Aviendha si sarebbe seduta a terra, ma le altre tre donne che occupavano la piccola cabina di quella barca non le davano modo di farlo, per cui dovette accontentarsi di mettersi a gambe incrociate sopra una delle panche di legno intagliato incassate nella parete. Era comunque diverso dallo stare su una sedia. Almeno la porta era chiusa, e non c’erano finestre, solo elaborate incisioni alle pareti, vicino al soffitto. Non poteva vedere l’acqua che c’era fuori, ma gli intarsi lasciavano trapelare l’odore di sale, il rumore delle onde che schiaffeggiavano lo scafo e il battere ritmico dei remi.
Anche il semplice verso stridulo di alcuni uccelli le faceva venire in mente la vasta distesa d’acqua. Aveva visto uomini uccidersi per delle pozze che avrebbero potuto superare con un passo, ma quell’acqua era amara oltre ogni immaginazione. Leggere le descrizioni non era affatto come assaggiarla, e il fiume era largo almeno un chilometro nel punto in cui erano salite a bordo di quest’imbarcazione, con i suoi strani rematori. Un chilometro d’acqua senza poterne bere neanche una goccia. Chi poteva immaginare che esistesse dell’acqua inutile?
Il movimento della barca era cambiato, adesso oscillava avanti e indietro. Avevano già lasciato il fiume? Erano entrante in quella che chiamavano ‘la baia’? Una distesa d’acqua anche più ampia, così le aveva spiegato Elayne. Aviendha si strinse le mani sulle ginocchia, cercando disperatamente di pensare ad altro. Se le altre avessero notato la sua paura, la vergogna l’avrebbe perseguitata fino alla fine dei suoi giorni. La cosa peggiore era che quel viaggio era stato una sua idea, dopo che aveva sentito Elayne e Nynaeve parlare del Popolo del Mare. Come poteva immaginare che sarebbe stato così?
La seta azzurra del suo vestito era incredibilmente liscia, e lei si concentrò su quel tessuto. Non era molto abituata alle gonne. Avrebbe voluto indossare ancora il cadin’sor che le Sapienti le avevano fatto bruciare quando aveva iniziato il suo addestramento con loro. Eppure eccola con un abito di seta — adesso ne possedeva addirittura quattro! —, calze di seta invece che di robusta lana, sottovesti di seta che la rendevano consapevole della propria pelle come non le era mai successo prima. Non poteva negare che il vestito fosse bello, anche se era molto strano per lei indossare certe cose, ma quel tessuto era prezioso e raro. Una donna poteva possedere magari una sciarpa di seta, da usare nei giorni di festa, invidiata dalle altre. Poche ne possedevano due. Ma fra gli abitanti delle terre bagnate era diverso. Talvolta ad Aviendha sembrava che una persona su due avesse un abito di seta. Ne ricevevano grandi rotoli e anche intere balle dai paesi oltre la Terra delle Tre Piegature. Per mare. Sull’oceano. Acqua che si stendeva fino all’orizzonte, posti in cui, se aveva capito bene, non si riusciva a vedere la terra. Quasi rabbrividì a quel pensiero incredibile.
Nessuna delle altre sembrava desiderosa di parlare. Elayne stava giocando distratta con il Grande Serpente e fissava il vuoto fra le quattro mura di quella cabina. Veniva spesso presa da queste preoccupazioni. Aveva davanti a sé due doveri, uno dei quali le era caro, ma aveva scelto quello che le sembrava più importante, più onorevole. Era suo diritto e dovere diventare capo di Andor — regina — ma aveva scelto di continuare la sua ricerca. Per certi versi, nonostante la ricerca fosse importante, era come anteporre qualcosa al clan o alla società, eppure Aviendha era orgogliosa della sua amica. Elayne aveva una strana visione dell’onore, strana come il fatto che una donna potesse essere capo, o che lo diventasse solo perché lo era stata sua madre, ma la perseguiva con grande ostinazione, ed era per questo ammirevole. Aviendha invidiava Birgitte, con i pantaloni a sbuffo rossi e una corta giubba gialla. Stava seduta a giocare con la lunga treccia, persa nei suoi pensieri. O forse condivideva parte delle preoccupazioni di Elayne. Birgitte era la sua Custode, cosa che aveva sconvolto tutte le Aes Sedai nel palazzo di Tarasin, anche se non sembrava infastidire i loro Custodi. Le usanze degli abitanti delle terre bagnate erano così strane che non valeva la pena nemmeno pensarci.
Se Elayne e Birgitte sembravano disinteressate alla conversazione, Nynaeve al’Meara, seduta proprio davanti ad Aviendha, la rifiutava con ostinazione. Nynaeve, non Nynaeve al’Meara. Gli abitanti delle terre bagnate usavano solo metà dei loro nomi e Aviendha doveva impararlo, per quanto le sembrasse di usare un nomignolo da amanti. Rand al’Thor era il solo amante che avesse mai avuto, ma nemmeno a lui riusciva a pensare in maniera tanto intima. Tuttavia doveva imparare le loro usanze, se doveva sposare uno di loro.
Gli occhi scuri di Nynaeve la fissavano ma senza vederla, le nocche delle mani erano bianche e la donna si stringeva la spessa treccia scura — quella di Birgitte era chiarissima — mentre il colorito da pallido era diventato verde chiaro. Di tanto in tanto gemeva. Di solito non sudava; lei ed Elayne avevano insegnato quel trucco anche ad Aviendha. Nynaeve era un mistero. Pur essendo coraggiosa quasi al limite della pazzia, si lamentava spesso della propria codardia, eppure in quel momento la stava mostrando a tutte senza vergogna. Come era possibile che il movimento della barca la disturbasse tanto, mentre tutta quell’acqua non le faceva alcuna impressione?
Di nuovo l’acqua. Aviendha chiuse gli occhi per evitare di guardare Nynaeve, ma così il grido degli uccelli e il rumore delle onde si imposero maggiormente alla sua attenzione.
«Stavo pensando...» disse di colpo Elayne, quindi si fermò. «Stai bene, Aviendha? Tu...» Aviendha arrossì, ma almeno l’altra non disse ad alta voce che l’aveva vista sobbalzare come un coniglio al suono della sua voce. Sembrava che Elayne si fosse accorta di quanto era andata vicino a disonorare pubblicamente Aviendha, perché anche lei arrossì mentre continuava a parlare: «Stavo pensando a Nicola e Areina. A ciò che ci ha detto Egwene la scorsa notte. Non credete che possano creare problemi anche a lei? Cosa dovrebbe fare?»
«Liberarsi di loro» rispose Aviendha, facendosi passare un pollice lungo la gola. Il sollievo di poter parlare, di sentire delle voci, era talmente grande che quasi sospirò. Elayne sembrava esterrefatta. A volte sembrava davvero debole.
«Forse sarebbe la soluzione migliore» osservò Birgitte. Si era presentata solo con quel nome. Aviendha pensava che avesse dei segreti. «Forse Areina avrebbe potuto diventare qualcuno, avendo tempo, ma... non guardarmi a quel modo, Elayne e smettila con questi sguardi indignati.» Birgitte spesso alternava il suo ruolo di Custode obbediente a quello di sorella maggiore, che l’altra volesse ascoltarla o meno. E in quel momento, mentre agitava un dito con espressione di accusa, si stava comportando da sorella prima. «L’Amyrlin non vi avrebbe detto di tenervi alla larga se questa non fosse una difficoltà che crede di poter risolvere con un po’ di lavoro in lavanderia e cose simili.»
Elayne tirò su con il naso, irritata dal fatto di non poterlo negare, e si sistemò meglio il vestito di seta verde, rivelando strati di sottovesti azzurre e bianche. Il suo abito seguiva la moda del posto, completo di merletti color crema ai polsi e intorno al collo, un dono della regina Tylin Quintara, come il girocollo d’oro. Aviendha non lo approvava. La parte superiore del vestito, il corpetto, era aderente come il girocollo, e un’apertura ovale al centro rivelava parte del seno. Andarsene in giro a quel modo, quando tutti potevano vederla, non era come entrare in una sauna. Le persone per le strade della città non erano gai’shain. Il suo abito invece aveva il collo ornato di merletto e alto fino al mento, e nessuno spacco o apertura.
«Inoltre,» aggiunse Birgitte «penso che sia più preoccupata per il problema di Marigan. Io personalmente ne sono spaventata a morte.»
Quel nome catturò l’attenzione di Nynaeve, ed era logico. La donna smise di gemere e si raddrizzò. «Se viene a cercarci, ci occuperemo di lei ancora una volta. Noi... noi...» Sospirò e fissò le altre apertamente, come se l’avessero contraddetta. Alla fine, però, si limitò a chiedere: «Pensate che lo farà?»
«Arrovellarsi il cervello non serve a nulla» le rispose Elayne, molto più calma di quanto avrebbe saputo mostrarsi Aviendha se avesse pensato che una delle Anime dell’Ombra l’aveva presa di mira. «Dovremo solo fare come ha detto Egwene ed essere prudenti.» Nynaeve mormorò qualcosa di incomprensibile, e forse era meglio così.
Caddero di nuovo tutte in silenzio. Elayne era più cupa e pensierosa di prima, Birgitte aveva appoggiato il mento su una mano e guardava nel vuoto. Nynaeve continuava a borbottare, ma adesso aveva tutte e due le mani premute sullo stomaco e di tanto in tanto si fermava per deglutire. Il rumore delle onde sembrava più forte che mai, come anche lo stridere degli uccelli.
«Anch’io ho pensato, sorella prossima.» Lei ed Elayne non avevano raggiunto il punto di adottarsi a vicenda, ma era certa che lo avrebbero fatto. Si spazzolavano già i capelli a vicenda e ogni notte, al buio, condividevano segreti che non avevano rivelato a nessun altro. Quella Min però... Era un problema da affrontare in un altro momento, quando sarebbero state da sole.
«A cosa?» chiese Elayne distrattamente.
«Alla nostra ricerca. Siamo convinte che avremo successo, ma siamo sempre al punto di partenza. Ha senso non usare ogni arma a nostra disposizione? Mat Cauthon è un ta’veren, eppure lo volete evitare. Perché non lo portiamo con noi? Così forse potremmo finalmente trovare la scodella.»
«Mat?» esclamò Nynaeve incredula. «Tanto vale infilarsi le ortiche nella sottoveste! Non potrei sopportare quell’uomo nemmeno se avesse la scodella in tasca.»
«Oh, fai silenzio, Nynaeve» mormorò Elayne, senza rancore. Scosse il capo pensierosa, ignorando lo sguardo torvo dell’amica. ‘Permalosa’ serviva appena a descrivere Nynaeve, ma erano tutte abituate alle sue maniere. «Perché non ci ho pensato io? È così ovvio!»
«Forse» mormorò Birgitte secca «hai la mente così piena di Mat il furfante che non riuscivi nemmeno a vederne l’utilità.» Elayne la guardò fredda, con il mento sollevato, quindi fece una smorfia improvvisa e annuì con riluttanza. Non accettava facilmente le critiche.
«No» disse Nynaeve con una voce che sembrò decisa e debole allo stesso tempo. Il colorito del volto sembrava ancor più malsano, ma con ogni probabilità la causa non erano più i movimenti della barca. «Non puoi essere seria! Elayne, sai che tormento può essere Mat, ostinato com’è. Insisterebbe per portarsi dietro quei soldati come se fosse una parata in un giorno di festa. Tu prova a trovare qualcosa nel Rahad con dei soldati tutt’intorno. Provaci! Mat cercherà subito di assumere il comando, sventolandoci quel ter’angreal sotto il naso. È mille volte peggio di Vandene e Adeleas, o anche di Merilille. A giudicare da come si comporta, sarebbe come entrare nella grotta di un orso solo per vedere l’orso!»
Birgitte emise un verso gutturale che forse era di divertimento e ricevette un’occhiata fulminante. Ricambiò con uno sguardo così innocente che Nynaeve quasi si strozzò.
Elayne era più calma; con ogni probabilità avrebbe cercato la pace anche durante un antagonismo d’acqua. «Lui è ta’veren, Nynaeve. Altera il Disegno, altera il caso solo con la sua presenza. Sono pronta ad ammettere che abbiamo bisogno di fortuna, e un ta’veren porta più che fortuna. Inoltre possiamo prendere due piccioni con una fava. Non avremmo dovuto lasciarlo andare in giro per conto suo tutto questo tempo, non importa quanto avevamo da fare. Non ha giovato a nessuno, a lui meno che a noi. Deve imparare a essere un compagno decente. Gli metteremo un guinzaglio stretto sin dall’inizio.»
Nynaeve si lisciò l’abito con vigore. Diceva di interessarsi agli abiti anche meno di Aviendha — si lamentava sempre che della semplice lana sarebbe andata bene per tutti — eppure il suo vestito blu era screziato di giallo sulla gonna e sulle maniche e lei stessa ne aveva scelto il taglio. Ogni capo che possedeva era di seta o ricamato, o di seta e ricamato, tutti di una fattura che Aviendha aveva imparato a riconoscere come buona.
Per una volta, Nynaeve parve capire che non l’avrebbe avuta vinta. In alcuni casi si comportava in modi assurdi pur di avere ragione, anche se non avrebbe mai ammesso che il suo scopo era quello. Il suo sguardo torvo si trasformò in un broncio. «Chi glielo chiederà? Chiunque lo farà, Mat la costringerà a implorarlo. Sapete che è così. Piuttosto preferirei sposarlo!»
Elayne esitò, poi disse con fermezza: «Lo farà Birgitte. E non lo pregherà, glielo dirà. La maggior parte degli uomini fanno ciò che gli viene chiesto, se si usa un tono di voce fermo e sicuro.» Nynaeve sembrava dubbiosa e Birgitte scattò dritta sulla panca. Era la prima volta che Aviendha vedeva quella donna stupirsi. Se fosse stata un’altra, avrebbe detto che sembrava anche spaventata. Birgitte poteva diventare un’ottima Far Dareis Mai, per essere un’abitante delle terre bagnate. Era molto brava con l’arco.
«Sei la scelta migliore, Birgitte» proseguì in fretta Elayne. «Io e Nynaeve siamo Aes Sedai, e Aviendha è come se lo fosse. Noi non possiamo farlo. Non se vogliamo conservare il giusto decoro. Non con lui. Lo sai...» E che ne era di quell’idea di parlare con voce ferma e sicura? Non che Aviendha l’avesse visto funzionare, a meno che a parlare non fosse Sorilea. Di sicuro non aveva funzionato su Mat Cauthon. «Birgitte, non è possibile che ti abbia riconosciuta. Altrimenti ormai avrebbe detto qualcosa.»
Qualsiasi cosa significasse quella frase, Birgitte si appoggiò al muro e incrociò le mani davanti allo stomaco. «Avrei dovuto saperlo che ti saresti vendicata, fin da quando ho detto che era un bene che il tuo didietro non fosse...» La donna si fermò e sulle labbra le apparve un vago sorriso soddisfatto. Nell’espressione di Elayne non cambiò nulla, ma ovviamente Birgitte pensava che in qualche modo la sua stoccata fosse andata a segno. Doveva trattarsi di qualcosa che aveva sentito tramite il legame da Custode. Cosa c’entrasse il didietro di Elayne, però, Aviendha non riusciva a capirlo. Gli abitanti delle terre bagnate potevano essere così... strani. Birgitte continuò, sempre sorridendo: «Quello che non capisco è perché si irrita a quel modo non appena vi vede. Non può essere perché l’avete costretto a venire qui. Egwene è coinvolta quanto voi due in questa storia, ma ho visto che la tratta con maggior rispetto di molte altre Aes Sedai. Inoltre, le volte in cui l’ho visto uscire da La donna errante, sembrava divertito.» Il suo sorriso divenne malizioso, ed Elayne tirò su con il naso in segno di disapprovazione.
«Quella è una delle cose che dobbiamo cambiare. Una donna per bene non può trovarsi nella stessa stanza con lui. Oh, togliti quel sorriso dalla faccia, Birgitte. Giuro, a volte sei orribile quanto lui.»
«Quell’uomo è nato solo per metterci alla prova» mormorò Nynaeve amareggiata.
A un tratto tutto sbandò, ondeggiando e oscillando fino a fermarsi, e Aviendha fu costretta a ricordare che si trovavano su un’imbarcazione. Si alzarono e si sistemarono i vestiti, quindi presero i mantelli contro la polvere. Aviendha non indossò il suo; la luce del sole lì non era così forte da aver bisogno del cappuccio. Birgitte si appoggiò il suo sulle spalle e aprì la porta, salendo i tre scalini dopo che Nynaeve l’aveva superata di corsa con le mani serrate davanti alla bocca.
Elayne si fermò per allacciare il mantello e sistemare il cappuccio intorno al viso, con i riccioli rosso oro che spuntavano ai lati. «Non hai detto molto, sorella prossima.»
«Ho detto quello che dovevo dire. La decisione spettava a voi.»
«L’idea principale però è stata tua. Talvolta penso che ci stiamo rammollendo. Bene.» Dopo essersi voltata verso gli scalini senza guardarla, Elayne si fermò. «A volte, quando sono sull’acqua, tutto quello spazio intorno a me mi fa star male. Penso che mi limiterò a fissare la nostra imbarcazione. Nient’altro.» Aviendha annuì — la sua sorella prossima era molto delicata — e salirono insieme.
Una volta sul ponte videro che Nynaeve stava rifiutando l’offerta di aiuto di Birgitte, mentre si allontanava dal parapetto. I due rematori la guardarono divertiti quando si pulì la bocca con il dorso della mano. Quei due uomini a torso nudo, con degli orecchini d’ottone appesi ai lobi, dovevano usare spesso i pugnali ricurvi che portavano dietro la fusciacca. Tuttavia, rimasero per lo più concentrati sui remi, continuando a camminare avanti e indietro sul ponte per tenere fermo il battello vicino a un’imbarcazione così grande che quasi lasciò Aviendha senza fiato: torreggiava sul loro battello, che d’un tratto era diventato piccolo, e aveva tre grandi alberi più alti di quasi tutti gli alberi veri e propri che aveva visto nelle terre bagnate. L’avevano scelta perché era la più grande delle centinaia di imbarcazioni del Popolo del Mare ancorate nella baia. Su un veliero così immenso di sicuro sarebbe stato possibile dimenticare il rumore di tanta acqua che le circondava, tranne che...
Elayne non aveva apertamente notato la sua vergogna e, se anche lo aveva fatto, una sorella prossima poteva anche conoscere le più profonde umiliazioni dell’altra, ma... Amys le aveva detto che aveva troppo orgoglio. Si costrinse a distogliere lo sguardo dalla barca.
Non aveva mai visto tanta acqua, nemmeno se tutta quella che aveva visto in vita sua fosse stata riunita goccia a goccia in un unico posto. Quella che aveva intorno ora era tutta grigio-verde, e di tanto in tanto formava dei ciuffi bianchi. Aviendha continuò a spostare lo sguardo, sforzandosi di non fissarlo mai. Anche il cielo lì sembrava immenso, sconfinato, con il sole color oro fuso che sorgeva a est. Soffiava un vento forte, un po’ più fresco che sulla terraferma, e non calava mai. In cielo c’erano nuvole di uccelli grigi e bianchi, alcuni picchiettati di nero, che emettevano di continuo quelle grida stridule. Uno, tutto nero tranne la testa, sfiorò la superficie dell’acqua con la parte inferiore del lungo becco e una linea irregolare di uccelli marroni e goffi — Elayne li aveva chiamati pellicani — piegarono di colpo le ali uno alla volta e scesero in picchiata nell’acqua, riemergendo per rimanere poi a galla, piegando i becchi dalla dimensione incredibile. C’erano imbarcazioni ovunque, molte grosse quasi quanto quella alle sue spalle, e non tutte appartenevano agli Atha’an Miere, e velieri più piccoli con uno o due alberi dalle vele triangolari. Vide anche barche ancora più piccole, senza albero come quella su cui si trovava lei, con un gavone di poppa alto e acuminato e una costruzione bassa a prua, e si spostavano a forza di remi, una coppia o due, e talvolta anche tre. Una lunga imbarcazione sottile che doveva averne almeno venti per parte le ricordò un millepiedi che scivolava sull’acqua. Poi vide la terra. A forse undici o dodici chilometri di distanza, con il sole che risplendeva sugli edifici intonacati di bianco della città. Undici o dodici chilometri d’acqua.
Dopo aver deglutito tornò a girarsi verso la barca, muovendosi più veloce di prima. Credeva di avere le guance più verdi di quelle di Nynaeve. Elayne la stava guardando e cercava di restare inespressiva, ma gli abitanti delle terre bagnate mostravano le loro emozioni con tale chiarezza che la sua preoccupazione era visibile. «Sono una sciocca, Elayne.» Anche con lei, usare solo il nome la metteva a disagio; fossero diventate sorelle prime, o sorelle mogli, sarebbe stato più facile. «Una donna saggia ascolta i consigli saggi.»
«Tu sei più coraggiosa di quanto io potrò mai diventare» le rispose Elayne, abbastanza seria. Anche lei tendeva a negare il proprio coraggio. Forse anche questa era un’usanza degli abitanti delle terre bagnate? No. Aviendha ne aveva sentiti alcuni vantarsi del proprio coraggio. Gli abitanti di Ebou Dar, per esempio, lo facevano di continuo. Elayne sospirò, irrigidendosi. «Stanotte parleremo di Rand.»
Aviendha annuì, ma non riusciva a capire come potesse essere collegato ai discorsi sul coraggio. Come avrebbero fatto delle sorelle mogli a vedersela con il marito se non parlavano di lui nei minimi particolari? Era necessario, come le avevano spiegato le donne anziane, o almeno le Sapienti. Naturalmente non erano sempre disponibili. Quando si era lamentata con Amys e Bair, spiegando loro che doveva essere malata perché sentiva che Rand al’Thor si era portato dietro una parte di lei, le due si erano sbellicate dalle risate. Imparerai, avevano detto continuando a ridere. E avresti imparato anche prima, se fossi cresciuta con la gonna. Come se lei avesse mai voluto una vita differente da quella di una Fanciulla che correva con le sue sorelle di lancia. Forse Elayne provava un vuoto simile. Parlare di lui sembrava farlo aumentare, anche quando lo colmava.
Per qualche tempo non aveva prestato attenzione alle voci, e solo adesso sentì le parole. «...tu, buffone con gli orecchini!» Nynaeve stava agitando il pugno contro un uomo molto scuro che la stava osservando dall’imbarcazione. L’uomo sembrava calmo, ma in fondo non poteva vedere il bagliore di saidar che la circondava. «Non stiamo chiedendo che ci venga offerto un passaggio, quindi non importa se è vostra usanza rifiutarlo alle Aes Sedai! Fai scendere una scala in quest’istante!» Gli uomini ai remi adesso non sorridevano più. Era evidente che non avevano notato gli anelli a forma di serpente quando si erano imbarcate al molo e non dovevano essere molto contenti di aver scoperto di avere a bordo delle Aes Sedai.
«Oh, mamma mia» sospirò Elayne. «Bisogna porre rimedio a questa situazione, Aviendha, o avremo sprecato tutta la mattinata solo per farle rigettare la colazione.» Elayne camminò leggiadra sul ponte — Aviendha era fiera di sapere i nomi giusti per le parti delle imbarcazioni — quindi si rivolse all’uomo sul veliero. «Mi chiamo Elayne Trakand, erede al trono di Andor e Aes Sedai dell’Ajah Verde. La mia compagna sta dicendo la verità. Non siamo alla ricerca di un passaggio, ma dobbiamo parlare con la vostra Cercavento per una questione molto urgente. Dille che sappiamo di quelle come lei e della tessitura dei venti.»
L’uomo la guardò serio, poi d’un tratto scomparve senza dire una parola.
«La donna con ogni probabilità penserà che vuoi rivelare a tutti il suo segreto» mormorò Nynaeve, strattonandosi il mantello. Legò la chiusura con grande energia. «Sai quanto temono che le Aes Sedai le consegnino alla Torre, se si viene a sapere che molte di loro possono incanalare. Solo una sciocca può credere di minacciare la gente per ottenere quello che vuole, Elayne.»
Aviendha scoppiò a ridere. A giudicare dallo sguardo sorpreso, Nynaeve non si rendeva conto di aver appena fatto una battuta su sé stessa. Elayne non riuscì a trattenere il sorriso. Non si poteva mai essere sicure del senso dell’umorismo degli abitanti delle terre bagnate. Trovavano divertenti cose strane, e non capivano le migliori.
Che la Cercavento si fosse sentita o meno minacciata, quando Elayne ebbe pagato i barcaioli dicendo di aspettarle per il ritorno — con Nynaeve che borbottava sull’importo minacciandoli di tirarli per le orecchie se fossero andati via, aggiungendo poi quello che avrebbe fatto ad Aviendha che rideva di nuovo — quanto tutto questo fu fatto, dall’altra imbarcazione decisero di farle salire a bordo. Non fu calata una scala ma una specie di altalena, le cui due corde si univano per poi arrotolarsi intorno a un palo che sporgeva dall’albero. Nynaeve si sedette scoraggiando i barcaioli dal guardare sotto la gonna. Elayne arrossì cercando di tenere chiusa la sua, sporgendosi in avanti fin quasi a cadere mentre dondolava in aria e scompariva nel veliero. Uno degli uomini guardò comunque in alto, fino a quando Birgitte non lo colpì sul naso con un pugno. Di sicuro non guardarono lei mentre saliva.
Il pugnale di Aviendha era piccolo, la lama non raggiungeva nemmeno i quindici centimetri, ma quando lo estrasse i rematori la fissarono preoccupati. Aviendha tirò indietro il braccio e gli uomini si sdraiarono sul ponte mentre il pugnale volava sopra le loro teste per andarsi a incastrare in uno spesso palo nella parte anteriore della barca. Aviendha ripiegò il mantello sulle braccia come fosse uno scialle, alzò la gonna ben sopra al ginocchio per poter scavalcare i remi e recuperare il pugnale, quindi prese posto sull’altalena, ma senza riporre la sua arma. I due uomini si scambiarono degli sguardi attoniti, ma tennero gli occhi bassi mentre Aviendha veniva issata a bordo. Forse stava iniziando a capire le usanze degli abitanti delle terre bagnate.
Una volta arrivata sul grande ponte di legno rimase a bocca aperta, dimenticando quasi di scendere dall’altalena. Aveva letto qualcosa sugli Atha’an Miere, ma leggere non significava vedere, come non significava assaggiare l’acqua salata. Tanto per cominciare, erano tutti scuri, molto più degli abitanti di Ebou Dar, anche più della maggior parte dei Tarenesi, e avevano i capelli neri e lisci, gli occhi neri e le mani tatuate. Gli uomini giravano scalzi e a torso nudo, con delle grandi fusciacche che sostenevano gli ampi pantaloni a sbuffo di tessuto scuro che sembrava unto; le donne indossavano bluse di colori brillanti come le fusciacche, camminavano tutte ancheggiando e seguivano con grazia l’oscillare del veliero. Le donne del Popolo del Mare avevano usanze molto strane in fatto di uomini — così aveva letto. Danzavano per loro usando solo una sciarpa per coprirsi, o forse neanche quella, e indossavano degli orecchini che la lasciarono senza fiato. Quasi tutte ne aveva tre o quattro, spesso decorati con pietre lucidate, e alcune portavano un piccolo anello agganciato a una narice! Anche gli uomini li portavano, almeno alle orecchie, e molti avevano delle pesanti catene d’oro e argento intorno al collo. Uomini! Certo, alcuni abitanti delle terre bagnate portavano anelli appesi alle orecchie — a Ebou Dar sembrava che lo facessero tutti — ma non ne avevano così tanti! E le collane! Gli abitanti delle terre bagnate avevano usanze davvero strane. Quelli del Popolo del Mare non lasciavano mai le loro imbarcazioni, anche questo lo aveva letto, e si diceva che mangiassero i loro morti. A quest’ultima parte non aveva creduto, ma se gli uomini portavano le collane, chi poteva dire cos’altro facessero?
La donna che venne loro incontro indossava le brache, la blusa e la fusciacca come le altre, ma le sue erano di broccato di seta gialla, la fusciacca aveva dei nodi intricati con le code che arrivavano fino alle ginocchia e, appesa a una delle collane, aveva una piccola scatola d’oro tutta traforata. Emanava un odore dolciastro di muschio. Aveva i capelli striati di grigio e l’espressione mesta. A ogni orecchio aveva cinque orecchini d’oro a forma di anello e una catenina sottile legata a un cerchietto nella narice. Dalla catenina pendevano delle medagliette dorate, che brillarono alla luce mentre le osservava.
Aviendha si tolse la mano dal naso — portare quella catena, sempre in tiro! — e si trattenne a stento dal ridere. Le usanze degli abitanti delle terre bagnate erano strane oltre ogni limite, e di sicuro nessuno meritava quel nome più del Popolo del Mare.
«Mi chiamo Malin din Toral Frangi Onda» annunciò la donna. «Maestra delle Onde del Clan Somarin e Maestra delle Vele de Il corridore dei venti.»Una Maestra delle Onde era importante, come un capoclan, eppure sembrava a disagio mentre spostava lo sguardo da un volto all’altro, fino a quando gli occhi non le caddero sul Grande Serpente al dito di Elayne e Nynaeve. A quel punto sospirò, rassegnata. «Se vuoi seguirmi, Aes Sedai» disse a Nynaeve.
La parte posteriore del veliero era alta e la donna le guidò in quella direzione, passando sotto una porta, quindi lungo un corridoio che si aprì su una grande sala — una cabina — dal soffitto basso. Aviendha dubitava che Rand al’Thor avrebbe potuto stare dritto sotto una di quelle spesse travi. A parte alcune casse laccate, tutto sembrava inchiodato nel punto in cui era stato costruito, i mobili lungo le pareti, il grande tavolo che occupava metà della sala e le sedie che lo circondavano. Era difficile pensare a una struttura grande come quel veliero fatta tutta di legno e, anche dopo tutto il tempo che aveva trascorso con gli abitanti delle terre bagnate, la vista di tutto quel legno levigato la fece quasi rimanere a bocca aperta. Brillava quasi come le lampade dorate, spente e chiuse in una specie di gabbia per rimanere dritte quando l’imbarcazione rollava con le onde. Per la verità il veliero pareva immobile, almeno a confronto con la barca che le aveva trasportate prima, ma purtroppo la parete di fondo aveva una fila di finestre con i battenti dipinti e dorati tutti aperti e offriva una splendida veduta della baia. Peggio ancora, non vi era terra in vista. Nulla! Aviendha aveva la gola secca. Non avrebbe potuto parlare. Non avrebbe potuto gridare, per quanto volesse farlo davvero.
Quelle finestre e il panorama che mostravano — che non mostravano — avevano attirato la sua attenzione da subito, e così ci mise un po’ ad accorgersi che c’erano già altre persone nella stanza. Bell’affare! Se avessero voluto, avrebbero potuto ucciderla prima che se ne accorgesse. Non che sembrassero ostili, ma non si era mai troppo prudenti con gli abitanti delle terre bagnate.
Un vecchio esile con gli occhi incavati era comodamente seduto su una delle casse; i pochi capelli che gli rimanevano erano bianchi e il volto scuro aveva l’espressione gentile, anche se portava tutti quegli orecchini e le catene d’oro gli davano, agli occhi di Aviendha, uno strano aspetto. Come gli uomini sul ponte, stava scalzo e a torso nudo, ma le sue brache erano di seta blu scuro e la fusciacca rosso brillante. Aviendha notò con disgusto che dietro la fusciacca era infilata una spada con l’elsa d’avorio, insieme a due pugnali dalle lame ricurve.
La donna bella e slanciata seduta a braccia conserte con espressione cupa e assorta meritava più attenzione. Portava solo quattro orecchini per ogni orecchio e meno medagliette appese alla catenina di quante ne avesse Malin din Toral, e i suoi indumenti erano tutti di seta rossa e gialla. Quella donna poteva incanalare, Aviendha lo aveva capito standole vicino. Doveva essere la donna che erano venute a trovare, la Cercavento, eppure fu un’altra persona a catturare davvero la sua attenzione. E in verità catturò anche quella di Elayne, Nynaeve e Birgitte.
La donna che aveva alzato lo sguardo da una mappa srotolata sul tavolo avrebbe potuto essere vecchia quanto l’uomo che le stava accanto, a giudicare dai capelli bianchi. Bassa, più o meno come Nynaeve, un tempo forse era stata robusta e ora cominciava a diventare corpulenta, aveva la mascella squadrata come un martello e occhi scuri molto intelligenti. E potenti. Non c’era traccia dell’Unico Potere, ma erano gli occhi di una donna abituata a farsi obbedire. Le sue brache erano di broccato di seta verde, la blusa blu e la fusciacca rossa come quella dell’uomo. Il pugnale infilato in una custodia dorata dietro la fusciacca aveva il pomello arrotondato coperto di pietre rosse e verdi: granati e smeraldi, suppose Aviendha. Aveva il doppio delle medagliette che pendevano dalla catenina al naso di Malin din Toral e un’altra catenina, ancora più sottile, collegava i sei anelli all’orecchio. Aviendha si trattenne a stento dal toccarsi il naso un’altra volta.
La donna con i capelli bianchi si mise davanti a Nynaeve senza dire una parola, guardandola con poca gentilezza dalla testa ai piedi, fissandole in particolare il volto e il Grande Serpente alla mano destra. Su quello però non si soffermò a lungo e, dopo aver sbuffato, spostò l’attenzione su Elayne e poi su Birgitte. Alla fine parlò. «Tu non sei un’Aes Sedai.» La sua voce ricordava una cascata di pietre.
«Per i nove venti e la barba di Portatempesta, no che non lo sono» rispose Birgitte. A volte diceva cose che nemmeno Elayne e Nynaeve parevano capire, ma la dorma con i capelli bianchi sobbalzò come se fosse stata colta di sorpresa e la fissò a lungo prima di guardare Aviendha.
«Nemmeno tu lo sei» puntualizzò dopo averla esaminata.
Aviendha si raddrizzò, avendo la sensazione che la donna l’avesse perquisita e l’avesse fatta girare per guardarla meglio. «Mi chiamo Aviendha, della setta delle Nove Valli degli Aiel Taardad.»
La donna sobbalzò ancor più di prima, e sgranò gli occhi neri. «Non sei vestita come mi aspettavo, ragazza» si limitò a dire, quindi si diresse di nuovo al lato opposto del tavolo, dove appoggiò le mani sui fianchi e le studiò tutte di nuovo, come se stesse osservando qualche strano animale mai visto prima. «Io mi chiamo Nesta din Reas Due Lune,» disse alla fine «Maestra della Nave degli Atha’an Miere. Come fate a conoscere i nostri segreti?»
Nynaeve aveva tenuto un’espressione torva da quando la donna l’aveva guardata per la prima volta, e adesso scattò: «Le Aes Sedai sanno quello che sanno. E ci aspettiamo maniere migliori di quelle ricevute finora! Sono stata trattata assai meglio l’ultima volta che sono salita su un veliero del Popolo del Mare. Forse dovremmo andare a cercarne un altro, dove le persone a bordo non abbiano tutte il mal di denti.» Il volto di Nesta din Reas divenne anche più scuro, ma per fortuna Elayne, dopo essersi tolta il mantello e averlo appoggiato sul tavolo, intervenne.
«Che la Luce illumini te e il tuo veliero, Maestra delle Nave, e che mandi sempre venti buoni per farvi andare veloci.» La riverenza che fece fu abbastanza profonda. Aviendha aveva imparato il valore di certe cose, anche se valutare gli inchini era per lei la cosa più strana che potesse fare una donna. «Perdonaci se abbiamo parlato in fretta. Non intendiamo mancare di rispetto a una donna che è regina per gli Atha’an Miere.» Questo lo disse con uno sguardo severo rivolto a Nynaeve, che si limitò a scrollare le spalle.
Elayne presentò di nuovo sé stessa e le altre. Che lei fosse l’erede al trono non provocò alcuna reazione, anche se era una posizione elevata fra gli abitanti delle terre bagnate. Il fatto che Elayne appartenesse all’Ajah Verde e Nynaeve alla Gialla fece sbuffare Nesta din Res, e la donna vecchia e magra le guardò seria. Elayne batté le palpebre sorpresa, ma continuò senza cambiare espressione: «Siamo venute qui per due motivi. Il primo, e meno importante, è per chiedervi come intendete aiutare il Drago Rinato, colui che, secondo le Profezie Jendai, chiamate il Coramoor. Il motivo principale è una richiesta di aiuto alla Cercavento di questo veliero, il cui nome» concluse educatamente «temo di non conoscere.»
La donna snella in grado di incanalare arrossì. «Mi chiamo Dorile din Eiran Penna Lunga, Aes Sedai. Forse posso aiutarvi, se lo vuole la Luce.»
Malin din Toral sembrava confusa. «La mia nave vi dà il benvenuto.» mormorò. «E la grazia della Luce risplenda su di voi fino a quando lascerete questo ponte.»
Nesta din Reas non era d’accordo. «L’accordo è con il Coramoor» disse in tono duro, e fece un gesto come se stesse tagliando qualcosa. «Le terricole non hanno nessun ruolo, se non quello di comunicarci la sua venuta. Tu, Nynaeve. Quale imbarcazione ti ha mai concesso il dono di un passaggio, ragazza? Chi era la Cercavento?»
«Non mi ricordo» rispose lei con un tono tranquillo che era in contrasto con il sorriso bellicoso che aveva in volto. Non aveva ancora abbracciato saidar. «Io mi chiamo Nynaeve Sedai. Nynaeve Aes Sedai, non ragazza.»
Dopo aver appoggiato le mani sul tavolo, Nesta din Reas le rivolse uno sguardo che ad Aviendha fece venire in mente Sorilea. «Forse è così, ma scoprirò chi ha rivelato i nostri segreti. E le impartirò una lezione sul silenzio.»
«Una vela spaccata è una vela spaccata, Nesta» disse di colpo il vecchio, con una voce profonda molto più forte di quanto suggerisse il suo aspetto ossuto. Aviendha lo aveva scambiato per una guardia, ma il tono di voce che aveva usato era quello di un capo. «Sarebbe meglio chiedere quale aiuto vorranno da noi le Aes Sedai nei giorni della venuta del Coramoor, quando nei mari imperverseranno tempeste infinite e il destino della Profezia veleggerà sull’oceano. Sempre che queste siano Aes Sedai» aggiunse infine guardando la Cercavento.
La donna rispose con calma e in tono di grande rispetto. «Tre di loro possono incanalare, inclusa lei.» Indicò Aviendha. «Non ho mai incontrato donne così forti. Devono essere davvero Aes Sedai. Chi altri oserebbe portare quegli anelli?»
Nesta din Reas le fece cenno di tacere e si rivolse all’uomo conservando la sua espressione dura. «Le Aes Sedai non chiedono mai aiuto, Baroc» ringhiò. «Le Aes Sedai non chiedono mai nulla.» L’uomo sostenne il suo esame senza problemi, ma dopo un momento lei sospirò come se l’avesse costretta ad abbassare lo sguardo. L’occhiata che rivolse a Elayne non fu però più dolce. «Che cosa vorrebbe da noi...» esitò «...l’erede al trono di Andor?» Anche pronunciando questo titolo era sembrata scettica.
Nynaeve, che si stava preparando a sferrare un attacco — Aviendha aveva dovuto ascoltare più di una tirata quando le altre Aes Sedai nel palazzo di Tarasin dimenticavano che anche lei ed Elayne erano Sorelle. Ora che quel reato era stato commesso da una donna che non era neppure Aes Sedai, si rischiava lo spargimento di sangue —, aprì la bocca e... Elayne la fece tacere toccandole un braccio e sussurrandole qualcosa a voce troppo bassa perché Aviendha potesse sentire. Il volto di Nynaeve era ancora paonazzo e la donna si tirava la treccia così forte che sembrava volesse staccarsela dalla testa, ma rimase in silenzio. Forse Elayne sarebbe davvero riuscita a riappacificare un antagonismo d’acqua.
Di sicuro però non era felice, visto che era stato messo in discussione non solo il suo diritto di essere chiamata Aes Sedai ma anche il diritto a erede al trono di Andor. Molti avrebbero pensato che fosse calma, ma Aviendha aveva imparato a riconoscere i segnali. Il mento sollevato esprimeva rabbia, gli occhi sgranati indicavano invece che era un torcia pronta a divampare fino a superare la furia di Nynaeve; inoltre, Birgitte era tesa, con il volto pietrificato e gli occhi in fiamme. Di solito subiva Elayne solo quando erano molto forti. Aviendha strinse l’elsa del pugnale e abbracciò saidar. Avrebbe ucciso per prima la Cercavento; la donna non era debole nel Potere e poteva essere pericolosa. Ne avrebbero trovate altre, con tutte quelle imbarcazioni lì intorno.
«Siamo alla ricerca di un ter’angreal.» A parte il gelo della voce, chiunque non la conoscesse avrebbe pensato che Elayne era assolutamente serena. Era di fronte a Nesta din reas, ma si rivolse a tutti, forse soprattutto alla Cercavento. «Con quello pensiamo di poter rimettere a posto il clima. Credo che stia creando problemi anche a voi, oltre che alla terraferma. Baroc ha parlato di tempeste infinite. Penso che abbia scorto il tocco del Tenebroso, il tocco del Padre delle Tempeste, sui mari come sulla terra. Con questo ter’angreal possiamo cambiare la situazione, ma non da sole. Ci vorranno molte donne tutte insieme, forse un intero circolo di tredici eleménti. Noi pensiamo che dovrebbero esserci anche delle Cercavento. Nessuno conosce meglio il clima, nessuna Aes Sedai vivente. Questo è l’aiuto che chiediamo.»
Il suo discorso fu accolto da un silenzio mortale, fino a quando Dorile din Eiran rispose con cautela: «Come si chiama questo ter’angreal, Aes Sedai? Che aspetto ha?»
«Che io sappia non ha alcun nome» le rispose Elayne. «È una grossa scodella di cristallo, poco profonda ma larga almeno sessanta centimetri, e all’interno ci sono delle decorazioni che riproducono delle nuvole. Quando il Potere viene incanalato in essa, le nuvole si muovono...»
«La Scodella dei Venti» l’interruppe la Cercavento eccitata, avvicinandosi a Elayne soprappensiero. «Hanno la Scodella dei Venti.»
«Ce l’avete davvero?» Gli occhi della Maestra delle Onde erano fissi su Elayne, e la donna fece un passo verso l’Aes Sedai.
«La stiamo cercando,» rispose Elayne «ma sappiamo che si trova a Ebou Dar. Se è la stessa...»
«Deve esserlo» esclamò Malin din Toral. «Da come l’hai descritta, lo è di sicuro!»
«La Scodella dei Venti» sospirò Dorile din Eiran. «Chi avrebbe mai detto che dopo duemila anni l’avremmo ritrovata! Dev’essere opera del Coramoor. Deve aver...»
Nesta din Raes fece schioccare le dita. «Ho davanti a me una Maestra delle Onde e una Cercavento o due mozzi al primo imbarco?» Le guance di Malin din T’orai divennero rosse dalla rabbia e la donna piegò la testa rigidamente, infondendo nel gesto tutto il proprio orgoglio. Dorile din Eiran, ancora più rossa, s’inchinò portandosi le dita alla fronte, poi sulle labbra e infine sul cuore.
La Maestra della Nave aggrottò le sopracciglia prima di proseguire. «Baroc, convoca le altre Maestre delle Onde che si trovano in questo porto e anche le Prime Dodicesime con le loro Cercavento, e fai sapere a tutte che le appenderò per le dita dei piedi se non si sbrigano.» Mentre l’uomo si alzava, lei aggiunse: «Oh, facci portare del tè. Trovare un’intesa sui termini di quest’accordo ci metterà sete.»
Il vecchio annuì. Aveva accettato entrambi gli ordini, appendere le Maestre delle Onde per le dita dei piedi e far portare il tè, dando loro la stessa importanza. Guardò Aviendha e le altre, quindi si allontanò con l’andatura ondeggiante tipica di quel popolo. Aviendha cambiò opinione quando vide da vicino i suoi occhi. Forse sarebbe stato un errore fatale uccidere prima la Cercavento.
Qualcuno doveva essersi aspettato ordini simili, perché Baroc era andato via da poco quando un giovane snello e di bell’aspetto con un solo anello per ogni orecchio entrò portando un vassoio di legno con una teiera squadrata di colore blu dal manico dorato e grandi tazze di ceramica resistente dello stesso colore. Nesta din Reas fece un cenno al giovane per mandarlo via — «Metterà in giro abbastanza voci già così, senza dover ascoltare ciò che non dovrebbe» disse quando fu andato via — e diede istruzioni a Birgitte di servirle, cosa che la donna fece, sorprendendo Aviendha e forse anche sé stessa.
La Maestra della Nave fece accomodare Elayne e Nynaeve su due sedie di fronte alla sua, ovviamente per dare il via alla negoziazione. Aviendha rifiutò la sedia — dall’altro lato del tavolo — ma Birgitte accettò. Si sedette sollevando un bracciolo, quindi lo fece abbassare di nuovo una volta preso posto. La Maestra delle Onde e la Cercavento furono escluse dalla discussione, se poteva definirsi tale. Stavano parlando a voce troppo bassa per essere sentite, ma Nesta din Reas enfatizzava tutto ciò che diceva agitando un dito come fosse una lancia. Il mento di Elayne era talmente sollevato che sembrava guardare tutti dall’alto in basso e Nynaeve per una volta era riuscita a mantenere un’espressione calma, anche se sembrava volesse arrampicarsi sulla propria treccia.
«Se la Luce lo vuole, parlerò anche con voi due» disse Malin din Toral, guardando da Aviendha a Birgitte. «Ma prima penso di dover sentire la vostra storia.» Birgitte sembrava allarmata quando la donna si accomodò davanti a lei.
«Questo significa che io posso iniziare a parlare con te, se la Luce lo vuole» disse Dorile din Eiran ad Aviendha. «Ho letto degli Aiel. Spiegami una cosa, se vuoi: visto che una donna aiel deve uccidere un uomo ogni giorno, come possono rimanere degli uomini fra voi?»
Aviendha fece del suo meglio per non fissarla. Come faceva a credere a una tale sciocchezza?
«Quando hai vissuto fra di noi?» chiese Malin din Toral mentre sorseggiava la sua bevanda. Birgitte si ritrasse come se volesse arrampicarsi sullo schienale della sedia.
Dall’altro lato del tavolo, la voce di Nesta din Reas si alzò per un momento, «...dovrete venire da me, non io da voi. È la base del nostro accordo, anche se siete Aes Sedai.»
Baroc entrò nella stanza e si fermò fra Aviendha e Birgitte. «A quanto pare, i vostri barcaioli terricoli sono andati via non appena siete scese sotto coperta, ma non temete: Il corridore dei venti ha delle scialuppe per riportarvi a terra.» Proseguì a camminare nella cabina e si accomodò su una sedia accanto a Elayne e Nynaeve, unendosi alla conversazione. Prima, quando una delle due parlava, l’altra poteva osservare senza essere notata. Avevano perso un vantaggio, uno di cui avevano bisogno. «Ovviamente l’accordo deve rispettare i nostri termini» disse l’uomo con tono di voce incredulo, come se per lui la cosa fosse fin troppo scontata, mentre la Maestra della Nave studiava Elayne e Nynaeve come se fossero due capre che intendeva sacrificare per un banchetto. Il sorriso di Baroc era quasi paterno. «Il richiedente deve pagare il prezzo più alto.»
«Ma devi aver vissuto fra noi per conoscere quei giuramenti tanto antichi» insisteva intanto Malin din Toral.
«Ti senti bene, Aviendha?» chiese Dorile din Eiran. «Il movimento di una nave talvolta dà fastidio ai terricoli... No? E le mie domande non ti hanno offesa? Allora, dimmi: davvero le dorme Aiel legano un uomo prima di... voglio dire, quando voi e lui... quando voi...» Arrossì e chiese il resto sorridendo debolmente. «Ci sono altre donne aiel forti come te nel Potere?»
Aviendha era davvero impallidita, ma non per le stupide chiacchiere della Cercavento, e nemmeno perché si era accorta che Birgitte era pronta a fuggire, se fosse riuscita a sbloccare il bracciolo della sedia. Il motivo non era neppure il fatto che Nynaeve ed Elayne stavano evidentemente scoprendo di essere due ragazzine a una fiera nelle mani di commercianti esperti. Tutte avrebbero dato la colpa a lei, e a ragione. Era stata Aviendha a dire che, dal momento che non potevano riportare il ter’angreal da Egwene e le altre Aes Sedai una volta ritrovato, tanto valeva assicurarsi l’aiuto di queste donne del Popolo del Mare di cui parlavano tanto. Non potevano perdere tempo aspettando che Egwene al’Vere dicesse loro che finalmente potevano tornare. E così avrebbero dato la colpa a lei, e Aviendha avrebbe dovuto ottemperare al suo toh. Ma non era impallidita per quello. Stava pensando alle scialuppe che aveva visto sul ponte, sistemate una sopra all’altra. Barche senza alcun riparo a bordo. Avrebbero dato la colpa a lei, ma qualsiasi debito avesse così contratto, l’avrebbe ripagato mille volte con la vergogna se doveva percorrere dodici o tredici chilometri d’acqua su una barca aperta.
«Hai un secchio?» chiese debolmente alla Cercavento.