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Dale aprì con una spinta la porta del suo ufficio e la tenne aperta per Frank, che entrò e si sedette al solito posto. Dale guardò l'orologio — le cinque e quaranta del pomeriggio — poi prese una bottiglia di brandy dal mobile bar lungo la parete di fondo della stanza. La sollevò in modo che Frank la vedesse. Frank annuì, e lui riempì due bicchierini. Tornò verso la scrivania, passò il bicchiere a Frank e poi si mise a sedere sulla sua poltrona di pelle.

La centralinista aveva lasciato sul tavolo una serie di foglietti gialli con i messaggi telefonici, ben ordinati uno sull'altro. Dopo un sorso di brandy li guardò uno a uno. Il suo broker. Qualcuno del NAACP che gli chiedeva di partecipare a una conferenza. Qualcuno da Larry King. E poi…

«Scusa Frank, ma devo richiamare. È Carla Hernandez.»

La bocca di Frank era già aperta per chiedere 'chi?' ma la richiuse prima di parlare, riconoscendo il nome.

Dale digitò il numero. «Pronto» disse. «Sono Dale Rice per la dottoressa Hernandez. No. Aspetto. Grazie.» Coprì il ricevitore. «È su un'altra linea» disse a Frank, poi: «Pronto? Dottoressa Hernandez? Sono Dale Rice, sto rispondendo alla sua chiamata. Mi spiace di averle telefonato così tardi, ma sono stato tutto il giorno in tribunale. No, no, va bene. Cosa? No, credo che sarebbe bene dirmelo. Di cosa si tratta? Tre? È sicura?» Frank si stava sporgendo in avanti sulla poltrona, incuriosito. «Non poteva trattarsi di nient'altro? Ha fatto delle fotografie? No, suppongo di no. Non si vedono ai raggi X, vero? Ma è sicura di cosa fossero? Okay. No, ha fatto bene a dirmelo. Grazie. Rimaniamo in contatto. Grazie. Arrivederci.» Mise giù il ricevitore.

«Cosa c'è?» disse Frank.

«Non ne sono sicuro. Forse l'occasione che cercavamo.»


Dale aveva usato il reverendo Oren Brisbee come teste esperto in altri processi — nessuno riusciva a incantare la giuria come un predicatore battista. Forse Brisbee era una scelta strana, data la sua richiesta pubblica di pena di morte per Hask. Però non era per alcuna presunzione di colpevolezza di Hask. Quindi:

«Reverendo Brisbee,» disse Dale «uno degli occhi del dottor Calhoun mancava. Può dire alla Corte cosa ha di importante l'occhio umano, per favore?»

Brisbee fece un grande sorriso, come per scaldarsi prima di affrontare uno dei suoi argomenti preferiti. «Ah, fratello mio, l'occhio umano! Testamento del genio di Dio! Prova della creazione divina! Di tutte le meraviglie dell'universo, forse nessuna reca maggiore testamento dell'occhio umano alla bugia dell'evoluzione.»

«Perché, reverendo?»

«Perché, fratello Dale, semplicemente niente di complesso come l'occhio umano può essersi evoluto per caso. Gli evoluzionisti vogliono farci credere che la vita progredisca in piccole fasi di sviluppo, un po' per volta, anziché essere stata creata completamente da Dio. Ma l'occhio — be', l'occhio è un perfetto esempio del contrario. Non può essersi evoluto gradatamente.»

Nell'aula si sentirono dei mormoni, ma Brisbee li ignorò. «Gli evoluzionisti,» proseguì, con la voce che riempiva l'aula come aveva fatto in tante chiese, «dicono che strutture complesse, come le piume, devono essersi evolute per gradi: prima come squame per l'isolamento, che poi forse si sono allungate in un manto sfilacciato per aiutare gli animali in corsa a catturare insetti tra le frange, e poi — fortuitamente — i proto-uccelli si sarebbero accorti che erano anche utili per il volo. Non ci ho mai creduto neanche un momento, ma è il tipo di cose di cui blaterano. Però quell'argomento scompare quando contempliamo il capolavoro di Dio, l'occhio umano! A cosa serve mezzo occhio? O un quarto di occhio? O è un occhio, o non è; non può evolversi per gradi.» Brisbee sorrise al pubblico. Erano il suo gregge.

«Considerate la più bella macchina fotografica che potete comprare oggi. Non si avvicina neanche all'efficienza dei nostri occhi. I nostri occhi si adattano automaticamente alle grandi variazioni di luce — possiamo vedere alla luce della Luna, oppure di un luminoso sole estivo. I nostri occhi passano facilmente dalla luce naturale alla luce incandescente, e a quella fluorescente, mentre un fotografo dovrebbe cambiare filtri e pellicola. E i nostri occhi percepiscono la profondità meglio di qualsiasi obiettivo, anche se computerizzato. Un giocatore di basket può determinare la distanza precisa del canestro, facendo un tiro perfetto dopo l'altro. Sì, capisco perché il Tosok abbia preso un occhio umano come souvenir…»

«Un momento, reverendo» disse Dale. «Lei non sa se è questo ciò che è accaduto.»

«Capisco» proseguì il reverendo Brisbee, un po' offeso, «perché chiunque da qualsiasi luogo dell'universo ammirerebbe l'occhio umano, come autentico esempio dell'arte divina.»


Alle nove del mattino successivo, Dale e Frank entrarono nell'ufficio privato del giudice Pringle. Linda Ziegler era già lì, così come il giurato numero 209 — una bianca grassottella di quarantun anni — e un uomo che Dale vedeva in tribunale da molto tempo, ma che non conosceva. Un istante dopo entrò il giudice Pringle, insieme a uno stenografo. Pringle aspettò che questi fosse pronto e poi disse: «Avvocato Wong, può per favore presentarsi agli altri?»

«Sono Ernest Wong, rappresento il giurato 209.»

«Grazie» disse il giudice. «Metta a verbale che sono presenti l'avvocato Ziegler per il Popolo, e l'avvocato Rice per Hask — che non è qui. Con il mio permesso, è presente anche il dottor Frank Nobilio, delegato americano nell'entourage dei Tosok. Ora, giurato 209, buongiorno.»

«Buongiorno giudice» disse il giurato 209 con una voce nervosa.

«Okay» disse il giudice Pringle. «Giurato 209, è qui il suo avvocato. Si senta libera di interrompermi ogni volta che vuole consultarsi con l'avvocato Wong, e lei — avvocato Wong — è autorizzato a sollevare obiezioni o fare domande quando vuole.»

«Grazie» disse Wong.

«Ora, giurato 209, sono state sollevati dei dubbi.» Pringle sollevò una mano, con il palmo in avanti. «Non sto dicendo che lei ha fatto qualcosa di sbagliato, ma quando ci sono dei dubbi sulla condotta o sulla scelta di un giurato, la legge qui in California prevede che io faccia un'indagine, perciò è questo che stiamo facendo. Okay? Okay. Prima di entrare a far parte di questa giuria le è stato chiesto di riempire un questionario, esatto?

«Esatto.»

«Ha risposto sinceramente al questionario?»

«Obiezione!» disse Wong. «Spinge all'autoincriminazione.»

Il giudice Pringle aggrottò le sopracciglia. «Molto bene. Giurato 209, abbiamo un problema. La domanda 192 del questionario chiedeva se avesse mai visto un disco volante. Ricorda quella domanda?»

«Non ricordo una domanda in cui ci fosse quella parola, Vostro Onore.»

Pringle era ancora più irritata. «Bene, lasci che le legga la domanda.» Rovistò sulla sua scrivania, cercando il questionario. Linda Ziegler si alzò in piedi, con la sua copia in mano. Pringle le fece cenno di portarla avanti. Il giudice prese il fascio di carte, e le sfogliò fino a trovare la pagina giusta. Poi lesse: «'Ha mai visto un UFO?' Ricorda la domanda?»

«Sì.»

«Ora la ricorda» disse Pringle.

«La ricordavo anche prima — ma lei mi ha chiesto di un disco volante, non di un UFO.»

Pringle era sempre più alterata. «Che differenza c'è?»

«Un UFO è un oggetto volante non identificato. Per definizione, è qualcosa che in natura non conosciamo.»

«E lei ha scritto che non ha mai visto un UFO.»

«È esatto.»

«La Corte ha ricevuto una lettera da un membro della sezione del MUFON della Baia. È la… la…»

«Mutual UFO Network, Rete Comune UFO» disse il giurato 209.

«Sì» disse Pringle. «Un membro della sezione del MUFON della zona della Baia dice che lei è intervenuta come speaker a uno dei loro incontri circa otto anni fa. È vero?»

«Sì. Allora vivevo a San Rafael.»

«Qual era l'argomento del suo intervento?»

«La mia esperienza di sequestro.»

«Lei è stata rapita?» disse Pringle.

«Non quel tipo di sequestro. Sono stata portata a bordo di un mezzo spaziale alieno.»

Il giudice Pringle si scostò platealmente dalla donna, spostando il peso sulla poltrona. «Portata a bordo di un mezzo spaziale alieno» ripeté, come se le parole le fossero risultate poco chiare.

«È esatto, Vostro Onore.»

«Ma nel questionario lei ha specificato di non aver mai visto un UFO.»

«E non ne ho mai visti. Quello che ho visto era assolutamente identificato. Era un mezzo spaziale alieno.»

«Alieno… significa di un altro mondo?»

«Be', in realtà io credo che gli alieni vengano da un'altra dimensione — un corso temporale parallelo, se vuole. Ci sono molte prove a sostegno di questa interpretazione.»

«Quindi lei fa una distinzione tra un UFO — qualcosa di sconosciuto — e un'astronave aliena?»

«Sì.»

«Certo che lei spacca il capello, giurato 209.»

«Non credo, signora.»

«Lei non ha avuto nessun problema nel negare di aver mai visto un UFO nel questionario?»

«No.»

«Ma sicuramente il senso della domanda…»

«Non posso commentare il senso della domanda. Ho semplicemente risposto a quanto mi veniva chiesto.»

«Ma lei sapeva quale informazione volevamo.»

«Con tutto il rispetto, Vostro Onore, è scritto proprio sul questionario, dice… posso vedere il questionario?» Pringle glielo passò.«Lo dice qui, in alto, dice: 'Non ci sono risposte giuste o sbagliate. Non tentate di capire le risposte giuste per essere ammessi nella giuria o esclusi. Rispondete semplicemente alle domande così come sono poste, sinceramente e secondo le vostre conoscenze'.»

Pringle sospirò. «E lei pensava di aver dato una risposta sincera?»

«Obiezione!» disse Wong. «Autoincriminazione.»

«Va bene» disse Pringle.«Lei…»

«No, non mi dispiace rispondere» disse il giurato 209.«Sí, ho pensato di dare una risposta sincera.»

«Ma lei sa che in aula vogliamo la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità.»

«Mi perdoni, Vostro Onore, ma durante il processo è stato abbastanza chiaro che non volete niente del genere. Ho visto l'avvocato Rice, lì, e l'avvocato Ziegler, tagliare ogni tipo di risposte perché dicevano più di quanto volevano far sentire alla giuria. Per quanto ho visto, la Corte vuole risposte specifiche a domande specifiche e ristrette — ed è quello che io ho fatto.»

«Aveva delle ragioni particolari per far parte di questa giuria?»

«Obiezione!» disse Wong. «Ancora autoincriminazione.»

«Va bene, va bene» disse Pringle. «Giurato 209, non mi spaventa dirle che sono molto alterata con lei. Per il momento, lei è esclusa dalla giuria.»

«Per favore non lo faccia» disse il Giurato 209.

«Lei non mi ha dato scelta» disse Pringle. «Si accontenti del fatto che non l'ho condannata per oltraggio alla Corte. Il sostituto Harrison l'accompagnerà a casa. Cercheremo di farla arrivare lì prima che la voce arrivi alla stampa, ma sospetto che entro stasera le saranno addosso. Non posso ordinarle di non parlare, ma le chiedo di tenere conto dell'impatto che qualsiasi sua affermazione potrebbe avere sui media. Va bene? Può andare.» Pringle sospirò, poi si rivolse agli avvocati. «Troveremo il giurato più adatto per la sostituzione. Ci vediamo in aula tra — guardò l'orologio — venti minuti.»

Gli avvocati si alzarono e uscirono dall'ufficio del giudice. Frank si avvicinò a Dale. «Succede spesso?»

«Gente con un interesse personale particolare che tenta di entrare nella giuria?» Dale scrollò le spalle. «È molto frequente in processi come questo, con un grande numero di potenziali giurati. Ovviamente non ci si può offrire volontari per una giuria, ma se chiedi di presentarsi a un gruppo abbastanza grande di persone, è probabile che ci sia qualcuno che vuole farlo.»

Frank aspettò che Ziegler si allontanasse lungo il corridoio. «Questa donna… in realtà sarebbe stata dalla nostra parte, vero?»

Dale annuì. «Probabile. Una vera amante degli alieni. Comunque la rimpiazzerà uno dei giurati alternativi.»

«Speriamo qualcuno che non sia pazzo ma che ci sostenga.»

Dale brontolò.

«Cosa?» disse Frank.

Dale abbassò la voce. «Non ho ancora deciso cosa fare con le informazioni che ho avuto dalla dottoressa Hernandez, ma può darsi che saranno solo i pazzi a sostenerci.»

Frank sembrò sul punto di controbattere, ma dopo un istante annuì. «Già.»

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