Morty annuì avvilito e si diresse a passo lungo verso la porta dello studio. Mentre la apriva, la Morte tossì.

«RAGAZZO!» gridò e gli gettò qualcosa attraverso la stanza.

Morty l’afferrò al volo mentre la porta si spalancava.

L’arco della porta scomparve. Lo spesso tappeto che aveva sotto ai piedi si trasformò in acciottolato fangoso. La vivida luce del sole gli si riversò addosso come fosse mercurio.

«Morty» esclamò Morty, all’intero universo.

«Come?» disse un venditore ambulante che gli stava accanto. Morty si guardò attorno. Si trovava in una affollata piazza di mercato, stipata di gente e animali. Veniva venduto ogni genere di cosa che andava dagli aghi (passando attraverso qualche profeta girovago) a visioni di salvezza. Era impossibile intrattenere una conversazione usando parole che fossero più deboli di grida.

Morty bussò sulla spalla dell’ambulante.

«Riesci a vedermi?» chiese.

Il venditore gli indirizzò di sbieco uno sguardo critico.

«Direi proprio di sì» rispose «almeno vedo qualcuno che ti asssomiglia parecchio.»

«Grazie» disse Morty, immensamente sollevato.

«Non c’è di che. Vedo moltissime persone ogni giorno, non è stato un compito pesante. Vuoi comprare dei lacci da stivali?»

«Direi di no» disse Morty. «Che posto è questo?»

«Non lo sai?»

Un paio di persone che si trovavano alla bancarella accanto guardarono Morty con aria pensierosa. La sua mente vorticò alla massima potenza.

«Il mio maestro viaggia moltissimo» disse, sinceramente. «Siamo arrivati la notte scorsa e io mi sono addormentato sul carro. Adesso ho il mio pomeriggio libero.»

«Ah!» disse il venditore ambulante. Si chinò in avanti in atteggiamento cospiratorio. «Stai cercando un po’ di divertimento, eh? Potrei procurarti io qualcosa.»

«Mi divertirei già abbastanza a sapere dove mi trovo» rispose Morty.

L’uomo fu colto di sorpresa.

«Questa è Ankh-Morpork» disse. «Tutti dovrebbero essere in grado di riconoscerla. Almeno dall’odore.»

Morty annusò. C’era un certo non so che nell’aria della città. Sembrava quasi che l’aria stessa fosse vitale. Non potevi certo fare a meno di notare, ad ogni respiro che traevi, che migliaia di altre persone ti erano vicinissime e che quasi tutte erano dotate di ascelle.

L’ambulante fissò Morty con atteggiamento critico, notando il volto pallido, i vestiti di ottimo taglio e lo strano portamento che forniva alla vista una specie di effetto a molla.

«Stammi a sentire, sarò franco» disse. «Ti potrei indicare la direzione di un grande bordello.»

«Ho già mangiato» rispose Morty in modo vago. «Però mi potresti dire se siamo nelle vicinanze di un posto che… penso si chiami Sto Lat.»

«Circa venti miglia verso il Centro, ma lì non troverai nulla per un giovanotto della tua fibra» aggiunse velocemente il commerciante. «Lo so, sei fuori per conto tuo, vuoi fare nuove esperienze, vuoi eccitazioni, rapporti amorosi…»

Nel frattempo Morty aveva aperto la borsa che gli aveva lanciato la Morte. Era piena di piccole monete d’oro, più o meno della dimensione di uno zecchino.

Gli si formò nuovamente nel cervello l’immagine di un pallido e giovane volto sotto una cascata di capelli rossi che aveva, non si sa come, saputo che lui si trovava lì. I sentimenti non ancora messi a fuoco che gli avevano ossessionato la mente durante gli ultimi pochi giorni, si erano chiariti tutto d’un colpo.

«Io voglio» disse fermamente «un cavallo molto veloce.»


Cinque minuti dopo, Morty si era perso.

Questa parte di Ankh-Morpork era conosciuta come Le Tenebre, una zona interna della città gravemente bisognosa dell’aiuto delle autorità oppure, a piacere, di un lanciafiamme. Non poteva essere definita squallida in quanto questo avrebbe significato estendere la parola fino al punto di rottura. Era ben al di là dello squallore e proseguiva sull’altro lato dove, per una specie di inversione einsteiniana, essa acquistava una sgradevolezza amplificata che ostentava come un monumento architettonico. Era rumorosa, sudicia e puzzava come il pavimento di una stalla.

Non aveva tanto l’aspetto di un quartiere quanto di un ecosistema, come una grande barriera corallina sviluppata sulla terraferma. C’erano gli umani, vero, equivalenti umanoidi di aragoste, calamari, gamberetti e così via. E squali.

Morty vagava privo di speranza lungo le stradine tortuose. Chiunque si fosse trovato sulla cima di un tetto avrebbe potuto notare un particolare modello comportamentale nelle persone che stavano dietro a lui, che faceva pensare ad un gran numero di uomini che convergevano con nonchalance verso un bersaglio, e avrebbe giustamente concluso che Morty e il suo sacchetto d’oro avevano più o meno la stessa prospettiva di vita di un riccio con tre zampe su una autostrada a sei corsie.

Risulta probabilmente già chiaro che Le Tenebre non era il genere di posto in cui esistono abitanti. Esso aveva i suoi autoctoni. Di tanto in tanto Morty cercava di coinvolgerne uno in una conversazione, per riuscire a trovare un buon venditore di cavalli. Gli autoctoni generalmente gli bofonchiavano qualcosa e si affrettavano ad allontanarsi, visto che tutti quelli che desideravano vivere alle Tenebre, per un periodo superiore a tre ore circa, sviluppavano dei sensi molto acutizzati e non si sarebbero attardati restando nelle vicinanze di Morty più di quanto un contadino non sarebbe rimasto in piedi sotto un alto albero durante un temporale.

E così Morty arrivò, alla fine, al fiume Ankh, il più grande dei fiumi. Anche prima che esso entrasse nella città, era lento e pesante a causa del limo che si trascinava dietro dalle pianure e, per quando arrivava alle Tenebre, perfino un agnostico sarebbe riuscito a camminarci sopra. Era molto difficile annegare nell’Ankh, ma molto semplice soffocarvici.

Morty ne osservò la superficie con atteggiamento dubbioso. Sembrava si stesse muovendo. C’erano delle bolle. Doveva esserci anche dell’acqua.

Sospirò e si voltò.

Dietro di lui erano apparsi tre uomini come se fossero saltati fuori dai mattoni. Avevano l’aspetto greve e stolido di quei ceffi la cui apparizione in ogni romanzo significa che è arrivato il momento, per l’eroe, di venire un po’ minacciato, anche se non in maniera eccessiva, visto che è anche ovvio che essi finiranno con l’avere delle terribili sorprese.

Lo stavano guardando con aria sfacciata. Erano bravissimi in questo.

Uno di essi aveva estratto un coltello, che agitava in piccoli cerchi nell’aria. Avanzò lentamente verso Morty, mentre gli altri due rimanevano indietro per fornire un sostegno immorale.

«Dacci i soldi» gracchiò l’uomo.

La mano di Morty si portò sul sacchetto che teneva legato al cinturone.

«Aspetta un momento» disse. «Poi che succede?»

«Cosa?»

«Voglio dire, è "o la borsa o la vita"?» chiese Morty. «È questo il genere di cose che si ritiene debbano pretendere i ladri. O la borsa o la vita. L’ho letto una volta in un libro» aggiunse.

«È possibile, è possibile» concesse il bandito. Sentì che stava perdendo l’iniziativa, ma recuperò in grande stile. «D’altra parte, potrebbe anche trattarsi della borsa e della vita. Eliminando così l’alternativa, come dire.» L’uomo guardò di sbieco i suoi colleghi, che abbozzarono un risolino per la battuta.

Morty disse: «In questo caso…» e sollevò il sacchetto in una mano, pronto a gettarlo il più lontano possibile nell’Ankh, anche se c’erano delle ragionevoli probabilità che sarebbe rimbalzato.

«Ehi, che stai facendo?» domandò il bandito. Cominciò a correre in avanti, ma si fermò quando Morty fece prendere al sacchetto una minacciosa oscillazione.

«Benissimo» disse Morty «a me sembra che le cose stiano in questo modo. Se voi avete intenzione di uccidermi comunque, potrei anche sbarazzarmi del denaro. Dipende tutto soltanto da voi.» Per illustrare meglio il concetto tirò fuori una moneta dal sacchetto e la gettò nell’acqua, che la accolse con un nefasto rumore di risucchio. I ladri rabbrividirono.

Il capoladro guardò il sacchetto. Guardò il coltello. Guardò la faccia di Morty. E guardò i suoi compagni.

«Scusami» disse, e si riunirono per confabulare.

Morty calcolò la distanza che lo separava dalla fine del vicolo. Non ce l’avrebbe fatta. In ogni caso, poi, sembrava che il rincorrere la gente fosse un’altra cosa che quei tre sapevano fare benissimo. Era soltanto la logica che li aveva resi un po’ tesi.

Il loro capo ritornò da Morty. Lanciò un’occhiata di intesa agli altri due. Entrambi annuirono con fare deciso.

«Io penso che ti ammazzeremo e che ci affideremo alla sorte rispetto ai soldi» disse. «Non vogliamo che si sparga la voce dell’esistenza di questo genere di discussione.»

Gli altri due estrassero i propri coltelli.

Morty deglutì. «Potrebbe essere estremamente poco saggio» disse.

«Perché?»

«Be’, tanto per cominciare a me non piacerebbe.»

«Tu non sei tenuto a gradire la cosa, sei tenuto a… crepare» disse il ladro, avanzando.

«Non penso che adesso sia venuto il momento di morire» riprese Morty, indietreggiando. «Sono certo che sarei stato avvisato.»

«Già» disse il ladro, che cominciava ad averne le tasche piene. «Già, be’, lo sei stato, non ti pare? Grande pezzo di sterco fumante di elefante!»

Morty era appena indietreggiato ancora una volta. Attraverso una parete.

Il capo ladro aveva fissato la solida pietra che aveva inghiottito Morty e quindi aveva gettato a terra il proprio coltello.

«Benone, che io… … …» disse. «Un … … … ssimo stregone. Io odio i … … …issimi stregoni!»

«Non dovresti … … …li, allora» bofonchiò uno dei suoi scagnozzi, pronunciando senza alcuno sforzo una sequela di bestemmie.

Il terzo membro del trio, che era un po’ lento di comprendonio, disse: «Ehi, è passato attraverso il muro!»

«E noi lo seguiremo in eterno, vero?» mormorò il secondo. «Hai proprio ragione, Pilgarlic. Io avevo detto che pensavo fosse un mago, soltanto che i maghi non passeggerebbero mai da queste parti da soli. Non ho forse detto che sembrava un mago? Ho detto…»

«Stai dicendo decisamente troppe cose» latrò il capo.

«Ma io l’ho visto, è passato proprio attraverso questo muro…»

«Oh, davvero?»

«Già!»

«Proprio attraverso, non l’hai visto?»

«Pensi di essere aguzzo, eh?»

«Abbastanza, in questi casi!»

Il capo tirò su il coltello da terra con un movimento repentino.

«Aguzzo quanto questo?»

Il terzo ladro balzò verso il muro e gli assestò qualche calcio con violenza, mentre dietro di lui si sentivano provenire dei rumori di tafferuglio e qualche umido gorgoglio.

«Ehi, il muro è assolutamente normale» disse. «È un muro fatto a regola d’arte se mai ne ho visto uno. Come pensate che riescano a farlo, ragazzi?»

«Ragazzi?»

Inciampò sui due corpi stesi a terra.

«Oh» disse. Per quanto lenta fosse la sua mente era tuttavia sufficientemente veloce da permettergli di rendersi conto di qualcosa di molto importante. Si trovava in un vicolo appartato delle Tenebre ed era da solo. Scappò via per salvarsi la vita e fece un bel po’ di strada.


La Morte camminava lentamente attraverso le piastrelle della sala delle vite, ispezionando la serie di file di affannate clessidre. Albert la seguiva obbediente tenendo un grande libro aperto fra le braccia.

Il suono rombava attorno a loro, una immensa cascata di rumore grigio.

Proveniva dagli scaffali su cui, allungandosi a una distanza infinita, una fila dopo l’altra di clessidre riversavano la sabbia del tempo mortale. Era un suono pesante, un suono profondo, un suono che colava come cupa crema sul brillante strudel dell’anima.

«BENISSIMO» disse alla fine la Morte. «CE NE SONO TRE. UNA NOTTE TRANQUILLA.»

«Cioè Goodie Hamstring, un’altra volta l’Abate Lobsang e la Principessa Keli» disse Albert.

La Morte guardò le tre clessidre che teneva in mano.

«STAVO QUASI PENSANDO DI INVIARE IL RAGAZZO DA SOLO» disse.

Albert consultò il suo librone.

«Be’, Goodie non dovrebbe creare problemi e l’Abate è quello che potremmo definire un uomo con una discreta esperienza in materia» disse. «Peccato per la principessa. Soltanto quindici anni. Potrebbe essere una cosa delicata.»

«È VERO. È UN PECCATO.»

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