Perrin infilò il manico dell’ascia nell’anello del cinturone dal lato opposto della faretra e prese l’arco senza corda che aveva riposto in un angolo, si mise in spalla la bisaccia da sella e lasciò le stanze che condivideva con Faile senza guardarsi indietro. Erano stati felici in quel posto — la maggior parte del tempo. Non pensava che vi avrebbe mai fatto ritorno. Talvolta si chiedeva se essere felice da qualche parte con Faile significava sempre che non sarebbe mai più tornato in quel particolare posto. Sperava che non fosse vero.
I servitori che vide nei corridoi del palazzo indossavano tutti una monotona livrea nera, forse era stato un ordine di Rand o forse un’iniziativa dei servitori stessi. Si erano sentiti a disagio senza livrea, come se non sapessero quale fosse il loro posto, e il nero sembrava un buon colore per rappresentare Rand, forse per via degli Asha’man. Quelli che vedevano Perrin si allontanavano velocemente, senza fare riverenze o inchini. Da loro emanava odore di paura. Per una volta il motivo non erano i suoi occhi gialli. Poteva non essere sicuro di farsi vedere con un uomo contro il quale il Drago Rinato aveva scatenato pubblicamente la sua ira proprio quella mattina. Perrin scrollò le spalle, facendo oscillare la bisaccia. Era passato molto tempo da quando qualcuno era stato in grado di sollevarlo e scagliarlo per aria. Era anche vero che nessuno aveva mai usato il Potere per provarci. Gli era rimasto impresso un momento in particolare.
Si era alzato tenendosi la spalla, facendo scivolare la schiena contro la colonna squadrata che aveva posto fine al suo volo. Pensava di avere qualche costola incrinata. Nella Grande Sala del sole c’erano gruppi sparsi di nobili che si erano recati per avanzare varie richieste a Rand e che cercavano di guardare altrove, facevano finta di non esserci. Solo Dobraine aveva guardato, scuotendo il capo grigio, mentre Rand camminava a grandi passi nella sala del trono.
«Mi occuperò di queste Aes Sedai a modo mio!» aveva urlato. «Mi hai sentito, Perrin? A modo mio!»
«Le hai appena messe nelle mani delle Sapienti» aveva gridato lui in risposta, allontanandosi dalla colonna. «Non sai se dormono sulla seta o se si svegliano con la gola tagliata! Tu non sei il Creatore!»
Rand aveva reclinato il capo ringhiando furiosamente. «Io Sono il Drago Rinato!» aveva urlato poi. «Non mi importa di come vengono trattate! Si meritano di essere rinchiuse in una segreta!» I peli sulla nuca di Perrin si erano rizzati quando Rand aveva abbassato gli occhi verso di lui. Il ghiaccio sarebbe sembrato caldo a confronto, quegli occhi lo fissavano da un volto distorto dal dolore. «Sparisci dalla mia vista, Perrin. Mi hai sentito? Vai via da Cairhien! Oggi! Adesso! Non voglio vederti mai più!» Detto questo si era girato ed era andato via, con i nobili che si lanciavano a terra spaventati.
Perrin si era asciugato il rivoletto di sangue che gli colava da un angolo della bocca. Per un momento era stato sicuro che Rand l’avrebbe ucciso.
Scosse il capo per liberarsi da quel pensierose svoltò un angolo andando quasi a sbattere contro Loial che aveva un grande fagotto legato dietro la schiena e una cartella che avrebbe potuto contenere una pecora. L’Ogier stava usando la sua ascia dal manico lungo come bastone da passeggio. Le tasche profonde della giubba erano piene di libri.
Loial rizzò le orecchie pelose nel vederlo, quindi le abbassò di colpo. Il viso si afflosciò e le sopracciglia scesero sopra le guance. «Ho sentito, Perrin» disse tristemente. «Rand non avrebbe dovuto farlo. Le parole pronunciate in fretta creano problemi che durano a lungo. So che ci ripenserà. Forse domani.»
«È tutto a posto» rispose Perrin. «Cairhien è troppo... lucente... per i miei gusti. Io sono un fabbro, non un cortigiano. Entro domani sarò molto lontano.»
«Tu e Faile potreste venire con me. Karldin e io andiamo a visitare lo stedding, Perrin. Tutti gli stedding vicino alle Porte delle Vie.» Un giovane dal volto sottile e pallido in piedi dietro Loial smise di guardare preoccupato Perrin per concentrarsi sull’Ogier. Anche lui aveva una cartella, un fagotto e una spada al fianco. Nonostante la giubba blu Perrin riconobbe uno degli Asha’man. Karldin non sembrò contento di riconoscere Perrin, ed emanava odore di rabbia. Loial guardò nel corridoio dietro Perrin. «Dov’è Faile?»
«Ci incontreremo alle stalle. Abbiamo avuto uno scambio di opinioni.» Era la semplice verità. Talvolta sembrava che a Faile piacesse gridare. Perrin abbassò la voce. «Loial, fossi in te non parlerei delle Porte delle Vie in luoghi dove qualcuno potrebbe sentire.»
Loial sbuffò talmente forte che avrebbe fatto saltare un toro, ma abbassò la voce. «Non vedo altri che noi» rispose. Nessuno a due o tre passi da Karldin avrebbe potuto sentire. Le orecchie di Loial scudisciarono l’aria — era il solo modo di definire quel movimento — poi scattarono all’indietro. L’Ogier era furioso. «Hanno paura di essere visti vicino a te, dopo tutto quello che hai fatto per Rand.»
Karldin tirò Loial per una manica. «Dobbiamo andare» disse, guardando torvo Perrin. Chiunque faceva adirare il Drago Rinato non era più nelle sue grazie. Perrin si chiese se quell’uomo aveva già abbracciato il Potere.
«Sì, sì» mormorò Loial, agitando una mano grossa come un prosciutto, ma rimase appoggiato alla sua ascia con espressione pensierosa. «Non mi piace tutto questo, Perrin. Rand ti ha cacciato via. Mi manda lontano in missione. Come faccio a finire il mio libro...» Agitò le orecchie e tossì. «Be’, non sta né in cielo né in terra. Tu, io e solo la Luce sa dove si trova Mat. Il prossimo a essere mandato via sarà lui. E poi manderà via Min. Stamattina non si è fatto trovare da lei. Mi ha mandato a dirle che non era a palazzo. Credo che lei sapesse che stavo mentendo. Allora si ritroverà da solo, Perrin. ‘È terribile essere soli’, ecco cosa mi ha detto. Sta progettando di mandare via tutti i suoi amici.»
«La Ruota gira come vuole» rispose Perrin. Loial batté le palpebre nel sentire quella eco di Moiraine. Di recente Perrin pensava molto a lei. Aveva indotto Rand a contenersi. «Addio, Loial. Rimani al sicuro e non fidarti di nessuno.» Perrin non guardò Karldin.
«Non stai parlando sul serio, Perrin.» Loial sembrava sorpreso. Sembrava fidarsi di tutti. «Non puoi. Venite con me, tu e Faile.»
«Un giorno ci incontreremo di nuovo» gli rispose Perrin gentilmente e se ne andò in fretta prima di dover aggiungere altro. Non gli piaceva mentire, soprattutto a un amico.
Nella stalla a nord le cose erano molto simili a com’erano nel palazzo. Gli stallieri lo videro arrivare, per cui lasciarono cadere i forconi per il letame e le spazzole per strigliare i cavalli, uscendo tutti di corsa da una porticina sul retro. Dei fruscii nel fienile sopra di lui che forse sarebbero sfuggiti alle orecchie di qualcun altro suggerivano che qualcuno si era nascosto anche lassù; Perrin sentiva respirare in maniera ansiosa e spaventata. Prese Stepper da un box di marmo verde striato, gli mise la briglia e lo legò a un anello dorato. Andò a prendere coperta e sella da un magazzino dove metà delle altre selle erano decorate in argento o oro. Quella stalla era perfetta per un palazzo, con le sue alte colonne di marmo squadrato e i pavimenti puliti, anche sotto la paglia delle gabbie degli animali. Perrin fu felice di lasciare tutta quella grandiosità.
A nord della città seguì la strada dalla quale fera giunto disperatamente insieme a Rand solo pochi giorni prima e cavalcò fino a quando le colline nascosero Cairhien alla sua vista. A quel punto svoltò a est, dov’era rimasta ancora una porzione ragionevole di foresta che discendeva lungo un’alta collina e risaliva quella seguente. Faile spronò Rondine e uscì dagli alberi per andargli incontro, con Aram che la seguiva come un cane. E. volto di Aram si illuminò alla vista di Perrin; l’uomo divideva la sua fedeltà canina fra lui e Faile.
«Marito» disse Faile. Non troppo freddamente, ma Perrin percepiva l’odore di una rabbia profonda e una gelosia pungente sovrapposto al profumo pulito di lei e del sapone alle erbe. Era vestita per il viaggio, con un sottile mantello contro la polvere dietro la schiena e leggeri guanti rossi che si abbinavano perfettamente con gli stivali che spuntavano da sotto la sua gonna da cavallo preferita. Dietro la cintura aveva almeno quattro pugnali riposti nei foderi.
Un movimento alle spalle di Faile si tramutò in Bain e Chiad. E Sulin, con un’altra dozzina di Fanciulle. Perrin era perplesso. Si chiese cosa ne pensasse Gaul. L’Aiel diceva di essere impaziente di prendere Bain e Chiad da sole. Ancora più sorprendenti furono gli altri compagni di viaggio di Falle.
«Che cosa ci fanno qui?» chiese Perrin con cenno del capo verso un gruppetto di persone che tenevano per le redini i propri cavalli. Riconobbe Selande, Camaille e l’alta donna Tarenese, tutte in abiti maschili e con la spada. C’era anche un uomo tarchiato con la giubba dalle maniche a strisce e la barba oliata e appuntita, i capelli legati dietro la nuca con un "nastro. Anche lui gli sembrava familiare. Gli altri due uomini, entrambi Cairhienesi, non li conosceva, ma da quanto erano giovani e dai nastri che usavano per tenere legati i capelli si capiva che facevano anche loro parte della ‘società di Selande’.
«Ho preso Selande e alcuni dei suoi amici a mio servizio.» Faile rispose spensierata, ma a un tratto da lei si levò a ondate un odore di cautela. «In città prima o poi si sarebbero cacciati nei guai. Hanno bisogno di qualcuno che dia loro delle indicazioni. Consideralo un atto caritatevole. Non permetterò che ti siano d’intralcio.»
Perrin sospirò e si grattò la barba. Un uomo saggio non accusava apertamente la moglie di nascondergli qualcosa. Soprattutto quando la moglie era Faile. Sarebbe diventata temibile come la madre. Se non lo era già. D’intralcio? Quanti di quei... pupazzi aveva preso con sé? «Siamo pronti? Prima o poi qualche imbecille deciderà di poter riguadagnare il favore di Rand riportandogli indietro la mia testa. Vorrei allontanarmi prima che accada.» Aram ringhiò sommessamente.
«Nessuno prenderà la tua testa, marito.» Faile sorrise e proseguì in un sussurro che sapeva avrebbe sentito solo Perrin. «Tranne forse me.» A voce più alta, aggiunse: «Tutto pronto.»
In una radura dietro gli alberi c’erano gli uomini dei Fiumi Gemelli accanto ai loro cavalli, disposti per due in una colonna che si snodava fin oltre la curva della collina. Perrin sospirò di nuovo. La bandiera con la testa rossa e quella con l’aquila rossa di Manetheren sventolavano pigramente nella brezza in testa alla colonna. C’erano più di dieci Fanciulle accovacciate accanto ai due vessilli, e di fronte a loro Gaul aveva un’espressione quasi imbronciata che Perrin non aveva mai visto su un Aiel.
Quando smontò da cavallo, due uomini con la giubba nera si avvicinarono a lui per salutarlo con il pugno premuto sul cuore. «Lord Perrin» disse Jur Grady. «Siamo qui dalla notte scorsa. Siamo pronti.»
Il volto consumato da contadino di Grady metteva Perrin quasi a suo agio, ma Fager Neald era tutta un’altra faccenda. Forse di dieci anni più giovane di Grady, avrebbe potuto essere un contadino anche lui, ma aveva l’aria affettata e movenze eleganti, e portava i baffi incerati e appuntiti. Grady era uno dei Dedicati e Fager Neald un Soldato, senza la spada d’argento appuntata sul colletto, cosa che però non gli impedì di dire: «Lord Perrin, è davvero necessario portare quelle donne con noi? Arrecheranno solo problemi, e tu lo sai bene.»
Alcune delle donne di cui il ragazzo stava parlando non erano lontane dal contingente dei Fiumi Gemelli, e tenevano gli scialli calati sulle braccia. Edarra sembrava la più vecchia delle sei Sapienti che controllavano impassibili altre due donne. Per la verità quella coppia impensieriva anche Perrin. Seonid Traighan, fredda e riservata nel suo abito di seta verde, aveva cercato di ignorare le donne aiel con tutte le sue forze — quasi tutti i Cairhienesi che non fingevano di essere Aiel li disprezzavano — ma quando vide Perrin passò le redini nell’altra mano e diede un colpetto fra le costole di Masuri Sokawa. Masuri si mosse — le Marroni parevano perdersi nei sogni a occhi aperti fin troppo spesso — fissando con fare assente la Sorella Verde, quindi posò lo sguardo su Perrin. Sembrava stesse guardando un animale insolito e forse pericoloso. Avevano giurato di obbedire a Rand al’Thor, ma avrebbero fatto lo stesso con Perrin Aybara? Dare ordini alle Aes Sedai gli sembrava innaturale, ma era comunque meglio che riceverne da loro.
«Ci siamo tutti» disse Perrin. «Andiamo via prima che qualcuno ci veda.» Faile tirò su con il naso.
Grady e Neald fecero di nuovo il saluto e si diressero al centro della radura. Perrin non sapeva quale dei due aveva fatto ciò che era necessario, ma a un tratto l’ormai familiare taglio verticale d’argento lampeggiò in aria roteando e trasformandosi in un passaggio che non era abbastanza alto per passarvi a cavallo. Dall’altro lato si vedevano degli alberi, non molto diversi da quelli che circondavano la collina sulla quale si trovavano in quel momento. Grady vi passò subito attraverso, ma ciò nonostante fu quasi travolto da Sulin e una piccola orda di Fanciulle velate. A quanto pareva, consideravano una questione di onore essere le prime a varcare il passaggio di loro iniziativa, e non avrebbero lasciato che nessuno glielo impedisse.
Vedendo materializzarsi un centinaio di problemi che non aveva preso in considerazione, Perrin condusse Stepper oltre il passaggio, in una terra ondeggiante. Dall’altro lato non vi era alcuna radura, ma meno alberi che nella conca di Cairhien, e quei pochi erano più alti ma altrettanto secchi, anche i pini. Non li conosceva, tranne le querce e le piante di erica. L’aria sembrava leggermente più calda.
Faile lo seguì, ma quando Perrin svoltò a sinistra, lei andò dritta. Aram li guardò entrambi preoccupato fino a quando Perrin non fece cenno con il capo verso Faile. L’ex Calderaio spronò il castrone per seguirla ma, anche se andava veloce, non riuscì a precedere Bain e Chiad, ancora velate; poi, nonostante gli ordini di Perrin per cui a passare dovevano essere prima gli uomini dei Fiumi Gemelli, Selande e una ventina di giovani Cairhienesi e Tarenesi, superarono il varco, trascinandosi dietro i cavalli. Una ventina! Perrin scosse il capo e si mise di fianco a Grady, che guardava in tutte le direzioni studiando la rada foresta.
Poi toccò a Gaul, seguito finalmente da Dannil a capo degli uomini dei Fiumi Gemelli che correvano seguiti dai loro cavalli. Quelle maledette bandiere apparvero dopo Dannil e vennero subito tirate su. Quell’uomo doveva radersi i suoi ridicoli baffi!
«Le donne sono incredibili» mormorò Gaul.
Perrin aprì la bocca per difendere Faile prima di rendersi conto che con tutta probabilità l’uomo si riferiva a Bain e Chiad. Per rimediare a quell’errore, Perrin disse: «Hai moglie, Grady?»
«Sora» rispose lui con fare assente, ancora concentrato sugli alberi circostanti. Perrin avrebbe scommesso che in quel momento Grady era intriso di Potere. Rispetto alle foreste dei Fiumi Gemelli, quel paesaggio concedeva un’ampia visuale, ma qualcuno avrebbe sempre potuto attaccarli di sorpresa. «Le manco» proseguì Grady, parlando quasi da solo. «Impari a capirlo a vista. Però mi piacerebbe sapere perché le fa male il ginocchio.»
«Le fa male il ginocchio» ripeté Perrin atono. «Proprio in questo momento, e tu lo sai.»
Grady si accorse che Perrin e Gaul avevano lo sguardo fisso in un punto. Batté le palpebre, ma riprese a osservare gli alberi. «Perdonami, lord Perrin. Devo mantenere la guardia.» Per molto tempo non disse nulla, poi iniziò lentamente. «È qualcosa che un tizio di nome Canler ha scoperto per conto suo. Al M’Hael non piace che scopriamo le cose da soli, ma una volta fatto...» Il vago sorriso faceva capire che Taim non era stato gentile nemmeno dopo. «Pensiamo sia qualcosa di simile al legame fra Custodi e Aes Sedai. Almeno uno su tre di noi è sposato. E questo legame è il motivo per cui molte donne sono rimaste invece di fuggire quando hanno scoperto cos’erano i loro mariti. Anche quando siamo lontano da loro sappiamo che stanno bene, e loro sanno che noi stiamo bene. A un uomo piace sapere che la moglie è al sicuro.»
«Questo è senz’altro vero» rispose Perrin. Che cosa stava combinando Faile con quegli idioti? Adesso era in groppa a Rondine e gli altri la circondavano guardandola. Perrin non si sarebbe sorpreso se anche lei si fosse lanciata in questa immensa stupidaggine del ji’e’toh.
Seonid e Masuri passarono dopo l’ultimo degli uomini dei Fiumi Gemelli con i tre Custodi che avevano fra loro due, seguite dalle Sapienti, cosa niente affatto sorprendente. Erano lì proprio per controllare le Aes Sedai. Seonid prese le redini come se volesse montare a cavallo, ma Edarra sussurrò qualcosa indicando una grossa quercia inclinata e le due Aes Sedai la guardarono, voltando il capo all’unisono, quindi si scambiarono un’occhiata e guidarono i cavalli verso gli alberi. Le cose sarebbero andate molto meglio se quelle due fossero sempre state così ubbidienti — be’, non esattamente; il collo di Seonid era rigido come un bastone.
Dopo di loro passarono i cavalli di riserva, legati fra loro a gruppi di dieci, sotto lo sguardo attento degli uomini di Dobraine che pareva sapessero quello che stavano facendo. Perrin vide subito Resistenza, che non era legato agli altri. Era meglio che la donna che sì prendeva cura di lui facesse bene il proprio mestiere. Seguirono ancora molti calessi con le vettovaglie, con i carrettieri che spronavano i cavalli e gridavano guardando timorosi il passaggio basso — i calessi erano tanti perché non potevano trasportare tanto quanto i carri, che però non sarebbero passati attraverso quel varco. Né Neald né Grady potevano aprirne uno grande come quelli di Rand, e nemmeno Dashiva.
Quando finalmente passò l’ultimo calesse dall’asse scricchiolante, Perrin pensò di ordinare la chiusura del passaggio in quel momento, ma era Neald a mantenerlo aperto e si trovava ancora dal lato di Cairhien.
Berelain passò conducendo una giumenta bianca come Rondine era nera e Perrin fu ben felice di vedere che il suo abito grigio da cavallo aveva il colletto che arrivava fin sotto al mento. D’altro canto il corpetto era molto aderente, come i vestiti nello stile di Tarabon. Perrin emise un lamento. Insieme a lei vide Nurelle e Bertain Gallenne, il lord capitano delle Guardie Alate, un tizio con i capelli grigi che portava una benda nera sull’occhio come un altro uomo avrebbe fatto con una piuma sul cappello, quindi le Guardie Alate con le loro armature rosse, più di novecento. Nurelle e gli altri che si erano trovati ai Pozzi di Dumai avevano una corda gialla legata attorno al braccio sinistro.
Berelain salì in groppa alla giumenta e si diresse da un lato insieme a Gallenne, mentre Nurelle fece disporre le Guardie Alate fra gli alberi. Dovevano esserci almeno cinquanta passi fra lei e Faile e una dozzina d’alberi, ma la donna si mise in un punto da dove potevano vedersi a vicenda. Mettere Berelain alla fine del convoglio, il più lontana possibile da Faile, gli era sembrata una buona idea, ma adesso avrebbe dovuto affrontare questa scena ogni maledetta mattina. Che Rand fosse folgorato!
L’ultimo ad apparire fu Neald, che si carezzava quei baffi ridicoli e controllava alla ricerca di qualcuno che potesse vedere il passaggio mentre svaniva. Non c’era nessuno e il ragazzo montò a cavallo con un’espressione contrariata.
Perrin montò in groppa a Stepper e risalì una collinetta. Non tutti potevano vederlo per via degli alberi, ma era sufficiente che potessero sentirlo. Le persone che si erano radunate si agitarono leggermente quando le raggiunse, cercavano di spostarsi per vedere meglio.
«Per quanto riguarda gli informatori a Cairhien,» disse ad alta voce «io sono stato cacciato, la Prima di Mayene è sulla via di casa e voi altri siete scomparsi come nebbia al sole.»
Con sua sorpresa la folla rise. Il grido di ‘Perrin Occhidoro’ si sollevò e non solo dalla gente dei Fiumi Gemelli. Perrin attese che si calmassero, il che richiese un po’ di tempo. Faile non aveva né riso né gridato, e nemmeno Berelain. Le donne scossero il capo; nessuna delle due credeva che Perrin dovesse dire ciò che intendeva. Poi le due si videro e si bloccarono, come se fossero rimaste intrappolate nell’ambra. Non amavano trovarsi d’accordo su qualcosa. Non fu una sorpresa quando gli sguardi ricaddero su di lui con espressione identica. C’era un vecchio detto nei Fiumi Gemelli, anche se il suo significato variava a seconda di chi lo pronunciava e dalla circostanza. ‘È sempre colpa di un uomo.’ Perrin aveva imparato che in una le donne erano più brave di chiunque altro. Insegnare a un uomo a sospirare.
«Alcuni di voi forse si stanno chiedendo dove siamo e perché» proseguì quando finalmente ritornò il silenzio. Vi fu una piccola ondata di risate. «Questo è il Ghealdan.» Mormorii di sgomento e forse incredulità per aver attraversato venticinque chilometri o più in un solo passo. «La prima cosa che dobbiamo fare è convincere la regina Alliandre che non siamo qui per invadere il suo territorio.» Berelain avrebbe dovuto parlare con Alliandre, e Faile gliela avrebbe fatta pagare per aver scelto lei. «Poi andremo a cercare un tizio che si fa chiamare il Profeta del lord Drago.» Anche questo non sarebbe stato molto piacevole. Masema non era una persona gradevole nemmeno prima di oltrepassare il limite della sanità mentale. «Questo Profeta ha causato diversi problemi, ma noi gli faremo sapere che Rand al’Thor vuole che nessuno venga spaventato per essere costretto a seguirlo, e porteremo lui e tutti i suoi compagni che desidereranno venire dal lord Drago.» E, se fosse necessario, spaventeremo a morte Masema per costringerlo a obbedire, aggiunse mentalmente.
La folla lo acclamò. Urlarono e gridarono che avrebbero fatto marciare questo Profeta fino a Cairhien per il lord Drago, gridarono così forte che Perrin si augurò di essere assai lontano dai villaggi. Anche i carrettieri e gli stallieri si unirono alle acclamazioni. Più di tutto, Perrin pregava che ogni cosa filasse liscia e tutto finisse in fretta. Prima riusciva a frapporre la massima distanza fra Berelain e lui e Faile, meglio era. Nessuna sorpresa, ecco cosa voleva una volta che avessero cavalcato verso sud. Era ora che essere ta’veren si dimostrasse utile per qualcosa.