa quasi disgustosamente dolciastra dal profumo delle pomarance.

A metà del pomeriggio iniziò a fare troppo caldo per lavorare. Delanna andò a sedersi sul portico, ma neppure lì c’era un filo d’aria e i suoi capelli erano tanto pieni di succo di pomarancia e di farina che le mosche iniziarono a ronzarle immediatamente intorno.

Quegli insetti l’avrebbero mangiata viva, se non si fosse lavata, ma Delanna non aveva neppure la forza di mettere a riscaldare l’acqua per farsi una doccia. Si tolse i vestiti appiccicosi, indossò il costume, prese un asciugamano e la saponetta di Jay, controllò dove si trovasse Cleo — era ancora impegnata a guatare le oche — poi si avviò verso la sorgente.

Nel bosco faceva leggermente più fresco, ma neppure troppo, e non c’era alcun segno di vita, neppure una scimmia incendiaria in agguato. Si chiese dove fossero finite. In qualche posto fresco e all’ombra, probabilmente, oppure a loro piaceva quella temperatura?

Quando arrivò alla fonte, scoprì dove fossero andate le scimmie: tre di esse erano sedute nell’acqua fino al collo, perfettamente immobili. Non stavano dormendo, ma non si mossero neppure quando Delanna entrò nella sorgente.

Si lavò in fretta i capelli con il sapone, tenendo d’occhio le scimmie tutto il tempo, ma loro continuarono a rimanere immobili. Quando si fu avvolta un asciugamano intorno ai capelli e iniziò a tornare, loro erano ancora lì, sedute nell’acqua, immobili come statue.

Non si era neppure preoccupata di asciugarsi, ma Mrs. Siddons non aveva esagerato: quando Delanna entrò di nuovo in casa, il costume era già asciutto. Ma l’evaporazione dell’acqua l’aveva rinfrescata, almeno momentaneamente, così sfruttò quella sensazione di frescura per pulire la cucina e per iniziare a preparare la cena. Poi si cambiò con un vestito pulito che aveva preso dal baule, si sedette sul portico con i diari della madre e li lesse provando una sorta di perverso fascino. Doveva sapere fino a che punto si fosse spinta la madre, voleva scoprire se quello che temeva era vero: la madre aveva spogliato Milleflores per mandare lei a scuola.

Era perfino peggio di quanto avesse temuto. La madre aveva impedito che Sonny frequentasse la scuola dei lanzye, convincendolo che la scuola via radio era tutto quello di cui aveva bisogno, visto che, dopo avere pagato le rette della scuola di Delanna, non erano rimasti soldi sufficienti. Ed era vero. I libri contabili dimostravano che ogni centesimo ricavato dalla vendita dei raccolti era stato inviato a Delanna; i Tanner non avevano ricevuto nulla. Era riportata una complicata operazione contabile per ottenere, mediante baratto, gli alberelli necessari per piantare il frutteto settentrionale e una nota particolarmente agghiacciante: «Ho venduto la scavatrice a Emil Vanderson, in modo che Delanna possa avere il sedicesimo compleanno che merita.»

Ricordava quel compleanno. Aveva dato una festa per tutte le ragazze nel suo dormitorio e poi le aveva portate a fare un giro in tutta Gay Paree in K-cottero. E mentre lei sperperava allegramente il denaro in feste, sciocchezze e in uscite notturne non autorizzate, Sonny aveva dovuto lottare per fare andare avanti il lanzye con pochissimi soldi.

Mise il diario nel baule, desiderando di poterlo buttare via, poi andò a controllare la cena. Sonny entrò mentre stava apparecchiando, sembrando meno preoccupato di prima. «Oggi ho fatto molto,» affermò. «La scavatrice mi è stata davvero utile.» Ma non appena ebbe finito di mangiare, si alzò per uscire di nuovo. «Ho ancora molto da fare. Devo scavare i canali nel frutteto occidentale e tagliare alberelli da trapiantare nel frutteto settentrionale prima che arrivino le piogge.» Si avviò verso la porta.

Cleo lo avrebbe seguito, un bagliore luminoso su zampe sottili come bastoncini, ma che muovendosi rapidamente le avrebbero permesso di arrivare alla porta prima che si chiudesse, se Sonny non l’avesse sollevata da terra con una mano. Lei cinguettò sonoramente mentre Sonny la stringeva al petto.

«Che ragazza cattiva. Ma cosa ti è preso, visto che non fai altro che uscire di nascosto e sparire?» la rimproverò Delanna, tentando di toglierla dalle mani di Sonny. Le punte delle zampe di Cleo erano piantate nel tessuto della camicia di Sonny con tanta forza che dovettero faticare in due per staccarle.

«I tuoi capelli hanno un bel profumo,» affermò Sonny quando Cleo finalmente fu libera.

«È un sapone che ho preso da… dal baule di mia madre,» rispose Delanna, coccolando Cleo. «L’ho usato nella sorgente calda, questo pomeriggio.»

«La sorgente termale,» ripeté Sonny, massaggiandosi la spalla come se gli dolesse. «Sembra un’idea allettante.»

«Allora cosa stiamo aspettando?» esclamò Delanna. «In effetti ho di nuovo un costume. Anzi, ne ho due!»

Sonny scosse la testa. «È tardi e io devo aiutarti a pulire questi piatti.»

«Posso lavarli domani.»

«Si sta facendo buio.»

«Non per almeno un’altra mezzora.»

«Devo…»

«Scavare i canali del frutteto settentrionale, montare il distillatore e aggiustare il tetto prima dell’arrivo delle piogge. Be’, potrai farlo domani.»

Sonny rivolse un’occhiata alla finestra, osservando il cielo, poi guardò di nuovo Delanna e lei pensò che stesse per rifiutare. Poi sogghignò. «Andrò a prendere i miei pantaloncini e ci incontreremo alla sorgente. Chi arriva per ultimo è una palla di cannone scema.»

Uscì di corsa dalla porta e la chiuse tanto in fretta che Delanna non poté neppure gridargli, «Non lasciare uscire Cleo!» Le ci vollero altri cinque secondi per comprendere l’improvvisa allegria di Sonny e rendersi conto che sarebbe stata lei la palla di cannone scema.

Delanna lanciò un grido e corse in camera da letto. Poggiò Cleo su un cuscino, frugò nella pila di vestiti puliti, prese il costume dal baule e si cambiò il più in fretta possibile. Era già fuori della porta — era stata attenta solo a non lasciare uscire Cleo — e correva a perdifiato attraverso il giardino verso la fonte, quando si ricordò di non avere preso l’asciugamano e il sapone. Fece per tornare indietro, ma poi scorse Sonny che, proveniente dalla baracca, scendeva lungo il fianco della collina a rotta di collo. Capì che era più veloce, ma che lei aveva un vantaggio che le avrebbe permesso, se ce la metteva tutta, di arrivare prima di lui al boschetto e che, se riusciva a farlo mantenendosi sul sentiero, Sonny avrebbe avuto molte difficoltà per superarla.

Una volta uscita dal giardino, il terreno accidentato la costrinse a fare maggiore attenzione a dove metteva i piedi nudi, ma era ancora in vantaggio quando arrivò al sentiero che conduceva al boschetto. Sonny la raggiunse in fretta, ma non poteva superarla senza deviare dal sentiero, rischiando di mettere i piedi su qualche pietra o di andare a sbattere contro un cespuglio o qualche albero. Per il minuto che impiegarono per raggiungere verso la sorgente, Delanna fu sicura di avere vinto e stava già per gettare un grido di trionfo, ma non aveva immaginato che Sonny l’avrebbe superata nelle tre falcate che gli ci vollero per attraversare la radura fino alla riva. Si tuffò a testa in avanti dalle stesse rocce da cui Wilkes aveva trascinato in acqua Harry qualche giorno prima. Con uno strillo, Delanna lo imitò e affondò nell’acqua dal calore celestiale, con la testa e tutto.

Solo per sentirsi sollevare da due braccia muscolose.

«Stai bene?» le chiese Sonny, con le mani che le stringevano ancora le spalle.

«Ma certo!» rispose Delanna, scostando i capelli dalla fronte.

«Però sei arrivata ultima,» commentò Sonny e la gettò al centro della pozza.

Delanna riemerse ridendo.

«Stai bene?» le chiese di nuovo Sonny; questa volta sembrava preoccupato.

«Non certo per merito tuo.»

«Mi dispiace,» si scusò Sonny in tono contrito, nuotando verso di lei. «Ma non sembri ancora abbastanza bagnata.» Improvvisamente si tuffò, la afferrò per le caviglie e la trascinò sotto.

Delanna tornò su ansimando e tossendo. «Pensavo che ti facessero male le spalle,» commentò negli intervalli tra un colpo di tosse e un altro, «e, no, non sto bene. Mi sono bevuta metà della sorgente.»

«Non preoccuparti,» la tranquillizzò Sonny con una risata.»È solo acqua fresca, non sale.»

«Ooh!» gridò Delanna e batté i palmi della mani sull’acqua, spruzzandolo. «Ho sentito tante di quelle battute sull’acqua salata che mi basteranno per tutta la vita,» commentò Delanna, spruzzandolo a ogni parola.

Sonny sollevò le braccia per difendersi.

«E non voglio più sentirne da te!»

Sonny tentò di afferrarla, ma Delanna si tuffò lontano da lui e nuotò verso la spiaggia.

Sentì che Sonny la seguiva a nuoto, così eseguì una piroetta sott’acqua, cogliendolo di sorpresa, quando non aveva appoggio, poi lo tenne giù per un paio di secondi più del necessario, avvolgendogli le gambe e le braccia intorno al corpo. Quando finalmente Sonny si alzò nell’acqua, Delanna era aggrappata alla sua schiena come Harry aveva fatto con quella di Wilkes.

«Niente più battute sull’acqua salata?» gli chiese Delanna, stringendolo più forte.

«Niente più battute,» si arrese Sonny.

«Tregua?» gli offrì Delanna.

«Tregua,» accettò Sonny e lei lo lasciò andare.

«Quando sarai l’ultimo a tornare, ti sentirai come un sacco di palle di cannone,» scherzò lei, allontanandosi a nuoto con cautela.

Sonny non tentò di seguirla. Stava osservando il cielo, che era rosa pallido, e in cui stavano spuntando le prime stelle, ma Sonny non stava ammirando quegli astri. Stava guardando verso nord-est, verso le montagne Greatwall.

Delanna nuotò verso una delle rocce e vi si arrampicò. Sonny stava ancora fissando le montagne, anche se in quella direzione non c’era nulla di interessante da vedere, tranne una sottile linea di nuvole dorate e rosa. Delanna agitò pigramente i piedi nell’acqua, osservando il riflesso del cielo nella sorgente.

Sonny raggiunse a nuoto le rocce.

«Cerchi le nuvole che annunciano l’arrivo della pioggia?» gli chiese Delanna.

Lui scosse la testa, accigliandosi leggermente. «Le piogge non dovrebbero arrivare per un altro paio di settimane. Oggi hai sentito la radio?»

Delanna annuì.

«Che tempo faceva a Blue Rug?»

Blue Rug si trovava a nord est di Milleflores. «Secco e torrido,» rispose Delanna e quella risposta sembrò soddisfarlo fino a quando lei non aggiunse, «E il barometro era sceso leggermente.» Salì sulla roccia e si sedette accanto a lei, agitando i piedi nell’acqua e osservando il cielo, che aveva assunto una sfumatura di rosa più carico.

Dopo un minuto, Sonny le chiese, «E North Cutting?»

Delanna non era sicura di dove si trovasse quel lanzye, ma non importava. «Secco e torrido. Ogni lanzye ha riferito la stessa cosa.»

«Tutti hanno fatto rapporto? Nonostante le macchie solari?»

«Tutti tranne Hatton Creek,» riferì Delanna.

Sonny scosse la testa. «Quello è molto a sud di qui,» ma stava ancora osservando il fronte nuvoloso, che si era scurito fino ad assumere una sfumatura rosa venata di grigio.

«Sei preoccupato che le piogge arrivino prima del previsto?» gli chiese Delanna.

Sonny scosse la testa. «Quelle non sono nuvole stratiformi.»

Non disse che tipo di nuvole fossero e Delanna non glielo chiese. Rimasero seduti lì, dondolando i piedi nell’acqua e osservando la prima luna che sorgeva. Qualsiasi cosa lo avesse preoccupato, adesso Sonny sembrava più tranquillo. Si sporse sulle mani e osservò il resto delle stelle spuntare una alla volta. Iniziò a soffiare una lieve brezza, che fece frusciare le foglie e asciugò i capelli di Delanna. L’aria profumava di boccioli di fior-di-rosa e di qualcosa di debole e pungente.

«Mi piace qui,» dichiarò Delanna.

Sonny annuì, guardandosi intorno. «Non venivo qui da quando eravamo bambini.»

«Davvero? Ero convinta che venissi sempre qui dopo avere lavorato tutto il giorno. È così rilassante.»

«Gli alberi fanno cadere un mucchio di foglie e di rami,» rispose Sonny.

«Non ho impiegato molto tempo per ripulire la sorgente,» gli fece notare Delanna.

«È più rapido fare la doccia,» ribatté Sonny.

Delanna annuì. Dopo avere lavorato nei campi tutto il giorno, pulire la sorgente, anche se erano necessari solo pochi minuti, sarebbe stato un impegno di troppo.

«Anche nel giardino della mia scuola su Rebe Primo avevamo una sorgente,» gli rivelò Delanna. «Ma non era naturale come questa, era artificiale. E non aveva un profumo così bello, però di notte andavamo sempre a nuotare. In effetti, era proibito. Chiudevano i cancelli alle nove perché avremmo dovuto rimanere a studiare nelle nostre stanze. Ma qualche volta…» Gli raccontò di come percorrevano lo scalone di marmo in punta di piedi con i costumi da bagno e gli asciugamani, di come imbrogliavano la serratura del giardino usando una parola d’ordine che lei aveva sentito usare per caso da uno dei monaci.

«In seguito, una delle ragazze capì che la parola d’ordine dei giardini funzionava anche con la porta laterale che dava sulla strada. L’unico problema era che la porta non aveva sensori acustici all’esterno, e così non potevamo usarla per tornare dentro e dovevamo rimanere fuori fino al mattino, quando i monaci non aprivano di nuovo il cancello principale.»

Continuò a chiacchierare, raccontandogli dove erano state e cosa avevano fatto, ripetendogli la storia che si era inventata a beneficio del monaco, che non ci aveva creduto neppure per un nanosecondo.

Mentre Delanna parlava, Sonny rimase seduto accanto a lei, in silenzio, senza fare alcun commento o domanda, non ridendo neppure quando gli raccontò quello che aveva detto il monaco sulla loro scappatella durata tutta la notte; finalmente Delanna tacque.

«Qual è il problema?» le chiese Sonny. «Perché hai smesso?»

«Temevo di iniziare ad annoiarti.»

Sonny scosse la testa. «Mi piace molto starti ad ascoltare.»

«Non dovrei essere solo io a parlare,» replicò Delanna. «Dimmi com’è stato crescere qui a Milleflores.»

Sonny sembrò a disagio. «Non c’è molto da dire,» affermò, poi tacque di nuovo.

«Cosa facevate tu e B.T. per divertirvi?»

«Molto poco.»

Quei tentativo di fare parlare Sonny era fallito in partenza. Senza dubbio era stato molto diverso essere lì quel pomeriggio in compagnia di Jay, che non doveva mai essere incoraggiato a parlare. Che non doveva essere mai incoraggiato, punto e basta.

Ma era proprio per questo che era bello: era totalmente diverso dallo stare lì con Jay. Non sarebbe mai potuta stare seduta accanto a Jay in quel modo, dondolando i piedi nell’acqua e godendosi la notte. Sarebbe stata troppo impegnata a respingere i suoi complimenti e le sue avance.

Con Sonny non aveva bisogno di fare nulla del genere. Si sentiva al sicuro accanto a lui nella penombra e quasi felice che fosse così silenzioso. La brezza mormorava fresca sulle sue spalle bagnate e le creature notturne iniziarono a intonare i loro versi, che scivolarono sommessamente come musica sull’acqua, quasi come una ninnananna. Adesso la prima luna era sorta e Sonny e Delanna osservarono il suo riflesso creare cerchi argentei intorno alle dita dei loro piedi.

«Dimmi di più sulla tua scuola,» disse Sonny dopo molto tempo. «Era grande, vero?»

In effetti era stata relativamente piccola: aveva avuto solo duemila studenti. Ma quella cifra era superiore all’intera popolazione dei lanzye, per non parlare degli iscritti alla loro scuola, che aveva un solo insegnante. «Sì, era molto grande,» rispose Delanna.

«Invece io ho sempre creduto che fosse piccola,» replicò Sonny, «come quella di Grassedge, fino a quando Ser… tua madre non mi disse la verità.»

Delanna poteva immaginarlo. Aveva letto di quell’episodio nel diario di sua madre. «Ho letto la lettera di Delanna ai ragazzi dei Tanner. Ma perché lo faccio? Sonny ha chiesto quale fosse il nome del suo insegnante. Come se l’Abbazia fosse una comune scuola dei lanzye. Sono troppo ignoranti perfino per immaginare una vera scuola!

C’era davvero da stupirsi che Sonny fosse tanto silenzioso, rifletté Delanna, quando, per anni e anni, sua madre aveva criticato qualsiasi cosa dicesse, ridicolizzandolo e facendolo sentire stupido e ignorante? Rabbrividì.

«Hai freddo?» le chiese Sonny.

«Un po’,» rispose Delanna, strofinandosi le braccia. Stava calando l’oscurità e la brezza sulle sue spalle ormai era fredda.

«Dovremmo tornare,» commentò Sonny.

«Lo so,» sospirò Delanna. «Devo lavare quei piatti.»

«E io devo andare al frutteto occidentale,» replicò Sonny.

Scivolò in acqua e tese le mani verso Delanna, che le strinse e lo seguì. L’acqua era meravigliosamente calda.

Sonny non le aveva lasciato andare le mani. Galleggiò verso la riva, con il volto verso di lei, anche se era troppo buio per vedere la sua espressione, mentre l’acqua li carezzava come se fosse fatta di soffici nuvole, sospendendoli nel tempo, nell’oscurità profumata.

«Ohhh,» sospirò Delanna. «Questa sorgente è assolutamente meravigliosa.»

«Sì, è meravigliosa,» ripeté Sonny, e Delanna desiderò vedere il suo volto.

I suoi piedi toccarono il fondo e si alzò, uscendo a metà dall’acqua e stringendo ancora le mani di Sonny. Anche lui si alzò. Erano proprio sotto la prima luna, il cui sentiero argenteo illuminava l’acqua e i loro corpi bagnati.

«Dovremmo avviarci,» ripeté Sonny, ma non si mosse.

«I piatti,» gli ricordò Delanna.

«La scavatrice,» affermò Sonny, senza muoversi. Rimasero immobili, avvolti dalla luce lunare.

A Delanna mancò il fiato, come se Sonny l’avesse di nuovo tirata sott’acqua. «Dovremmo…» balbettò.

Sonny stava fissando qualcosa oltre le spalle di Delanna. Aggrottò la fronte e la tirò per le mani, facendola mettere accanto a lui.

«Cosa…» esclamò Delanna.

«Shh,» sussurrò lui e annuì verso l’estremità opposta della sorgente. «Abbiamo compagnia.»

Delanna aguzzò gli occhi nell’oscurità, oltre la scia della luna. Accanto alla riva c’era la scimmia incendiaria che lei aveva soprannominato Ragazzone, immersa fino al collo nell’acqua. Vide le scaglie brillare nella luce della luna.

«È solo una scimmia,» commentò allora.

«Lo so,» replicò Sonny, ma l’espressione del suo volto rimase accigliata.

«Vengono a sedersi qui,» spiegò Delanna. «Oggi lo hanno già fatto.»

«Lo hanno fatto?» chiese lui. «Erano più di una?»

«Sì,» rispose Delanna, adesso accigliandosi anche lei e chiedendosi cosa stesse succedendo. «Questo pomeriggio ho visto tre scimmie immerse nella polla.»

«Come adesso? Fino al collo?»

«Sì. Perché? Hanno qualcosa che non va? Per caso sono malate?»

«No,» rispose Sonny. «Probabilmente a loro piace fare il bagno di sera nella sorgente quanto piace agli umani.» Salì sulla riva. «Dovremmo…»

«Tornare,» concluse per lui Delanna, avvicinandosi all’orlo della polla.

Sonny le rivolse un sorriso quando Delanna parlò e si chinò per prendere il suo asciugamano, ma era ancora accigliato e rimase in silenzio fino a quando non furono tornati alla casa.

Il che era un bene. Alla sorgente le cose tendevano a sfuggire di mano, specialmente in una sera che profumava di fior-di-rosa. E quello non era sicuramente il momento di complicare le cose più di quanto non lo fossero già, visto che la Corte Itinerante era in orbita intorno al pianeta e, la settimana seguente, avrebbe discusso il caso di Delanna. Maggie l’aveva avvertita di tenersi pronta, non di stringere mani nella luce della luna.

Si aspettò che Sonny la lasciasse sulla porta e si affrettasse a recarsi al frutteto, ma invece entrò in casa e studiò i rapporti ricevuti via radio. «West Wall,» mormorò, scorrendo la lista, «trentuno pollici. Far Reach, ventinove,» ma apparentemente trovò quello che voleva. Poggiò sul tavolo il blocco degli appunti e fece per uscire.

Sulla porta si girò, come se improvvisamente si fosse ricordato di Delanna, che rimase senza fiato come le era già capitato alla sorgente.

«Prima di oggi, hai mai visto le scimmie sedute nella sorgente?» le chiese.

Delanna scosse la testa. «Aspetta: una volta, quando pensavo che fossero impegnate a giocare con Cleo, ho visto una scimmia nell’acqua. Non so dove fosse andata Cleo… o dove pensi di andare adesso.» Cleo si stava dirigendo verso la porta, zampettando furtivamente lungo la parete; il suo stratagemma aveva quasi funzionato.

«No, non lo farai!» esclamò Delanna e balzò verso lo scarabeo. Cleo si afferrò prima all’asciugamano di Delanna e poi ai capelli in disordine, e quando la ragazza riuscì a liberarsi, Sonny si era già chiuso la porta alle spalle.

Delanna sollevò lo scarabeo di fronte a sé e gli diede una bella scrollata. «Stanotte non andrai da nessuna parte,» lo ammonì, poi lo strinse al petto. «E neppure io.»

Загрузка...