12 Una mattina di vittoria

Le colline tortuose e i rilevi che circondavano l’accampamento mostravano tutti i segni della siccità e di quel clima scellerato. Un caldo empio. Anche il più stupido degli sguatteri da cucina poteva riconoscere il tocco del Tenebroso sul mondo. Il bosco vero e proprio si trovava alle loro spalle, a occidente, ma di tanto in tanto si vedevano querce deformi sui pendii rocciosi, alberi della gomma e pini di forme insolite o altri alberi che Egwene non conosceva, marroni, gialli e con i rami spogli. Non per via dell’inverno, ma per mancanza di acqua e frescura. Se il tempo non fosse cambiato presto, sarebbero morti. Oltre l’accampamento c’era un fiume che scorreva a sudovest, il Reisendrelle, largo venti passi e fiancheggiato da rive di fango essiccato costellate di rocce. L’acqua che mulinava intorno a pietre che in condizioni normali avrebbero reso pericoloso il guado arrivava appena alle ginocchia dei cavalli. Egwene sentì i suoi problemi perdere spessore. Nonostante il mal di testa pregò per Nynaeve ed Elayne. La loro ricerca era importante quanto tutto quello che stava facendo lei. Di più. Il mondo sarebbe sopravvissuto anche se lei avesse fallito, ma le sue due amiche dovevano avere successo.

Viaggiarono verso sud al piccolo trotto, rallentando quando il pendio delle colline diventava troppo ripido per i cavalli o quando dovevano passare fra alberi e cespugli, ma cercarono di rimanere in pianura e muoversi più in fretta possibile. Il castrone di Bryne, dal passo sicuro e forte, non sembrava risentire dell’inclinazione o delle asperità del terreno, ma Daishar teneva bene il passo. Talvolta la grassa giumenta di Siuan aveva qualche difficoltà, anche se forse era solo contagiata dall’ansia di chi la cavalcava. Per quanta pratica avrebbe mai fatto, Siuan sarebbe comunque rimasta una pessima cavallerizza: si aggrappava quasi al collo della giumenta mentre risalivano i pendii e cadeva quasi di sella quando li ridiscendevano, goffa e con gli occhi sgranati grandi quasi quanto quelli della bestia che cavalcava. Myrelle aveva recuperato un po’ di buonumore osservando Siuan. Il suo cavallo dalle zampe bianche non aveva problemi e si muoveva leggiadro come una rondine, e lei lo montava con una sicurezza e un’eleganza che facevano sembrare Bryne rozzo e cocciuto.

Viaggiavano da poco quando apparvero dei cavalieri in cima a un promontorio a ovest, forse cento uomini incolonnati, con la luce del sole nascente che risplendeva sui pettorali di metallo, gli elmetti e le punte delle lance. Davanti a loro sventolava un lungo stendardo bianco che Egwene non riusciva a vedere, ma sapeva che rappresentava la Mano Rossa. Non si era aspettata di vederli tanto vicini all’accampamento delle Aes Sedai.

«Animali, fautori del Drago» mormorò Myrelle, guardando i cavalieri in strada. Strinse le redini per la furia, non per la paura.

«La Banda della Mano Rossa manda in giro delle pattuglie» spiegò Bryne con calma. Lanciando un’occhiata a Egwene, aggiunse: «Lord Talmanes sembrava preoccupato per te, Madre, l’ultima volta che ci ho parlato.» Non mise particolare enfasi neppure su questa frase.

«Hai parlato con lui?» Ogni traccia della serenità di Myrelle scomparve. La rabbia che aveva trattenuto con Egwene poteva tranquillamente scatenarsi contro lord Bryne. L’Aes Sedai tremava per la furia. «Ma è quasi tradimento. Potrebbe essere considerato tradimento!» Siuan stava dividendo la sua attenzione fra il cavallo e gli uomini sul promontorio e quindi non guardava Myrelle, ma si irrigidì comunque. Nessuno aveva mai accostato la Banda al tradimento prima di allora.

Superarono una curva in quella valle piena di colline. Videro una fattoria inerpicata su un pendio, o meglio, quella che un tempo era stata una fattoria. Una parete della piccola casa di pietra era crollata, e alcune travi carbonizzate spuntavano come dita sporche accanto al comignolo coperto di fuliggine. Il fienile senza tetto era una scatola vuota e bruciata, e delle chiazze di cenere segnavano il punto dove forse un tempo vi erano stati dei capannoni. In tutta Altara avevano visto scene identiche e anche peggiori, talvolta interi villaggi incendiati, i morti lasciati per strada, cibo per corvi e volpi o cani randagi che scappavano quando si avvicinava qualcuno. Le storie di anarchia e morte a Tarabon e nell’Arad Doman di colpo prendevano corpo anche lì. Molti uomini approfittavano di ogni scusa per diventare banditi o dare sfogo a vecchi rancori — Egwene sperava che fosse così — ma il nome sulle labbra di ogni sopravvissuto era ‘fautori del Drago’ e le Sorelle incolpavano Rand come se fosse stato lui in persona ad appiccare il fuoco. Lo avrebbero comunque usato se avessero potuto e controllato se ne avessero trovato il modo. Lei non era la sola Aes Sedai a credere di dover fare ciò che era necessario, anche quando ciò richiedeva di turarsi il naso.

La rabbia di Myrelle ebbe su Bryne lo stesso effetto della pioggia sulle pietre. Egwene ebbe un’immagine improvvisa di quell’uomo che continuava a camminare sereno con delle tempeste che si addensavano nel cielo e l’acqua di un’inondazione che gli arrivava alle ginocchia. «Myrelle Sedai,» spiegò Bryne con la calma che avrebbe dovuto mostrare lei «quando più di diecimila uomini seguono le mie tracce voglio sapere quali sono le loro intenzioni. Soprattutto se si tratta di uomini come questi.»

Quello era un argomento pericoloso. Per quanto Egwene fosse contenta di aver in qualche modo evitato le domande sulla preoccupazione di Talmanes nei suoi confronti — il solo fatto che Talmanes aveva parlato di lei le faceva digrignare i denti — era talmente stupita che rimase seduta in sella dritta come una lancia. «Diecimila? Ne sei sicuro?» La Banda ne aveva poco più della metà quando Mat era arrivato a Salidar alla ricerca di lei ed Elayne.

Bryne si strinse nelle spalle. «Io raccolgo reclute man mano che procediamo, e lo stesso fa lui. Noi non ne abbiamo così tante, ma alcuni uomini hanno dei pregiudizi sulle Aes Sedai.» Chiunque altro si sarebbe sentito a disagio nel dire una cosa del genere a tre Sorelle, lui invece aveva parlato sorridente. «Inoltre, sembra che la Banda abbia una certa reputazione dopo i combattimenti a Cairhien. Si dice che Shen an Calhar non perde mai, qualsiasi siano le circostanze.» Ecco cosa spingeva gli uomini a unirsi a lui, lì come in Altara: il pensiero che la presenza di due eserciti avrebbe di sicuro portato a una battaglia. Cercare di restarne fuori alla fine poteva risultare duro come schierarsi dalla parte sbagliata; per chi rimaneva neutrale non vi sarebbe stato alcun guadagno. «Fra i nuovi arruolati di Talmanes ci sono stati alcuni disertori; a quanto pare credono che la fortuna della banda sia legata a Mat Cauthon, e se non c’è lui non c’è fortuna.»

Myrelle ghignò, storcendo le labbra. «Le paure di questi sciocchi del Murandy sono di certo utili, ma non pensavo che anche tu fossi uno sciocco. Talmanes ci segue perché teme che possiamo rivoltarci contro il suo prezioso lord Drago, ma se davvero voleva attaccarci, non credi che ormai lo avrebbe già fatto? Potremo occuparci di questi fautori del Drago una volta che le questioni più importanti saranno risolte. In ogni caso possiamo comunque comunicare con lui...»

Myrelle si scosse e recuperò parte della propria serenità. Almeno all’apparenza. Il tono di voce avrebbe ancora potuto scorticare gli alberi. «Stammi bene a sentire, lord Bryne...»

Egwene non prestò attenzione alle parole della Aes Sedai. Bryne l’aveva guardata quando aveva fatto il nome di Mat. Le Sorelle pensavano di sapere tutto sulla Banda e Mat e non se ne preoccupavano troppo, mentre per il capitano la questione era palesemente più importante. Egwene chinò il capo in modo che la falda del cappello le nascondesse il viso e studiò Bryne con la coda dell’occhio. Aveva giurato di mettere insieme un esercito e guidarlo fino a quando non avessero deposto Elaida, ma perché? Di sicuro avrebbe potuto prendersi un impegno meno solenne e le Sorelle lo avrebbero accettato lo stesso, poiché volevano solo usare tutti quei soldati come una mascherata per spaventare Elaida.

Averlo dalla loro parte era di certo rassicurante per Egwene, e anche le altre Aes Sedai sembravano dello stesso parere. Proprio come suo padre, Bryne era il tipo d’uomo capace di far credere a tutti che non c’era motivo d’allarmarsi, qualsiasi fosse la situazione. Egwene si accorse d’improvviso che averlo come oppositore sarebbe stato pessimo, come avere contro il Consiglio, e questo senza tener conto dell’esercito. L’unica volta che Siuan aveva parlato bene di lui lo aveva definito formidabile, anche se poi aveva subito provato a ribaltare il senso di quella sua osservazione. Qualsiasi uomo che Siuan Sanche ritenesse formidabile era uno da tenere a mente.

Attraversarono un piccolo torrente che arrivava appena a bagnare gli zoccoli dei cavalli. Un corvo malandato stava mangiando un pesce che si era arenato in quelle acque troppo basse per nuotare; l’uccello agitò le ali come se volesse volare via, quindi si rimise a mangiare.

Anche Siuan stava studiando lord Bryne — la giumenta aveva un passo molto più regolare quando lei dimenticava di strattonare le redini o di affondare i talloni proprio nel momento sbagliato. Egwene le aveva chiesto se conoscesse i motivi di lord Bryne, ma il complesso legame che Siuan aveva con quell’uomo la rendeva incapace di essere amara quando parlava di lui. O odiava Gareth Bryne con tutto il cuore oppure lo amava, e immaginare Siuan innamorata era come immaginare un corvo che nuota.

L’altura sulla quale prima si trovavano i soldati della Banda adesso mostrava solo una linea irregolare di conifere smorte. Egwene non si era accorta di aver percorso tanta strada. Mat un abile stratega? Neppure vedere i corvi nuotare sarebbe risultato così assurdo. Lei aveva creduto che fosse al comando di quell’esercito solo per volere di Rand, e anche quello era stato difficile da digerire. Convincersi di una cosa perché si crede di sapere tutto può essere pericoloso, si rammentò guardando Bryne.

«...essere frustato!» La voce di Myrelle era ancora infuocata. «Ti avviso, se sento che ti sei incontrato di nuovo con i fautori del Drago...»

La pioggia ancora scivolava su quel masso, su lord Bryne, o almeno così sembrava. L’uomo cavalcava a suo agio e talvolta mormorava «Sì, Myrelle Sedai», o «No, Myrelle Sedai» senza alcuna emozione, e senza smettere di guardare con attenzione il territorio circostante. Lui senza dubbio aveva visto i soldati andare via. Non importava come lord Bryne riuscisse a essere così paziente — Egwene era sicura che non si trattasse di paura —, lei non era dell’umore giusto per sentire certe cose.

«Fai silenzio, Myrelle! Nessuno farà nulla a lord Bryne.» Si massaggiò le tempie e pensò di chiedere a una delle Sorelle dell’accampamento di guarirla. Né Siuan né Myrelle ne avevano la capacità. La guarigione comunque non le avrebbe fatto un gran bene. Si trattava solo di preoccupazioni e mancanza di sonno, e non voleva che si spargesse la voce che per lei il fardello stava diventando troppo pesante. E poi c’erano altri sistemi oltre la guarigione per vedersela con il mal di testa, anche se lì non ne aveva a portata di mano.

La bocca di Myrelle si tese per un istante. Voltò il capo di scatto, il volto in fiamme, mentre Bryne sembrò improvvisamente assorto a esaminare un falco dalle ali rosse che volteggiava in aria alla loro sinistra. Anche un uomo coraggioso sapeva quando essere discreto. Il falco chiuse le ali e si gettò in picchiata verso una preda invisibile nascosta dietro alcune eriche. Egwene si sentiva simile a quel rapace. Scendeva in picchiata su bersagli che non poteva vedere, sperando di aver scelto quello giusto, sperando che ve ne fosse uno da colpire.

Sospirò, incerta. «In ogni caso, lord Bryne, penso sia meglio che non incontri più lord Talmanes. Di sicuro adesso ne sai quanto basta sulle sue intenzioni.» Sperando, per la Luce, che Talmanes non gli avesse già rivelato troppo. Era un peccato che non potesse inviare Siuan o Leane a metterlo in guardia, sempre che lui avesse dato ascolto a quelle donne, ma visto come la pensavano le Sorelle, tanto valeva che lei stessa corresse il rischio di andare a trovare Rand.

Bryne le fece un inchino dalla sella. «Come ordini, Madre.» Non aveva un tono derisorio, non lo usava mai. Ovviamente aveva imparato a controllare la propria voce, trovandosi in compagnia di Aes Sedai. Siuan rimase indietro guardandolo torva. Forse avrebbe potuto scoprire a chi era leale quell’uomo. Anche se gli era ostile, passava molto tempo in sua compagnia, più di quanto in realtà dovesse.

Egwene fece lo sforzo di lasciare le mani sulle redini di Daishar, di non portarsele alle tempie. «Quanto manca, lord Bryne?» Non far trapelare l’impazienza dalla voce fu anche più difficile.

«Non molto, Madre.» Per qualche motivo, l’uomo si voltò verso Myrelle. «Siamo vicini, ormai.»

Adesso erano visibili più fattorie, e sorgevano sia sulle colline che in pianura, anche se la donna di Emond’s Field che era ancora in Egwene non capiva che senso avesse una fattoria su un’altura. Case basse e fienili di pietra grigia, pascoli senza recinzione con poche vacche magre e pecore dalla coda nera e lo sguardo triste. Non tutte le costruzioni erano state incendiate. Quelle distrutte dovevano servire da monito, per dimostrare agli altri cosa succedeva a chi non si schierava con il Drago Rinato.

In una fattoria vide alcuni dei foraggieri di lord Bryne con un carro. Che fossero i suoi uomini era chiaro sia per come li aveva guardati salutandoli con un cenno del capo, sia per la mancanza del vessillo bianco che la Banda ostentava sempre. A parte questo stendardo, alcuni di recente avevano cominciato a portare una fascia rossa attorno a un braccio. Cinque o sei bovini e forse una ventina di pecore muggivano e belavano sotto il controllo di uomini a cavallo, e altri uomini portavano a spalla dei sacchi dal granaio ai carri, passando davanti a un contadino dalle spalle ricurve e la sua famiglia, un gruppo triste che indossava vestiti rozzi di lana scura. Una delle bambine, che portava una cuffia come le altre, aveva infilato la faccia nella gonna della madre e sembrava stesse piangendo. Alcuni dei ragazzini invece avevano i pugni chiusi, come se volessero lottare. Il contadino sarebbe stato pagato, ma se anche non poteva fare a meno di ciò che i soldati stavano prendendo, o se aveva in mente di opporre resistenza contro venti uomini in armatura, quelle fattorie incendiate lo avrebbero scoraggiato dal farlo. I soldati di Bryne trovavano spesso corpi carbonizzati fra le rovine, uomini, donne e bambini che avevano cercato di fuggire. Alcune di quelle case date alle fiamme avevano porte e finestre sigillate dall’esterno.

Egwene si chiese se c’era modo di convincere i contadini e gli abitanti dei villaggi che i soldati non erano briganti. Lo desiderava molto, ma non sapeva come fare, se non lasciando morire di fame i soldati fino a quando non avessero disertato. Se le Sorelle non riuscivano a vedere la differenza fra i briganti e la Banda, ancor più difficile sarebbe stato far cambiare idea ai contadini. Mentre le fattorie diventavano sempre più piccole alle loro spalle, Egwene non cedette al bisogno di voltarsi a guardare indietro. Non avrebbe cambiato nulla.

Lord Bryne era stato di parola. A forse tre o quattro chilometri dall’accampamento — in linea d’aria; il doppio, visto il loro percorso — girarono intorno a una collina punteggiata da cespugli e alberi e si fermarono. Il sole era quasi a picco. Sotto di loro si dipanava un’altra strada, stretta e molto più tortuosa di quella che attraversava l’accampamento. «Hanno pensato che viaggiando di notte sarebbero stati al sicuro dai banditi» disse Bryne. «Non una cattiva idea, o forse hanno solo avuto la fortuna del Tenebroso. Arrivano da Caemlyn.»

La strada era occupata da una carovana di mercanti, circa cinquanta carri con tiri di dieci cavalli, fermi sotto gli occhi vigili degli uomini di Bryne. Alcuni soldati erano a piedi e controllavano il trasferimento di barili e sacchi dai carri dei commercianti a quelli dell’esercito. Una donna con un semplice abito scuro agitava le braccia e indicava uno o l’altro oggetto, protestando o cercando di alzare il prezzo, ma i suoi compagni erano cupi e silenziosi. Poco più oltre, dei frutti tetri pendevano dai rami di una quercia; uomini impiccati. I corvi erano ovunque, talmente numerosi da sembrare la chioma nera dell’albero. Questi avevano ben altro che un misero pesce di cui nutrirsi. Anche da lontano, quello spettacolo non aiutò certo a calmare il mal di testa di Egwene.

«Era questo che volevi mostrarmi? I commercianti o i banditi?» Non riusciva a vedere dei vestiti sui quei corpi appesi, se fossero stati i banditi a impiccarli ci sarebbero stati anche donne e bambini. Chiunque poteva aver giustiziato quei banditi. I soldati di Bryne, la Banda — le Sorelle sembravano ignorare il fatto che la Banda impiccava tutti i cosiddetti fautori del Drago che riusciva a catturare — o anche qualche lord o lady locali. Se i nobili del Murandy si fossero coalizzati, ormai tutti i briganti sarebbero finiti a penzolare da un ramo, ma era come chiedere a un gatto di ballare. Tuttavia... Bryne aveva parlato di Caemlyn. «Ha a che fare con Rand? O con gli Asha’man?»

Stavolta il capitano guardò apertamente da lei a Myrelle, per tornare di nuovo su Egwene. Il cappello di Myrelle le teneva il viso in ombra. La donna sembrava immersa nella malinconia, accasciata sulla sella, e non pareva affatto la cavallerizza sicura di poco prima. Bryne sembrò aver preso una decisione. «Pensavo che tu dovessi sentire questa notizia prima di chiunque altro, ma forse ho frainteso...» Guardò di nuovo Myrelle.

«Sentire cosa, brutta massa di peli?» gridò Siuan spronando la giumenta per raggiungerlo.

Egwene fece un gesto verso di lei per farla calmare. «Myrelle può sentire tutto ciò che sento io, lord Bryne. Mi fido ciecamente di lei.» La Sorella Verde si voltò. La sua sorpresa parve quasi smentire le parole di Egwene, ma dopo un momento Bryne annuì.

«Vedo che la situazione è... cambiata. Sì, Madre.» Bryne si tolse Telmo e lo poggiò sul pomello della sella. Sembrava ancora riluttante, e scelse le parole con cautela: «I mercanti portano con sé le dicerie come i cani trasportano le pulci, e quelli laggiù ne hanno un bel raccolto. Non credo che sia tutto vero, certo, ma...» Era strano vederlo tanto esitante, «Madre, una delle voci che hanno sentito per strada è che Rand al’Thor si è recato alla Torre Bianca e ha giurato fedeltà ad Elaida.»

Per un momento Myrelle e Siuan assunsero la stessa espressione, volti esangui come al cospetto di una catastrofe. Myrelle vacillò addirittura sulla sella. Per un momento Egwene riuscì solo a fissare Gareth Bryne, poi stupì sé stessa e le altre scoppiando a ridere. Daishar scalpitò per la sorpresa, e placare l’animale calmò anche i nervi di Egwene. «Lord Bryne,» disse carezzando il collo del castrone «non è così, credimi. Lo so per certo, dalla scorsa notte.»

Stavolta Siuan sospirò, e quasi subito anche Myrelle fece lo stesso. Egwene quasi rise di nuovo, quando notò le loro espressioni. Così incredibilmente sollevate ma ancora con gli occhi sgranati. Bambine alle quali era stato detto che il Senza-occhi non era nascosto sotto il loro letto. Davvero un bell’esempio della proverbiale serenità da Aes Sedai.

«È un buona notizia,» rispose calmo Bryne «ma anche se mandassi via tutti gli uomini che si trovano là sotto quella voce raggiungerebbe comunque i miei soldati. Si propagherebbe fra le fila dell’esercito come un fuoco incontrollato su queste colline.» Quell’osservazione le spense ogni gioia. Lasciata circolare liberamente, quella notizia avrebbe causato un disastro.

«Farò in modo che le Sorelle annuncino la verità ai tuoi soldati domani stesso. Saranno sufficienti sei Aes Sedai di loro conoscenza? La nostra Myrelle e Sheriam. Carlinya, Beonin, Anaiya e Morvrin.» Alle sei donne non sarebbe piaciuto incontrare le Sapienti, ma non potevano rifiutare. Non ci avrebbero neppure pensato, a rifiutare, perché anche loro sapevano che era necessario zittire quella voce. Il piccolo sussulto di Myrelle fu seguito da un’espressione di rassegnazione.

Bryne si appoggiò con un gomito sull’elmo e studiò Egwene e Myrelle. Non degnò Siuan nemmeno di uno sguardo. Il suo cavallo batté uno zoccolo a terra e una covata di uccelli simili a colombe, con le ali di un bell’azzurro, volò in aria uscendo da un cespuglio a pochi passi di distanza, facendo innervosire i cavalli di Egwene e Myrelle. Quello di Bryne non si mosse. L’uomo aveva senza dubbio sentito parlare dei passaggi ma di sicuro non sapeva cosa fossero: le Aes Sedai erano abituate a mantenere i segreti, e di sicuro speravano di non condividere questo con Elaida. Né Bryne poteva conoscere il tel’aran’rhiod, un segreto vitale che però era facile da serbare, visto che non c’erano manifestazioni visibili. Eppure, l’uomo non si chiese come faceva Egwene a essere così sicura di Rand. Forse ormai si era abituato alle Aes Sedai e ai loro segreti.

«Purché parlino apertamente» rispose alla fine. «Se cercano di nascondere anche un solo pelo...» Il suo sguardo fisso non era un tentativo di intimidazione, ma solo di rendere chiaro il concetto. Sembrò soddisfatto di ciò che vide sul volto di Egwene. «Pare che tu te la cavi molto bene, Madre. Ti auguro di continuare nei tuoi successi. Decidi un orario per questo pomeriggio, e io ci sarò. Dovremmo incontrarci regolarmente. Verrò ogni volta che mi manderai a chiamare. Bisogna cominciare a delineare dei piani precisi per metterti sullo scranno dell’Amyrlin una volta raggiunta Tar Valon.»

Il tono di Bryne era cauto — quasi di sicuro non capiva bene cosa stava succedendo tra le Sorelle o quanto poteva fidarsi di Myrelle —, ed Egwene ci mise un po’ a capire ciò che quell’uomo aveva appena detto. Rimase senza fiato. Forse si stava abituando un po’ troppo alle parole fumose delle Aes Sedai, ma... Bryne aveva appena dichiarato che l’esercito era suo. Ne era sicura. Non del Consiglio o di Sheriam, ma di Egwene.

«Grazie, lord Bryne.» Questa sua risposta le sembrò appena sufficiente, soprattutto quando l’uomo rispose con un cauto cenno del capo, lo sguardo fisso negli occhi di lei che sembrava confermare le sue convinzioni. Improvvisamene a Egwene vennero in mente altre mille domande. La maggior parte delle quali non avrebbe potuto rivolgergliele nemmeno quando fossero stati soli. Era un peccato che non potesse confidarsi con lui. ‘Sii cauta fino a quando non sarai sicura, e poi continua con la cautela’: era un vecchio proverbio che si adattava bene a ogni tipo di accordo che riguardava le Aes Sedai, e anche l’uomo migliore del mondo avrebbe parlato di certe cose con gli amici, forse soprattutto se si trattava di segreti. «Sono sicura che devi occuparti di mille dettagli, per quel che resta del mattino» disse a lord Bryne raccogliendo le redini. «Tu torna indietro, noi cavalcheremo un altro po’.»

Bryne naturalmente protestò. Si espresse quasi come un Custode, parlando dell’impossibilità di guardare da tutte le parti e di come una freccia nella schiena poteva uccidere un’Aes Sedai come chiunque altro. Egwene decise che il prossimo uomo che le avesse detto una cosa simile l’avrebbe pagata. Tre Aes Sedai di sicuro eguagliavano trecento uomini. Alla fine, nonostante tutte le proteste e gli sguardi torvi, Bryne non poté fare altro che obbedire. Indossò l’elmo, spronò il cavallo giù per il pendio irregolare e, invece di tornare verso l’accampamento, si diresse verso la carovana dei mercanti. Per Egwene era anche meglio.

«Siuan, vorresti fare strada?» disse quando l’uomo si fu allontanato un po’.

Siuan continuò a guardare Bryne in con un’espressione truce, come se l’uomo l’avesse tormentata tutto il tempo, quindi sbuffò, si sistemò il cappello di paglia, fece voltare la giumenta — trascinandola — e la spronò per farla camminare. Egwene fece cenno a Myrelle di seguirla. Come Bryne, la donna non poté che obbedire.

All’inizio Myrelle rivolse a Egwene delle occhiate furtive, aspettandosi chiaramente che parlasse delle Sorelle inviate alla Torre Bianca e cercando, ovviamente, tutte le scuse possibili sul perché l’avevano tenuto nascosto anche al Consiglio. Più Egwene cavalcava in silenzio, più l’altra si sentiva a disagio. Myrelle si inumidì le labbra, e la sua calma da Aes Sedai cominciò a incrinarsi. Il silenzio era davvero uno strumento molto utile.

Per un po’, il solo rumore fu quello degli zoccoli dei cavalli e le grida sporadiche degli uccelli nei cespugli, ma quando la direzione presa da Siuan divenne chiara — si stavano spostando leggermente verso ovest rispetto alla strada di ritorno all’accampamento — il disagio di Myrelle aumentò e a un certo punto sembrò che la donna fosse seduta su un letto di chiodi. Forse dopo tutto quei frammenti di notizie che aveva raccolto Siuan avevano davvero un senso.

Quando Siuan svoltò di nuovo verso ovest passando fra due colline irregolari che pendevano una verso l’altra, Myrelle tirò le redini. «In quella direzione c’è... c’è una cascata» disse, indicando verso est. «Non era molto grande anche prima della siccità, ma è ancora abbastanza gradevole.» Siuan si fermò e guardò indietro sorridendo. Cosa stava nascondendo Myrelle? Egwene era curiosa. Lanciò un’occhiata alla Sorella Verde e sussultò nel vedere sulla sua fronte una goccia di sudore, che risplendeva nell’ombra ai margini della falda del cappello grigio. Doveva assolutamente scoprire cosa poteva sconvolgere un’Aes Sedai al punto tale da farla sudare.

«Credo che la via scelta da Siuan offrirà vedute anche più interessanti, non pensi?» rispose Egwene guidando Daishar verso Siuan, e Myrelle sembrò accasciarsi su sé stessa. «Andiamo.»

«Sai tutto, vero?» mormorò la Verde sconvolta mentre passavano fra le due colline. Adesso il volto era imperlato di sudore. Era scossa fino alla punta dei capelli. «Tutto. Come hai potuto...» A un tratto si raddrizzò, fissando la schiena di Siuan. «Lei! Siuan è stata una tua creatura fin dall’inizio!» Sembrava quasi indignata. «Come abbiamo fatto a essere tanto cieche? Ma ancora non capisco. Abbiamo usato ogni accorgimento.»

«Se vuoi tenere qualcosa nascosto,» rispose sprezzante Siuan girandosi indietro «non cercare di comprare peperoni a moneta così a sud.»

Cosa potevano mai essere i peperoni a moneta? E di cosa stavano parlando quelle due? Myrelle rabbrividì. Il fatto che non aveva risposto con livore a Siuan dava la misura di quanto fosse sconvolta. La Sorella Verde si inumidì le labbra come se si fossero seccate di colpo.

«Madre, devi capire perché l’ho fatto, perché l’abbiamo fatto.» Quel tono concitato e deciso sarebbe stato efficace anche se in quel momento Myrelle si fosse trovata in sottoveste contro dei Reietti. «Non solo perché me l’ha chiesto Moiraine, o perché era mia amica. Odio lasciarli morire. Lo odio! Di tanto in tanto l’accordo che prendemmo ha pesato molto su di noi, ma per loro è anche più duro. Devi capire. Devi!»

Proprio quando Egwene credeva che la donna stesse per confessare tutto, Siuan fece fermare la giumenta e si girò verso di loro. Egwene avrebbe voluto prenderla a schiaffi. «Forse per te sarebbe più facile, Myrelle, se facessi strada per il resto del percorso» disse con freddezza. Anzi, con disprezzo. «Se collabori la punizione forse sarà più mite. Anche se di poco.»

«Sì» annuì Myrelle, con le mani che si agitavano nervose. «Certo, naturalmente.»

Sembrava stesse per scoppiare in lacrime quando prese il comando della piccola processione. Siuan, che si mise in coda, parve leggermente sollevata. Egwene si sentiva prossima a esplodere. Di quale accordo stava parlando? Con chi? Lasciar morire chi? E chi erano le persone coinvolte? Sheriam e le altre? Ma se l’avesse chiesto a Siuan, anche Myrelle avrebbe sentito e manifestare in quel momento la sua ignoranza non era un’ottima idea. ‘L’ignorante che tiene la bocca chiusa verrà scambiato per saggio’, diceva il proverbio. Ce n’era anche un altro: ‘Mantenere un segreto significa sempre doverne mantenere degli altri’. Non poté fare altro che seguire la corrente tenendosi tutto dentro. In un secondo momento avrebbe fatto un discorsetto con Siuan. Quella donna non doveva tenerle nascoste le cose. Digrignò i denti e cercò di smebrare paziente, distaccata. Saggia.

Erano quasi tornate sulla strada che portava all’accampamento, alcuni chilometri a ovest, e Myrelle le condusse verso una collina piatta coperta da pini ed eriche. Due enormi querce bloccavano la crescita di qualsiasi altra pianta sulla sommità desolata. Sotto a degli spessi rami intrecciati erano visibili tre tende di tela, una fila di cavalli legati ai picchetti con un carro di fianco e altri cinque cavalli da combattimento, ognuno impastoiato ben lontano dall’altro. Nisao Dachen, che indossava un semplice abito da cavallo color bronzo, aspettava sotto la veranda davanti a una delle tende come se volesse dare il benvenuto alle ospiti, e al suo fianco c’era Sarin Hoigan, con indosso la giubba verde oliva che indossavano molti Gaidin. Tozzo e calvo con una folta barba nera, il Custode di Nisao era comunque più alto di lei. A pochi passi di distanza, due dei tre Gaidin di Myrelle guardarono circospetti il gruppo di donne che scendeva nella conca. I due Custodi erano Croi Makin, snello e biondo, e Nuhel Dromand, scuro e massiccio, con una barba che lasciava scoperto il labbro superiore. Non sembravano affatto sorpresi. Evidentemente, uno dei Custodi era rimasto di guardia e aveva avvisato gli altri. Nulla di ciò che era visibile giustificava tanta segretezza o il nervosismo con cui Myrelle continuava a inumidirsi le labbra. Ma se Nisao voleva dar loro il benvenuto, perché continuava a muovere irrequieta le mani sulla gonna? Sembrava che avrebbe preferito farsi schermare e affrontare Elaida.

Due donne si affacciarono da dietro l’angolo di una tenda e si fecero subito indietro, ma non prima che Egwene le riconoscesse. Nicola e Areina. A un tratto incominciò a sentirsi molto a disagio. Dove l’aveva portata Siuan?

Siuan dal canto suo non mostrò alcun nervosismo mentre smontava da cavallo. «Portalo fuori, Myrelle. Adesso.» La donna si stava prendendo la sua vendetta. Il tono della sua voce avrebbe fatto sembrare liscia una lima. «È troppo tardi per nasconderlo.» Myrelle si limitò a indirizzarle uno sguardo torvo nonostante il modo in cui le aveva parlato Siuan, ed era evidente che anche quell’accenno di reazione le era costato uno sforzo notevole. Tentò di riprendere il controllo di sé, quindi si tolse il cappello e smontò da cavallo senza dire una parola, incamminandosi verso una delle tende per scomparire poi all’interno. Gli occhi di Nisao, del tutto sgranati, la seguirono, sempre più allibiti. La donna sembrava paralizzata.

Adesso Siuan era abbastanza vicina perché sentisse solo lei le sue domande: «Perché ci hai interrotte?» chiese Egwene in un sussurro mentre smontava da cavallo. «Sono sicura che stesse per confessare... qualsiasi cosa sia... e invece non ho ancora un indizio. Peperoni a moneta?»

«Molto popolari nello Shienar e nel Malkier» rispose Siuan con la stessa calma. «Ne ho sentito parlare solo dopo aver lasciato Aeldene, stamattina. Ho chiesto a Myrelle di fare strada perché non sapevo esattamente dove andare. Non sarebbe stato costruttivo lasciarglielo scoprire, non credi? Non sapevo neanche di Nisao. Pensavo che nemmeno si parlassero.» Lanciò un’occhiata alla Sorella Gialla e scosse il capo, irritata. Non riuscire a scoprire qualcosa era un fallimento che Siuan non tollerava. «A meno che non sia diventata cieca e stupida, queste due...» Facendo una smorfia come se avesse addentato qualcosa di marcio, farfugliò alla ricerca della parola giusta. A un tratto afferrò Egwene per la manica. «Eccoli che tornano, adesso vedrai con i tuoi occhi.»

Myrelle fu la prima a uscire dalla tenda, poi la seguì un uomo che indossava solo pantaloni e stivali e che aveva dovuto piegarsi per passare sotto la tenda; impugnava una spada, e delle cicatrici gli coprivano il petto un po’ peloso. Era molto più alto di lei, più di qualsiasi altro Custode. Aveva i capelli neri, tenuti fermi da un laccio di cuoio intrecciato che passava su tempie che mostravano più grigio di quanto Egwene ricordasse, ma non c’era nessun segno di indebolimento in Lan Mandragoran. I pezzi del rompicapo di colpo andarono a posto da soli, eppure la situazione non le era ancora del tutto chiara. Lan era stato il Custode di Moiraine, l’Aes Sedai che — le sembrava fosse passato ormai un secolo — aveva portato lei, Rand e gli altri fuori dai Fiumi Gemelli. Ma Moiraine era morta dopo aver a sua volta ucciso Lanfear, e Lan era scomparso a Cairhien subito dopo. Forse per Siuan era tutto chiaro, ma per Egwene la situazione restava assai torbida.

Myrelle mormorò qualcosa a Lan e gli toccò un braccio. L’uomo sussultò appena, come un cavallo nervoso, ma il suo volto duro non si distolse da quello di Egwene. Alla fine annuì e si voltò, allontanandosi sotto i rami delle querce. Afferrò l’elsa della spada con entrambe le mani e la sollevò in alto, con la lama in giù, poi si mise in equilibrio sulla punta di un piede e rimase immobile.

Nisao lo fissò per un momento come se anche lei stesse guardando un rompicapo. Quindi osservò Myrelle ed entrambe si concentrarono su Egwene, ma invece di andare da lei si avvicinarono fra loro bisbigliando. All’inizio fu uno scambio di informazioni, poi Nisao rimase immobile scuotendo il capo incredula. «Tu mi hai cacciato in questa situazione» si lamentò ad alta voce. «Sono stata una stupida a darti retta.»

«Questo dovrebbe essere... interessante»osservò Siuan quando alla fine le due donne si diressero verso di lei ed Egwene. L’inflessione che diede a quella parola la fece sembrare sgradevole.

Myrelle e Nisao si toccarono il vestito e i capelli mentre superavano quella piccola distanza, per accertarsi che tutto fosse in ordine. Forse erano state colte con le mani nel sacco — a fare cosa però?, si chiese Egwene —, ma era evidente che volevano fare buon viso a cattivo gioco.

«Se vuoi entrare, Madre» la invitò Myrelle, indicando la tenda più vicina. Solo un leggero tremito nella voce tradì l’espressione fredda. Il sudore era sparito.

«No, figlia, grazie.»

«Vino alla frutta?» chiese Nisao con un sorriso. Teneva le mani strette sotto al seno e sembrava comunque ansiosa. «Siuan, vai a dire a Nicola di portare il vino.» Siuan non si mosse e Nisao batté le palpebre sorpresa, socchiudendo le labbra. Il sorriso, però, tornò in un istante, e la donna alzò leggermente la voce. «Nicola? Bambina, porta il vino. Temo sia stato fatto con delle more essiccate,» confidò a Egwene «ma è rinfrescante.»

«Non voglio il vino» rispose Egwene brusca. Da dietro la tenda apparve Nicola, ma non diede alcun segno di voler correre o obbedire. Rimase invece in piedi a fissare le quattro Aes Sedai, mordendosi il labbro inferiore. Nisao le lanciò un’occhiata che poteva essere solo di disgusto, ma non disse nulla. Un altro pezzo del rompicapo andò a posto e per Egwene respirare divenne un po’ più facile. «Quello che voglio, figlia, è una spiegazione.»

Per quanto si impegnassero, la facciata di tranquillità delle due donne era un’impalcatura traballante. Myrelle protese una mano, implorante. «Madre, Moiraine non mi ha scelta solamente perché eravamo amiche. Due dei miei Custodi appartenevano a delle Sorelle che sono morte. Avar e Nuhel. Nessuna Sorella per centinaia di anni è mai riuscita a salvarne più di uno.»

«Io sono stata coinvolta solo per la mente di quell’uomo» aggiunse in fretta Nisao. «Le menti malate suscitano il mio interesse e la sua si può ben definire tale. Myrelle mi ha praticamente trascinato di forza in questa faccenda.»

Myrelle lisciò il vestito e lanciò un’occhiata truce alla Gialla, che la ricambiò con intensità addirittura superiore. «Madre, quando un’Aes Sedai muore, è come se il suo Custode bevesse quella morte e ne venisse consumato dall’interno. Lui...»

«Lo so, Myrelle» la interruppe Egwene dura. Siuan e Leane le avevano spiegato parecchie cose, anche se non sapevano che lei l’aveva chiesto per scoprire cosa doveva aspettarsi da Gawyn. Myrelle aveva parlato di un ‘accordo assai misero’, e forse aveva ragione. Quando il Custode di un’Aes Sedai moriva, la donna veniva travolta dal dolore; poteva controllarlo o trattenerlo, ma prima o poi quella sofferenza veniva a galla. Per quanto Siuan si comportasse bene in presenza di altre donne, spesso piangeva ancora per Alric, ucciso il giorno della sua deposizione. Ma in fondo cos’erano mesi di lacrime a confronto con la morte stessa? Le storie erano piene di Custodi morti per vendicare le loro Aes Sedai, e spesso era davvero così che andavano le cose. Un uomo che voleva morire, un uomo che andava alla ricerca di qualcosa che potesse ucciderlo, correva dei rischi ai quali nemmeno un Custode poteva sopravvivere. Egwene credeva che la parte più brutta di quel legame forse era il fatto che i Custodi sapevano tutto. Sapevano quale sarebbe stato il loro destino se l’Aes Sedai fosse morta, sapevano quale tipo di desiderio li avrebbe guidati una volta che lei fosse morta, e sapevano che niente poteva cambiare questa situazione. Egwene non poteva immaginare il tipo di coraggio che ci voleva per accettare un tale accordo conoscendone i termini.

Si spostò di lato, per poter vedere Lan con chiarezza. Era ancora immobile, tanto che si sarebbe detto non respirasse nemmeno. Nicola, che sembrava avesse dimenticato il vino, si era seduta a terra a gambe incrociate e lo fissava. Areina si era accovacciata vicino a lei, con la treccia dietro le spalle, e lo fissava con avidità persino maggiore. Assai maggiore, visto che almeno Nicola di tanto di tanto lanciava occhiate furtive a Egwene e le altre. Gli altri Custodi si erano raggruppati e facevano finta di guardare Lan, ma in realtà controllavano le loro Aes Sedai.

Le donne furono carezzate da un vento caldo, che sollevò le foglie morte sul terreno e, con velocità impressionante, Lan si mosse, passando da una posizione all’altra, con la lama che vorticava fra le sue mani, sempre più veloce, fino a quando sembrò che passasse senza soluzione di continuità da una posizione all’altra, tutte precise come i movimenti di un orologio. Egwene attese invano che si fermasse o che almeno rallentasse. Lan invece andava sempre più veloce. Areina e Nicola rimasero a bocca aperta, con gli occhi sgranati per l’ammirazione. Si erano sporte in avanti, due bambine che guardavano il caramello messo a freddare sul tavolo da cucina. Anche gli altri Custodi adesso dividevano la loro attenzione fra Lan e le Aes Sedai, ma loro sembrava che osservassero un leone che avrebbe potuto attaccare in qualsiasi momento.

«Vedo che lo stai facendo lavorare sodo» osservò Egwene. Quello era uno dei metodi per salvare un Custode. Erano poche le Sorelle disposte a tentare una simile impresa, visto l’alto tasso di fallimenti e le conseguenze per loro. Un altro modo per salvarlo era tenerlo lontano dai pericoli. Legarlo di nuovo era stato il primo passo. Senza dubbio Myrelle si era presa cura di quel piccolo dettaglio. Povera Nynaeve. Con ogni probabilità avrebbe strangolato Myrelle una volta scoperta la verità. Ma forse avrebbe anche sopportato qualsiasi cosa in grado di tenere Lan in vita. Forse. Lan, da parte sua, meritava il peggio che potesse succedergli, avendo permesso a un’altra donna di legarlo quando sapeva che Nynaeve si struggeva per lui.

Egwene era convinta di aver parlato con voce serena, ma qualcosa di ciò che provava doveva essere trapelato perché Myrelle cercò di nuovo di spiegarle tutto. «Madre, passarsi un legame non è così sbagliato. Per la verità, è come se una donna decidesse chi deve sposare suo marito dopo la sua morte, per essere sicura che finisca in buone mani.»

Egwene la guardò con tale durezza che Myrelle arretrò di un passo, quasi inciampando nella gonna. Ma Egwene non era adirata, solo stupita. Ogni volta che pensava di aver sentito la cosa più strana mai udita, ne sentiva un’altra.

«Non siamo di Ebou Dar, Myrelle,» intervenne acida Siuan «e un Custode non è un marito. Per la maggior parte di noi.» Myrelle sollevò il capo in atteggiamento di sfida. Alcune Sorelle sposavano il proprio Custode, ma la maggior parte non si sposava affatto. Nessuna faceva troppe domande, ma in giro si diceva che Myrelle li avesse sposati tutti e tre, cosa che di sicuro violava tutte le usanze e le leggi, anche quelle di Ebou Dar.

«‘Non è così sbagliato’, Myrelle? Ne sei proprio sicura?» L’espressione di Siuan rispecchiava il tono della voce; sembrava che avesse addentato qualcosa di particolarmente disgustoso:

«Non ci sono leggi che lo impediscono» protestò Nisao, e rivolta a Egwene, non a Siuan. «Nessuna legge vieta di passare il legame.» Siuan ricevette un’occhiata che avrebbe dovuto farle fare un passo indietro e zittirla, ma non sortì quell’effetto.

«Ma questo non è il punto, giusto?» domandò l’Amyrlin deposta. «Anche se non succedeva da... quanto? Quattrocento anni? Anche se le usanze sono cambiate, te la saresti cavata con qualche sguardo torvo e una lavata di capo, se tu e Moiraine vi foste limitate a passarvi il legame. Ma a lui non l’avete chiesto, vero? Non gli è stata data alcuna scelta. È come se lo aveste legato contro la sua volontà, dannazione!»

Finalmente, Egwene aveva trovato la soluzione di quell’enigma. Sapeva che avrebbe dovuto provare lo stesso disgusto di Siuan. Per le Aes Sedai, legare un uomo contro la sua volontà era un crimine paragonabile allo stupro. Il futuro Custode aveva le stesse possibilità di resistere di una contadina contro un uomo grosso come Lan che l’avesse chiusa nell’angolo di un fienile. Contro tre uomini grossi come Lan. Le Sorelle però non erano sempre state così corrette — mille anni prima, una questione del genere non sarebbe stata quasi neppure degna di nota — e ancora oggi valeva la pena chiedersi se davvero un uomo sapeva cosa accettava acconsentendo al legame. L’ipocrisia era un’arte raffinata fra le Aes Sedai, come complottare o nascondere segreti.

Egwene sapeva che Lan si era rifiutato di vivere il suo amore per Nynaeve. Aveva accampato come scusa il fatto che era destinato a una morte prematura e non voleva lasciarla vedova; gli uomini tiravano fuori le peggiori stupidaggini quando credevano di essere logici e pratici. Se Nynaeve avesse potuto legarlo a sé, all’epoca, lo avrebbe lasciato andare via libero? E lei avrebbe lasciato andare Gawyn? Gawyn le aveva detto che avrebbe accettato di essere suo Custode, ma se avesse cambiato idea?

Nisao aprì la bocca, ma non riuscì a trovare le parole che cercava. Lanciò un’occhiata a Siuan come se la colpa fosse sua, ma quando guardò Myrelle i suoi occhi si accesero di una rabbia assai più forte. «Non avrei mai dovuto darti ascolto» gridò. «Devo essere impazzita!»

Myrelle riuscì inspiegabilmente a restare inespressiva, ma vacillò appena, come se le si fossero indebolite le ginocchia. «Non l’ho fatto per me, Madre. Devi credermi. L’ho fatto solo per salvarlo. Non appena starà bene lo passerò a Nynaeve, come voleva Moiraine. Non appena Nynaeve sarà...»

Egwene sollevò una mano e Myrelle smise di parlare come se gliela avesse premuta sulla bocca. «Intendi passare questo legame a Nynaeve?»

Myrelle annuì incerta, Nisao con molto più vigore. Siuan assunse un’espressione torva e mormorò qualcosa su un’azione due volte sbagliata che veniva resa tre volte pessima. Lan non aveva ancora rallentato. Dalle foglie dietro di lui saltarono fuori due cavallette e il Custode si voltò di colpo, colpendole e facendole volare via senza fermarsi.

«I tuoi sforzi stanno avendo successo? Sta meglio? Da quanto tempo è con te?»

«Poco meno di tre settimane» rispose Myrelle. «Oggi è il ventesimo giorno. Madre, potrebbero volerci mesi, e non c’è alcuna certezza.»

«Forse è il momento di tentare qualcosa di diverso» rispose Egwene, parlando più che altro a sé stessa. Per convincersi. In quelle condizioni, Lan non era un compito semplice per nessuna ma, legame o meno, apparteneva a Nynaeve più di quanto non sarebbe mai appartenuto a Myrelle.

Quando Egwene attraversò la conca per dirigersi verso di lui, cominciarono a sorgerle dei dubbi. Lan si girò di scatto ritrovandosela davanti durante la sua danza, con la spada che scendeva verso di lei. Qualcuno ansimò nel vedere che la lama si era fermata a soli pochi centimetri dalla testa di Egwene, che fu fiera di non essere stata lei a emettere quel suono.

Gli occhi azzurri e lucenti di Lan la guardarono con grande attenzione da sotto le sopracciglia aggrottate, su un volto spigoloso che sembrava fosse stato scolpito nella roccia. Il Custode abbassò lentamente la spada. Era coperto di sudore, eppure non aveva il respiro affannoso. «Così adesso sei tu l’Amyrlin. Myrelle mi aveva detto che ne era stata eletta una, ma non chi. A quanto pare io e te abbiamo molte cose in comune.» Il sorriso di Lan era freddo come la sua voce e il suo sguardo.

Egwene smise di aggiustarsi la stola, ripetendosi che lei era Amyrlin e Aes Sedai. Voleva abbracciare saidar. Fino a questo momento non si era accorta di quanto fosse pericoloso Lan. «Anche Nynaeve adesso è un’Aes Sedai, Lan. Ha bisogno di un buon Custode.» Una delle altre donne emise un verso soffocato, ma Egwene tenne lo sguardo fisso sul Gaidin.

«Spero che trovi un eroe leggendario.» Lan rise. «Ci vuole uno di loro per sopportare il suo caratteraccio.» Quella risata la convinse, anche se era fredda. «Nynaeve si trova a Ebou Dar, Lan. Sai quanto è pericolosa quella città. Sta cercando qualcosa di cui abbiamo un disperato bisogno. Se quelle dell’Ajah Nera lo vengono a sapere, la uccideranno per toglierle quell’oggetto. E se lo scoprono i Reietti...» Certo, l’espressione di Lan era fredda, ma il dolore che gli riempì gli occhi al pensiero di Nynaeve in pericolo confermò l’opinione di Egwene: era Nynaeve ad avere il diritto di averlo, non Myrelle. «Ti manderò da lei per agire come suo Custode.»

«Madre...» cominciò Myrelle agitata alle sue spalle.

Egwene la zittì con un cenno della mano. «La salvezza di Nynaeve sarà nelle tue mani, Lan.»

Lui non esitò. E non guardò Myrelle. «Ci metterò almeno un mese a raggiungere Ebou Dar. Areina, sellami Mandarb!» Già sul punto di voltarsi, Lan si fermò, sollevando la mano libera quasi a toccare la stola di Egwene. «Ti chiedo perdono per aver aiutato te e Nynaeve a lasciare i Fiumi Gemelli.» Detto ciò, si diresse verso la sua tenda e sparì all’interno, ma prima che lui avesse fatto due passi, Myrelle, Nisao e Siuan circondarono Egwene.

«Madre, non ti rendi conto di quello che hai fatto!» disse Myrelle senza fiato. «È come se avessi messo fra le mani di un bambino una lanterna per giocare in un fienile. Ho iniziato a percepire pensieri su Nynaeve non appena ho ricevuto il legame di Lan. Credevo di avere tempo, ma lei è stata promossa Aes Sedai in un baleno. Non è pronta a gestire Lan, Madre. Non ora.»

Egwene dovette sforzarsi molto per restare paziente. Queste donne ancora non capivano. «Myrelle, anche se Nynaeve non potesse incanalare un pizzico di Potere...» — di fatto non poteva, a meno che non fosse arrabbiata — «...la cosa non avrebbe importanza, e lo sai bene. Non riguardo a Lan, almeno. C’è una cosa che non sei stata capace di fare: assegnargli un compito così importante da costringerlo a rimanere in vita per portarlo a termine.» Quello era il suo tocco finale. In teoria avrebbe dovuto funzionare meglio di tutto il resto. «Per lui la sicurezza di Nynaeve è importante. La ama, Myrelle, e lei ama lui.»

«Questo spiega...» iniziò a mormorare Myrelle, ma Nisao esplose incredula.

«Oh, di sicuro non è così. Non lui. Forse Nynaeve lo ama, immagino, o pensa di amarlo, ma le donne hanno inseguito Lan fin da quando era un ragazzino, e riuscivano a prenderlo per sé solo un giorno o un mese. Era un bel ragazzo, nonostante sia difficile crederlo adesso, e in lui c’è ancora qualcosa che attrae le donne.» Guardò Myrelle di traverso, che aggrottò leggermente le sopracciglia e arrossì appena. Per quanto contenuta, quella reazione fu più che sufficiente. «No, Madre. Qualsiasi donna che crede di aver messo il cappio intorno al collo di Lan Mandragoran scoprirà di aver preso solo aria.»

Egwene sospirò suo malgrado. Alcune Sorelle pensavano che per salvare un Custode il cui legame era stato spezzato dalla morte ci fosse una particolare soluzione: metterlo fra le braccia — nel letto — di una donna. Nessun uomo in quella circostanza poteva concentrarsi sulla morte, almeno così si credeva. Era evidente che Myrelle se ne era occupata di persona. Almeno non l’aveva sposato, visto che intendeva passarlo a un’altra. Era meglio che Nynaeve non venisse mai a sapere queste cose.

«Forse è vero» rispose distrattamente a Nisao. Areina stava legando il sottopancia della sella di Mandarb con molta competenza, il grande stallone nero rimaneva fermo a testa alta ma le permetteva di lavorare. Ovviamente non era la prima volta che la donna preparava quell’animale. Nicola era accanto al grosso tronco della quercia più lontana, teneva le braccia incrociate al petto e osservava Egwene e le altre. Sembrava pronta a fuggire. «Non so cosa sia riuscita a estorcervi Areina,» disse Egwene con calma «ma le lezioni aggiuntive per Nicola terminano qui.»

Myrelle e Nisao sobbalzarono, tutte e due molto sorprese. Gli occhi di Siuan divennero larghi come piattini, ma per fortuna si riprese senza che le altre la notassero. «Sai davvero tutto» sussurrò Myrelle. «Areina ci ha chiesto di stare con Lan. Forse crede che le insegnerà cose che potrà usare come Cacciatrice del Corno. O forse che la seguirà nella ricerca.»

«Nicola vuole essere un’altra Caraighan» mormorò Nisao in tono pungente. «O forse un’altra Moiraine. Credo che abbia l’idea di farsi passare il legame di Lan da Myrelle. Bene! Almeno possiamo trattarle come meritano, adesso che è tutto chiaro. Qualsiasi cosa mi accadrà, sarò felice di sapere che strilleranno per molti, molti anni.»

Siuan capì cosa stava succedendo e fu travolta dalla rabbia, perfettamente visibile nello sguardo fugace che lanciò a Egwene. Che qualcun’altra avesse capito una situazione prima di lei forse le bruciava quanto l’idea di Areina e Nicola che ricattavano delle Aes Sedai. O forse no. Forse la seconda cosa era peggiore. Nicola e Areina non erano Sorelle, e questo agli occhi di Siuan cambiava il modo di vedere le cose. Lo cambiava agli occhi di tutte le Aes Sedai.

Con tutti quegli sguardi tutt’altro che amichevoli rivolti su di sé, Nicola indietreggiò fino a fermarsi contro il tronco della quercia, e poi parve voler indietreggiare ancora. Le macchie su quel vestito bianco l’avrebbero fatta finire nei guai una volta ritornate all’accampamento. Areina era ancora presa dal cavallo di Lan, inconsapevole di cosa le stesse per arrivare fra capo e collo.

«Sarebbe una giusta punizione,» concordò Egwene «ma solo se la riceverete anche voi due.»

Adesso nessuna guardava più Nicola. Myrelle aveva sgranato gli occhi, e Nisao era persino più attonita. Entrambe pareva avessero smesso di respirare. Siuan indossava la bieca soddisfazione come fosse una seconda pelle; secondo lei le due non meritavano alcuna pietà, ed Egwene non aveva intenzione di essere pietosa.

«Ne parleremo al mio ritorno» disse mentre Lan riappariva, con la spada portata sopra una giubba verde sbottonata, una camicia slacciata e le bisacce da sella in spalla.

Egwene lasciò le Sorelle esterrefatte a bollire nel loro brodo e gli andò incontro. Siuan avrebbe mantenuto quel brodo ben caldo, se avessero dato segno di volerne uscire. «Posso portarti a Ebou Dar in meno di un mese» disse Egwene. Lan annuì impaziente e ordinò ad Areina di portargli Mandarb. L’intensità di quell’uomo era snervante, una valanga pronta a travolgere tutto, trattenuta solo da un filo.

Egwene intessé un passaggio nel punto in cui Lan si era allenato, largo e alto tre metri, poi lo varcò trovandosi su una sorta di battello che fluttuava in un’oscurità perenne. Il volo aleggiato richiedeva una piattaforma e, benché era possibile usare qualsiasi cosa, ogni Sorella sembrava averne una prediletta. Quella di Egwene era una chiatta di legno con dei solidi parapetti. Se fosse caduta avrebbe potuto crearne un’altra sotto di sé, anche se poi avrebbe raggiunto una meta diversa da quella che si era prefissata; tuttavia, per chiunque non fosse capace di incanalare, una simile caduta sarebbe continuata all’infinito, come il buio che in quel luogo intermedio si estendeva in ogni direzione. Solo dietro di lei c’era luce, e il passaggio offriva una veduta ristretta della radura dalla quale era partita. Quella luce non scalfiva nemmeno il buio, ma era pur sempre una luce. Almeno poteva vedere con chiarezza, come nel tel’aran’rhiod. Non era la prima volta che si chiedeva se quel luogo non fosse parte del Mondo dei Sogni.

Lan la seguì senza bisogno che lei glielo chiedesse. Esaminò il passaggio mentre lo attraversava e studiò l’oscurità mentre lui e il cavallo salivano sul ponte di legno per dirigersi verso di lei. La sola domanda che le rivolse fu: «Con quanta velocità mi porterà a Ebou Dar?»

«Non arriverai lì» rispose Egwene, incanalando per chiudere l’ingresso della chiatta e quindi il passaggio. «Non direttamente in città.» Tutto era immobile, non c’erano vento o brezza, nessun rumore, eppure erano in movimento, un movimento molto più veloce di quanto Egwene potesse immaginare. Dovevano percorrere quasi mille chilometri. «Posso lasciarti a cinque o sei giorni di cavallo a nord di Ebou Dar.» Aveva visto un passaggio quando Nynaeve ed Elayne si erano dirette a sud e lo ricordava abbastanza da poter approdare lì con il volo aleggiato.

Lan annuì guardando davanti a sé, come se potesse vedere la loro destinazione. Sembrava una freccia incoccata su un arco teso.

«Lan, Nynaeve si trova al palazzo di Tarasin, ospite della regina Tylin. Potrebbe negare di essere in pericolo.» Cosa che avrebbe fatto di sicuro, indignata, se Egwene la conosceva bene. «Cerca di non insistere su quel punto — sai quanto è testarda — e non prestarle attenzione. Se necessario, proteggila senza che se ne accorga.» Lan non disse nulla e non la guardò. Al posto suo lei avrebbe avuto mille domande da fare. «Lan, quando la trovi devi dirle che Myrelle le consegnerà il tuo legame non appena voi tre potrete essere insieme.» Aveva pensato di dirlo lei stessa alla sua amica, ma le sembrava meglio che Nynaeve non sapesse dell’arrivo di Lan. Lei era infatuata di quell’uomo come… come... Come lo sono io di Gawyn, si disse mestamente. Se Nynaeve avesse saputo che Lan la stava raggiungendo, non avrebbe più pensato ad altro. Anche con tutto l’impegno del mondo, avrebbe lasciato che la ricerca ricadesse sulle spalle di Elayne. Non si sarebbe di sicuro messa a sognare a occhi aperti, ma avrebbe fatto tutto pensando a lui. «Mi stai ascoltando, Lan?»

«Il palazzo di Tarasin» rispose lui in tono piatto, senza distogliere lo sguardo. «Ospite della regina Tylin. Potrebbe negare di essere in pericolo. Testarda, come se già non lo sapessi.» A quel punto la guardò, ed Egwene quasi desiderò che non l’avesse fatto. Lei era satura di saidar, del calore, della gioia e del potere, ma una forza desolata e primitiva si irradiava dai freddi occhi azzurri di quell’uomo, la negazione della vita. Gli occhi di Lan erano terrificanti. «Le dirò tutto ciò che deve sapere. Come vedi, ti ascolto.»

Egwene si costrinse a sostenere il suo sguardo senza battere le palpebre, ma Lan si voltò di nuovo. Aveva un segno sul collo, un livido. Poteva essere — poteva — un morso. Forse avrebbe dovuto metterlo in guardia, dirgli di non essere troppo... dettagliato in... tutte le spiegazioni su lui e Myrelle. Il pensiero la fece arrossire. Cercò di non guardare quel livido, ma ormai lo aveva notato e non sembrava vedere altro. Di certo non sarebbe stato tanto stupido... Era anche vero che non ci si poteva aspettare che un uomo fosse sensato, ma nemmeno che gli uomini fossero così stolti.

Fluttuarono in silenzio muovendosi senza muoversi. Egwene non temeva che i Reietti o chiunque altro apparissero all’improvviso. Il volo aleggiato aveva le sue stranezze, alcune delle quali lo rendevano sicuro e discreto. Se due Sorelle avessero intessuto dei passaggi nello stesso punto a pochissima distanza, desiderando effettuare un volo aleggiato nello stesso luogo, non si sarebbero viste a meno che non fosse stato esattamente lo stesso punto, con dei flussi esattamente identici, e una precisione tale non esisteva.

Dopo un po’ — difficile dire quanto, ma Egwene pensava fosse meno di mezz’ora — la chiatta si fermò di colpo. Nulla era cambiato nelle sensazioni che percepiva o nei flussi che manteneva. Sapeva semplicemente che un momento prima stavano viaggiando veloci nel buio profondo e ora si erano fermati. Aprì il passaggio a prua della chiatta — non era certa di dove avrebbe condotto uno a poppa e non era ansiosa di scoprirlo; persino Moghedien aveva trovato spaventosa quell’idea — e fece cenno a Lan di andare avanti. La chiatta sarebbe esistita solo fino a quando ci fosse stata Egwene, un’altra similitudine con il tel’aran’rhiod.

Lan aprì l’ingresso dell’imbarcazione e guidò fuori Mandarb. Quando Egwene lo raggiunse, lui era già in sella. Egwene lasciò il passaggio aperto per il ritorno. In tutte le direzioni si vedevano, colline coperte da erba secca. Non c’erano. alberi, solo alcuni gruppi di cespugli rinsecchiti. Gli zoccoli dello stallone sollevarono un po’ di polvere. Il sole del mattino nel cielo terso del Murandy era anche più caldo. Alcuni avvoltoi volteggiavano a sud e a ovest.

«Lan» iniziò a dire Egwene, per accertarsi che avesse capito cosa doveva dire a Nynaeve, ma l’uomo l’anticipò.

«Cinque o sei giorni» le disse guardando verso sud. «Ci arriverò prima. Sarà al sicuro, te lo prometto.» Mandarb scalpitò, impaziente come il suo cavaliere, ma Lan lo tenne fermo. «Hai percorso molta strada da quando hai lasciato Emond’s Field.» La guardò e sorrise. Qualsiasi calore in quel sorriso era spento dal gelo dello sguardo. «Adesso Myrelle e Nisao sono nelle tue mani. Non lasciare che ti sfuggano. Ai tuoi ordini, Madre. La guardia non è ancora finita.» Dopo un piccolo inchino affondò i talloni nei fianchi di Mandarb, facendolo allontanare al passo quanto bastava per non coprire Egwene di polvere, poi partì al galoppo.

Egwene, che era rimasta a bocca aperta, la richiuse guardando Lan che si dirigeva rapido a sud. Bene. Quell’uomo aveva notato tutto mentre si esercitava con la spada, notato e dedotto correttamente. Elaborando anche informazioni che non avrebbe potuto conoscere prima di vederla con la stola. Nynaeve doveva fare attenzione: pensava sempre che gli uomini fossero più ottusi di quanto sembravano.

Almeno adesso non possono cacciarsi in nessun guaio, si disse Egwene. Lan si arrampicò su una collina e scomparve dall’altro lato. Se ci fosse stato un vero pericolo a Ebou Dar, Elayne o Nynaeve le avrebbero detto qualcosa. Non s’incontravano spesso — lei aveva troppo da fare — ma avevano trovato un sistema per lasciarsi dei messaggi nella Salidar del tel’aran’rhiod ogni volta che ce n’era bisogno.

Un vento che pareva uscito da una fornace aperta alzò nuvole di polvere. Tossendo Egwene si coprì la bocca e il naso con un lembo della stola dell’Amyrlin e si ritirò velocemente sulla chiatta dentro il passaggio. Il viaggio di ritorno fu silenzioso e noioso, e le diede il tempo di chiedersi con ansia se aveva o meno fatto la cosa giusta mandando Lan da loro, e se era corretto tenere Nynaeve all’oscuro di tutto. Ormai è fatta, continuò a ripetersi, ma non le fu d’aiuto.

Quando uscì di nuovo sulla spianata, tra le querce, il terzo Custode di Myrelle si era unito agli altri; Avar Hachari, un uomo col naso adunco e folti baffi grigi, simili a corni ricurvi verso il basso. I quattro Gaidin stavano lavorando duramente, le tende erano già smontate e quasi del tutto ripiegate. Nicola e Areina camminavano avanti e indietro caricando sul carro tutti le suppellettili dell’accampamento, coperte, pentole e secchi del bucato. Correvano senza sosta, ma continuavano a essere concentrate su Siuan e le altre due Sorelle, sotto il filare di alberi. I Custodi prestavano alle tre Aes Sedai ancor più attenzione, sembrava che avessero fisicamente aguzzato le orecchie: si stavano chiedendo chi stava cuocendo chi a fuoco lento.

«...Non parlarmi con quel tono di voce, Siuan» stava dicendo Myrelle. Non solo a voce abbastanza alta da essere sentita in tutta la radura, ma con grande freddezza. Le braccia conserte sotto il seno, si era raddrizzata al massimo, imperiosa, sul punto di esplodere. «Mi hai sentito? Non ti permettere!»

«Hai perso ogni decenza, Siuan?» Nisao si stringeva la gonna nel vano tentativo di non tremare e la rabbia nella sua voce eguagliava la freddezza di Myrelle. «Se hai dimenticato le buone maniere, te le possiamo insegnare di nuovo!»

Siuan era davanti a loro con le mani sui fianchi e muoveva la testa a scatti, sforzandosi di puntare su tutte e due la sua espressione torva. «Io... io sto solamente...» Quando vide Egwene avvicinarsi il sollievo le si dischiuse in viso come un fiore a primavera. «Madre...» fu quasi un rantolo «...stavo illustrando le possibili punizioni.» Siuan sospirò e proseguì con maggiore fermezza. «Il Consiglio dovrà inventarne di nuove, ma io credo che potrebbero iniziare costringendo queste due a passare i loro Custodi a qualcun’altra, visto che sembrano apprezzare l’usanza.»

Myrelle socchiuse gli occhi e Nisao si voltò a guardare i Custodi. Non cambiò espressione, restò calma, anche se leggermente rossa in viso, ma Sarin inciampò e fece tre passi verso di lei prima che la donna sollevasse una mano per fermarlo. Un Custode percepiva la sua Aes Sedai, il suo dolore, le sue paure e la rabbia, come Egwene poteva sentire Moghedien attraverso l’a’dam. Non c’era da sorprendersi se i Gaidin camminavano in punta di piedi e parevano pronti a scattare come molle. Forse non sapevano perché le loro Aes Sedai erano sull’orlo della disperazione, ma percepivano il loro disagio.

Esattamente come voleva Egwene. Non le piaceva questa parte del suo ruolo. Tutte le manovre erano come un gioco, ma questo... Faccio ciò che devo, pensò, e non avrebbe saputo dire se era un modo per indurirsi o solo una scusa per quanto stava per fare. «Siuan, per favore, manda Nicola e Areina all’accampamento.» Ciò che non vedevano non avrebbero potuto raccontarlo. «Non posso permettere che lascino le loro lingue a briglia sciolta, per cui assicurati che sappiano a cosa vanno incontro. Di’ loro che hanno un’altra possibilità, perché l’Amyrlin si sente misericordiosa, ma è davvero l’ultima.»

«Penso di poterlo fare» rispose Siuan, quindi sollevò la gonna e andò via. Nessuna donna poteva incedere con solennità maggiore, eppure Siuan parve più che altro impaziente di allontanarsi da Myrelle e Nisao.

«Madre» cominciò quest’ultima, fermandosi poi per scegliere le parole con cautela. «Prima che tu andassi via hai detto qualcosa... hai detto che potrebbe esserci un sistema... per farci evitare... un sistema per cui non dobbiamo...» Lanciò un’altra occhiata a Sarin. Myrelle sembrava un perfetto esempio della serenità Aes Sedai mentre esaminava Egwene, ma teneva le dita intrecciate con tanta forza che sulle nocche la pelle sottile dei guanti da cavallo era tesa. Egwene fece loro cenno di aspettare.

Nicola e Areina videro che Siuan stava andando verso di loro e si irrigidirono come pali, reazione comprensibile visto che Siuan avanzava come se intendesse travolgere loro e il carro. Areina si voltò alla ricerca di qualcosa, ma prima che le venisse in mente di scappare, le braccia di Siuan scattarono afferrandole entrambe per le orecchie. Egwene non sentì cosa disse, ma Areina smise di dimenarsi. La mano con la quale aveva provato a liberarsi era ancora sul polso di Siuan, ma adesso sembrava che volesse sorreggersi. Nicola era talmente terrorizzata che Egwene si chiese se Siuan non aveva forse oltrepassato i limiti. Tuttavia, date le circostanze, non sarebbe stato troppo grave: in fondo quelle due se la sarebbero cavata ancora una volta. Era un peccato che non potesse trovare il modo di utilizzare il loro talento nello scoprire i segreti, un modo di usarlo senza correre rischi.

Qualsiasi cosa avesse detto Siuan, quando lasciò le orecchie delle due ragazze, loro si voltarono subito verso Egwene e cominciarono a farle delle riverenze profonde. Tanto profonde che quasi sfioravano terra con la testa. Siuan batté secca le mani e le due saltarono in piedi, precipitandosi a slegare una coppia di pelosi cavalli da traino dai picchetti. Montarono sugli animali senza sella e galopparono via così in fretta che sembrò avessero le ali.

«Non parleranno nemmeno nel sonno» disse Siuan amareggiata quando fece ritorno. «Almeno riesco ancora a vedermela con le novizie e le canaglie.» I suoi occhi rimasero puntati sul volto di Egwene, evitando accuratamente le altre due Sorelle.

Egwene represse un sospiro e si voltò verso Myrelle e Nisao. Doveva fare qualcosa riguardo Siuan, ma adesso aveva altro a cui pensare. La Sorella Verde e la Gialla la guardavano circospette. «È molto semplice» disse loro con voce ferma. «Senza la mia protezione con ogni probabilità perderete i vostri Custodi, e quasi di sicuro vi augurerete di essere spellate vive prima che il Consiglio finisca con voi. Le vostre stesse Ajah di appartenenza potrebbero avere qualcosa da dirvi. Potrebbero passare anni prima che possiate camminare di nuovo a testa alta, e senza avere qualche Sorella a tenervi d’occhio. Ma perché dovrei sottrarvi alla giustizia? A quel punto mi sentirei di avere un vincolo; potreste fare di nuovo la stessa cosa, o anche peggio.» Le Sapienti avevano una parte in questa teoria, anche se non si trattava esattamente di ji’e’toh. «Se devo prendermi questa responsabilità, allora anche voi dovrete avere un vincolo nei miei confronti. Devo essere nella posizione di potermi fidare completamente di voi, e vedo un solo sistema affinché sia possibile.» Le Sapienti, Faolain e Theodrin. «Dovrete giurarmi la vostra fedeltà.»

Le due donne avevano un’espressione cupa, forse si chiedevano a cosa mirasse Egwene. Qualsiasi cosa pensassero, però, lo tennero per sé. I loro volti erano uno spettacolo. Nisao era rimasta a bocca aperta e Myrelle sembrava avesse ricevuto una martellata in mezzo agli occhi. Anche Siuan era rimasta a bocca aperta, incredula.

«Impossibile,» farfugliò Myrelle «nessuna Sorella ha mai... Nessuna Amyrlin ha mai richiesto... Non puoi davvero pensare...»

«Oh, fai silenzio, Myrelle» scattò Nisao. «È tutta colpa tua! Non avrei mai dovuto ascoltarti... Be’, quel che è fatto è fatto.» Scrutò Egwene da sotto le sopracciglia aggrottate e mormorò: «Sei una donna pericolosa, Madre. Una donna molto pericolosa. Prima di aver finito, forse dividerai la Torre più di quanto non lo sia adesso. Se ne fossi sicura, se avessi il coraggio di fare il mio dovere e affrontare qualsiasi conseguenza...» Eppure si inginocchiò e appoggiò le labbra sul Gran Serpente al dito di Egwene. «Sotto la Luce e per la mia speranza di rinascita e salvezza...» Non aveva scelto le stesse parole di Faolain e Theodrin, ma era comunque un giuramento molto forte. Più forte. Per via dei Tre Giuramenti, nessuna Aes Sedai poteva prestarne uno che non volesse rispettare. A meno che non facesse parte dell’Ajah Nera, ovviamente: quelle donne dovevano aver trovato il sistema di mentire. Egwene si costrinse a rimandare ogni preoccupazione riguardo alla possibilità che Nisao o Myrelle fossero Sorelle Nere. Sgranò gli occhi e mosse le labbra senza proferire parola, come un pesce fuor d’acqua.

Myrelle cercò di nuovo di protestare, ma Egwene protese la mano destra con l’anello e lei s’inginocchiò. Pronunciò il giuramento con voce amara, quindi la guardò. «Una cosa del genere non era mai stata fatta, Madre. È sempre pericoloso dare inizio a nuove tradizioni.»

«Non sarà l’ultima volta» le rispose Egwene. «Infatti... Il mio primo ordine per voi è di non rivelare a nessuna il vero compito di Siuan: lasciate che continuino a credere di conoscerla. Il secondo ordine è questo: che obbedirete a qualsiasi suo comando come se venisse da me.»

Le due si voltarono verso Siuan senza cambiare espressione. «Come ordini, Madre» Mormorano all’unisono. Adesso era Siuan che sembrava sull’orlo dello svenimento.

Continuò a tenere lo sguardo perso nel nulla anche quando si diressero a est, verso l’accampamento delle Aes Sedai e dell’esercito. Il sole aveva quasi raggiunto il suo picco. Era stata una mattina ricca di eventi, come la maggior parte degli ultimi giorni. O settimane. Egwene lasciò che Daishar andasse al passo.

«Myrelle aveva ragione» mormorò Siuan a un certo punto. Poiché lei era concentrata su altre cose, la giumenta riusciva a procedere con un’andatura quasi regolare, come se Siuan fosse una cavallerizza almeno decente. «Nessuna Sorella ha mai fatto un simile giuramento di fedeltà. Nessuna. Non c’è nemmeno un vago accenno nelle cronache segrete. Senza contare l’idea di mettere quelle due donne sotto il mio comando... Non ti stai limitando ad alcune innovazioni, stai ricostruendo la barca mentre attraversa una tempesta! Stai cambiando tutto. E quella Nicola! Ai miei tempi, una novizia sarebbe morta di paura al solo pensiero di ricattare una Sorella!»

«Non era il loro primo tentativo» le rispose Egwene, raccontando il suo incontro con Nicola e Areina nel modo più stringato possibile.

Si aspettava che Siuan esplodesse in un attacco d’ira contro le due ragazze, e invece la donna rispose, quasi con calma: «Temo che due sciocche stiano per avere uno spiacevole incidente.»

«No!» Egwene fece fermare il suo cavallo così all’improvviso che la giumenta di Siuan fece ancora alcuni passi prima che lei riuscisse a recuperarne il controllo e farla girare, il tutto mentre imprecava sottovoce. Rimase seduta guardando Egwene con un’espressione tanto paziente da superare quella di Lelaine.

«Madre, avrai una spada che ti pende sul capo se quelle due sono abbastanza furbe da fare le loro deduzioni. Anche se il Consiglio non ti punirà, non hai nessuna speranza che Nicola e Areina si comportino in modo corretto.» Scosse il capo disgustata. «Sapevo che l’avreste fatto quando vi ho assegnato quella missione — sapevo che dovevate farlo —, ma non pensavo che Elayne e Nynaeve fossero tanto stupide da riportare indietro qualcuna che ne fosse al corrente. Già solo per questo meriterebbero che la cosa venisse allo scoperto, ma tu non te lo puoi permettere.»

«Non deve accadere nulla a Nicola e Areina, Siuan! Se approvo che loro due vengano assassinate per ciò che sanno, chi saranno le prossime? Romanda e Lelaine perché non sono d’accordo con me? E poi?» In un certo modo provava disgusto per sé stessa. In passato non avrebbe capito a cosa alludeva Siuan. Era sempre meglio sapere che essere ignoranti, ma talvolta l’ignoranza era molto più comoda. Spronando di nuovo Daishar, proseguì: «Non permetterò che un giorno di vittoria venga rovinato da discorsi su omicidi. Il problema di Myrelle non è stato nemmeno il primo, Siuan. Stamattina, Faolain e Theodrin aspettavano che...» Siuan si affiancò a lei con la sua giumenta per ascoltare mentre cavalcavano.

La notizia non alleviò la sua preoccupazione per Nicola e Areina, ma i piani di Egwene le accesero una scintilla negli occhi e un sorriso sulle labbra. Quando raggiunsero l’accampamento delle Aes Sedai era impaziente di assumere subito il suo nuovo incarico. Ovvero comunicare a Sheriam e alle altre amiche di Myrelle che erano attese nello studio dell’Amyrlin a mezzogiorno. E non avrebbe mentito se avesse detto loro che non sarebbe stato richiesto nulla che altre Sorelle non avevano già fatto.

Nonostante il suo discorso sulla vittoria, Egwene non si sentiva affatto entusiasta. Prestò poca attenzione alle benedizioni o alle richieste di benedizioni, ricambiando solo con un cenno della mano e ascoltando solo per metà. Aveva rifiutato l’idea dell’assassinio, ma Nicola e Areina dovevano essere controllate. Riuscirò mai a raggiungere un posto dove le difficoltà non continuano ad accatastarsi?, si chiese. Doveva esserci un posto dove una vittoria non doveva essere bilanciata da un nuovo pericolo.

Quando entrò nella sua tènda, il suo umore peggiorò ancor più. Aveva mal di testa. Stava cominciando a pensare che forse quel giorno avrebbe dovuto tenersi alla larga dalla tenda.

Sul ripiano della scrivania c’erano due fogli di pergamena ripiegati con cura, entrambi sigillati con la cera e accompagnati dalla dicitura ‘Sigillato per la Fiamma.’ Se qualcun altro a parte Egwene avesse spezzato quel sigillo, il gesto sarebbe stato considerato alla stregua di un attacco personale contro l’Amyrlin. Egwene avrebbe preferito non avere il privilegio di leggere quelle lettere. Era sicura di sapere di chi erano. E, purtroppo, aveva ragione.

Romanda suggeriva — ‘pretendeva’ era la parola adeguata — che l’Amyrlin emettesse un editto ‘Sigillato per il Consiglio’, noto solo alle Adunanti. Le Sorelle dovevano essere convocate tutte, una per una, e chiunque si fosse rifiutata doveva essere schermata e confinata con l’accusa di sospetta appartenente all’Ajah Nera. Il motivo della convocazione non era specificato, ma Lelaine lo aveva precisato quella mattina. E la lettera che le aveva scritto era uno specchio del suo atteggiamento: una madre che si rivolgeva alla figlia, consigliandole cosa doveva fare per il bene suo e di tutti. L’editto da lei richiesto doveva essere solo ‘Sigillato per l’Anello’. Tutte le Sorelle potevano — o meglio, dovevano — essere informate. E con quell’editto, Egwene doveva vietare di parlare dell’Ajah Nera poiché simili discorsi fomentavano la discordia, un reato grave secondo le leggi della Torre, da punire duramente.

Egwene si accasciò gemendo e le gambe della sedia pieghevole oscillarono, facendola quasi cadere sul tappeto. Per quanto lei potesse prendere tempo o evadere le loro richieste, quelle due donne avrebbero continuato a tornare alla carica con le loro idiozie. Prima o poi una delle due avrebbe annunciato la sua modesta proposta al Consiglio, e sarebbe stato come far entrare una volpe in un pollaio. Erano forse cieche? Fomentare la discordia! Lelaine avrebbe voluto convincere ogni Sorella non solo che esisteva l’Ajah Nera, ma che Egwene ne faceva parte. E a quel punto non ci sarebbe voluto molto perché le Aes Sedai ribelli tornassero alla Torre Bianca e da Elaida. Romanda voleva solo scatenare un ammutinamento. Le cronache segrete ne riportavano già sei, nella storia. Mezza dozzina in più di tremila anni non sembravano molti, ma erano tutti finiti con la destituzione dell’Amyrlin e il ritiro di tutte le Adunanti del Consiglio. Lelaine e Romanda lo sapevano bene. Lelaine era stata Adunante per circa quarant’anni, e quindi conosceva le cronache segrete. E Romanda, prima di ritirarsi in campagna come facevano molte Sorelle in vecchiaia, aveva occupato un seggio al Consiglio per le Gialle così a lungo che alcune dicevano avesse potere quanto l’Amyrlin stessa. E la sua rielezione a Adunante era stata un evento senza precedenti, ma Romanda non si sarebbe mai lasciata sfuggire il potere di mano, se avesse potuto evitarlo.

No, non erano cieche, solo spaventate. Tutte lo erano, perfino lei, e neppure le Aes Sedai erano capaci di pensare sempre con chiarezza quando avevano paura. Egwene piegò di nuovo le due lettere, anche se avrebbe preferito accartocciarle e camminarci sopra. La testa stava per esploderle.

«Posso, Madre?» Halima Saranov entrò ancheggiando nella tenda senza aspettare la risposta. Il suo modo di muoversi attirava sempre l’attenzione degli uomini, che fossero ragazzini o vecchi a un passo dalla morte, e anche se si fosse nascosta sotto un mantello, l’avrebbero fissata comunque. Capelli neri, lunghi, che risplendevano come se li lavasse ogni giorno con l’acqua piovana incorniciavano un volto davvero bello. «Delana Sedai dice che forse questo ti interesserà. Ha intenzione di parlarne al Consiglio stamattina.»

E il Consiglio aveva stabilito una seduta senza nemmeno informarla? Be’, era stata via, ma le usanze, se non la legge, volevano che l’Amyrlin fosse informata ‘prima’ che il Consiglio si riunisse. A meno che non si volessero deporla. In quel momento l’avrebbe quasi accettato come una benedizione. Lanciò un’occhiata alle carte che Halima aveva deposto sul tavolo come se si trattasse di un serpente velenoso. Non erano sigillate; anche una novizia avrebbe potuto leggerle, per quanto riguardava Delana. Ovviamente era una dichiarazione secondo la quale Elaida era un’Amica delle Tenebre. Non problematica come le lettere di Romanda o Lelaine, ma se il Consiglio fosse esploso in una sommossa per quell’accusa, Egwene non ne sarebbe stata sorpresa.

«Halima, vorrei che te ne fossi tornata a casa quando è morta Cabriana.» O almeno che Delana avesse avuto il buonsenso di imporre alle informazioni fornite da quella donna un sigillo riservato al Consiglio. O alla Fiamma. E invece lei le rivelava a tutte le Sorelle che riusciva a incontrare.

«Non potrei farlo, Madre.» Gli occhi verdi di Halima si accesero di qualcosa di simile alla sfida, ma quella donna aveva solo due modi di guardare la gente: uno sguardo diretto di sfida e uno a occhi socchiusi che bruciava. Questa sua caratteristica era causa di molti malintesi. «Dopo che Cabriana Sedai mi ha rivelato ciò che aveva scoperto su Elaida e i suoi piani? Cabriana era mia amica, come era amica tua e di tutte quelle che si oppongono a Elaida, quindi non ho avuto scelta. Grazie alla Luce, mi aveva parlato di Salidar, così ho saputo dove andare per unirmi a voi.» Appoggiò le mani su una vita sottile come quella di Egwene nel tel’aran’rhiod e piegò il capo da un lato, studiandola con attenzione. «Ti fa di nuovo male la testa, vero? Anche Cabriana aveva queste emicranie, tanto da farle venire i crampi ai piedi. Doveva immergersi nell’acqua calda fino a quando si sentiva di nuovo pronta a indossare degli indumenti. Talvolta ci volevano giorni. Se non fossi arrivata io, avresti rischiato di fare la stessa fine.» Si spostò dietro la sedia e iniziò a massaggiare la testa di Egwene. Le dita di Halima erano in grado di far scomparire il dolore. «Di sicuro non puoi chiedere a una Sorella di guarirti ogni volta che hai questi mal di testa, e poi è solo tensione, posso sentirla.»

«Immagino che tu abbia ragione» mormorò Egwene. Quella donna le piaceva abbastanza, qualsiasi cosa dicessero le altre, e non solo per il suo talento nell’alleviarle le emicranie. Halima era sincera e aperta, una donna di campagna, sebbene avesse investito molto tempo a crearsi una sofistica immagine da cittadina, e bilanciava il rispetto per l’Amyrlin con una specie di cordialità che Egwene trovava corroborante, per quanto talvolta potesse spiazzarla. Nemmeno Chesa poteva fare di meglio, e rimaneva sempre una cameriera, anche se amichevole, mentre Halima non mostrava mai la minima servilità. Ciò nonostante, Egwene avrebbe davvero preferito che fosse tornata a casa quando Cabriana era caduta da cavallo spezzandosi il collo.

Sarebbe stato un bene se le Sorelle avessero condiviso la convinzione di Cabriana, secondo la quale Elaida intendeva quietare la metà di loro e umiliare le altre, ma erano tutte sicure che Halima avesse in qualche modo alterato i fatti. Continuavano a pensare all’Ajah Nera. Donne che prima non avevano paura di nulla, ora davano per certo ciò che avevano sempre negato e lo usavano per terrorizzarsi da sole. Come poteva Egwene smascherare le Amiche delle Tenebre senza far scappare tutte le altre Sorelle come uccelli impauriti? Come poteva evitare che volassero in tutte le direzioni? Per la Luce, come?

«Pensa alla scioltezza» sussurrò Halima. «Il tuo viso è sciolto. Il tuo collo è sciolto. Le tue spalle...» La voce era quasi ipnotica, un ronzio che sembrava carezzare ogni parte del corpo di Egwene che aveva bisogno di rilassarsi.

Alcune donne, ovviamente, disprezzavano Halima solo per il suo aspetto, perché pareva incarnare i sogni di un uomo particolarmente lascivo, e molte sostenevano che civettasse con chiunque indossasse i pantaloni, cosa che Egwene certo non poteva approvare, ma Halima aveva ammesso che le piaceva guardare gli uomini. Anche le sue peggiori nemiche non potevano accusarla d’altro se non di una certa civetteria, e Halima si indignava anche per quelle insinuazioni. Non era una sciocca — Egwene lo aveva capito sin dalla loro prima conversazione, il giorno che Logain era fuggito ed erano iniziati i suoi mal di testa — non era affatto un’oca senza cervello. Egwene sospettava che fosse per certi versi uguale a Meri. Halima non poteva fare niente per cambiare il suo aspetto o le sue maniere. IL suo sorriso sembrava invitante e provocatorio per via della forma delle labbra, ma lei sorrideva allo stesso modo a donne, uomini o bambini. Non era certo colpa sua se la accusavano di civettare quando invece lei stava solo guardando. Inoltre non aveva mai parlato con nessuno dei mal di testa di Egwene. Se lo avesse fatto, tutte le Sorelle Gialle nell’accampamento avrebbero assediato la sua tenda. Per lei era un segno d’amicizia, se non di lealtà.

Gli occhi di Egwene passarono sul ripiano della scrivania e sulle lettere, e i suoi pensieri vagarono sotto le dita di Halima. Torce pronte a essere gettate sul fieno. Dieci giorni di viaggio fino al confine con Andor, a meno che lord Bryne non decidesse di accelerare, e nessun nemico previsto fino all’arrivo. Sarebbe riuscita a trattenere quelle torce per dieci giorni? Il porto sud. Il porto nord. Le chiavi di Tar Valon. Come poteva occuparsi di Nicola e Areina senza accettare il suggerimento di Siuan? Doveva fare in modo di mettere alla prova tutte le Sorelle prima di entrare in Andor. Lei aveva un talento per metalli e minerali, ma era raro fra le Aes Sedai. Nicola e Areina. L’Ajah Nera.

«Sei di nuovo tesa. Smetti di preoccuparti del Consiglio.» Le dita rilassanti si fermarono, quindi iniziarono di nuovo. «Questo massaggio funzionerebbe meglio dopo un bagno. Potrei massaggiarti le spalle, la schiena e tutto il resto. Non l’abbiamo ancora provato. Sei rigida come un palo, invece dovresti essere abbastanza flessibile da piegarti all’indietro e mettere la testa fra le caviglie. Mente e corpo. Uno non può essere sciolto senza l’altro. Affidati a me.»

Egwene stava per cadere preda del sonno. Non il sonno di una camminatrice dei sogni, un sonno normale. Quanto tempo era passato dall’ultima volta? Le Sorelle dell’accampamento avrebbero scatenato una sommossa quando avrebbero saputo della proposta di Delana, cosa che sarebbe accaduta presto, prima che lei potesse dire a Romanda e Lelaine che non aveva alcuna intenzione di promulgare i loro editti. Ma Egwene aveva un altro motivo per rimanere sveglia. «Sarebbe bello» mormorò, alludendo a qualcosa di più semplice del massaggio. Molto tempo addietro si era ripromessa che avrebbe fatto inginocchiare Sheriam, e ora quel momento era giunto. Egwene avrebbe cominciato a essere davvero l’Amyrlin al comando. «Sarebbe molto bello.»

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