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Il gruppo seguì la strada percorsa da Cazaril nel viaggio di andata, attraversando la parte occidentale di Chalion e cambiando i cavalli presso piccole sedi rurali dell’Ordine della Figlia. A ogni fermata, Cazaril sperava che ci fosse qualche messaggio per lui e chiedeva con ansia notizie da Valenda. Avrebbe voluto conoscere qualche dettaglio della situazione verso cui si stavano dirigendo, ma gli risultò impossibile. Era soprattutto l’assenza di lettere a inquietarlo. Secondo il loro piano, Iselle doveva rimanere ad attenderli presso la madre e la nonna, protetta dalle truppe baociane dello zio; ma Cazaril cominciava a temere che le cose fossero cambiate.

Una sera, a ora ormai tarda, il gruppo si concesse una sosta nel villaggio di Palma, a una ventina di miglia da Valenda. La regione circostante era famosa per la qualità dei suoi pascoli, e infatti quella sede dell’Ordine della Figlia allevava e addestrava cavalcature destinate al Tempio. Cazaril era certo che là avrebbero trovato cavalli freschi oltre che notizie recenti. Così almeno sperava.

Più che smontare di sella, Cazaril si accasciò lentamente su se stesso, come se il suo corpo fosse stato intagliato in un singolo blocco di legno. Ferda e Foix dovettero trasportarlo attraverso l’ampio insieme di edifici dell’Ordine, fino a una camera spoglia ma confortevole, dove un fuoco vivace ardeva nel focolare di pietra e un semplice tavolo di legno di pino era stato appena sgombrato da un mazzo di carte da gioco. Il locale Devoto-comandante chiese subito cosa poteva fare per loro e, cercando di capire chi, tra dy Tagille e dy Sould, avesse il comando del gruppo, ignorò completamente Bergon che infatti, per maggiore sicurezza, aveva viaggiato travestito da servitore. Non appena informato dell’identità del Royse, il comandante, sempre più confuso, si scusò e inviò il suo luogotenente a prendere cibo e bevande per quegli importanti ospiti.

Con la testa che ancora gli girava, Cazaril si sedette al tavolo, adagiandosi su una sedia coperta di cuscini e trasse un sospiro di sollievo, pensando a come quella sedia fosse meravigliosamente diversa da una sella, così salda e ferma sul pavimento… Nel corso di quel viaggio, aveva sviluppato, nei confronti dei cavalli, un’avversione quasi pari a quella che nutriva per le imbarcazioni. Si sentiva esausto, con la testa ovattata e i muscoli che dolevano. Dopo un po’, a fatica, trovò la forza per intervenire nella conversazione. «Che notizie ci sono da Valenda?» domandò, con voce roca. «Avete in consegna qualche messaggio da parte della Royesse Iselle?»

Ferda gli mise in mano un bicchiere di vino annacquato, e lui ne trangugiò metà in un solo sorso.

«Il Cancelliere dy Jironal è arrivato in città la scorsa settimana con un altro migliaio dei suoi uomini», replicò il Devoto-comandante, scuotendo il capo. «E ne ha altri mille accampati lungo il fiume, incaricati di pattugliare le campagne alla vostra ricerca… I suoi uomini si sono fermati qui già due volte. Dy Jironal stringe Valenda in una morsa di ferro.»

«Il Provincar della Baocia ha uomini in città?»

«Sì, ne ha, ma pochi: soltanto due compagnie. Nessuno era disposto a scatenare un conflitto durante i funerali del Royse Teidez, e dopo non è più stato possibile farlo.»

«Avete notizie del March dy Palliar?»

«Di solito era lui che ci portava le lettere da inoltrare, ma da cinque giorni non abbiamo più notizie dirette della Royesse. Corre voce che sia molto malata, e che non riceva nessuno.»

Bergon sgranò gli occhi con espressione allarmata e Cazaril assunse un’aria perplessa. «Malata? Iselle? Ecco… è possibile, ma è più probabile che dy Jironal la tenga sotto chiave e che abbia fatto circolare la storia della malattia per coprire la cosa», rifletté. Possibile che una delle mie lettere sia finita nelle mani sbagliate? si chiese. Aveva sempre paventato l’eventualità di dover «rapire» la Royesse da Valenda o di doverla liberare con la forza delle armi, ma non aveva mai pensato a cosa fare se Iselle si fosse ammalata in quel momento critico, magari al punto di non essere in condizione di cavalcare. Mentre formulava quelle riflessioni, nel suo cervello ottenebrato apparve la folle immagine di Bergon che riusciva ad arrivare fino a Iselle, passando per tetti e balconi, come un amante di qualche poema… Ma se una notte d’amore avrebbe potuto spezzare la maledizione e reincanalarla in qualche modo verso gli Dei che l’avevano generata, non sarebbe però riuscita a far miracolosamente scomparire un paio di migliaia di soldati estremamente reali e concreti. «Orico è ancora vivo?» domandò.

«Per quel che ne sappiamo, sì.»

Si sentiva troppo stanco per elaborare un piano adeguato. «Per stanotte non possiamo fare altro», decise Cazaril. «Domani, Ferda, Foix e io entreremo a Valenda, a piedi e travestiti, per valutare la situazione… Vi garantisco che non mi è difficile passare per un vagabondo. Se poi non riusciremo a trovare il modo di tirare fuori Iselle da quella trappola, ripiegheremo su Taryoon e studieremo un nuovo piano col Provincar della Baocia.»

«Ma voi siete in grado di camminare, mio signore?» domandò Foix, incerto.

Cazaril, in effètti, non era neppure certo di riuscire ad alzarsi, e si limitò a scoccare un’occhiata afflitta a Foix, che era stanco ma forte, roseo di carnagione e non grigiastro per lo sfinimento di una giornata trascorsa in sella. Beata gioventù… «Domattina ci riuscirò», garantì, accarezzandosi il volto. «Gli uomini di dy Jironal sono consapevoli di non essere protettori ma carcerieri? Che le loro azioni potrebbero costituire un atto di tradimento nei confronti della futura Erede?»

«Attualmente, entrambe le fazioni si stanno scambiando accuse del genere. Corre voce che la Royesse Iselle abbia mandato qualcuno a Fora per negoziare il matrimonio col nuovo Erede di quella nazione», rispose il Devoto-comandante, rivolgendo un cenno di scusa al Royse Bergon.

La segretezza della loro missione si era quindi dissolta. Cazaril si trovò, quasi suo malgrado, a immaginare i possibili schieramenti a Chalion: sarebbe stato un bene se Iselle e Orico si fossero uniti contro dy Jironal… ma se Iselle si fosse opposta a Orico e a dy Jironal, allora lei avrebbe corso un grave pericolo.

«Queste notizie hanno generato le reazioni più diverse», proseguì il comandante. «Le dame guardano a Bergon con approvazione e tingono la cosa di un alone romantico, perché si dice che lui sia molto coraggioso e avvenente. Le menti più posate invece temono che Iselle venda Chalion alla Volpe, perché è… giovane e inesperta.»

Cioè stupida e irresponsabile, tradusse mentalmente Cazaril, con un sorriso amaro. Le nienti più posate hanno davvero ancora molto da imparare… «No», borbottò. «Non abbiamo fatto nulla di tutto ciò.» D’un tratto, si rese conto che stava parlando alle proprie ginocchia, perché, chissà come, teneva la fronte appoggiata al tavolo.

«Caz?» gli mormorò all’orecchio la voce di Bergon. «Sei sveglio?»

«Hmm.»

«Non sarebbe meglio che andaste a letto, mio signore?» suggerì il Devoto-comandante, dopo un’altra pausa.

«Hmm.»

Cazaril si lasciò sfuggire un lieve gemito quando mani forti gli s’insinuarono sotto le braccia e lo sollevarono. Ferda e Foix lo trascinarono da qualche parte… comportandosi in modo piuttosto crudele con lui perché il tavolo gli era sembrato un sostegno abbastanza comodo. Non si accorse neppure di quando lo distesero sul letto.


Qualcuno lo stava scuotendo per una spalla e una voce orribilmente allegra e stentorea gli risuonava all’orecchio.

«Alzati e cavalca, Capitan Sole!» tuonò l’intruso.

Con uno spasmo incontrollato, Cazaril si aggrappò alle coltri per sollevarsi a sedere, poi ci ripensò, limitandosi ad aprire gli occhi impastati e sbattendo le palpebre nella luce della candela. Infine riconobbe la voce che lo aveva svegliato. «Palli! Sei vivo!» riuscì a sussurrare, anche se quella frase era intesa come un grido di gioia. «Che ore sono?» domandò poi, lottando di nuovo per raddrizzarsi e riuscendo a puntellarsi su un gomito. A quanto pareva, si trovava nella camera di qualche Devoto-ufficiale, che era stato costretto a sloggiare per fargli posto.

«Manca circa un’ora all’alba. Abbiamo cavalcato tutta la notte, perché Iselle mi ha incaricato di rintracciarti», spiegò Palli, sollevando la coppia di candele, la cui luce rivelò così anche Bergon e Foix, fermi alle sue spalle con un’espressione ansiosa sul viso. «Per i demoni del Bastardo, Caz!» esclamò. «Sembri un cadavere resuscitato!»

«Sì, me lo hanno fatto notare…» annaspò Cazaril, riadagiandosi all’indietro. Palli era lì, era arrivato, e tutto andava bene. Avrebbe potuto affidare a lui Bergon e ogni altro suo fardello e restarsene lì, sdraiato, per morire in pace, portando Dondo con sé. «Accompagna il Royse Bergon e la sua scorta da Iselle», sussurrò. «Lasciami…»

«Come? Dovrei lasciarti dove le pattuglie di dy Jironal ti possono trovare? Mai. Ciò metterebbe a rischio la mia vita futura da cortigiano! Iselle ti vuole sano e salvo al suo fianco, a Taryoon.»

«A Taryoon? Non a Valenda?» domandò Cazaril, interdetto. «Al sicuro?» E riuscì a sollevarsi, prima di svenire.

Quando la nebbia nera che lo aveva avvolto infine si dissipò, la prima cosa che vide fu Bergon che, con occhi sgranati per la preoccupazione, sosteneva la sua forma accasciata sul bordo del letto.

«Resta seduto per un momento, tenendo bassa la testa», gli consigliò Palli.

Obbediente, Cazaril si ripiegò in avanti sul ventre dolorante. Se era venuto a trovarlo, la notte precedente, Dondo non lo aveva trovato in casa, ma, a giudicare dai dolori, doveva comunque avergli assestato qualche calcio nel sonno.

«La notte scorsa, quando siamo arrivati, non ha mangiato nulla, perché è crollato subito e abbiamo dovuto metterlo a letto», spiegò Bergon, a bassa voce.

«Ho capito», annuì Palli, facendo un cenno a Foix, che assentì e sgusciò fuori della stanza.

«A Taryoon?» borbottò Cazaril, con la testa vicina alle ginocchia.

«Sì. È riuscita a prendersi gioco di tutti i duemila soldati di dy Jironal. Per prima cosa, suo zio dy Baocia è tornato a casa coi suoi uomini, e quegli stolti lo hanno lasciato andare, convinti che si sarebbe trattato di un pericolo in meno. Poi Iselle è uscita a cavallo per cinque giorni di fila, sempre scortata da un contingente delle truppe di dy Jironal, e li ha fatti correre a perdifiato, convincendo tutti che sarebbe fuggita durante una di quelle cavalcate. Di conseguenza, un giorno, quando lei e Lady Betriz sono uscite a passeggio a piedi, insieme con l’anziana Lady dy Hueltar, le guardie le hanno lasciate passare. Io ero in attesa con due cavalli sellati e due donne. Queste ultime hanno indossato i mantelli delle dame e sono tornate indietro con Lady dy Hueltar; effettuato lo scambio, abbiamo disceso quel burrone alla velocità del lampo… Nel frattempo, la vecchia Provincara si è assunta il compito di nascondere il più a lungo possibile la fuga di Iselle, facendo credere che fosse ammalata e che si trovasse nelle camere della madre. Ormai l’inganno sarà stato scoperto, ma sono pronto a scommettere che Iselle è arrivata sana e salva a Taryoon, da suo zio, prima che a Valenda si accorgessero della sua scomparsa. Per i cinque Dei, quelle ragazze sanno davvero cavalcare! Abbiamo percorso più di cinquanta miglia tra il crepuscolo e l’alba sotto una luna piena a metà, passando per le campagne, e con un solo cambio di cavalli.»

«Ragazze, hai detto?» chiese Cazaril. «Allora anche Lady Betriz è al sicuro?»

«Oh, sì. Tutte e due erano più allegre di due canarini, quando le lo lasciate. Mi hanno fatto sentire un vecchio.»

Scoccando un’occhiata in tralice all’amico, che era di cinque anni più giovane di lui, Cazaril scelse d’ignorare quel commento. «E Ser dy Ferrej? La Provincara? Lady Ista?» volle sapere.

«Si trovano ancora a Valenda, prigionieri», rispose Palli, tornando serio in volto. «Sono stati tutti concordi nell’insistere perché le ragazze tentassero la fuga da sole.»

«Ah.»

Foix rientrò nella stanza, reggendo un vassoio su cui era posata una ciotola di porridge di fagioli, caldo e aromatico. Bergon provvide ad assestare i cuscini e ad aiutare Cazaril a sedersi per mangiare, ma, pur avendo l’impressione di essere affamato, dopo qualche boccone fu costretto a spingere via la ciotola. Dal momento che Palli era impaziente di mettersi in viaggio col favore del buio, si sforzò di assecondarlo e permise a Foix di dargli una mano per vestirsi, anche se paventava l’idea di salire di nuovo a cavallo.

Una volta in cortile, scoprì poi che la loro scorta, costituita da una dozzina di uomini dell’Ordine della Figlia, che avevano seguito Palli da Taryoon, aveva al suo seguito una lettiga appesa tra due cavalli. In un primo tempo, rifiutò con indignazione di servirsene, ma alla fine si lasciò persuadere da Bergon e si adagiò su di essa, mentre la processione s’incamminava nel grigiore dell’alba. Le sconnesse strade secondarie e le piste di campagna scelte dalla colonna risultarono però così sconnesse che la lettiga non faceva altro che sussultare e oscillare. Dopo circa mezz’ora di quella tortura, Cazaril fu costretto a scendere e a salire a cavallo. Per fortuna, in previsione di una simile eventualità, qualcuno aveva avuto la lungimiranza di portare una cavalcatura di scorta dal passo fluido e tranquillo, così lui poté aggrapparsi al pomo della sella e lasciarsi trasportare, sopportando un po’ meglio gli scossoni, mentre il gruppo descriveva un ampio giro intorno a Valenda e alle pattuglie che la occupavano.

Nel pomeriggio, disceso un lungo pendio alberato, la colonna sbucò su una strada più ampia, e Palli si affiancò a Cazaril, adocchiandolo con aria incuriosita e un po’ perplessa. «Ho sentito dire che adesso fai miracoli coi muli», osservò.

«Non io, la Dea», precisò lui, con un sorriso tirato. «A quanto pare, ci sa fare coi muli.»

«Ho saputo anche che hai dimostrato una durezza insolita coi briganti.»

«Eravamo un gruppo forte e bene armato. Se non fossero stati assoldati da dy Joal per attaccarci, quei briganti ci avrebbero di certo girato al largo.»

«Dy Joal era una delle spade migliori al servizio di dy Jironal, eppure Foix sostiene che lo hai abbattuto in pochi secondi.»

«Ucciderlo è stato un errore… e comunque lui è scivolato.»

«Sai, non è necessario che la cosa si sappia», commentò Palli, con un accenno di sorriso, poi rimase in silenzio per qualche istante, fissando le orecchie sussultanti del cavallo, prima di aggiungere: «Il ragazzo che hai difeso su quella galea roknari era Bergon in persona, eh?»

«Già, rapito dai bravacci di suo fratello. Adesso so perché la flotta ibrana ha remato con tanto vigore per raggiungerci.»

«Non hai mai immaginato la sua identità? Allora o in seguito, intendo?»

«No. A quel tempo, lui… ha dimostrato di avere un notevole sangue freddo, ben più di quanto immaginassi. Come Roya, quel ragazzo non farà fatica a conquistarsi molti seguaci.»

Palli lanciò un’occhiata a Bergon, che cavalcava più avanti, accanto a dy Sould, e si toccò i cinque punti sacri con fare pieno di meraviglia. «Gli Dei sono dalla nostra parte, dunque», commentò. «Come possiamo fallire?»

«Invece il pericolo c’è», sospirò Cazaril, pensando a Ista, a Umegat, allo stalliere muto, alla situazione letale in cui lui stesso si trovava. «E con noi, falliranno anche gli Dei», aggiunse, una cosa di cui non si era mai reso conto prima, almeno non in quei termini. Se non altro, Iselle era al sicuro sotto la protezione di suo zio. In qualità di Erede, avrebbe raccolto intorno a sé molti uomini ambiziosi e avrebbe avuto accanto molte persone, non ultimo lo stesso Bergon, in grado di proteggerla dai nemici. D’altro canto non le sarebbe stato facile trovare consiglieri abbastanza saggi da proteggerla dai supposti amici… Che misure avrebbe potuto prendere lui per proteggere anche Betriz dai rischi che minacciavano il suo futuro? «Hai avuto modo di conoscere meglio Lady Betriz, quando hai accompagnato il corteo funebre a Valenda, e nei giorni successivi?» domandò a Palli.

«Oh, sì.»

«È una splendida ragazza, non credi? Hai conversato con suo padre, Ser dy Ferrej?»

«Sì, un uomo davvero eccellente.»

«Lo penso anch’io.»

«Lady Betriz è molto preoccupata per lui», aggiunse Palli.

«Posso immaginarlo. E dy Ferrej sarà preoccupato per lei, adesso e in futuro. Se tutto andrà per il meglio, Betriz diventerà una favorita della futura Royina e, per un uomo astuto, quel genere d’influenza politica varrà molto di più di una semplice dote in denaro… posto che lui sia abbastanza sveglio da capirlo.»

«Non ci sono dubbi, al riguardo.»

«Betriz è intelligente, piena di energie…»

«E cavalca bene», aggiunse Palli, con aria stranamente distaccata.

«In tal caso, non potresti prenderla in considerazione come futura Marchess dy Palliar?» proseguì Cazaril, cercando di mantenere un tono disinvolto.

«Temo che la mia corte sarebbe vana», replicò Palli, con un accenno di sorriso. «Credo infatti che lei s’interessi a un altro uomo, almeno a giudicare dalle domande che mi ha fatto sul suo conto.»

«Ah? Chi è?» chiese Cazaril, nel vano sforzo di convincersi che l’attenzione di Betriz si fosse appuntata, per esempio, su dy Rinal o su uno degli altri cortigiani di Cardegoss. Sapeva benissimo che si trattava di uomini insignificanti. Tra quei giovani cortigiani, ben pochi disponevano di un patrimonio o di una minima influenza, e nessuno era abbastanza intelligente da costituire un buon partito. Anzi, adesso che ci rifletteva, nessuno era neppure lontanamente alla sua altezza.

«Non posso dirtelo, perché si è trattato di una confidenza, però ritengo che dovresti parlarne con lei, quando arriveremo a Taryoon», sorrise Palli, poi spronò il cavallo per portarsi in testa alla colonna.

Cazaril rifletté sui sottintesi che aveva colto nel sorriso dell’amico e rammentò il cappello di pelo bianco ancora riposto nelle sue sacche da sella. Ormai non nutriva più molti dubbi sul fatto che la donna da lui amata lo ricambiasse… ma purtroppo rimaneva tra loro un impedimento tale da trasformare quella gioiosa sensazione in dolore. Era troppo tardi… lui avrebbe potuto ricambiare la fedeltà di Betriz soltanto col lutto. La sua bara sarebbe stata un giaciglio troppo duro e stretto per poter essere scambiato per un letto nuziale.

Eppure quella consapevolezza gli parve un’inattesa scintilla di speranza: era come trovare un superstite su una nave naufragata o scoprire che, in un campo bruciato, era comunque rimasto vivo un piccolo fiore. D’altro canto, Betriz doveva superare quell’infatuazione nei suoi confronti, e lui avrebbe agito in modo da scoraggiarla. Sulla scia di quelle riflessioni, Cazaril si chiese poi se sarebbe riuscito a farle accettare Palli come marito, presentandola come l’ultima richiesta di un morente.

Si trovavano a circa venti miglia da Taryoon quando incontrarono un grosso contingente di guardie baociane, che disponevano di una lettiga a mano. Ormai troppo sfinito per provare qualcosa di diverso dalla gratitudine, Cazaril si lasciò caricare su di essa senza protestare e riuscì perfino a dormire per un paio d’ore, viaggiando avvolto in un piumino d’oca, con la testa dolorante sorretta da alcuni cuscini. Quando infine si svegliò, rimase comunque sdraiato, osservando il cupo paesaggio invernale scorrergli intorno come in un sogno. Dunque, quello era ciò che si provava nel morire. Adesso che era disteso, la cosa non gli appariva poi tanto sgradevole.

Oh, Dei, lasciatemi vivere abbastanza a lungo da vedere Iselle liberata dalla maledizione, pregò. Sarebbe stata una delle poche cose utili a convincerlo di aver fatto abbastanza, nella propria vita. No, non chiedeva più nulla per sé, se non che gli venisse concesso di finire ciò che aveva avviato, di vedere Iselle sposata e Betriz al sicuro. Se solo gli Dei gli avessero concesso quei due doni, allora avrebbe potuto spegnersi con serenità, appagato.


La colonna oltrepassò le porte della capitale provinciale baociana, Taryoon, un’ora dopo il tramonto. I cittadini incuriositi si raccolsero ai lati delle strade, procedettero accanto ai cavalieri, recando torce per rischiarare la via, oppure si accalcarono sui balconi per assistere al loro passaggio. In tre occasioni, alcune donne gettarono loro dei fiori, che i compagni ibrani di Bergon furono pronti a prendere al volo, dopo un iniziale sussulto d’incertezza, rispondendo poi a quegli omaggi con entusiastici e speranzosi baci, e lasciandosi così alle spalle una scia di mormorii interessati. Giunti in prossimità del centro cittadino, Bergon e i suoi amici, scortati da Palli, vennero indirizzati al palazzo del ricco March dy Huesta, uno dei principali sostenitori del Provincar nonché suo cognato. Le guardie baociane trasportarono invece a passo svelto la lettiga di Cazaril al nuovo palazzo del Provincar, dall’altra parte della strada rispetto alla vecchia, angusta e incombente fortezza.

Tenendo strette le preziose sacche da sella, nelle quali era racchiuso il futuro di due nazioni, Cazaril venne accompagnato dal siniscalco di dy Baocia in una camera da letto ben riscaldata da un fuoco vivace. Il chiarore intenso di numerose candele rivelò due servitori in attesa vicino a una tinozza da bagno, una grande quantità di acqua calda, sapone, forbici, profumi e asciugamani; un terzo servitore sopraggiunse di lì a poco con un vassoio di formaggio bianco dolce, pasticcini alla frutta e un’abbondante teiera di tisana alle erbe. Sul letto era stesa una tenuta da lutto, adatta alla corte e completa di tutto, dalla biancheria pulita alle vesti di broccato e velluto e a una cintura di argento e ametiste. A quanto pareva, qualcuno non voleva correre rischi su come lui si sarebbe abbigliato. La trasformazione da relitto umano, sfinito dal viaggio, ad azzimato cortigiano non richiese più di una ventina di minuti.

Una volta pronto, Cazaril estrasse dalle sporche sacche da sella il pacchetto contenente i documenti, protetti da una tela cerata; dopo aver controllato che non ci fossero macchie di terra o di sangue, eliminò la tela, davvero sudicia, e si sistemò i documenti sotto un braccio. Il siniscalco lo guidò prima attraverso un cortile dove, alla luce delle torce, alcuni operai erano al lavoro per deporre le ultime lastre della pavimentazione in pietra, e poi all’interno di un edificio. Attraversarono una serie di stanze fino ad arrivare a una camera spaziosa, pavimentata in piastrelle e decorata con tappeti e arazzi; candelabri alti quanto un uomo e di elegante fattura reggevano ciascuno cinque candele, il cui intenso chiarore si riversava su Iselle, seduta su un ampio seggio intagliato addossato alla parete opposta, con accanto Betriz e il Provincar, a loro volta abbigliati a lutto.

Al suo ingresso, tutti e tre sollevarono lo sguardo, le due donne con aria impaziente e speranzosa, l’attempato dy Baocia con un’espressione più cauta. Pur avendo in comune con Ista i capelli castani, ormai brizzolati, lo zio di Iselle somigliava assai poco alla sorella minore, giacché aveva una corporatura massiccia, pur non essendo particolarmente alto. Accanto a dy Baocia c’erano poi un uomo robusto — con ogni probabilità il suo segretario, pensò Cazaril — e un individuo attempato. Dalle vesti a cinque colori, Cazaril comprese subito che si trattava dell’Arcidivino del Tempio di Taryoon e lo scrutò con aria speranzosa, alla ricerca di un bagliore di luce divina, ma comprese all’istante che si trattava di un semplice Devoto. La sua seconda vista, tuttavia, gli rivelò che la nube nera incombeva ancora intorno a Iselle, ribollente di un moto lento e cupo. Per grazia della Signora, non avrebbe continuato ancora per molto, pensò.

«Benvenuto a casa, Castillar», disse Iselle, con un tono di voce pervaso di calore che fu per lui come una carezza sulla fronte. Ma il fatto che avesse usato il suo titolo gli suonò subito come un velato avvertimento.

«I cinque Dei mi sono testimoni, Royesse: è andato tutto per il meglio», replicò Cazaril, segnandosi.

«Avete i trattati?» domandò dy Baocia, appuntando lo sguardo sul pacchetto che Cazaril teneva sotto il braccio e protendendo una mano con fare ansioso. «Al riguardo, c’è stata molta preoccupazione all’interno dei nostri consigli.»

Accennando un sorriso, Cazaril aggirò il Provincar e s’inginocchiò ai piedi di Iselle, riuscendo a eseguire quella faticosa manovra con aggraziata disinvoltura e senza grugnire di dolore o accasciandosi. Accostò alle labbra le mani che lei gli porgeva, poi, quando Iselle le girò col palmo verso l’alto, vi depose i documenti. «È tutto come voi avete ordinato», confermò.

«Vi ringrazio, Cazaril», replicò Iselle, con un bagliore di apprezzamento nello sguardo. Quindi lanciò un’occhiata al segretario dello zio, e aggiunse: «Per favore, portate una sedia per il mio ambasciatore. Ha cavalcato a lungo e duramente, senza riposare». Poi cominciò ad aprire l’involucro di seta.

Quando il segretario gli portò la sedia, completa di un cuscino imbottito di lana, Cazaril gli rivolse un distratto sorriso di ringraziamento, preoccupato all’idea di non riuscire a rialzarsi con grazia. Con suo estremo imbarazzo, Betriz si andò a inginocchiare accanto a lui, imitata dall’Arcidivino e i due lo misero in piedi, adagiandolo infine sulla sedia. Gli occhi scuri di Betriz lo scrutarono con estrema attenzione, indugiando fugacemente sul suo ventre ingrossato dal tumore. Ma non era il caso di parlare e lei si limitò a rivolgergli un sorriso d’incoraggiamento.

Dopo essersi assicurata che Cazaril si fosse seduto, Iselle prese a leggere il contratto di matrimonio. Il Castillar si limitò a osservare Iselle che, dopo aver finito di leggere una pagina, passava il foglio di pergamena allo zio, il quale aveva a stento il tempo di scorrerlo prima che gli venisse praticamente strappato di mano dall’Arcidivino. Ultimo della fila di lettori, il segretario non si dimostrò meno attento nell’esaminare il contratto, raccogliendo con scrupolo le pagine e mettendole nel giusto ordine a mano a mano che esse giungevano a lui.

Serrando le mani, dy Baocia attese che l’Arcidivino scorresse in fretta l’ultimo foglio, porgendolo poi in silenzio al segretario.

«Allora?» domandò infine il Provincar.

«Non ha venduto Chalion!» esclamò l’Arcidivino, segnandosi e allargando entrambe le mani in un gesto di rendimento di grazie agli Dei. «Ha comprato Ibra! Le mie congratulazioni, Royesse, al vostro ambasciatore… e a voi.»

«A tutti noi», commentò dy Baocia che, come l’Arcidivino e il segretario, appariva ora molto più sereno.

«Confido che non vi esprimerete in questi termini col Royse Bergon», interloquì Cazaril, schiarendosi la gola. «Dopotutto, quei trattati sono potenzialmente vantaggiosi per entrambe le parti», puntualizzò, poi, guardando dy Baocia e il suo segretario, aggiunse: «D’altro canto, forse i timori della gente si placherebbero se il testo del contratto venisse copiato, con calligrafia ampia e chiara, ed esposto accanto al portone del vostro palazzo, così che tutti lo possano leggere».

Dy Baocia accolse quella proposta con aria incerta, ma l’Arcidivino fu pronto ad annuire. «Un suggerimento molto saggio, Castillar», approvò.

«La cosa mi farebbe molto piacere», mormorò Iselle. «Zio, ti prego di provvedere.»

In quel momento, un paggio affannato fece irruzione nella sala, fermandosi davanti a dy Baocia. «La vostra signora avverte che il gruppo del Royse Bergon si sta avvicinando e che dovete raggiungerla immediatamente per accoglierlo», riferì.

«Arrivo subito», replicò il Provincar, poi trasse un profondo respiro e sorrise alla nipote. «Adesso ti porteremo il tuo promesso sposo. Ricorda che dovrai esigere tutti i baci di sottomissione — sulla fronte, sulle mani e sui piedi -, perché si deve capire che è Chalion a dominare Ibra. Proteggi l’orgoglio e l’onore della tua Casa. Non dobbiamo permettergli di porsi al di sopra di te, altrimenti ben presto finirà per dominarti. Devi cominciare come hai intenzione di proseguire.»

Iselle socchiuse gli occhi, pensosa, e intorno a lei l’ombra si fece più scura, dando l’impressione di accentuare la propria morsa.

Raddrizzandosi di scatto, Cazaril le scoccò un’occhiata piena di allarme, accompagnata da un cenno di diniego appena percettibile. «Anche il Royse Bergon ha il suo orgoglio, non meno onorevole del vostro, Royesse», le ricordò. «Inoltre si troverà in presenza di alcuni dei suoi nobili…»

Iselle esitò ancora per un istante, poi le sue labbra assunsero un’espressione decisa. «Comincerò come ho intenzione di continuare», dichiarò, con voce che sembrava d’acciaio. «La sostanza della nostra parità è contenuta in questo documento, zio, e il mio orgoglio non esige altre manifestazioni. Ci scambieremo i baci di benvenuto, reciprocamente, solo sulle mani.»

La nube oscura attenuò leggermente la sua morsa, e Cazaril avvertì uno strano brivido, come se l’ombra di un predatore fosse volata sopra di lui e poi si fosse allontanata, insoddisfatta. «Una discrezione ammirevole», fu pronto a sottolineare, con estremo sollievo.

Quasi saltellando per l’impazienza, il paggio aprì la porta per il Provincar, che uscì in tutta fretta.

«Lord Cazaril, com’è andato il vostro viaggio?» domandò subito Betriz, approfittando di quella pausa. «Avete un’aria così… stanca.»

«È stata una lunga, spossante galoppata, però tutto è andato abbastanza bene», replicò Cazaril, con un sorriso.

«Credo che dovremo convocare Ferda e Foix, perché ci dicano qualcosa di più», commentò Betriz, aggrottando le sopracciglia scure. «Senza dubbio, il viaggio non può essere stato monotono come voi lo descrivete.»

«Ecco… Abbiamo avuto qualche problema con alcuni briganti, sulle montagne… Opera di dy Jironal, ne sono certo, e Bergon se l’è cavata molto bene. Quanto alla Volpe, le cose sono andate meglio di come mi aspettassi, per un motivo che non avrei mai potuto prevedere.» Si protese in avanti sulla sedia e, abbassando la voce, proseguì: «Ricordate quel mio compagno di remo, sulle galee? Ve ne ho parlato… Danni, quel ragazzo di buona famiglia…»

«È una cosa difficile da dimenticare», commentò Iselle, mentre Betriz annuiva.

«Ebbene, non avevo capito quanto fosse nobile la sua nascita. Danni è il nome che Bergon ha assunto per occultare la propria identità ai suoi catturatori. Il suo rapimento è stato un complotto ordito dal defunto Erede di Ibra. Quando sono arrivato alla corte ibrana, Bergon mi ha riconosciuto… Mentre lui era così maturato e cresciuto da essere quasi irriconoscibile.»

Per un momento, Iselle non riuscì a parlare per lo stupore e socchiuse le labbra. «Di certo è stata la Dea a inviarvi da me», sussurrò poi.

«Sì», convenne Cazaril, sia pure con riluttanza. «È la conclusione cui sono giunto io stesso.»

«Come farò a riconoscerlo?» domandò Iselle, lanciando un’occhiata alle porte e torcendosi le mani in grembo. «È… avvenente?»

«Non so in base a quali criteri le dame giudicano queste cose…» cominciò Cazaril.

In quell’istante, le porte si spalancarono e una piccola folla si riversò nella sala: paggi, cortigiani, dy Baocia e sua moglie, Bergon, dy Sould e dy Tagille, con Palli dietro tutti. Anche gli ibrani avevano fatto un bagno e sfoggiavano gli abiti migliori che erano riusciti a portarsi appresso… completati, Cazaril ne era certo, da alcuni elementi presi a prestito. Sorridente, ma con una certa ansia, Bergon spostò lo sguardo da Betriz a Iselle, appuntandolo infine su quest’ultima. La Royesse, invece, scrutò i volti dei nuovi arrivati, indugiando sui tre ibrani con un po’ d’inquietudine.

Sfruttando la propria alta statura, Palli si fermò alle spalle di Bergon e lo indicò, sillabando in silenzio: «È questo». Immediatamente, gli occhi azzurri di Iselle si rasserenarono e il suo volto pallido si soffuse di un colore rosato. «Mio signore Bergon dy Ibra… benvenuto a Chalion», disse, con un lieve tremito nella voce, protendendo le mani.

«Mia signora Iselle dy Chalion, dy Ibra vi ringrazia», rispose Bergon, con voce altrettanto ansiosa, avanzando verso di lei. Poi piegò a terra un ginocchio, baciandole le mani, e Iselle chinò il capo per baciare le sue.

Rialzatosi, Bergon presentò a Iselle i suoi compagni, che s’inchinarono adeguatamente. Con un leggero stridere di legno sulle piastrelle, il Provincar e l’Arcidivino provvidero a portare una sedia per Bergon, sistemandola accanto a quella di Iselle, dalla parte opposta rispetto a Cazaril. Prendendo il sacchetto di cuoio che dy Tagille gli porgeva, Bergon ne estrasse il proprio regale dono di fidanzamento. Si trattava di una splendida collana di smeraldi, uno dei pochi gioielli appartenuti alla madre che la Volpe non avesse impegnato per finanziare le proprie truppe; quanto ai cavalli bianchi, purtroppo erano ancora in viaggio, da qualche parte. Bergon voleva portarle in dono una collana di perle bianche ibrane, ma, dietro consiglio di Cazaril, aveva invece scelto gli smeraldi.

Dy Baocia pronunciò un discorso di benvenuto, che sarebbe stato molto più lungo se la zia di Iselle, cogliendo lo sguardo della nipote, non avesse approfittato di una delle pause del marito per invitare tutti i presenti nella stanza accanto, dov’era stato preparato un rinfresco. I due giovani vennero così lasciati liberi di parlare in privato, la testa dell’uno accanto a quella dell’altra, le voci troppo basse per poter essere sentite dai curiosi che indugiavano vicino alle porte aperte e facevano spesso capolino nella stanza, per vedere come procedevano le cose. Cazaril era uno di essi: dalla sua sedia, continuava ad allungare ansiosamente il collo, sbocconcellando nel frattempo qualche pasticcino e mordicchiandosi le nocche per la tensione. Talvolta le voci dei due giovani salivano di tono, per ritornare però subito ad abbassarsi; in risposta a un gesto di Bergon, Iselle scoppiò poi a ridere e per tre volte trattenne il respiro, portandosi le mani alle labbra e sgranando gli occhi. Quando Iselle si protese in avanti e abbassò ulteriormente la voce, parlando con fare estremamente serio, Bergon l’ascoltò con la massima attenzione, senza mai distogliere lo sguardo dal suo volto, tranne in due occasioni in cui scoccò un’occhiata a Cazaril, cosa che indusse sia il giovane sia Iselle a parlare in tono ancora più sommesso.

Lady Betriz raggiunse Cazaril e gli porse un bicchiere di vino annacquato, rispondendo con un cenno del capo alle sue parole di ringraziamento. Lui non aveva infatti avuto dubbi su chi avesse pensato a fargli trovare pronti al suo arrivo il bagno caldo, i servitori a disposizione, il cibo e gli abiti di ricambio. Nella luce delle candele, la carnagione della dama aveva un fresco colore dorato, e appariva liscia e giovane, ma l’abbigliamento da lutto e i capelli raccolti sulla nuca le conferivano un’aria di matura eleganza, indicando come la sua ardente energia fosse ormai prossima a trasformarsi in potere e saggezza…

«Quale situazione vi siete lasciate alle spalle a Valenda?» domandò Cazaril.

«Tesa», rispose Betriz, mentre il suo sorriso si appannava. «Speriamo però che l’ansia diminuisca, adesso che Iselle non è più là. Di certo, dy Jironal non oserà far ricorso alla violenza con la vedova e la suocera del Roya Ias.»

«Hmm… non subito, certo. Tuttavia, non appena la disperazione prenderà il sopravvento, tutto sarà possibile.»

«Sono d’accordo… Perlomeno, se si arriva a quel punto, la gente smette di discutere su cosa sia o non sia possibile…»

«Come avete fatto a fuggire?» chiese Cazaril, ripensando alla folle cavalcata notturna delle due donne, che aveva così bruscamente modificato i suoi piani.

«Ecco, sembra che dy Jironal fosse convinto che il suo spiegamento di forze ci avrebbe spaventati al punto d’indurci a rimanere trincerati nel castello… Vi lascio immaginare come abbia preso la cosa la Provincara. Le spie da lui intrufolate nel seguito di Iselle sorvegliavano di continuo lei, ma non me, quindi, con Nan, siamo scese spesso in città con la scusa di piccole commissioni legate all’andamento domestico del castello. In realtà, ci guardavamo intorno, notando così che le difese degli uomini del Cancelliere erano tutte rivolte all’esterno, pronte a respingere eventuali soccorritori. Inoltre, nessuno poteva impedirci di recarci al Tempio, dove Lord dy Palliar si era stabilito, a pregare per la salute di Orico. Per qualche tempo, siamo diventati tutti molto devoti», sorrise, ma ritornò subito seria. «Poi la Provincara è venuta a sapere, non so da quale fonte, che il Cancelliere aveva inviato il suo figlio minore e un contingente di cavalleria a prelevare Iselle per riportarla in tutta fretta a Cardegoss, in quanto Orico era in agonia. Poteva anche essere vero… tuttavia era una ragione in più perché Iselle evitasse di finire nelle mani di dy Jironal. A quel punto, la fuga è diventata una necessità, e abbiamo messo in atto il nostro piano.»

Palli si era avvicinato per ascoltare, seguito di lì a poco anche da dy Baocia.

«La vostra signora madre mi ha scritto, promettendomi il supporto degli altri Provincar», gli disse Cazaril. «Avete ricevuto altre rassicurazioni al riguardo?»

Dy Baocia gli fornì un elenco di nomi di uomini cui aveva scritto, o da cui aveva avuto notizie. Era meno lungo di quanto Cazaril avrebbe gradito. «Queste sono parole», commentò infine. «Su quante truppe possiamo contare?»

«Due dei miei vicini hanno promesso a Iselle un sostegno più concreto, in caso di bisogno, perché di sicuro non apprezzano il fatto che le truppe personali del Cancelliere stiano occupando una delle mie città. Quanto al terzo… Ecco, ha sposato una delle figlie di dy Jironal, e per il momento si tiene in disparte.»

«È comprensibile. Qualcuno sa dove si trovi dy Jironal?»

«Pensiamo che sia a Cardegoss», rispose Palli. «L’Ordine militare della Figlia è tuttora privo del suo Santo Generale, e dy Jironal ha avuto paura di star lontano troppo a lungo dal capezzale di Orico, perché, in sua assenza, dy Yarrin avrebbe potuto convincere il Roya a passare dalla sua parte. La vita di Orico, stando ai rapporti che dy Yarrin mi ha fatto pervenire in segreto, è appesa a un filo, ma, per quanto malato, dubito che abbia perso anche l’uso delle facoltà mentali. Credo invece che si stia servendo del proprio male per rimandare la decisione, cercando di non offendere nessuno.»

«È nel suo carattere», borbottò Cazaril, tormentandosi la barba, poi scrutò dy Baocia e chiese: «A proposito di soldati del Tempio, a quanto ammonta il contingente dell’Ordine del Fratello di stanza a Taryoon?»

«A un’unica compagnia: duecento uomini», rispose il Provincar. «Noi non abbiamo guarnigioni numerose come quelle della Guarida e delle altre province che confinano coi principati roknari.»

Ci sono quindi duecento uomini potenzialmente ostili all’interno delle mura cittadine, rifletté Cazaril.

«Stanotte stessa, l’Arcidivino parlerà col loro comandante», lo rassicurò dy Baocia, interpretando la sua espressione. «Credo che il trattato di matrimonio contribuirà a persuaderli del fatto che la nuova Erede è devota al futuro di Chalion.»

«Hanno comunque pronunciato un giuramento di obbedienza», osservò Palli. «Sarebbe meglio non spingerli al punto di rottura.»

«La notizia della fuga di Iselle da Valenda ormai dev’essere arrivata a Cardegoss», mormorò Cazaril. «E la notizia dell’arrivo di Bergon vi giungerà quanto prima. A quel punto, dy Jironal si vedrà scivolare tra le dita quella reggenza cui teneva tanto.»

«E allora sarà tutto finito», sorrise dy Baocia, con entusiasmo. «Gli eventi si stanno muovendo molto più in fretta di quanto si sarebbe potuto prevedere», aggiunse, scoccando a Cazaril un’occhiata quasi reverenziale.

«Meglio così», sospirò il Castillar. «Non bisogna pungolare dy Jironal al punto d’indurlo a compiere mosse che non gli permettano di tornare sui suoi passi.» Se due fazioni, entrambe soggette alla maledizione, si fossero scontrate in una guerra civile, era infatti probabile che ne sarebbero uscite entrambe sconfitte. Se Chalion fosse crollata su se stessa in maniera così devastante, quello sarebbe stato certo il culmine del dono di morte del Generale Dorato. No, vincere, in quel caso, significava proseguire la lotta con la massima astuzia, in modo da evitare spargimenti di sangue. Una volta che Bergon avesse liberato Iselle dalla maledizione, con ogni probabilità essa si sarebbe accentrata sul povero Orico, lasciando dy Jironal a condividere il fato dell’uomo che era, quantomeno di nome, il suo signore… Ma che ne sarà di Ista? «La verità, per brutale che sia, è che molto dipende da quando morirà il Roya. L’agonia di Orico potrebbe durare a lungo», riprese. Senza dubbio, la maledizione avrebbe spinto Orico verso la sorte più orribile… Ma quali e quante erano le forme in cui quel fato poteva concretizzarsi? A quanto pareva, il serraglio di Umegat aveva tenuto a bada mali molto più gravi del semplice deterioramento della salute di Orico. «Per essere previdenti, dobbiamo riflettere su quali panacee offrire a dy Jironal per placare il suo orgoglio ferito… sia prima dell’ascesa al trono di Iselle sia dopo.»

«Non credo che si accontenterà di semplici panacee, Caz», obiettò Palli. «È stato Roya di Chalion di fatto, se non di nome, per oltre un decennio.»

«In tal caso, è possibile che cominci a sentirsi stanco», sospirò Cazaril. «Alcune cariche assegnate ai figli potrebbero essere sufficienti ad ammorbidire le sue posizioni; dopotutto, l’amore per la famiglia costituisce la sua debolezza…» Già, la maledizione deforma le virtù, trasformandole nel vizio corrispondente… «Bisognerà esautorarlo dal potere, però, nel contempo, favorire la sua famiglia, in modo da frenarlo lentamente, con delicatezza», concluse, lanciando un’occhiata a Betriz, che stava ascoltando con la massima attenzione e che, senza dubbio, avrebbe poi riferito ogni cosa a Iselle.

Nell’altra camera, Iselle e Bergon si alzarono. Lei appoggiò la mano sul braccio che lui le offriva ed entrambi si scambiarono timide occhiate furtive, inducendo Cazaril a pensare che non aveva mai visto due persone più soddisfatte l’una dell’altra. Entrando nella sala al fianco del fidanzato, Iselle lasciò vagare lo sguardo sui presenti con un’espressione di trionfo, mostrandosi quanto mai compiaciuta di se stessa; quanto a Bergon, appariva a sua volta orgoglioso, ma anche un po’ più stordito, cosa che comunque non gli impedì di rivolgere a Cazaril un deciso, rassicurante cenno del capo, mentre questi si affrettava ad alzarsi.

«L’Erede di Chalion…» esordì Iselle, poi s’interruppe.

«… e l’Erede di Ibra…» disse Bergon.

«… sono lieti di annunciare che pronunceranno il loro giuramento nuziale davanti agli Dei, ai nostri nobili ospiti ibrani e alla popolazione cittadina…» continuò Iselle.

«… nel Tempio di Taryoon, dopodomani a mezzogiorno», concluse Bergon.

La piccola folla esplose in applausi e congratulazioni, calcolando nel frattempo, proprio come stava facendo Cazaril, la velocità con cui una colonna di truppe nemiche avrebbe potuto viaggiare, e giungendo alla conclusione che mai avrebbe potuto farlo così in fretta. Uniti, rafforzatisi a vicenda, i due giovani sovrani avrebbero potuto, in caso di necessità, muoversi in perfetta armonia. Inoltre, una volta che Iselle fosse stata liberata dalla maledizione, il tempo avrebbe giocato a loro vantaggio, perché ogni giorno trascorso avrebbe portato nuovo sostegno alla loro causa. Sopraffatto da un estremo senso di sollievo, Cazaril si accasciò di nuovo sulla sedia, sorridendo nonostante il dolore lancinante dei crampi che gli contraevano il ventre.

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