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Le due settimane successive furono occupate da una serie di testimonianze minori — altri Tosok, esperti in psicologia umana deviante, svariati individui che tentarono di puntellare la traballante teoria dello Stato sulla premeditazione, che sembrava imperniarsi su due fatti: primo, che Hask aveva fatto in modo di rimanere al dormitorio mentre gli altri erano andati alla conferenza di Stephen Jay Gould, sapendo che anche Calhoun sarebbe rimasto, e, secondo, che per indurre il suo cambio di pelle doveva aver pensato in anticipo a portarsi l'agente chimico dall'astronave.

Alla fine, però, venne il momento della prova più convincente dell'Accusa. Linda Ziegler si alzò dal suo posto. «Se la Corte lo gradisce» disse «l'Accusa vorrebbe ora introdurre un segmento della videocassetta registrata dal defunto a bordo dell'astronave Tosok.»

«Avvocato Rice?»

Dale aveva combattuto a lungo e duramente prima dell'inizio del processo, perché questa prova fosse soppressa, ma il giudice Pringle l'aveva ritenuta ammissibile, e la corte d'appello era d'accordo con lei. «Nessuna obiezione.»

«Prego, proceda.»

Sulle pareti dell'aula vennero montati due grandi monitor a colori, uno di fronte alla giuria, l'altro davanti al pubblico. Inoltre il giudice Pringle aveva un televisore più piccolo sul suo banco, così come l'Accusa e la Difesa. La guardia giudiziaria abbassò le luci…

Tutte le immagini dell'equipaggio dell'Apollo 11 che camminava sulla Luna avevano una cosa in comune: mostrano tutte Buzz Aldrin, per il semplice motivo che era Neil Armstrong a fare le foto. Anche se fu lui il primo uomo a mettere piede sulla Luna, quasi non ci sono sue fotografie.

I video in microgravità a bordo dell'astronave Tosok erano stati girati da Cletus Calhoun, ed eccetto la vista occasionale di uno dei suoi arti dinoccolati, l'umano era completamente assente dalle immagini. Dale Rice ne fu contento. Più là giuria dimenticava Calhoun — l'amabile montanaro che scherzava con Jay Leno — e meglio era.

La voce strascicata di Clete, però, si sentiva forte e chiara per tutta la durata del video. La cassetta iniziava con lui che parlava con un Hask fluttuante, che era chiaramente visibile; Dale aveva dimenticato quanto fosse blu la vecchia pelle di Hask.

«Ma voi ragazzi» disse Clete «che siete in grado di fermarvi per secoli, che avete questa capacità innata. Sapete alterare la gravità nello spazio, naturalmente, attraverso la forza centrifuga o l'accelerazione costante. Ma non potete fare niente per il tempo che ci vuole per un viaggio interstellare. Con una capacità naturale di sospendere l'animazione, di sicuro ci battete. Forse noi siamo stati programmati per andare nell'orbita planetaria, ma la vostra razza sembra programmata per navigare tra le stelle.»

«Molti dei nostri filosofi sarebbero d'accordo con questa affermazione» disse Hask. Fece una pausa. «Ma non tutti, naturalmente.» Per qualche momento tra i due seguì il silenzio. «Ho fame» disse il Tosok. La cosa non sorprese affatto Clete; per quanto ne sapeva, Hask non aveva mangiato niente dall'ammaraggio della capsula. «Ci vorranno diverse ore perché gli altri rinvengano. Hai bisogno di cibo?»

«Ho portato qualcosa con me» disse Clete. «Razioni della Marina. Non è alta cucina, ma serviranno allo scopo.»

«Vieni con me» disse Hask. L'alieno piegò le gambe contro una paratia e si spinse via. Clete iniziò con una spinta della mano — per un istante l'inquadratura mostrò il suo braccio — ma poi sembrò muoversi anche lui dal muro. Fluttuarono lungo un altro corridoio, con delle grosse luci gialle alternate a luci più piccole e arancioni.

Ben presto arrivarono a una porta, che si aprì per lasciar passare Hask. Entrarono nella stanza. Appena lo fecero, si accesero in alto altre luci.

Si sentiva un suono provocato da Clete inspirando. Non c'era modo di sapere cosa stesse pensando in quel momento, ma a Dale Rice veniva da vomitare ogni volta che vedeva quel pezzo del video. Nella luce scarsa dell'aula vide diversi giurati che trasalivano.

Al centro dell'inquadratura c'era una grande massa insanguinata. Ci vollero diversi secondi per delineare la forma dell'oggetto mentre la telecamera di Clete girava. Sembrava un tubo lunghissimo di carne cruda, con una superficie luccicante di sangue rosato. Il tubo era avvolto su se stesso come un mucchio di intestini. Aveva un diametro di circa dodici centimetri e la lunghezza, se fosse stato srotolato, sarebbe potuta arrivare a quindici metri; una grossa anaconda sanguinolenta e priva della pelle. Un'estremità era infilata in una delle pareti della stanza; l'altra, che aveva una sezione circolare piatta, era tenuta da un supporto ceramico a forma di Y.

«Dio Santo!» diceva la voce di Clete. «Che cos'è?»

«È cibo» disse Hask.

«È carne?»

«Sì. Ne vuoi un po'.»

«Oh, no. No, grazie.»

Hask fluttuò verso l'estremità libera del tubo. Pescò in una delle tasche della sua tunica grigia e tolse un piccolo cilindro blu lungo circa venticinque centimetri e largo cinque. Ne prese una parte nelle dita del suo braccio anteriore e l'altra in quello posteriore, poi lo piegò. Spezzò la parte centrale in due cilindri. Poi mosse le mani come se stesse disegnando un laccio invisibile allungato tra i due cilindri intorno al grosso tubo di carne, a circa dieci centimetri dalla sua estremità. Tirò le due maniglie blu allontanandole e, con grande sorpresa della giuria, una sezione del grande salsiccione di carne si staccò dal resto. Fluttuò, ma l'immagine mostrava chiaramente un contenitore attaccato al supporto a Y che avrebbe sicuramente accolto il pezzo di carne se la nave fosse stata in accelerazione.

«Come hai fatto?» chiedeva Clete, fuori campo.

Hask lo guardava stupito. Poi sembrava realizzare. «Vuoi dire il mio attrezzo da taglio? C'è una sola catena molecolare lunga e flessibile che collega le due maniglie. La catena non può essere rotta, ma essendo molto sottile, è in grado di tagliare con facilità quasi tutto.»

Si sentiva la voce di Clete che diceva «Affetta! Trita!»

«Prego?» rispondeva Hask.

«Uno slogan di una vecchia pubblicità in TV.» Clete sembrava colpito. «Un bel congegno. Ma non è pericoloso se non vedi il filo?»

Hask afferrò le due parti della maniglia e le tirò quanto più poteva. Ogni trenta centimetri circa, un grosso granello blu appariva lungo il filamento altrimenti invisibile. «I granelli ti fanno vedere il filamento» disse Hask «e fanno in modo che tu possa maneggiarlo con sicurezza. Sono allineati all'interno con un'onda monomolecolare che il filamento non può tagliare, così puoi far scivolare i granelli lungo il filamento se si mettono in mezzo.» Il ciuffo di Hask si mosse a indicare un'alzata di spalle. «È uno strumento multiuso, non serve solo per tagliare la carne; niente si attacca al monofilamento, quindi non devi preoccuparti di tenerlo pulito.»

Dale aveva gli occhi incollati sui giurati. Ne vide uno che cominciava a capire, poi un altro, e ben presto reagirono tutti sbarrando gli occhi o annuendo con la testa: avevano appena visto quella che poteva essere con molta probabilità l'arma del delitto.

Hask avvicinò le due maniglie — la catena molecolare e i suoi granelli ruotarono — e rimise l'oggetto nella tasca. Poi allungò la mano frontale e prese il disco di carne che fluttuava in aria. Si era versato pochissimo sangue — poche gocce si erano sparse quando la catena molecolare aveva attraversato la carne, ma qualcosa — forse un aspiratore — le aveva risucchiate dentro il supporto a Y.

«Che tipo di creatura è quella?» disse Clete. Il suo braccio era di nuovo visibile, mentre indicava il serpente senza pelle.

«Non è un animale» disse Hask. «È carne.» L'immagine traballò mentre Clete si staccava dal muro per guardare più da vicino l'oggetto che Hask stava tenendo. Sembrava che Clete non fosse molto bravo nel manovrare in assenza di peso; Hask dovette allungare una gamba — che piegò in un modo che gli avrebbe spaccato la giuntura se fosse stato umano — per fermare il movimento di Clete. Clete ringraziò Hask, poi fece un primo piano del pezzo di carne. Adesso era chiaro che in realtà aveva una pelle, fatta di rombi proprio come quella di Hask. Ma la pelle che era sulla carne era sottile e trasparente come un cristallo.

«È carne ma non è un animale?» diceva la voce di Clete. Suonava perplesso.

«È solo carne» disse Hask. «Non è un animale. È piuttosto un prodotto dell'ingegneria genetica. Ha solo il sistema nervoso necessario per sostenere il suo apparato circolatorio, che è semplicissimo. Non è viva; non sente alcun dolore. È semplicemente una fabbrica chimica, che converte in carne commestibile le materie grezze che riceve attraverso il contenitore sulla parete, perfettamente calibrata per le nostre esigenze nutrizionali. Naturalmente non mangiamo solo questa — siamo onnivori come voi.»

«Ah» disse Clete. «Non potete portare animali nei vostri lunghi viaggi spaziali, ma questo vi permette di sentirne il gusto.»

Gli occhi frontali di Hask sbatterono ripetutamente. «Nel nostro mondo non mangiamo animali» disse. «Almeno non più.»

«Ah» disse Clete. «Be', noi non abbiamo la capacità di creare la carne. Uccidiamo gli animali per la loro.»

Il ciuffo di Hask si agitò come se stesse pensando. «Dato che noi non dobbiamo uccidere per mangiare, non lo facciamo più. Alcuni dicono che abbiamo sacrificato troppo — che uccidere il proprio cibo è una liberazione, lo sfogo che la natura ci aveva dato per gli impulsi violenti.»

«Be', io sono un vecchio ragazzo di campagna» disse Clete. «Ho fatto la mia parte andando a caccia. Ma la maggior parte della gente ormai prende la carne confezionata in un negozio. L'animale non lo vedono nemmeno, non mettono mano all'uccisione.»

«Ma tu dici che hai ucciso?» disse Hask.

«Be', sì.»

«Com'è uccidere per il cibo?»

La telecamera traballò. Evidentemente Clete aveva alzato le spalle. «Può dare molta soddisfazione. Non c'è niente di tanto delizioso come un pasto che hai inseguito e catturato tu stesso.»

«Intrigante» disse Hask. Guardò il suo disco di carne, come se in qualche modo non fosse più invitante come prima. Lo portò comunque alla bocca anteriore, e le aperture esterne orizzontali formarono un buco quadrato con quelle interne verticali. Le placche dentali color ruggine affettarono un pezzo del disco di carne, e con evidente sorpresa della giuria, due lunghe lingue piatte sbucarono fuori dalla bocca dopo ogni morso, pulendo quel poco sangue rimasto sul viso di Hask.

«Riesci a mangiare la carne a crudo?» disse Clete.

Hask annuì. «Nei tempi antichi cuocevamo la carne animale, ma i motivi per cuocere — ammorbidire la carne e uccidere i germi — non si applicano a questo prodotto. La carne cruda è molto più saporita…»


«Va bene così» disse Linda Ziegler, alzandosi nell'oscurità. La guardia giudiziaria premette il pulsante di pausa e un fermo immagine del Tosok fluttuante che teneva in mano il pezzo di carne cruda mezzo mangiato sfarfallò sui monitor. Le luci dell'aula vennero riportate al massimo; i giurati e il pubblico si stropicciarono gli occhi.

Poi Linda Ziegler introdusse come prova uno degli strumenti a monofilamento — quello che era appartenuto ad Hask. Non c'era modo di dimostrare che fosse l'arma utilizzata per l'omicidio; la scientifica non era riuscita a dimostrarlo, e quindi non si preoccupò di insistere su quella linea.

Naturalmente Hask possedeva ora un nuovo strumento a monofilamento; nell'astronave madre ce ne erano dozzine. Una versione ridotta della fabbrica di carne Tosok era stata installata alla Paul Valcour Hall; Hask aveva bisogno di uno di quegli attrezzi per mangiare, e Dale era riuscito a sostenere che a quelli che avevano ucciso con un coltello di solito non si negava di toccare altri coltelli.

Però non c'era dubbio che il video girato a bordo e la presentazione in aula dello strumento da taglio di Hask avessero avuto un impatto enorme sulla giuria. E così, con compiaciuta soddisfazione, Linda Ziegler tornò al suo posto dicendo: «Vostro Onore, l'Accusa ha finito.»

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