38 Sei storie

Mat era talmente nervoso che se avesse potuto sarebbe sceso a tirare la carrozza di persona: pensava che così sarebbero andati più veloce. Le strade erano già affollate e il sole non era ancora alto; calessi e carri procedevano rumorosamente fra la folla, sollevando la polvere e scatenando insulti e improperi sia dai conducenti che dai passanti costretti a spostarsi. C’erano così tante chiatte che scivolavano lungo i canali che un uomo avrebbe quasi potuto camminare sull’acqua come sulle strade, passando da una all’altra. Dalla sfavillante città bianca proveniva un brusio rumoroso. Sembrava che Ebou Dar stesse cercando di recuperare il tempo perduto il giorno prima, per non parlare di Chasaline Alta e della festa delle Luci, ed era necessario affrettarsi, dato che il giorno dopo si sarebbe celebrata la festa dei Tizzoni con il giorno di Maddin, per ricordare la fondazione di Altara due giorni dopo, mentre la notte ancora successiva ci sarebbe stata la festa della Mezza Luna. I meridionali avevano la reputazione di essere dei gran lavoratori, ma Mat supponeva che fosse perché dovevano lavorare sodo per compensare tutte le commemorazioni e festività. Lo stupiva soprattutto che ne avessero la forza.

Alla fine la carrozza raggiunse il fiume, fermandosi vicino a uno dei moli in pietra che si innalzavano dall’acqua, e su cui erano disposte le passerelle per salire a bordo delle varie imbarcazioni ancorate. Dopo essersi infilato in tasca un pezzo di formaggio giallo e del pane, ripose il cestino sotto al sedile. Aveva fame, ma una delle donne della cucina doveva aver avuto troppa fretta. Il contenuto del cestino consisteva quasi solo in una pentola di terracotta piena di ostriche, che però non erano state cotte.

Scese goffamente dietro Lan e lasciò che Nalesean e Beslan aiutassero Vanin e gli altri a smontare dalle carrozze. Più di dieci uomini — e nemmeno i Cairhienesi erano di corporatura piccola — erano stati infilati nelle carrozze come mele in un barile, e adesso ne scendevano con difficoltà. Mat oltrepassò il Custode per dirigersi verso la prima carrozza, con l’ashandarei in spalla. Nynaeve, oppure Elayne avrebbe dovuto ascoltarlo, non importava chi delle due. Cercare di tenergli nascosta la presenza di Moghedien! Per non parlare della morte di due dei suoi uomini! Lui avrebbe... A un tratto consapevole della presenza di Lan come una statua di pietra alle sue spalle, la spada al fianco, lo indusse a cambiare i suoi piani. Almeno l’erede al trono ne avrebbe sentite quattro sul tenergli nascosto quel tipo di informazione.

Quando la raggiunse, Nynaeve era in piedi sul molo e si sistemava il cappello con le piume blu, parlando con qualcuno nella carrozza: «...Funzionerà, certo, ma chi avrebbe pensato che proprio il Popolo del Mare, fra tutti, avrebbe fatto delle richieste del genere, anche se solo in privato?»

«Ma, Nynaeve,» rispose Elayne mentre scendeva dalla vettura con il capello in mano «se la scorsa notte è stata gloriosa come dici tu, come puoi lamentarti di...»

Fu allora che si accorsero della presenza di Mat e Lan. Principalmente di Lan. Nynaeve sgranò gli occhi mentre arrossiva violentemente. Elayne si bloccò con un piede ancora sullo scalino della carrozza, rivolgendo al Custode un’occhiata così cupa da far pensare che lo avesse colto a spiarle di nascosto. Ma Lan guardò Nynaeve restando del tutto inespressivo e, anche se sembrava pronta a nascondersi sotto la carrozza, lei lo fissò come se non esistesse nessun altro al mondo. Elayne si rese conto di aver sprecato un’occhiata arcigna, quindi si fece avanti per far passare Reanne e le due Donne Sapienti che avevano viaggiato con loro, Tamarla e la donna della Saldea con i capelli grigi di nome Janira, ma l’erede al trono non si arrese affatto. Spostò lo sguardo cupo su Mat Cauthon e, se lo aveva cambiato, forse lo aveva reso ancor più tetro. Mat sbuffò e scosse il capo. Una donna che avesse torto poteva trovare così tanti motivi per incolpare il primo uomo che aveva accanto, da indurlo a pensare di essere davvero colpevole. Per esperienza personale e per i ricordi vecchi e nuovi che aveva, vi erano solo due circostanze in cui una donna poteva ammettere di essersi sbagliata: se voleva qualcosa o se nevicava in piena estate.

Nynaeve si prese la treccia fra le mani, soprappensiero. Mosse un po’ le dita e poi le lasciò ricadere, per cominciare a torcersi le mani. «Lan,» iniziò in tono incerto «non devi pensare che io parlerei di...»

Il Custode la interruppe con calma, inchinandosi e offrendole il braccio destro. «Siamo in pubblico, Nynaeve. Qualsiasi cosa desideri dire, puoi farlo. Posso accompagnarti all’imbarcazione?»

«Sì» rispose lei, annuendo con. tale energia che quasi le cadde il cappello di testa. Se lo sistemò in fretta con entrambe le mani. «Sì, siamo in pubblico. Accompagnami.» Lo prese sottobraccio e recuperò parte della propria dignità, almeno nell’espressione. Afferrando il mantello con la mano libera, se lo trascinò letteralmente dietro, verso l’approdo.

Mat si chiese se fosse malata. Si divertiva a vedere Nynaeve in imbarazzo, ma di solito lei si riprendeva subito. Le Aes Sedai non potevano curare sé stesse. Forse doveva suggerire a Elayne di occuparsi di ciò che non andava in Nynaeve. Lui personalmente evitava la guarigione come la morte o il matrimonio, ma per altre persone era diverso. Ma prima, in ogni caso, doveva dire qualche parolina sul quel segreto.

Aprì la bocca, sollevò un dito ammonitore e...

...Elayne gli conficcò uno dei suoi fra le costole, con uno sguardo così freddo da gelarlo fino alla punta dei piedi. «Comare Corly» disse con quella voce glaciale da regina giudicante «ha spiegato a me e Nynaeve il significato di quei fiori rossi sul cestino, cosa che tu hai avuto almeno la decenza di nascondere.»

Il volto di Mat avvampò quanto quello di Nynaeve. A pochi passi di distanza, Reanne Corly e le altre due si stavano mettendo i cappelli e sistemando i vestiti, come facevano sempre le donne quando si alzavano, si sedevano o facevano tre passi, eppure anche se erano concentrate sui vestiti ebbero comunque modo di lanciargli delle occhiate che, per una volta, non erano né di disapprovazione né di stupore. Lui non sapeva che quei maledetti fiori significassero qualcosa! Dieci tramonti non avrebbero eguagliato il rossore del suo volto.

«Bene» La voce di Elayne era bassa, solo per lui, ma piena di disgusto e disprezzo. Scostò il proprio mantello per evitare di sfiorarlo perfino con quello. «Allora è vero! Non potevo crederci, non me l’aspettavo da te... non da te! Sono sicura che per Nynaeve è lo stesso. Qualsiasi promessa ti abbia mai fatto è annullata! Non manterrò promesse fatte a chi costringe una donna a prestargli delle attenzioni, qualsiasi donna, ma soprattutto una regina che gli ha offerto...»

«Io ho costretto lei?» gridò. O meglio, cercò di gridare. La sensazione di soffocamento lo fece quasi rantolare.

Afferrò Elayne per le spalle e la fece allontanare dalle carrozze. Mozzi senza camicia con indosso grembiuli di pelle verde macchiati si affrettavano intorno a loro, trasportando sacchi in spalla o facendo rotolare dei barili sul molo; alcuni spingevano delle carriole piene di ceste, tenendosi a distanza dalle carrozze. La regina di Altara non era molto potente, ma il suo sigillo sugli sportelli assicurava che almeno la gente comune avrebbe girato alla larga. Nalesean e Beslan stavano chiacchierando mentre facevano strada alle Braccia Rosse. Vanin chiudeva il gruppo e guardava accigliato lo scorrere del fiume; sosteneva di soffrire di stomaco, quando saliva su un’imbarcazione. Le Sapienti sì erano tutte riunite intorno a Reanne e osservavano la scena, ma non erano abbastanza vicine da sentire. Mat parlò sussurrando, per non correre rischi.

«Adesso Stammi a sentire! Quella donna non accetta un no come risposta. Mi sono opposto, e lei mi ha riso in faccia. Mi ha affamato, mi ha tiranneggiato e mi ha dato la caccia come a un cervo! Ha più mani di sei donne messe insieme. Ha minacciato di farmi spogliare dalle cameriere se io non l’avessi lasciata...» A un tratto si rese conto di cosa stava dicendo. E di chi era la sua interlocutrice. Riuscì a chiudere la bocca prima di ingoiare una mosca. Scoprì di provare un improvviso interesse per uno dei corvi di metallo scuro inseriti sul manico dell’ashandarei, che gli evitava di sostenere lo sguardo di Elayne. «Quello che voglio dire è che tu non capisci,» mormorò «che hai invertito i ruoli.» Mat si arrischiò a guardarla da sotto le falde del proprio cappello.

Lei era leggermente arrossita, ma il suo volto assunse un’espressione solenne come quella di un busto di marmo. «Sembra... sembra che io abbia frainteso» disse in tono grave. «È stato davvero... malvagio, da parte di Tylin.» Mat ebbe l’impressione che Elayne contraesse le labbra. «Hai mai pensato di esercitarti in diversi tipi di sorriso davanti allo specchio, Mat?»

Mat, la guardò stupito. «Cosa?»

«Ho sentito dire da una fonte attendibile che è ciò che fanno le ragazze per attirare l’attenzione dei re.» Qualcosa alterò la tranquillità del tono di voce di Elayne, e stavolta il tremito delle sue labbra fu evidente. «Potresti provare anche a sbattere le ciglia.» Serrò la bocca e si voltò. Le sue spalle tremavano e il mantello sventolava dietro di lei mentre si dirigeva al molo. Prima che si allontanasse quel tanto da non essere sentita da Mat la udì ridere e dire qualcosa a proposito di ‘un assaggio della sua medicina’. Reanne e le Donne Sapienti la seguirono, come un branco di galline dietro a un pulcino piuttosto che il contrario. I pochi mozzi che si trovavano fuori dalle imbarcazioni smisero di arrotolare le corde o qualsiasi altra cosa stessero facendo e chinarono il capo rispettosamente davanti a quella processione.

Mat si tolse il cappello, furioso, e prese in considerazione l’idea di saltarci sopra per la rabbia. Donne! Avrebbe dovuto aspettarsi di non essere compreso. Gli sarebbe piaciuto molto poter strangolare la maledetta erede al trono. E anche Nynaeve, per principio. Solo che non poteva. Aveva fatto delle promesse e quei dadi continuavano a rotolare nella sua testa. Inoltre una delle Reiette poteva trovarsi nei dintorni, vicino a loro. Si rimise il copricapo e si diresse verso il molo, oltrepassando le Donne Sapienti e raggiungendo Elayne. La ragazza stava ancora cercando di reprimere l’ilarità, ma ogni volta che lo guardava, diventava di nuovo rossa e riprendeva a ridere.

Mat guardava fisso davanti a sé. Maledette donne! Maledette promesse. Sì scoprì la testa il tempo necessario per levarsi dal collo il laccio di cuoio, e lo porse con riluttanza a Elayne. La testa d’argento della volpe pendeva dalle sue mani. «Tu o Nynaeve dovrete decidere chi di voi due deve indossarlo, ma lo rivoglio nel momento in cui lasceremo Ebou Dar. Hai capito? Nel preciso istante in cui...»

Si accorse di colpo che stava camminando da solo. Si voltò e vide Elayne due passi indietro, immobile, che lo fissava con Reanne e le altre alle sue spalle.

«Adesso cosa succede?» chiese Mat. «Ah, sì, so tutto di Moghedien.» Un uomo magro, che aveva delle pietre rosse incastonate negli orecchini di ottone, ed era chino su un ormeggio, si voltò talmente in fretta nel sentir pronunciare quel nome dietro di lui che ricadde di lato, finendo in acqua. A Mat non importava che qualcuno lo sentisse. «Cercare di mantenerlo segreto, con due dei miei uomini morti, dopo tutte le vostre promesse. Be’, ne parleremo più tardi. Anche io ho fatto delle promesse. Ho promesso di tenervi in vita. Se Moghedien dovesse farsi di nuovo viva, cercherà di attaccare una di voi due. Ecco, prendi.» Le porse di nuovo il medaglione.

Elayne scosse lentamente il capo, confusa, poi si voltò per mormorare qualcosa a Reanne. Solo dopo che le donne anziane si furono incamminate verso Nynaeve, che agitava le braccia in fondo a una passerella, prese il medaglione, giocherellandoci con le dita.

«Hai idea di cosa avrei fatto per avere quest’oggetto per i miei studi?» chiese Elayne con calma. «Anche una vaga idea?» Era alta per essere una donna, ma doveva comunque guardarlo dal basso. Sembrava che non l’avesse mai visto prima di allora. «Sei un uomo molto fastidioso, Mat Cauthon. Lini direbbe che mi sto ripetendo, ma tu...» Sospirò e allungò una mano per togliergli il cappello e rimettergli al collo il medaglione. Gli infilò la testa di volpe sotto la camicia e gli diede un colpetto con la mano, prima di restituirgli il copricapo. «Non lo userò se Nynaeve o Aviendha non indossano nulla, e credo che loro farebbero lo stesso. Portalo tu. Dopo tutto non potrai mantenere le tue promesse, se Moghedien ti uccide. Anche se non penso che sia ancora qui. Credo che sia convinta di aver ucciso Nynaeve, e non sarei sorpresa se fosse il solo motivo per cui era venuta fin qui, ma tu devi essere molto prudente. Nynaeve dice che c’è un uragano in arrivo, e non si riferisce a questo vento. Io...» Elayne arrossì di nuovo. «Mi dispiace di aver riso di te.» Si schiarì la gola e distolse lo sguardo da lui. «Talvolta dimentico il mio dovere nei confronti dei miei sudditi. Tu sei un suddito valoroso, Matrim Cauthon. Farò in modo che Nynaeve capisca come stanno le cose fra... te e Tylin. Forse possiamo aiutarti.»

«No» farfugliò lui. «Intendo dire, sì. Cioè... ecco... oh, baciassi una maledetta capra se so cosa ho in mente. Vorrei quasi che tu non sapessi la verità.» Nynaeve ed Elayne erano sedute a parlare di lui con Tylin mentre sorseggiavano il tè. Sarebbe mai sopravvissuto a qualcosa di simile? Sarebbe mai più riuscito a guardare in faccia una di loro? Ma se non lo avessero fatto... Si trovava esattamente fra il lupo e l’orso, senza via di scampo. «Interiora di pecora! Accidenti, maledizione, per tutti i diamini!» Gli sarebbe quasi piaciuto che Elayne lo richiamasse per il linguaggio come avrebbe fatto Nynaeve, anche solo per poter cambiare discorso.

Elayne mosse silenziosamente le labbra e, per un istante, Mat ebbe la strana impressione che stesse ripetendo la sua frase. Ovviamente non poteva essere così. Stava avendo delle visioni, ecco tutto. Ad alta voce, aggiunse: «Capisco» proprio come se stesse capendo. «Forza, adesso, Mat. Non possiamo perdere altro tempo restando fermi qui.»

Mat rimase a bocca aperta e la guardò sollevare la gonna e il mantello per procedere verso il molo. Elayne capiva? E non aveva fatto alcun commento acido, nessuna battuta tagliente? E lui era un suo suddito. Un suddito valoroso. Mat toccò il medaglione e la seguì. Era sicuro che avrebbe dovuto combattere per riaverlo indietro. Anche se avesse vissuto a lungo quanto due Aes Sedai, non avrebbe comunque capito le donne, meno che mai le nobili.

Quando raggiunse la passerella dalla quale era scesa Elayne, il mozzo con gli orecchini d’ottone stava già spingendo al largo il veliero servendosi di un lungo palo. Elayne stava facendo radunare Reanne e le altre Donne Sapienti nella cabina, e Lan era rimasto sul ponte con Nynaeve. Un grido di Beslan lo richiamò sull’imbarcazione successiva, che trasportava tutti gli uomini tranne Lan.

«Nynaeve ha detto che non c’era spazio per nessuno di noi» spiegò Nalesean mentre il natante prendeva il largo sull’Eldar. «Ha detto che saremmo stati troppi.» Beslan rise mentre si guardava intorno. Vanin si era seduto vicino alla porta della cabina con gli occhi chiusi e cercava di convincersi di trovarsi altrove. Harnan e Tad Kandel, un Andorano nonostante la sua carnagione fosse scura come quella dei due mozzi, erano saliti in cima alla cabina. Le restanti Braccia Rosse erano ammucchiate sul ponte e tentavano di non essere d’impaccio per i rematori. Nessuno era entrato nella cabina: sembrava che tutti stessero aspettando di vedere se la volevano Mat, Beslan o Nalesean.

Mat si piazzò accanto all’albero di prua a osservare l’altra imbarcazione proprio davanti a loro. Il vento sferzava le acque scure e anche il suo fazzoletto, e lo costringeva a tenere saldamente il cappello. Che cosa stava combinando Nynaeve? Le altre nove donne sulla seconda imbarcazione erano tutte nella cabina, e avevano lasciato sul ponte lei e Lan. I due stavano in piedi, Lan a braccia conserte, mentre lei gesticolava come se stesse spiegando qualcosa. Solo che Nynaeve dava di rado spiegazioni. Anzi, non lo faceva mai.

Qualsiasi cosa stesse facendo, non durò a lungo. Nella baia le onde erano increspate, nel punto in cui erano ancorati i raccoglitori, i rasentatoli e i libranti. Il fiume non era molto agitato, ma l’imbarcazione ondeggiava comunque più di quanto Mat ricordasse rispetto a qualsiasi viaggio avesse mai fatto. Prima che fosse trascorso troppo tempo, Nynaeve fu costretta a sporgersi dalla ringhiera, rimettendo la colazione, mentre Lan la sorreggeva. Quella scena ricordò a Mat del proprio stomaco. S’infilò il cappello sotto il braccio perché non gli volasse via ed estrasse di tasca il pane e il formaggio.

«Beslan, pensi che questo uragano possa scatenarsi prima che facciamo ritorno da Rahad?» diede un morso al formaggio. A Ebou Dar ne avevano cinquanta tipi diversi, ed erano tutti buoni. Nynaeve continuava a sporgersi fuori bordo. Ma quanto aveva mangiato quella donna? «Non so dove andremo a ripararci, se ne verremo colti.» Non gli veniva in mente una sola locanda del Rahad che avrebbe accettato delle donne come ospiti.

«Non c’è nessun uragano» rispose Beslan, sedendosi sul parapetto. «Sono i venti del commercio invernale. Facciamo gli scambi due volte l’anno, a fine inverno e fine estate, ma devono soffiare molto più forte per trasformarsi in uragano.» Indirizzò uno sguardo cupo alla baia. «Ogni anno questi venti portano, o meglio, portavano, delle imbarcazioni da Tarabon e dall’Arad Doman. Mi chiedo se le vedremo ancora.»

«La Ruota tesse» iniziò a rispondere Mat, strozzandosi con un pezzo di formaggio. Sangue e ceneri, stava cominciando a parlare come un vecchio seduto a far riposare le sue giunture doloranti davanti al camino. Preoccuparsi di portare le donne in una locanda malfamata. Un anno prima, o anche sei mesi prima ve le avrebbe condotte e basta, ridendo nel vederle sgranare gli occhi e a ogni sbuffo. «Be’, forse potremo spassarcela nel Rahad. Di sicuro qualcuno cercherà di tagliare qualche borsa o di sgraffignare la collana di Elayne.» Forse era esattamente ciò di cui aveva bisogno per togliersi quel tono di voce serio di bocca. Serio. Luce, che parola da associare a Mat Cauthon! Forse Tylin lo spaventava più di quanto pensava, se si stava riducendo così. Forse aveva bisogno del tipo di divertimento che cercava Beslan. Era una follia, non gli era mai capitato di volersi immischiare in una lotta piuttosto che evitarla, eppure...

Beslan scosse il capo. «Se c’è qualcuno che potrebbe trovarlo sei tu, ma... Ci saranno sette Donne Sapienti con noi, Mat. Sette. Con solo una al tuo fianco potresti prendere a schiaffi un uomo, perfino nel Rahad, e farlo andare via senza reagire. E le donne, poi... Che divertimento c’è a baciare una donna senza correre il rischio che ti trapassi con il suo pugnale?»

«Che la mia anima sia folgorata» mormorò Nalesean da sotto la barba. «Sembra che mi sia trascinato fuori dal letto per una mattinata noiosa.»

Beslan annuì sconsolato. «Se siamo fortunati, però... la guardia civica di tanto in tanto manda delle pattuglie nel Rahad, e se stanno dando la caccia a qualche contrabbandiere, si vestono sempre come la gente comune. Pensano che nessuno noti una dozzina di uomini che camminano tutti insieme armati di spada, qualsiasi cosa indossino, e vengono sempre colti di sorpresa quando i contrabbandieri tendono loro un agguato, cosa che accade quasi di continuo. Se la fortuna di Mat come ta’veren lavora per noi, potremmo venire scambiati per la guardia civica, e alcuni contrabbandieri potrebbero decidere di attaccarci prima di vedere le cinture rosse.» Nalesean si illuminò e prese a sfregarsi le mani.

Mat li guardò male. Dopotutto, forse il tipo di svago cui Beslan faceva riferimento non era ciò di cui aveva bisogno. Prima di tutto ne aveva fin sopra i capelli, delle donne con i pugnali. Nynaeve era ancora protesa oltre la ringhiera dell’imbarcazione davanti a loro; la prossima volta non si sarebbe ingozzata. Dopo aver ingoiato l’ultimo pezzo di formaggio, Mat iniziò a mangiare il pane cercando di ignorare i dadi che gli rotolavano nella testa. Un viaggio semplice, senza intoppi, non gli sembrava per niente una cattiva idea. Un viaggio veloce, con una partenza altrettanto rapida da Ebou Dar. Il Rahad era proprio come se lo ricordava e come temeva Beslan. Il vento rendeva difficile camminare sulle passerelle per raggiungere i moli, e ben presto peggiorò. C’erano canali ovunque, subito oltre il fiume, ma qui i ponti erano semplici, i parapetti di pietra sudicia rotti e sgretolati. I canali erano quasi tutti talmente insabbiati che i ragazzi li attraversavano a piedi, con l’acqua che gli arrivava solo alla vita, e non c’era in giro nemmeno una chiatta. Gli alti edifici erano ammassati uno accanto all’altro, delle strutture massicce con l’intonaco un tempo bianco ormai del tutto scrostato che lasciava vedere qua e là i mattoni rossi e marci, e le strade laterali dissestate. La luce del mattino non riusciva a penetrare fra le ombre delle imponenti costruzioni. A ogni finestra erano stesi ad asciugare dei panni sudici, tranne dove le case erano inabitate. In quei casi, le finestre ricordavano le orbite vuote di un teschio. L’aria era impregnata di un odore dolciastro di marciume, del contenuto di vasi da notte vecchio di almeno un mese e di immondizia che si decomponeva là dove era stata lanciata; per ogni mosca presente nell’altro lato dell’Eldar, qui ne volavano almeno cento, in nuvole verdi e azzurre. Mat vide la porta blu scorticata de La corona d’oro del paradiso e rabbrividì al pensiero di portarvi le donne se fosse sopraggiunto l’uragano, nonostante quanto aveva detto Beslan. Poi fu scosso nuovamente da un tremito all’idea di aver rabbrividito. Gli stava succedendo qualcosa, e non gli piaceva.

Nynaeve ed Elayne avevano insistito per guidare il gruppo, con Reanne fra loro due e le Donne Sapienti subito dietro. Lan era rimasto alle spalle di Nynaeve come un cane da guardia, con la mano sull’elsa della spada e gli occhi indagatori che irradiavano minacce. Mat era certo che Lan da solo avrebbe saputo proteggere un gruppo di una ventina di graziose sedicenni che trasportassero sacchi d’oro anche in quel luogo, ma aveva comunque voluto che Vanin e il resto tenessero gli occhi aperti. L’ex ladro di cavalli e bracconiere si teneva così vicino a Elayne che chiunque avrebbe potuto pensare fosse il suo Custode, anche se grasso e sciatto. Beslan roteò gli occhi Mat quando gli diede istruzioni e Nalesean si carezzò irritato la barba, mormorando che avrebbe potuto rimanere a letto a dormire.

Gli uomini se ne andavano in giro con aria arrogante, spesso con i vestiti laceri e senza camicia, con dei grandi anelli d’ottone alle orecchie e alle dita, decorati con vetri colorati, e un pugnale o due infilati dietro le cinture. Tenevano sempre le mani vicine alle armi, e lanciavano intorno occhiate minacciose, come se volessero sfidare gli altri a guardarli male. Alcuni si muovevano furtivamente da un angolo all’altro, di porta in porta, tenendo il volto nascosto da un cappuccio, come i cani affamati che talvolta ringhiavano dai vicoli oscuri, larghi appena quanto bastava a far passare un uomo. Quegli uomini erano tutti incurvati sui propri pugnali, e non c’era modo di capire quale di loro fosse pronto a fuggire e quale a colpire. Le donne, dal canto loro, facevano sembrare meschini gli uomini. Andavano in giro con vestiti lisi e il doppio dei gioielli d’ottone. Anche loro naturalmente erano armate di pugnali, e i loro occhi scuri e spavaldi sfidavano chiunque. In breve, il Rahad era il tipo di luogo in cui chiunque indossasse della seta aveva ben poche speranze di fare dieci passi senza ritrovarsi con il cranio spaccato. Nella migliore delle ipotesi ci si sarebbe risvegliati nudi su una pila di rifiuti in un vicolo, e l’alternativa era non risvegliarsi affatto.

Ma...

I bambini correvano fuori dalle porte di servizio con dei vasi sbeccati pieni d’acqua, mandati dalle loro madri nel caso le Donne Sapienti avessero sete. Uomini sfregiati e assassini fissavano a occhi sgranati le sette Sapienti, quindi inchinavano il capo e chiedevano educatamente se potevano essere d’aiuto, se ci fosse bisogno che trasportassero qualcosa per loro. Le donne, alcune sfregiate da cicatrici come gli uomini e con occhi che avrebbero fatto trasalire Tylin, facevano la riverenza e chiedevano con un filo di voce se potevano offrire indicazioni, o se qualcuno aveva fatto qualcosa di grave per far venire tante Donne Sapienti tutte insieme. Se era così, significava che Tamarla e le altre non avrebbero dovuto preoccuparsi se avessero solo detto il nome.

Ovviamente le occhiate riservate ai soldati erano roventi come sempre, ma anche la più dura si allontanava da Lan dopo un solo momento. E, stranamente, anche da Vanin. Alcuni uomini ringhiarono contro Beslan e Nalesean quando li colsero a guardare troppo a lungo la profonda scollatura di una donna. Altri se la prendevano anche con Mat, benché lui non ne capisse il motivo. A differenza degli altri due, lui non sbirciava tra le vesti in maniera tanto maniacale. Sapeva come farlo con discrezione. Nynaeve ed Elayne vennero ignorate, anche se erano senza dubbio eleganti, come pure Reanne con il suo abito di lana rossa. Loro non indossavano la cintura rossa, ma avevano la protezione che ne proveniva. Mat riconobbe che Beslan aveva ragione. Avrebbe potuto rovesciare in terra tutto il denaro che aveva e nessuno avrebbe preso un centesimo, almeno finché le Sapienti fossero rimaste nelle vicinanze. Avrebbe potuto pizzicare il fondoschiena di tutte le donne presenti e, anche se queste ne fossero rimaste sconvolte, non avrebbero reagito in alcun modo.

«Che piacevole passeggiata,» disse ironico Nalesean «con queste scene e questi odori interessanti. Ti ho già detto che non ho dormito troppo la notte scorsa, Mat?»

«Vuoi forse morire in un letto?» borbottò Mat. Tanto valeva che fossero rimasti tutti a letto, qui erano maledettamente inutili, era evidente. Il Tarenese sbuffò indignato. Beslan rise, ma con ogni probabilità aveva frainteso Mat.

Attraversarono il Rahad fin quando Reanne non si fermò davanti a un edificio apparentemente identico a tutti gli altri, con l’intonaco cadente e i mattoni marci, lo stesso in cui Mat aveva seguito l’altra donna il giorno precedente. Qui non c’era del bucato appeso ad asciugare. Quell’edificio era regno esclusivo dei ratti. «Qui» disse Reanne.

Elayne contò lentamente i piani. «Sei» mormorò soddisfatta.

«Sei» sospirò Nynaeve, ed Elayne le diede un colpetto su un braccio, come se provasse compassione.

«Non ero proprio sicura» disse, e fu il turno di Nynaeve di sorridere e toccarle un braccio. Mat non capiva nulla di quel comportamento. L’edificio aveva sei piani. E allora? Le donne si comportavano in maniera molto strana a volte, anzi, la maggior parte delle volte.

Quando entrarono videro un lungo corridoio coperto da un fitto strato di polvere che si snodava fin nel retro e si perdeva nelle ombre. Erano poche le soglie dotate di porte, e di solito queste ultime erano costituite di semplici tavole di legno. Un’apertura a circa un terzo del passaggio, conduceva a una piccola rampa di scale in pietra, che portavano verso l’alto. Era lo stesso percorso che lui aveva fatto il giorno precedente, seguendo le impronte nella polvere, ma Mat supponeva che alcune della aperture dovevano incrociare dei corridoi. Il giorno prima non aveva perso tempo a controllare, ma l’edificio era troppo profondo e largo perché ve ne fosse uno solo. Era troppo grande anche per avere una sola entrata.

«Davvero, Mat,» disse Nynaeve, quando lui ordinò ad Harnan e parte delle Braccia Rosse di scoprire qualsiasi entrata posteriore e di fare la guardia, mentre Lan le era talmente vicino che parevano incollati «non ti sei accorto ormai che non ce n’è alcun bisogno?»

Il tono di voce di Nynaeve era così calmo che Elayne doveva averle già raccontato la verità su Tylin, ma quell’idea non fece che aumentare il suo cattivo umore. Voleva che nessuno sapesse. Era maledettamente inutile! E quei dadi ancora gli rotolavano nella testa. «Forse a Moghedien piacciono le porte posteriori» rispose sarcastico. Qualcosa squittì nel buio in fondo al corridoio e uno degli uomini con Harnan imprecò ad alta voce contro i ratti.

«Gliel’hai detto» sussurrò furiosa Nynaeve contro Lan, mentre con una mano si afferrava di scatto la treccia.

Elayne sbuffò, esasperata. «Non è il caso di perdere tempo a litigare, Nynaeve. La Scodella si trova al piano di sopra! La Scodella dei Venti!» A un tratto, davanti a lei apparve un globo di luce che si mise a fluttuare; senza aspettare per vedere se Nynaeve la stesse seguendo o meno, Elayne si sollevò la gonna e si lanciò su per le scale. Vanin la seguì come un fulmine, a una velocità incredibile, data la sua stazza, seguito da Reanne e dalla maggior parte delle Sapienti. Sumeko dal volto rotondo e leine, alta, scura e graziosa nonostante le rughe agli angoli degli occhi, esitarono, poi rimasero con Nynaeve.

Anche Mat le avrebbe seguite, se Nynaeve e Lan non si fossero trovati davanti a lui. «Intendi lasciarmi passare?» chiese. Lui meritava di essere presente, quando sarebbe stata scoperta la favolosa Scodella dei Venti. «Nynaeve?» La donna era del tutto concentrata su Lan, e sembrava aver dimenticato chiunque altro. Mat scambiò un’occhiata con Beslan, che sorrise e si accovaccio a suo agio insieme a Corevin e le rimanenti Braccia Rosse. Nalesean si era appoggiato contro la parete e sbadigliava, il che non era una grande idea con tutta quella polvere in giro: gli sbadigli infatti divennero ben presto colpi di tosse che lo fecero diventare scuro in volto e lo costrinsero a piegarsi in due.

Ma nemmeno questo distrasse Nynaeve, che con cautela allontanò la mano dalla treccia. «Non sono arrabbiata, Lan» disse.

«Sì, lo sei» rispose l’uomo con calma. «Ma doveva essere informato.»

«Nynaeve?» chiese di nuovo Mat. «Lan?» Nessuno dei due gli prestò la minima attenzione.

«Glielo avrei detto quando sarebbe stato pronto, Lan Mandragoran!» Nynaeve serrò le labbra, torcendole come se stesse parlando da sola. «Non me la prenderò con te» proseguì con voce assai più pacata. Ma sembrava ancora che stesse parlando da sola. Con un gesto deliberato si gettò la treccia dietro la schiena, si sistemò il cappello e si appoggiò le mani sulla vita.

«Se lo dici tu» fu la quieta risposta di Lan.

Nynaeve tremò. «Non assumere quel tono con me!» gridò. «Ti ho detto che non sono arrabbiata! Mi hai sentita?»

«Sangue e ceneri, Nynaeve» gridò Mat. «Non pensa che tu sia arrabbiata. E nemmeno io lo penso.» Era un bene che le donne gli avessero insegnato a mentire senza cambiare espressione. «Adesso possiamo salire al piano di sopra e prendere questa maledetta Scodella dei Venti?»

«È un’idea meravigliosa» osservò una voce femminile dalla porta che affacciava sulla strada. «Andiamo su tutti insieme per fare una sorpresa a Elayne?» Mat non aveva mai visto le due donne che stavano entrando in quel momento, ma avevano volti da Aes Sedai. La donna che aveva parlato era alta e fredda come la sua voce; l’altra aveva una moltitudine di treccine nere intorno al viso, chiuse da perline colorate sulle punte. Alle loro spalle c’era una ventina di uomini, degli energumeni dalle spalle ampie, con in mano bastoni e pugnali. Mat cambiò la presa sull’ashandarei; riconosceva i guai quando li vedeva, e il medaglione sul suo petto era fresco, quasi freddo. Una di loro doveva aver abbracciato l’Unico Potere.

Le due Sapienti furono sul punto di buttarsi in ginocchio alla vista di quei volti dall’età indefinibile, ma anche Nynaeve sapeva riconoscere i guai. Mosse le labbra senza emettere un suono mentre le altre due si facevano avanti, e il suo volto era costernato. Mat sentì che alle sue spalle venivano sguainate delle spade, ma non aveva intenzione di voltarsi per vedere di chi si trattava. Lan era rimasto impietrito, il che valeva a dire che ricordava un leopardo pronto a balzare.

«Appartengono all’Ajah Nera» disse Nynaeve alla fine. La sua voce, inizialmente flebile, divenne più decisa man mano che proseguiva. «Sono Falion Bhoda e Ispan Shefar. Hanno commesso degli omicidi alla Torre, e da allora il loro comportamento è stato anche peggiore. Sono Amiche delle Tenebre e...» esitò per un attimo «...mi hanno schermata.»

Le nuove arrivate continuarono a camminare tranquille. «Hai mai sentito dire qualcosa di così stupido, Ispan?» chiese l’Aes Sedai dal volto lungo alla sua compagna, che si fermò a guardare disgustata la polvere e rivolse un sorriso compiaciuto a Nynaeve. «Ispan e io veniamo dalla Torre Bianca, mentre Nynaeve e le sue amiche si sono ribellate contro l’Amyrlin Seat. Verranno punite per questo crimine, come chiunque altro dovesse decidere di aiutarle.» Mat si sorprese nel comprendere che quella donna non sapeva. Pensava che lui, Lan e gli altri fossero solo dei mercenari. Falion rivolse un sorriso a Nynaeve; una bufera di neve a confronto sarebbe stata calda. «C’è una persona che sarà molto felice di vederti una volta che ti avremo riportata indietro, Nynaeve. Pensa che tu sia morta. Adesso è meglio che voi ve ne andiate. Di certo non correte a immischiarvi negli affari delle Aes Sedai. I miei uomini vi scorteranno fino al fiume.» Senza distogliere lo sguardo da Nynaeve, Falion fece un cenno per invitare gli uomini alle sue spalle a farsi avanti.

Lan si mosse. Non estrasse la spada: contro un’Aes Sedai non avrebbe avuto alcuna possibilità anche se l’avesse fatto — non aveva comunque nessuna possibilità in alcun caso — ma un attimo prima era in piedi immobile, e quello successivo si era lanciato sulle due donne. Proprio prima che atterrasse su di loro, grugnì e le travolse, trascinando entrambe le Sorelle Nere nella polvere, facendo aprire il canale di scarico.

Lan si mise carponi, scuotendo il capo intontito, e uno di quei grossi tizi sollevò un bastone rinforzato con delle lastre di ferro per spaccargli il cranio. Mat lo colpì allo stomaco con la lancia mentre Beslan, Nalesean e cinque Braccia Rosse si scagliavano contro gli Amici delle Tenebre. Lan si alzò barcollando, sguainando la spada per squartare gli Amici delle Tenebre. In quel corridoio non c’era molto spazio per usare un’arma lunga o l’ashandarei, ma l’ambiente ristretto permetteva loro di avere qualche possibilità di non essere sopraffatti immediatamente nei combattimenti di uno contro due o più. Gli uomini ansanti combattevano faccia a faccia contro di loro, prendendosi a gomitate a vicenda per trovare lo spazio per affondare un pugnale o agitare un bastone.

Attorno alle Sorelle Nere era rimasto un piccolo spazio, come anche vicino a Nynaeve. Se ne erano occupate per conto proprio. Un Braccio Rosso andorano fu sul punto di finire contro Falion, ma all’ultimo minuto fu sbalzato in aria e volò nel corridoio, abbattendo due dei grossi Amici delle Tenebre prima di finire contro il muro e accasciarsi a terra, e il suo cranio lasciò una scia di sangue sull’intonaco crepato. Un Amico delle Tenebre calvo si fece avanti nella linea dei difensori e si precipitò contro Nynaeve con un coltello in pugno. Gridò quando gli venne a mancare di colpo la presa sul pavimento, un urlo che fu spezzato quando il suo volto andò a colpire il suolo con tale forza che la testa rimbalzò via.

Ovviamente Nynaeve non era più schermata, e se il medaglione gelido sul petto di Mat non fosse stato un’indicazione sufficiente che lei e le Sorelle Nere stavano duellando, il modo in cui si guardavano, ignorando la battaglia che le circondava, lo rendeva evidente. Le Due Donne Sapienti assistevano alla scena pietrificate. Impugnavano le loro lame ricurve, ma erano schiacciate contro la parete, e i loro sguardi passavano da Nynaeve alle altre due.

«Combattete» sbottò Nynaeve. Voltò di poco la testa in modo da poter guardare sia loro che Falion e Ispan. «Non posso farlo da sola: sono legate. Se non combattete contro di loro, vi uccideranno. Ora lo sapete!» Le Donne Sapienti rimasero di nuovo a bocca aperta, come se avesse suggerito loro di spaccare in due la faccia della regina. Tra le grida e gli ansiti, si sentì un urlo stridulo provenire dal fondo delle scale.

Nynaeve si voltò da quella parte. A un tratto barcollò e si girò ancora una volta come un tasso ferito, con uno sguardo così cupo che avrebbe fatto fuggire Falion e Ispan all’istante, se fossero state scaltre. Nynaeve fissò Mat con occhi disperati. «Hanno incanalato al piano di sopra. Credo ci siano problemi» disse a denti serrati.

Lui esitò. Con ogni probabilità Elayne aveva soltanto visto un ratto. Di certo... Mat riuscì a schivare una lama che gli era stata diretta contro le costole, ma non aveva spazio per contrattaccare usando l’ashandarei, o usarne il manico come un bastone da combattimento. Beslan fece scattare una lama e trapassò il cuore dell’avversario di Mat.

«Ti prego, Mat» disse Nynaeve. Lei non pregava mai, avrebbe preferito prima tagliarsi la gola. «Ti prego.»

Mat imprecò, ma lasciò la mischia e si precipitò su per le scale strette e ripide, risalendo tutti e sei i piani di corsa. Non vi era una sola finestra che lasciasse entrare la luce. Se si trattava solo di un topo avrebbe preso Elayne per il collo e... Giunse all’ultimo piano, non molto più illuminato delle scale, con una sola finestra dal lato della strada, e si ritrovò davanti a uno scenario da incubo.

C’erano donne in terra ovunque. Elayne era una di loro, accasciata in parte contro la parete, e aveva gli occhi chiusi. Vanin era in ginocchio e sanguinava dal naso e dalle orecchie, cercando flebilmente di tirarsi in piedi. L’ultima donna ancora in piedi, Janira, corse incontro a Mat non appena lo vide. Gli aveva sempre ricordato un falco, con il naso simile a un becco adunco e gli zigomi alti, ma quel volto ora era una maschera di puro terrore, dagli occhi scuri sgranati e vuoti.

«Aiutami!» gli gridò, e in quel momento un uomo l’afferrò da dietro. Era un tipo dall’apparenza ordinaria, forse poco più grande di Mat, della stessa altezza e snello, con indosso una semplice giubba grigia. Sorrise e prese la testa di Janira fra le mani, facendola girare di scatto. Il rumore del collo spezzato ricordò quello di un ramo secco spaccato. La lasciò cadere in terra come un sacco vuoto e la guardò. Per un momento il sorriso che apparve sul suo volto sembrò... estasiato.

Alla luce di una lampada, Mat scorse un gruppetto di uomini che stavano forzando la porta sui cardini di ferro arrugginiti proprio dietro Vanin, ma non vi prestò molta attenzione. Era concentrato su Janira, accasciata in terra, e su Elayne. Aveva promesso di mantenerla in vita per Rand. L’aveva promesso. Gridò e si scagliò contro l’assassino, allungando l’ashandarei.

Mat aveva già visto come si muovevano i Myrddraal, ma questo era anche più veloce, benché fosse difficile da credere. Sembrò volare davanti alla lancia, ne afferrò il manico e piroettò, scagliandolo nel corridoio.

Mat rimase senza fiato quando colpì il terreno, sollevando una piccola nuvola di polvere insieme all’ashandarei. Ansimando, si alzò, con il medaglione che gli pendeva davanti alla camicia aperta. Estrasse un pugnale da sotto la giubba e si scaraventò contro quell’uomo, proprio mentre in cima alle scale appariva Nalesean, con la spada in pugno. Adesso l’avevano incastrato, anche se era veloce...

Quell’uomo avrebbe fatto sembrare lento un Myrddraal. Girò intorno a Nalesean evitando il suo affondo come se non avesse ossa nel corpo, e allungò la mano destra per afferrarlo per la gola. Poi la mano si allontanò di colpo, con un suono liquido e lacerante. Il sangue zampillo vicino al volto di Nalesean, che lasciò cadere la spada sul pavimento impolverato e si strinse le mani intorno al collo dolorante, mentre il sangue gli arrossava le dita e lui crollava a terra.

Mat si avventò contro la schiena dell’assassino, e i tre caddero tutti insieme. Non provava alcun rimorso nel pugnalare un uomo alle spalle quando era necessario, soprattutto se era uno in grado di tagliare la gola di un altro con una mano. Avrebbe dovuto lasciare Nalesean a letto. Quel pensiero triste gli venne in mente mentre affondava la lama una seconda e poi una terza volta.

La vittima si agitava sotto la sua presa. Non avrebbe dovuto essere possibile, ma in qualche modo quel tizio riuscì a voltarsi sotto Mat, sottraendogli il pugnale. Gli occhi vitrei di Nalesean e la gola insanguinata erano un avviso molto chiaro agli occhi di Mat, che, disperato, afferrò il polso di quell’uomo. La sua mano scivolò leggermente sul sangue di Nalesean.

L’altro gli sorrise. Aveva un pugnale che gli spuntava da un fianco e rideva! «Ti vuole morto quanto lei» disse l’uomo sottovoce e, come se non avesse alcun impedimento, mosse le mani Verso la testa di Mat, trascinando nel movimento anche il braccio di quest’ultimo.

Mat, in preda al panico, lo spinse e scaricò tutto il peso del proprio corpo sul braccio del suo avversario, senza ottenere alcun risultato. Luce, si sentiva come un bambino che lottava contro un adulto. Quel tizio si stava divertendo, se la prendeva comoda. Con le mani gli afferrò la testa. Dov’era andata a finire la sua maledetta fortuna? Mat si sollevò facendo appello alle poche forze che gli restavano e... il medaglione finì contro la guancia dell’assalitore. L’uomo gridò. Dai bordi del medaglione salirono dei filamenti di fumo, e la sua pelle friggeva come della pancetta nella padella. Si allontanò in preda alle convulsioni, spingendo via Mat con mani e piedi, e facendogli fare un volo di dieci passi prima di ricadere a terra.

Quando si rialzò, mezzo stordito, l’uomo era già in piedi con le mani sul volto. Aveva sulla guancia un segno rosso, dalla forma della testa di volpe. Mat toccò con circospezione il medaglione. Era freddo. Non come quando una donna incanalava nelle vicinanze: forse lo stavano ancora facendo al pianterreno, ma erano lontane. Era freddo come l’argento. Mat non aveva idea di cosa fosse quel che aveva davanti, tranne che di sicuro non era umano, ma fra la bruciatura e le tre pugnalate, con un coltello che ancora gli spuntava da sotto un braccio, adesso forse sarebbe stato abbastanza lento da permettergli di oltrepassarlo e precipitarsi giù per le scale. Vendicare Elayne sarebbe stato nobile, come fare lo stesso Nalesean, ma era evidente che non sarebbe accaduto quel giorno, e non vi era alcun bisogno di creare un motivo perché anche Mat Cauthon dovesse diventare qualcuno da vendicare.

L’uomo sì tolse il pugnale dal fianco e lo lanciò contro Mat, che lo afferrò al volo d’istinto. Thom gli aveva insegnato a fare i giochi di prestigio, e gli aveva detto che lui aveva le mani più veloci che avesse mai visto. Fece volteggiare il pugnale per impugnarlo in modo corretto, con la punta rivolta verso l’alto, e nel farlo notò che la lama era splendente e si scoraggiò. Non era sporca di sangue. Avrebbe dovuto essere almeno macchiata, ma l’acciaio riluceva, brillante e pulito. Forse nemmeno le ferite delle pugnalate avrebbero rallentato quel... qualsiasi cosa fosse.

Mat azzardò uno sguardo alle sue spalle. Gli altri uomini stavano cominciando a entrare dalla porta che avevano aperto, la porta a cui lo avevano condotto le impronte il giorno prima, ma sembrava che avessero le braccia cariche di cumuli di spazzatura, piccole ceste mezze marce, un barile con degli oggetti avvolti in panni che spuntavano nei punti in cui mancavano le assi, e perfino una sedia rotta e uno specchio incrinato. Con ogni probabilità avevano ricevuto l’ordine di prendere tutto. Non prestarono alcuna attenzione a Mat e si affrettarono verso il fondo del corridoio, svanendo dietro un angolo. Doveva esserci un’altra scala, da quella parte. Forse avrebbe potuto seguirli, forse... proprio davanti alla porta dalla quale erano arrivati, si accorse che Vanin stava di nuovo cercando di alzarsi, ma poi ricadde a terra. Mat imprecò. Se si fosse trascinato dietro Vanin sarebbe stato molto lento, ma se la sua fortuna era all’opera... non aveva salvato Elayne, ma forse... Con la coda dell’occhio, vide che la ragazza si era mossa, portandosi una mano alla testa.

La vide anche l’uomo dalla giubba grigia, che sorrise e si girò verso di lei.

Mat sospirò e ripose l’inutile pugnale dietro la cintura. «Non puoi averla» gridò. Promesse. Con uno strattone ruppe il cordone di pelle che aveva intorno al collo. Adesso il medaglione con la testa di volpe pendeva dalla sua mano. Emetteva uno strano ronzio mentre Mat lo faceva roteare in aria. «Non puoi averla, maledizione.» Mat si mosse in avanti, sempre facendo vorticare il medaglione. Il primo passo fu il più difficile, ma aveva delle promesse da mantenere.

Il sorriso scomparve dal volto di quell’essere. Guardava con diffidenza il pendente, e intanto indietreggiava. La stessa luce proveniente dalla finestra che si era riflessa sul medaglione circondò l’uomo di un alone. Se Mat fosse riuscito a spingerlo fin laggiù, forse avrebbe avuto modo di constatare se un volo di sei piani avrebbe ottenuto il risultato che con il pugnale non riusciva a ottenere.

Il marchio sul volto del tipo era livido, e l’uomo continuava a indietreggiare. A tratti allungava una mano, come cercando di afferrare Mat, poi di colpo scattò da un lato, infilandosi in una delle stanze, e si serrò la porta alle spalle. Mat sentì che la chiudeva a chiave.

Forse avrebbe dovuto fermarsi, ma senza pensare alzò un piede e colpì duramente l’uscio. Dal legno marcio fuoriuscì della polvere. Con un secondo calcio le assi marcite caddero a pezzi, insieme ai cardini arrugginiti. La porta ricadde verso l’interno, pendendo a una strana angolazione.

La stanza non era del tutto buia. Dalla finestra che si trovava alla fine del corridoio, non lontano arrivava un po’ di luce, e un pezzo di specchio in un angolo irradiava una debole illuminazione. Quello specchio gli consentì di osservare la stanza senza entrarvi. Oltre a un pezzo di sedia, non c’era nient’altro da vedere. Le sole aperture erano la porta e un buco fatto dai ratti, proprio accanto allo specchio, ma l’uomo con la giubba grigia era scomparso.

«Mat» lo chiamò Elayne con un filo di voce. Lui lasciò in fretta la stanza e si diresse verso di lei. Da qualche parte ai piani inferiori si sentivano ancora delle grida, ma Nynaeve e gli altri avrebbero dovuto cavarsela da soli, almeno per il momento. Quando Mat la raggiunse, Elayne era seduta, si stava massaggiando la mascella e sussultava. Aveva l’abito coperto di polvere, il cappello di traverso, alcune delle piume erano rotte e, guardandole i capelli color oro, Mat ebbe l’impressione che glieli avessero tirati per trascinarla. «Mi ha colpita così forte» disse dolorante. «Non credo di avere qualcosa di rotto, ma...» i loro sguardi si incontrarono e, se Mat in passato aveva creduto che lo guardasse come un estraneo, ora ne fu convinto. «Ho visto cos’hai fatto, Mat. Con quell’uomo. Era come se fossimo tante galline chiuse in una scatola con una donnola. Incanalare non lo toccava. I flussi svanivano allo stesso modo di come succede con il tuo...» Lanciò un’occhiata al medaglione che ancora pendeva fra le mani di Mat e sospirò, creando un effetto senz’altro interessante nella sua scollatura ovale. «Grazie, Mat. Ti chiedo scusa per quello che ho fatto e pensato di te.» Stavolta sembrava davvero sincera. «Continuo ad accumulare dei toh nei tuoi confronti,» sorrise mestamente Elayne «ma non ti permetterò di battermi. Dovrai permettermi di salvarti almeno una volta, per ristabilire l’equilibrio.»

«Vedrò cosa posso fare» rispose Mat secco, infilandosi il medaglione in una tasca della giubba. Toh? Batterla? Luce! Quella donna stava senza dubbio trascorrendo troppo tempo con Aviendha.

Dopo averla aiutata ad alzarsi, Elayne si guardò intorno. Vide Vanin con il volto insanguinato e le donne distese in terra, quindi fece una smorfia. «Oh, Luce!» sospirò. «Oh, sangue e maledette dannate ceneri!» Nonostante la situazione, Mat sussultò. Non solo non si sarebbe mai aspettato parole del genere da quella donna, ma gli parevano anche strane, come se lei ne conoscesse il suono ma non il significato. La facevano sembrare più giovane di quanto fosse.

Elayne si liberò dalla presa di Mat, si tolse il cappello lasciandolo cadere in terra e andò a inginocchiarsi accanto alla prima Donna Sapiente che vide, Reanne, prendendole la testa fra le mani. La donna era priva di sensi, aveva il volto rivolto verso il basso e le braccia distese in avanti, come se qualcuno l’avesse fatta cadere a terra mentre correva. Doveva essere diretta verso la stanza che tutti volevano raggiungere, verso i suoi attaccanti, di certo non nella direzione opposta.

«Non posso guarirla, è al di là delle mie capacità» mormorò Elayne. «Dov’è Nynaeve? Perché non è salita con te, Mat? Nynaeve!» gridò verso le scale.

«Non c’è bisogno che strilli come un gatto» rispose furiosa Nynaeve, apparendo in cima alle scale, anche se si guardava indietro sospettosa. «Tienila forte, mi hai capita?» era lei a strillare come un gatto, in realtà. Aveva in mano il cappello, e lo agitò in direzione della persona a cui si stava rivolgendo. «Se la lasci scappare, ti tiro le orecchie finché non sentirai le campane il prossimo anno!»

A quel punto Nynaeve si voltò, e gli occhi le schizzarono quasi fuori dalle orbite. «Che la Luce risplenda su di noi» sussurrò, chinandosi su Janira. La sfiorò appena e si rialzò subito, scossa da tremiti di dolore. Anche lui avrebbe saputo dire che quella donna era morta, ma Nynaeve sembrava fare delle morti altrui un fatto personale. Scuotendosi, passò alla vittima successiva, Tamarla, e stavolta sembrò che vi fosse qualcosa che poteva guarire. Fu anche chiaro che le sue ferite non erano semplici, perché l’espressione di Nynaeve era molto seria. «Che cosa è successo qui, Mat?» chiese senza guardarlo. Il tono che usò lo fece sospirare. Avrebbe dovuto immaginare che avrebbe pensato che fosse tutta colpa sua. «Be’, Mat, cos’è successo? Vuoi parlare, o devo...» Lui non scoprì mai quale fosse la minaccia che intendeva muovergli.

Lan ovviamente aveva seguito Nynaeve per le scale, con Sumeko alle calcagna. La robusta Sapiente lanciò un’occhiata nel corridoio e corse immediatamente verso Reanne. Lanciò un unico sguardo preoccupato a Elayne prima di inginocchiarsi e iniziare a muovere le mani su Reanne in modo strano. Fu quello a provocare il rimprovero di Nynaeve.

«Che cosa stai facendo?» chiese severa, senza interrompere le sue azioni su Tamarla. Rivolse a quella donna solo una breve occhiata, ma fu penetrante quanto la sua voce. «Dove lo hai imparato?»

Sumeko sussultò, ma nemmeno lei si fermò. «Perdonami, Aes Sedai» rispose senza fiato. «So che non dovrei, ma... morirà se io non... so che non avrei dovuto provare, ma... volevo imparare, Aes Sedai. Ti prego.»

«No, no, no. Continua» rispose Nynaeve con fare assente. Gran parte della sua attenzione era concentrata sulla donna sotto le sue mani, ma non tutta. «Sembra che tu sappia cose che nemmeno io... hai un modo molto interessante di intessere i flussi. Penso che molte Sorelle vorranno imparare da te.» Sottovoce aggiunse: «Forse adesso mi lasceranno in pace.» Sumeko non dovette cogliere l’ultima parte, ma quanto aveva sentito la spinse a chinare il capo verso quel seno portentoso. Sempre senza fermarsi.

«Elayne,» proseguì Nynaeve «andresti a cercare la Scodella, per favore? Suppongo che la porta giusta sia quella.» Fece un cenno del capo verso l’uscio cui si riferiva, aperto come un’altra mezza dozzina. La cosa fece sbattere le palpebre a Mat, fin quando non vide i due sacchi che i ladri vi avevano lasciato cadere davanti mentre fuggivano.

«Sì» mormorò Elayne. «Sì, almeno questo lo posso fare.» Sollevò un poco una mano verso Vanin, che era ancora in ginocchio, poi la lasciò ricadere sospirando e si diresse verso la porta, facendo sollevare subito una nuvola di polvere che la fece tossire.

La robusta Sapiente non era la sola ad aver seguito Nynaeve e Lan. Ieine apparve in cima alle scale, spingendo l’Amica delle Tenebre tarabonese davanti a sé, torcendole un braccio dietro la schiena e un’altra mano dietro al collo. Aveva in volto un’espressione determinata, e le sue labbra erano tese. Sembrava spaventata dalla certezza che sarebbe stata spellata viva se fosse stata maldestra con quell’Aes Sedai e al tempo stesso determinata a continuare, indipendentemente dalle conseguenze. Talvolta Nynaeve faceva quell’effetto sulle persone. Gli occhi della Sorella Nera erano sgranati dal terrore, ed era talmente incurvata che sarebbe caduta di sicuro, se non fosse stato per la presa di Ieine. Con ogni probabilità era schermata, e con ogni probabilità avrebbe preferito essere spellata rispetto all’alternativa di quanto le sarebbe successo. Si mise a piangere, singhiozzando sommessamente.

Alle loro spalle apparve Beslan, che guardò Nalesean con sconforto e le donne con ancora maggior tristezza, poi arrivarono Harnan e tre Braccia Rosse, Fergin, Girderan e Metwyn, i tre che si erano trovati all’entrata dell’edificio. Harnan e due degli altri avevano dei brutti strappi insanguinati sulle giubbe, ma Nynaeve doveva aver guarito le ferite sottostanti. Non si muovevano come se fossero feriti, ma parevano molto sottomessi.

«Che cosa è successo sul retro?» chiese Mat con calma.

«Che io sia folgorato se lo so» rispose Harnan. «Siamo finiti dritti contro dei bulli che avevano dei pugnali e si nascondevano al buio. Uno di loro si muoveva come un serpente...» scrollò le spalle, toccandosi lo squarcio insanguinato sulla giubba. «Uno di loro mi ha trafitto con un pugnale, e l’unica cosa che ricordo dopo di allora è di aver aperto gli occhi con Nynaeve Sedai china su di me, Mendair e gli altri, ed eravamo morti quanto il montone che abbiamo mangiato ieri.»

Mat annuì. Uno che si muoveva come un serpente. Ed era anche uscito da quella stanza come una di quelle bestie. Controllò il corridoio. Reanne e Tamarla erano in piedi, e si stavano sistemando i vestiti; Vanin scrutava nella stanza in cui era entrata Elayne, che stava ancora imprecando, stavolta con maggior successo che in precedenza, ma era difficile dirlo con certezza per via della tosse. Nynaeve stava in piedi e aiutava Sibella, una donna magra dai capelli biondi, mentre Sumeko lavorava ancora su Famelle, con i capelli color miele e i grandi occhi marroni, ma lui non avrebbe mai più avuto occasione di ammirare il seno di Melore. Reanne s’inginocchiò per ricomporle le braccia e chiuderle gli occhi, mentre Tamarla stava facendo lo stesso per Janira. Due Donne Sapienti morte e sei delle sue Braccia Rosse. Tutti uccisi da un uomo che il Potere non poteva toccare.

«L’ho trovata!» gridò emozionata Elayne. Uscì di nuovo nel corridoio con in mano un grosso fagotto rotondo avvolto in stracci, che non aveva permesso a Vanin di toglierle dalle mani. Coperta di grigio dalla testa ai piedi, sembrava si fosse rotolata nella polvere. «Abbiamo la Scodella dei Venti, Nynaeve!»

«In Questo caso» annunciò Mat, «andiamo via da qui immediatamente, dannazione.» Nessuno ebbe da obiettare. Nynaeve ed Elayne insisterono che tutti gli uomini realizzassero dei sacchi con le loro giubbe per infilarvi degli oggetti che avevano preso da quella stanza; trasportarono giù anche le Dorme Sapienti e loro stesse. Inoltre Reanne dovette scendere a reclutare altri uomini per trasportare i cadaveri fino al molo, ma nessuno discusse. Mat dubitava che il Rahad avesse mai visto una processione strana quanto la loro, o una che fosse più veloce.

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