L’oste gettò un’occhiata all’etichetta.

«C’è scritto che è Brandy di Melone» rispose dubbioso. «C’è anche scritto che è stato imbottigliato secondo un’antica ricetta di qualche monaco» aggiunse.

«L’ASSAGGERÒ.»

L’uomo guardò in tralice i bicchieri vuoti che giacevano sul bancone, alcuni di essi contenevano ancora qualche pezzetto di macedonia, ciliege sullo stecchino e ombrellini di carta.

«Sei sicuro di non avere già bevuto abbastanza?» chiese. La cosa che gli dava un po’ fastidio era di non riuscire a vedere la faccia dello straniero.

Il bicchiere, con la bevanda che si era cristallizzata fuori dai bordi, scompariva all’interno del cappuccio e tornava fuori vuoto.

«NO. CHE COS’È QUELLO GIALLO CON LE VESPE DENTRO?»

«C’è scritto Cordiale di Primavera. Va bene?»

«SÌ. E POI ANCHE QUELLO BLU CON LE MACCHIOLINE DORATE.»

«Ehm. Vecchio Soprabito?»

«SÌ. E POI LA SECONDA FILA.»

«Quale precisamente?»

«TUTTI QUANTI.»

Lo straniero era ancora decisamente in posizione verticale, mentre i bicchieri con il loro carico di sciroppo e vegetazione assortita scomparivano all’interno del cappuccio come se si trattasse di una catena di montaggio.

"Questo sì" pensò l’oste "questo sì che è stile, questa è la volta buona che riesco a comprarmi una giacca rossa e magari riesco anche a mettere le noccioline in qualche ciotolina sul bancone, sistemo un po’ di specchi in giro e sostituisco la segatura." Prese in mano uno straccio intriso di birra e diede al legno qualche passata entusiastica, amalgamando le gocce dei bicchierini in una macchia color arcobaleno che staccò la vernice. L’ultimo dei clienti abituali si infilò il cappello e barcollò fuori, bofonchiando fra sé e sé.

«NON RIESCO A CAPIRE A CHE SERVA» disse lo straniero.

«Prego?»

«CHE COSA DOVREBBE SUCCEDERE?»

«Quanti bicchieri hai già bevuto?»

«QUARANTASETTE.»

«Allora più o meno tutto» disse il barista e, visto che conosceva il suo mestiere e sapeva che cosa si aspettavano da lui le persone quando bevevano da sole alle ore piccole, cominciò a lucidare un bicchiere con uno straccio e disse: «La tua signora ti ha sbattuto fuori, eh?»

«PREGO?»

«Stai annegando le tue preoccupazioni, no?»

«NON HO PREOCCUPAZIONI.»

«No, certamente no. Scusami se ne ho parlato.» Diede al bicchiere un altro paio di strofinatine. «Pensavo soltanto che ti potesse aiutare avere qualcuno con cui parlare» disse.

Lo straniero rimase in silenzio per qualche istante, riflettendo. Quindi domandò: «TU VUOI PARLARE CON ME?»

«Sì. Certo. Sono un buon ascoltatore.»

«NESSUNO AVEVA VOLUTO PARLARE CON ME PRIMA.»

«È una vergogna.»

«NON MI INVITANO MAI ALLE FESTE, SAI?»

«Tze.»

«TUTTI MI ODIANO. OGNUNO MI ODIA. NON HO UN SOLO AMICO.»

«Ognuno dovrebbe avere un amico» sentenziò saggiamente il barista.

«IO PENSO…»

«Sì?»

«IO PENSO… CHE POTREI DIVENTARE AMICO DELLA BOTTIGLIA VERDE.»

L’oste fece scivolare la bottiglia ottagonale lungo il bancone. La Morte la prese e la inclinò sopra al bicchiere. Il liquido andò a cadere sull’orlo.

«TU… IO… PENSI… UBRIACO, VERO?»

«Io servo chiunque possa stare in posizione eretta» rispose l’oste.

«HAI ASSSCCCIIOLUUTAMMENTEE RAAAGIOOONE. MA IO…»

Lo straniero si interruppe agitando un dito in aria con fare declamatorio.

«COSA… DICEVO… STAVO… IO?»

«Hai detto che io pensavo che tu fossi ubriaco.»

«AH. SCI’, PERÒ IO POSSCIO TORNARE SCIOBRIO IN OGNI MOMENTO VOGLIO. QUESCTO È UN ESPERIMENTO. E ADESSCIO IO MI PIACEREBBE FARE UN ESCPERIMENTO NUOVO CON LA BOTTIGLIA ARANCIONE.»

L’oste sospirò e gettò un’occhiata all’orologio. Non c’era dubbio che stesse guadagnando un sacco di soldi, in particolar modo visto che lo straniero non sembrava incline a preoccuparsi dei prezzi gonfiati o del resto mancante. Ma si stava facendo tardi: a dire il vero era tanto tardi da essere già presto. C’era poi anche qualcosa nel cliente solitario che lo sconvolgeva. La clientela del Tamburo Riparato beveva spesso come se non esistesse il domani, ma questa era la prima volta in cui l’uomo aveva la sensazione che essa potesse avere ragione.

«VOGLIO DIRE, CHE COSA HO DA SPERARE IO PER IL FUTURO? DOV’È IL SENSO DI TUTTO QUESTO? E POI DI CHE SI TRATTA, IN REALTÀ?»

«Non te lo so dire, amico mio. Ritengo che ti sentirai meglio dopo una bella dormita.»

«DORMITA? DORMITA? IO NON DORMO MAI. IO SONO PROPRIO PROVERBIALE PER QUESTO.»

«Tutti hanno bisogno di un po’ di sonno. Anch’io» insinuò lui.

«MI ODIANO TUTTI, SAI?»

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