26

Sgomento e avvilito, Cazaril rimase nella propria camera per tutta la mattina, ma nel pomeriggio un paggio venne a bussare alla sua porta, comunicandogli che il Royse e la Royesse desideravano che lui li raggiungesse nelle loro stanze. Per un momento, lui prese in considerazione l’eventualità di fingersi malato e, sebbene non avesse bisogno di sforzarsi per apparire tale, poi si rese conto che di certo Iselle avrebbe fatto accorrere uno stuolo di medici perché si prendessero cura di lui… e il ricordo dell’ultima esperienza in quel senso, con Rojeras, lo faceva ancora rabbrividire. Con estrema riluttanza, si assestò gli abiti e percorse la galleria fino all’appartamento reale.

Le alte finestre incassate nelle pareti erano aperte per lasciar entrare la fresca aria primaverile, e Iselle e Bergon, ancora abbigliati con eleganza per aver partecipato al banchetto dato in loro onore presso il palazzo del March dy Huesta, lo stavano attendendo, l’uno seduto accanto all’altra, vicino a un tavolo su cui spiccavano carta, pergamena e alcune penne nuove. Sul lato opposto del tavolo, poi, c’era una sedia pronta. Le due teste, l’una castana e l’altra ambrata, erano accostate in una sommessa conversazione, e l’ombra fluiva ancora intorno a entrambi, vischiosa come pece bollente. Nel sentire il rumore dei suoi passi, i due giovani sollevarono lo sguardo con un sorriso, cui lui rispose con un inchino, umettandosi nervosamente le labbra.

«Adesso bisogna subito scrivere una lettera a mio fratello Orico, per informarlo di ciò che è successo e garantirgli la nostra più fedele sottomissione», esordì Iselle, indicando i fogli bianchi. «Credo che dovremmo includere alcuni stralci del contratto di matrimonio, quelli più favorevoli a Chalion, per aiutarlo a riconciliarsi col fatto compiuto. Cosa ne pensate?»

Cazaril si schiarì la gola e deglutì.

«Caz, sei pallido come un… Sei molto pallido. Sei certo di stare bene?» domandò Bergon, aggrottando le sopracciglia. «Per favore, siediti.»

Cazaril riuscì a scuotere il capo in maniera appena percettibile, tentato dal cercare rifugio dietro una menzogna… o piuttosto una mezza verità, dato che in effetti si sentiva tutt’altro che bene. «No, non sto bene, e non c’è nulla che vada bene», sussurrò, piegando a terra un ginocchio davanti al Royse, mentre continuava: «Ho commesso un terribile errore. Mi dispiace, mi dispiace davvero».

«Lord Caz…» cominciò Iselle, il cui volto stupito, e d’un tratto guardingo, appariva ora sfocato agli occhi di Cazaril.

«Il matrimonio…» disse lui, costringendosi a parlare. «Il matrimonio non ha annullato la maledizione da Iselle, come speravo. L’ha estesa a tutti e due.»

«Come?» sussurrò Bergon.

«E adesso io non so più che cosa fare…» completò Cazaril, con voce incrinata dal pianto.

«Come fate a saperlo?» domandò Iselle.

«Vedo il manifestarsi della maledizione, e lo vedo intorno a tutti e due, addirittura più scura e spessa, più avvolgente.»

«Io… Abbiamo fatto qualcosa di sbagliato, in qualche modo?» chiese Bergon, che appariva sgomento.

«No, no. Dal momento che Sara e Ista, unendosi in matrimonio con un membro della Casa di Chalion, erano rimaste contagiate dalla maledizione, pensavo che ciò dipendesse dalla differenza tra uomini e donne… Insomma, credevo che la maledizione seguisse in qualche modo la linea di discendenza maschile degli eredi di Fonsa, accompagnandosi al titolo.»

«Ma anch’io sono un’Erede di Fonsa, e carne e sangue non sono semplici nomi», osservò Iselle, scandendo le parole. «Quando due persone si sposano, ciò non significa che una scompaia e che l’altra rimanga… Si tratta di un’unione, non della consumazione dell’una da parte dell’altra. Oh, non c’è nulla che possiamo fare? Ci dev’essere una soluzione!»

«Ista mi ha detto…» cominciò Cazaril, poi s’interruppe, perché non era certo di voler riferire la storia di Ista a quei due giovani tanto determinati. A Iselle poteva venire qualche idea… L’ignoranza non è stupidità, ma può benissimo diventarlo, così aveva protestato Iselle, e adesso era troppo tardi per tenerla al riparo dalla realtà. Sulla scorta dell’ira degli Dei, sarebbe diventata la prossima Royina di Chalion e, al diritto di governare, si accompagnava il dovere di proteggere, per cui il privilegio di ricevere protezione doveva essere abbandonato, come i giocattoli dell’infanzia. E ciò valeva soprattutto per la protezione da amare verità. «Ista mi ha detto che esiste un altro modo», confessò infine. Poi, rialzatosi, si lasciò cadere pesantemente sulla sedia e, con voce rotta, in termini tanto scarni da apparire quasi brutali, riferì la storia narrata da Ista riguardo a Lord dy Lutez, al Roya Ias e alla visione che lei stessa aveva ricevuto dalla Dea. Parlò di quelle due notti infernali nelle segrete dello Zangre, dell’uomo prima legato e poi calato nella vasca di acqua gelida. Entrambi i giovani lo fissavano con sgomento, pallidi in volto. «Dalla notte in cui ho cercato di barattare la mia vita con la morte di Dondo, ho pensato… ho temuto… di essere io la persona giusta», continuò Cazaril. «E l’idea di essere il prescelto mi ha terrorizzato. Ista mi ha definito ’il dy Lutez di Iselle’… Se fossi convinto dell’utilità di un simile gesto, vi giuro, al cospetto degli Dei, che vi chiederei di portarmi fuori adesso e di annegarmi nella fontana del cortile, due volte. Ormai però non posso più essere la vittima sacrificale: la mia seconda morte sarà anche l’ultima, perché il demone della morte volerà via con la mia anima e con quella di Dondo. Non vedo proprio come potrei rientrare nel mio corpo…» E si sfregò col dorso della mano il volto bagnato di lacrime.

Bergon fissò la moglie con tanta intensità da dare l’impressione di volerla consumare con lo sguardo. «E se ci provassi io?» chiese infine, con voce roca.

«Come?» esclamò Iselle.

«Sono venuto qui per salvarti da questa cosa… L’unica differenza sta nel modo, che, lo ammetto, sarà un po’ più sgradevole del previsto… Comunque non ho paura dell’acqua. Che ne dite di provare ad annegare me?»

Le proteste di Cazaril e di Iselle si sovrapposero per qualche istante, poi Cazaril, con un cenno della mano, invitò la Royesse a parlare.

«È già stato tentato una volta», ribadì lei. «E non ha funzionato. Non intendo annegare nessuno di voi due! E neppure impiccarvi o fare qualsiasi altra orribile cosa che vi possa venire in mente. No!»

«Inoltre la Dea ha detto che un uomo avrebbe dovuto dare tre volte la vita per la Casa di Chalion, e non che si dovesse trattare di un uomo della Casa di Chalion», rammentò loro Cazaril. Almeno così aveva detto Ista… Però lei aveva ripetuto il messaggio della sua visione usando le stesse parole della Dea, oppure nella sua versione si annidava qualche fatale errore? Quale che fosse la verità, comunque non aveva importanza, se il contenuto di quelle parole poteva trattenere Bergon dal mettere in atto il suo orribile piano. «Non credo che si possa infrangere la maledizione dall’interno, altrimenti sarebbe stato Ias, e non dy Lutez, a calarsi in quella botte…» proseguì Cazaril. «E adesso tu sei dentro la maledizione, Bergon. Possano i cinque Dei perdonarmi per questo.»

«E in ogni caso quella soluzione ha qualcosa di sbagliato», aggiunse Iselle, socchiudendo gli occhi. «Sembra una specie d’imbroglio. Qual era il consiglio che avete ricevuto dal santo Umegat, quando gli avete chiesto cosa fare? Mi riferisco a quella faccenda dei doveri quotidiani…»

«Ha detto che avrei dovuto svolgere i miei doveri quotidiani, come si fossero presentati.»

«Benissimo. In tal caso, gli Dei non hanno ancora finito di occuparsi di noi», rifletté Iselle, tamburellando con le dita sulla superficie del tavolo. «Stavo pensando… Mia madre ha generato due figli per la Casa di Chalion, però non ha mai avuto la possibilità di tentare una terza gravidanza, e quello è senza dubbio un dovere imposto dagli Dei.»

Cazaril si soffermò a considerare lo scempio che la maledizione avrebbe potuto causare, unendosi ai rischi connessi a una gravidanza e a un parto, proprio come si era unita alle fortune militari di Ias e di Orico, e fu percorso da un brivido. Alla luce di quella situazione, la sterilità di Sara era il minore fra tutti i possibili disastri. «Per i cinque Dei, Iselle, credo che fareste meglio a ficcare me in quella botte!» esclamò.

«Inoltre la Dea ha detto che si doveva trattare di un uomo. Vero, Caz?» disse Bergon.

«Uh… Così mi ha riferito Lady Ista.»

«Secondo i Divini, quando gli Dei impartiscono le loro istruzioni agli uomini, relativamente ai loro doveri religiosi, intendono riferirsi anche alle donne», sibilò Iselle. «Non potete escludere le donne solo quando vi fa comodo, senza contare che ho vissuto sotto l’ombra della maledizione per sedici anni, senza conoscerne l’esistenza, e sono comunque sopravvissuta.»

Ma adesso il suo effetto sta peggiorando, si sta intensificando, pensò Cazaril, ai cui occhi la morte di Teidez era un segno evidente di quella evoluzione… I punti di forza e le virtù del ragazzo, per pochi che fossero, erano stati distorti in modo da causare una sventura. Iselle e Bergon avevano molti punti di forza e numerose virtù: per loro, il potenziale distruttivo della maledizione era immenso. Scrutò la giovane coppia che si stava tenendo per mano. Iselle, però, si sfregava gli occhi con le nocche della mano libera.

«Maledizione a parte, rimane il fatto che bisogna preparare subito un documento di obbedienza a Orico, in modo che dy Jironal non possa sostenere che mi sto ribellando a lui», disse poi, stringendosi con le dita la sella del naso e traendo un profondo respiro. «Se solo potessi raggiungere Orico e parlargli, so che potrei persuaderlo del fatto che questo matrimonio torna a beneficio di Chalion.»

«Orico è molto facile da persuadere», convenne Cazaril. «Il difficile è rendere… solida tale persuasione.»

«Già, e non dimentichiamo che dy Jironal si trova a Cardegoss con lui. Il mio più grande timore è che, nell’apprendere la notizia del matrimonio, lui possa in qualche modo convincere Orico a modificare ancora i termini del suo testamento.»

«Conquistate la fiducia di un numero sufficiente di Provincar di Chalion, Royesse. Soltanto così potrete contare sul loro appoggio per opporvi a eventuali clausole del genere.»

«Vorrei andare a Cardegoss», ribatté Iselle, accigliandosi. «Se davvero Orico è in punto di morte, dovrei essere accanto a lui, e io e Bergon dovremmo trovarci nella capitale per controllare l’evolversi degli eventi.»

«È una cosa difficile quanto pericolosa», obiettò Cazaril, dopo un momento di riflessione. «Non dovete mettervi nelle mani di dy Jironal.»

«Non sarebbe mia intenzione andarci da sola», ribatté Iselle, con un sorriso cupo come il riflesso della luna su una lama di coltello. «Ritengo però che dovremmo sfruttare ogni appiglio legale e ogni vantaggio tattico. Inoltre, sarebbe opportuno ricordare ai nobili di Chalion che il potere legale del Cancelliere deriva solo ed esclusivamente dal Roya.»

«Tu conosci quell’uomo meglio di me», interloquì Bergon. «Credi che dy Jironal accoglierà la notizia senza far nulla?»

«Quanto più a lungo riusciremo a farlo rimanere inattivo e meglio sarà, perché il sostegno su cui potremo contare aumenterà di giorno in giorno.»

«Avete saputo come dy Jironal ha reagito alla cosa?» chiese Cazaril.

«Non ancora», rispose Bergon.

«Tienimi informato», lo ammonì Cazaril, poi trasse un lungo respiro, appiattì davanti a sé un foglio di carta e prese una penna. «Ora veniamo alla lettera. Con quale titolo desiderate essere indicati?»


Più tardi, nell’attraversare il cortile sottostante le camere reali, recando con sé il documento firmato e sigillato, Cazaril si trovò a riflettere che la consegna di quella missiva d’importanza capitale era un problema assai delicato. Era infatti impossibile pensare di gettarla nella sacca di un corriere, perché venisse portata alla Cancelleria dello Zangre. No, era necessaria una delegazione di uomini di rango, non soltanto per dare alla lettera, a Iselle e a Bergon la giusta importanza, ma anche per garantire che essa venisse consegnata direttamente a Orico, e non a dy Jironal. Uomini degni di fiducia dovevano leggerne il testo al Roya cieco e morente, e fornire risposte meditate alle sue eventuali domande sul precipitoso matrimonio della sorella. Cazaril decise inoltre che la delegazione doveva essere composta di nobili e di Divini, e che senza dubbio lo zio di Iselle avrebbe saputo indicargli gli uomini più adatti a quel compito. Dovevano partire quella notte stessa, viaggiando il più in fretta possibile. Accelerando il passo, si mise alla ricerca di un paggio o di un servitore che potesse dirgli dove trovare dy Baocia.

Poi, sotto le arcate di accesso al cortile, incontrò Palli e lo stesso dy Baocia, che stavano sopraggiungendo in tutta fretta, entrambi abbigliati con le vesti indossate per il banchetto.

«Caz!» esclamò Palli. «Non ti ho visto a pranzo.»

«Stavo riposando. Ho… avuto una brutta nottata.»

«Eppure avrei giurato che tu eri l’unico a essere andato a letto ancora sobrio.»

«Cos’hai lì?» domandò Cazaril, ignorando quel commento.

«Notizie da Cardegoss, inviate da dy Yarrin tramite un corriere del Tempio», rispose Palli, sollevando un fascio di lettere. «Ho pensato che il Royse e la Royesse dovessero essere informati immediatamente. Pare infatti che dy Jironal abbia lasciato lo Zangre ieri mattina, ma nessuno sa dove sia diretto.»

«Aveva con sé delle truppe? No, aspetta, non voglio farti ripetere tutto. Venite con me», decise Cazaril, girando sui tacchi per dirigersi di nuovo alle camere reali.

Uno dei servitori di Iselle li fece entrare e si mise in cerca di Iselle e Bergon. Cazaril approfittò dell’attesa per mostrare a Palli e a dy Baocia la lettera per Orico, spiegandone il contenuto. Annuendo, il Provincar elencò subito alcuni nobili che, a suo parere, potevano assumere il compito di farla giungere a Cardegoss.

Di lì a poco arrivarono Bergon e Iselle, la quale si stava ancora assestando i capelli intrecciati. Alzandosi, i tre visitatori rivolsero loro un inchino, poi Bergon, insospettito dalle carte che Palli aveva in mano, li invitò a sedersi al tavolo.

Palli riferì la notizia della partenza di dy Jironal. «Ha preso con sé soltanto un piccolo contingente di cavalleria delle sue forze personali. Secondo dy Yarrin, intende percorrere solo una breve distanza, oppure viaggiare molto in fretta.»

«Che notizie ci sono di mio fratello Orico?» domandò Iselle.

«Ecco, leggete…» rispose Palli, porgendole la lettera del suo superiore perché potesse esaminarla. «Una volta che dy Jironal si è tolto di mezzo, dy Yarrin ha cercato immediatamente di vedere il Roya, ma la Royina Sara ha detto che stava dormendo e si è rifiutata di disturbare il suo riposo per qualsiasi motivo. Giacché lei, in passato, lo aveva lasciato entrare di nascosto perché potesse parlare con Orico, dy Yarrin teme che le condizioni del Roya siano ulteriormente peggiorate.»

«Cosa c’è nell’altra lettera?» chiese Bergon.

«Notizie vecchie, ma interessanti», rispose Palli. «Cazaril, si può sapere cosa sta dicendo il vecchio Arcidivino sul tuo conto? Il comandante locale dell’Ordine del Figlio è venuto da me con aria terrorizzata… Ritiene che tu sia stato toccato dagli Dei, e non osa avvicinarti. Si è dunque rivolto a qualcuno che, come lui, avesse giurato fedeltà al Tempio. A quanto pare, ha ricevuto copia di un ordine emesso dalla Cancelleria a tutte le postazioni militari dell’Ordine del Figlio della zona occidentale di Chalion… un mandato d’arresto per te, con accusa di tradimento. Sembra proprio che tu sia stato calunniato…»

«Di nuovo?» mormorò Cazaril, prendendo la lettera.

«E c’è un’altra accusa, relativa al fatto di essere andato a Ibra per vendere Chalion alla Volpe… Un’accusa che adesso ha perso ogni valore, considerato che tutti ormai conoscono la verità.»

«Capisco», commentò Cazaril, scorrendo il testo del mandato. «Quest’ordine era la rete da lui tesa per bloccarmi, in caso i suoi assassini avessero fallito. Temo però che l’abbia emanato un po’ troppo tardi. Come hai detto anche tu, sono notizie ormai vecchie.»

«Sì, però hanno un seguito. Da quell’idiota obbediente che è, il comandante locale ha risposto a dy Jironal con una lettera, in cui sosteneva che il mandato si basava su premesse chiaramente errate, dato che tu avevi agito per ordine esplicito della Royesse Iselle. Così, pur ammettendo di averti visto, non ti aveva arrestato. Sottolineava inoltre che la tua missione non era stata un tradimento, bensì un atto che aveva portato grandi benefici a Chalion. E infatti il matrimonio aveva suscitato un enorme entusiasmo nella popolazione di Taryoon, rivelando anche che la nuova Erede, oltre a essere bellissima, era anche saggia e buona. E ciò era un sollievo e un motivo di speranza, dopo i disastri causati dal regno di Orico.»

«Considerato che quei disastri sono stati causati anche da dy Jironal, quell’ultima frase suona davvero come un insulto…»

«Sì, ma credo che fosse del tutto involontario, perché quel comandante è… un sempliciotto, nel modo di pensare e di parlare. Lui, in realtà, intendeva persuadere dy Jironal a fornire alla Royesse tutto il proprio appoggio.»

«È più probabile che la sua lettera abbia l’effetto opposto», affermò Cazaril. «Dy Jironal si convincerà che il sostegno di cui lui stesso gode si sta rapidamente deteriorando, e ciò lo indurrà ad agire subito per rinforzare le proprie posizioni. Quando pensi che il Cancelliere abbia ricevuto questi saggi consigli da parte del suo subordinato?»

«Ieri mattina di buon’ora», rispose Palli, con una smorfia.

«Ecco, immagino che in quella lettera non ci sia nulla che lui non possa aver appreso da altre fonti», concluse Cazaril, passando la missiva a Bergon, che la lesse con attenzione.

«Dy Jironal ha lasciato Cardegoss», commentò Iselle, assorta.

«Sì, ma per andare dove?» domandò Palli.

«Se è partito con una scorta ridotta, allora punta a raggiungere un luogo in cui sono concentrate le sue forze e abbastanza vicino a Taryoon da permettere un attacco. Il che significa che sta andando da suo genero, il Provincar della Thistan, che si trova a est rispetto a noi, oppure a Valenda, che si trova a nord-ovest», rifletté dy Baocia, tormentandosi un labbro.

«Thistan è più vicina», osservò Cazaril.

«Ma a Valenda lui ha mia madre e mia sorella in ostaggio», gli ricordò cupamente dy Baocia.

«È una situazione che esisteva anche prima», gli fece notare Iselle, con voce tesa per la preoccupazione. «Zio, sono state loro a dirmi di andare…»

Bergon stava ascoltando con la massima attenzione, con l’aria forse un po’ turbata ma senza mostrare segni di panico. Cazaril si disse che, in fondo, quel giovane era cresciuto in mezzo a una guerra civile…

«Credo che dovremmo puntare dritti verso Cardegoss e prenderne possesso, approfittando dell’assenza di dy Jironal», affermò infine Iselle.

«In tal caso, prima dovremmo espugnare Valenda per liberare i nostri familiari e avere le spalle protette», le spiegò suo zio. «Se però dy Jironal sta radunando uomini per attaccare Taryoon, non posso privare la città delle sue difese.»

«Ma se Bergon e io lasceremo Taryoon, dy Jironal non avrà più motivo di attaccare», obiettò Iselle, in tono ansioso. «Né qui né a Valenda. È su di me che deve mettere le mani.»

«L’idea che dy Jironal vi tenda un’imboscata lungo la strada non mi piace affatto», osservò Cazaril.

«Quanti uomini ci potresti dare per scortarci a Cardegoss, zio, ed entro quanto tempo?» domandò Iselle. «Deve trattarsi di cavalieri. La fanteria dovrebbe seguirci alla massima velocità possibile.»

«Potrei radunare cinquecento cavalieri per domani notte, e mille fanti entro il giorno successivo», rispose dy Baocia, sia pure con una certa riluttanza. «I miei due buoni vicini ne potrebbero inviare altrettanti, ma non così presto.»

Cazaril pensò che, in realtà, dy Baocia avrebbe potuto fornire un numero di uomini doppio di quello proposto, se non fosse stato tanto riluttante ad agire. In un momento come quello, in cui bisognava rischiare il tutto per tutto, una cautela eccessiva poteva essere fatale quanto la troppa imprudenza.

«Allora falli preparare», ordinò Iselle, incrociando le mani in grembo. «Presenzieremo alla veglia di preghiera dell’alba per il Giorno della Figlia e alla processione che seguirà, proprio come avevamo stabilito. Zio, Lord dy Palliar, vi prego d’inviare tutti gli uomini possibili in ogni direzione per raccogliere informazioni sui movimenti di dy Jironal. Domani sera, una volta vagliate le notizie raccolte, prenderemo una decisione definitiva.»

Inchinandosi, i due uomini si affrettarono a lasciare la stanza, ma Iselle chiese a Cazaril di fermarsi ancora per un momento. «Non volevo discutere con mio zio, però credo che la minaccia a Valenda sia soltanto una manovra diversiva», affermò, in tono peraltro un po’ dubbioso. «Voi che ne pensate?»

«Dal punto di vista del Roya e della Royina di Chalion-Ibra… quella città non ha una posizione geografica importante, chiunque ne sia in possesso.»

«Allora lasciamo che si riveli una perdita di tempo per gli uomini di dy Jironal e non per i nostri, anche se temo che mio zio possa sollevare qualche difficoltà al riguardo.»

«La strada per Valenda e quella per Cardegoss hanno il primo tratto in comune», disse Bergon, schiarendosi la gola. «Potremmo fingere di puntare su Valenda e prendere invece la deviazione per Cardegoss.»

«Fingere con chi?»

«Con tutti o quasi. In tal modo, le spie che dy Jironal ha sicuramente anche qui, tra noi, lo manderanno nella direzione sbagliata.»

Sì, Bergon è davvero il figlio della Volpe di Ibra, pensò Cazaril.

Iselle rifletté un momento, poi assunse un’espressione accigliata. «Funzionerà solo se gli uomini di mio zio ci seguiranno», obiettò.

«Se saranno ai nostri ordini, non avranno altra alternativa che obbedirci.»

«Spero di evitare una guerra, non di scatenarne una», gli ricordò Iselle.

«In tal caso, non marciare verso una città affollata di uomini del Cancelliere è la cosa più sensata, non credi?» replicò Bergon.

Con un sorriso un po’ triste, Iselle si protese a baciarlo su una guancia, e lui sollevò una mano a sfiorarsi il punto in cui si erano posate le sue labbra, con un gesto quasi meravigliato. «Ci concederemo entrambi una pausa di riflessione fino a domani», annunciò infine lei. «Cazaril, provvedete lo stesso a far partire la lettera per mio fratello Orico, come se avessimo intenzione di rimanere qui a Taryoon, anche se è possibile che noi si raggiunga il corriere lungo la strada e si provveda a consegnarla di persona.»


Con l’assistenza di dy Baocia e dell’Arcidivino, Cazaril non faticò a trovare in città e al Tempio i volontari disposti ad andare a Cardegoss per consegnare la lettera della Royesse. Il sostegno di cui godeva la coppia reale stava infatti aumentando di giorno in giorno e probabilmente sarebbe aumentato l’indomani, con l’arrivo in città di tutti coloro che avrebbero partecipato alla celebrazione del Giorno della Figlia. La giovinezza e la bellezza dei due sposi agiva come un potente talismano sul cuore degli uomini. Dopotutto, la stagione della Signora della Primavera era un periodo di rinnovamento, e veniva identificata con l’imminente ascesa al trono di Iselle. Il problema era portare un certo equilibrio nel governo di Chalion finché permaneva quell’atteggiamento benevolente, in modo che il sostegno popolare continuasse anche in momenti meno felici. In ogni caso, quel periodo di speranza sarebbe rimasto nella memoria e negli occhi di molti anche quando Iselle e Bergon fossero stati più maturi.

Fu così che quella stessa notte, all’ora in cui la maggior parte della gente stava ormai andando a letto, Cazaril sovrintese alla partenza di una dozzina di uomini, accompagnati dal March dy Sould, in qualità di testimone e di portavoce di Bergon, e consegnò i documenti ufficiali a un Divino anziano, un nobile che aveva raggiunto un rango elevato in seno all’Ordine del Padre. Dopo che gli ambasciatori ebbero lasciato la Piazza del Tempio, Palli riaccompagnò Cazaril al Palazzo dy Baocia e gli augurò la buonanotte.

Non più impegnato a organizzare la delegazione, Cazaril, salendo i gradini verso la galleria, sentì il proprio passo farsi pesante. La sua maledizione era un fardello segreto che faceva affondare anche le speranze più luminose. Senza dubbio, una dozzina di anni prima, Orico aveva dato inizio al proprio regno con lo stesso entusiasmo e lo stesso impegno di Iselle, convinto che, con la dedizione e la buona volontà, avrebbe sopraffatto il nero miasma della maledizione. Però tutto era andato per il verso sbagliato…

Cazaril rifletté che poteva succedergli di peggio che diventare «il dy Lutez di Iselle»; poteva diventare «il suo dy Jironal». Prima d’impazzire, quanto avvilimento e quanta corruzione poteva tollerare l’animo di un uomo fedele, contemplando il lento dissolversi della speranza e della giovinezza che cedevano il posto alla vecchiaia e alla disperazione? Eppure,

quali che fossero stati i suoi cedimenti e i suoi vizi, Orico aveva resistito abbastanza a lungo da dare una possibilità alla generazione successiva. Aveva puntellato una diga di sventura, annegando allorché essa era crollata, ma dando agli altri il tempo di salvarsi dall’onda di piena.

Rientrato nella sua camera, Cazaril si preparò per andare a letto e si dispose a far fronte al consueto attacco notturno. Quella sera, però, Dondo sembrava stranamente passivo. Era forse esausto? O stava raccogliendo le forze, in attesa di chissà cosa? Nonostante quella presenza malevola e le nefaste promesse che racchiudeva, Cazaril non tardò ad addormentarsi.


Un servitore venne a svegliarlo un’ora prima dell’alba e, a lume di candela, lo precedette nel cortile, dove il seguito personale della coppia reale avrebbe tenuto la sua santa veglia. L’aria era gelida e nebbiosa, ma alcune stelle che brillavano debolmente nel cielo promettevano un’alba serena. Alcune stuoie di preghiera in stile ibrano erano state disposte intorno alla fontana centrale, e ciascuno dei presenti si sistemò su una di esse, in ginocchio o prono, a seconda del suo stato d’animo. Iselle e Bergon presero posto l’una accanto all’altro e Lady Betriz si sistemò tra la Royesse e Cazaril. Dy Tagille e dy Cembuer sopraggiunsero sbadigliando e si sistemarono nella cerchia esterna di stuoie, insieme con una mezza dozzina di persone di rango inferiore. Quando furono tutti presenti, un Divino del Tempio li guidò in una breve preghiera comune, poi li invitò a meditare sulle benedizioni racchiuse in quel cambio di stagione, mentre in tutta Taryoon si provvedeva a estinguere i fuochi invernali. A quel punto, vennero spente le candele e sul gruppo scesero il silenzio e una profonda oscurità.

Prostratosi sulla sua stuoia, con le braccia davanti a sé, Cazaril recitò mentalmente le due preghiere primaverili che conosceva, ripetendole tre volte ciascuna, poi lasciò i propri pensieri liberi di fluire, pensando che così, nella sua mente, sarebbe sceso il silenzio e allora forse avrebbe potuto sentire… che cosa?

Betriz lo aveva accusato di cambiare argomento quando gli risultava troppo difficile dare una risposta, e quella era una cosa che aveva cercato di fare anche con gli Dei. Ma non li aveva ingannati, proprio come non era riuscito a ingannare Betriz. A Ista era stata data la possibilità di annullare la maledizione, però aveva fallito, e sembrava che quel fallimento si fosse esteso a tutta la sua generazione. Ciò significava che se lui avesse fallito, non gli sarebbe stata data la possibilità di fare un secondo tentativo, che Iselle o Bergon, o forse entrambi, sarebbero diventati il nuovo Orico e avrebbero dovuto tenere a bada la marea sino ad affondare, creando in tal modo un’opportunità per la generazione seguente?

La loro immensa sfortuna sarà costituita dai figli.

Improvvisa, nitida e inconfutabile, quella consapevolezza affiorò nella mente di Cazaril. Tutto il piano di pace e di ordine che Iselle e Bergon stavano elaborando si basava sulla speranza di avere un Erede intelligente e forte che succedesse a entrambi, ma loro avrebbero finito per consumarsi nella disperazione di fronte ad aborti, figli morti, impazziti, esiliati, traditi…

Assalirei il cielo per te, se sapessi dove si trova.

Lui sapeva dove trovarli, sapeva che erano l’altra faccia di ogni persona, di ogni creatura vivente, vicini quanto potevano esserlo le due facce di una moneta o i due lati di una porta. Ogni anima vivente poteva essere un canale d’accesso per gli Dei. Mi chiedo cosa succederebbe se tutti aprissimo il nostro animo contemporaneamente, pensò. Il mondo verrebbe forse inondato dai miracoli, prosciugando i cieli? Cazaril immaginò che i santi fossero una specie di sistema d’irrigazione degli Dei, simile a quello che circondava Zagosur. Una razionale, attenta regolazione delle chiuse permetteva a ciascuna fattoria dell’anima di ricevere la sua giusta porzione di benefici. A lui, però, quell’immagine ricordava soprattutto un’onda di piena, tenuta a bada da una diga che si stava crepando.

Gli spettri erano esuli relegati sul lato sbagliato del confine, anime rivoltate come guanti… Ma perché la cosa non poteva funzionare anche nel senso opposto, perché non ci poteva essere un anti-spettro, in carne e ossa, libero nel mondo dello spirito? Una persona del genere sarebbe risultata invisibile alla maggior parte degli spiriti nonché impotente ad agire nello stesso modo in cui gli spettri erano invisibili agli occhi della maggior parte degli uomini? Se posso vedere gli spettri che sono stati disgiunti dal corpo, perché non riesco a vedere gli spiriti che risiedono ancora nel loro involucro fisico? si chiese. Poi si rese conto che non ci aveva mai provato.

Chiuse gli occhi e cercò di osservare con la vista interiore le persone che in quel momento stavano intorno a lui, ma i suoi sensi erano confusi dalla materia. Su una delle stuoie esterne, qualcuno cominciò a russare e venne svegliato da una gomitata inflitta da un compagno sogghignante. Rinunciando al tentativo, Cazaril si disse che, se avesse funzionato, sarebbe stato come affacciarsi a una finestra e contemplare il paradiso.

Se gli Dei vedevano l’anima delle persone, ma non il loro corpo, proprio come gli esseri umani potevano vedere l’involucro fisico e non lo spirito in esso racchiuso, si capiva perché fossero tanto indifferenti alle apparenze o alle funzioni fisiologiche e magari anche al dolore. Possibile che il dolore fosse soltanto un’illusione, dal loro punto di vista? Forse, il paradiso non era un luogo, ma soltanto un modo di vedere dotato di una prospettiva e di un’angolazione diverse. E, nel momento della morte, noi scivoliamo dall’altra parte, perdiamo l’ancoraggio alla materia per ottenere… che cosa? La morte creava una lacerazione tra i mondi. Una singola morte creava un piccolo squarcio, subito risanato… Di cosa c’era bisogno per aprirne uno più grande? Non un pertugio, ma un passaggio attraverso cui si potessero riversare i sacri eserciti? Se morisse un Dio, che sorta di squarcio si aprirebbe fra terra e cielo? E, a tal proposito, qual era la vera natura della benedizione-maledizione del Generale Dorato? Che sorta di portale aveva aperto per se stesso quel genio roknari, che sorta di canale era stato…

Il ventre rigonfio di Cazaril fu assalito da un crampo, e lui si girò leggermente di lato per alleviare il dolore, pensando che lui, da qualche tempo, era davvero un locus particolare, giacché due esuli del mondo dello spirito erano intrappolati nella sua carne: il demone, che non apparteneva al mondo terreno, e Dondo, che avrebbe dovuto abbandonarlo, ma vi era ancorato dai suoi peccati, per i quali non cercava remissione. No, Dondo non desiderava raggiungere gli Dei, era un agglomerato di volontà egocentrica, una sorta di piombo che lo appesantiva e che stava scavando nel suo corpo con artigli simili a ramponi. Se non fosse stato per Dondo, sarebbe fuggito da quella situazione. Potrei farlo? si chiese, e provò a supporre che quella letale àncora venisse rimossa all’improvviso… miracolosamente. Allora lui sarebbe stato libero di fuggire, ma, in tal caso, non avrebbe mai saputo come si era conclusa quella vicenda.

Quel Cazaril! Se solo avesse tenuto duro per un altro giorno, per un altro miglio, avrebbe potuto salvare il mondo… Invece si è arreso troppo presto… Ecco, quella sarebbe stata una forma di dannazione tale da far apparire un semplice, anche se bizzarro, divertimento la sorte di uno spettro rifiutato dagli Dei: una vita intera — un’eternità? — trascorsa nel dubbio. D’altro canto, l’unico modo per sapere come sarebbero andate le cose era percorrere la strada sino in fondo, e fino alla sua stessa distruzione. Per i cinque Dei… Devo proprio essere pazzo, perché, sull’onda di questa spaventosa curiosità, potrei percorrere zoppicando tutta la strada fino all’inferno del Bastardo, rifletté.

Sentiva il respiro dei suoi compagni di preghiera e un occasionale frusciare di abiti, sullo sfondo del gorgoglio della fontana, e quei suoni lo confortarono. Si sentiva molto solo, ma, se non altro, era in buona compagnia.

Benvenuto alla santità, Cazaril, pensò, ironico. In virtù della benedizione degli Dei, ora puoi ospitare miracoli! Il problema è che non puoi scegliere quali miracoli accogliere in te… Betriz aveva interpretato le cose esattamente al contrario: non si trattava di assalire i cieli, ma di lasciare che i cieli assalissero te. Un vecchio esperto di assedi poteva imparare ad arrendersi, ad aprire le proprie porte?

Alle vostre mani, o Signori della luce, affido la mia anima. Fate ciò che dovete per risanare il mondo. Io sono al vostro servizio, pregò.

Il cielo si andava rischiarando: il grigiore proprio del Padre dell’Inverno lasciava il posto all’azzurro intenso che era prerogativa della Figlia. Nel cortile ancora in ombra, Cazaril vide le sagome dei suoi compagni che cominciavano a tingersi di colori, dono della luce, e a proiettare tenui ombre, in quell’umida alba pervasa dell’intenso profumo dei fiori d’arancio e di quello più tenue dei capelli di Betriz. Sentendosi freddo e irrigidito, si sollevò infine sulle ginocchia.

In quel momento, in un punto imprecisato del palazzo, il grido rabbioso di un uomo fendette l’aria. Poi una donna urlò.

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