Nynaeve voleva davvero parlare con Elayne, in disparte, cosicché la locandiera non potesse sentirle, ma non ne ebbe l’opportunità. La donna le spinse fuori dalla stanza quasi fosse una guardia con delle prigioniere, con un’impazienza tenace per niente alterata dall’occhiata diffidente che lanciò alla porta di Mat. Nel retro della locanda si trovava un’altra scala senza ringhiera che conduceva direttamente in una grande cucina rovente, ricca di odori di cibi infornati, dove Nynaeve vide la donna più rotonda che avesse mai incontrato in vita sua; impugnava un grande mestolo di legno come fosse uno scettro e dava ordini ad altre donne che stavano sfornando delle belle pagnotte croccanti per rimpiazzarle con dei panini di pasta chiara. Una grande pentola piena di farinata d’avena, che in quella città mangiavano a colazione, bolliva a fuoco basso su uno dei fornelli rivestiti di mattonelle bianche.
«Enid,» disse comare Anan alla donna rotonda «devo uscire per un po’. Devo portare queste due bambine da qualcuna che abbia il tempo di controllarle come si deve.»
Enid si pulì le grosse mani infarinate su un canovaccio bianco, studiando Elayne e Nynaeve con grande disapprovazione. In lei tutto era rotondo, il volto dalla pelle olivastra e sudata, gli occhi scuri, tutto; sembrava fatta di grosse palle di lana infilate in un vestito. Il pugnale nuziale pendeva sopra il grembiule bianco ed era ricoperto da una dozzina di pietre colorate. «Sono quelle due seccatrici di cui parlava Caira, comare? Dei bocconcini stravaganti per i gusti del giovane lord, direi. A lui piacciono con un po’ di carne sui fianchi.»
A giudicare dal tono di voce della donna, quell’idea la divertiva.
La locandiera scosse il capo, irritata. «Avevo detto a quella ragazza di tenere la bocca chiusa. Non permetterò che certe voci insozzino la reputazione de La donna errante. Ricordalo a Caira, Enid, e usa il tuo mestolo per ottenere la sua attenzione, se dovesse essere necessario.» Lo sguardo che rivolse a Nynaeve ed Elayne era talmente denigratorio che Nynaeve rimase quasi a bocca aperta. «Qualcuna con appena mezzo cervello potrebbe credere che queste due sono Aes Sedai? Hanno speso tutto il loro denaro in abiti per impressionare l’uomo e adesso morirebbero di fame a meno che non gli offrissero dei sorrisi. Aes Sedai!» Senza dare a Enid la possibilità di rispondere, prese Nynaeve per l’orecchio con la mano destra ed Elayne con la sinistra, quindi in tre passi furono fuori, nel cortile della stalla.
Poi Nynaeve si riebbe dalla sorpresa. Tentò di liberarsi, o meglio, ci provò, perché la donna la lasciò andare proprio in quel momento e lei barcollò per un tratto, guardandola torva e indignata. Essere trascinata per le orecchie non rientrava nei patti. Elayne sollevò il mento, gli occhi azzurri erano talmente freddi che Nynaeve non si sarebbe sorpresa se avesse visto del ghiaccio formarsi sui ricci dell’erede al trono.
Comare Anan, con le mani sui fianchi, non sembrò farci caso, o forse semplicemente non le importava. «Posso solo sperare che nessun’altra là dentro crederà a Caira dopo la lezione che riceverà quella ragazza» disse con calma. «Se fossi stata sicura che voi due non aveste aperto bocca, avrei detto e fatto di più e me ne sarei accertata di persona.» Era calma, ma non amichevole o gradevole. Loro due le avevano creato dei problemi quella mattina. «Adesso seguitemi e non perdetevi. E se vi perdete, non fatevi mai più vedere alla mia locanda, o manderò qualcuno a palazzo a dirlo a Merilille e Teslyn. Loro sono due vere Sorelle, e con ogni probabilità vi faranno piangere per giorni.»
Elayne spostò lo sguardo dalla locandiera a Nynaeve. Non uno sguardo malvagio o cattivo, ma molto intenso. Nynaeve si chiese se era in grado di tollerare tutta quella messa in scena. Il pensiero di Mat la convinse. Qualsiasi altra cosa era meglio di lui.
«Non ci perderemo, comare Anan» rispose Nynaeve cercando di sembrare remissiva e pensando di esserci riuscita abbastanza bene, considerando quanto la remissività non le appartenesse. «Grazie per l’aiuto che ci stai offrendo.» Sorrise alla locandiera e fece del suo meglio per ignorare Elayne, il cui sguardo diventava sempre più intenso, per quanto fosse difficile crederlo. In ogni caso, Nynaeve doveva assicurarsi che la locandiera continuasse a credere che valeva la pena prendersi quel disturbo per loro due. «Ti siamo davvero molto grate, comare Anan.»
La donna la guardò di sottecchi, quindi tirò su con il naso e scosse il capo. Nynaeve aveva deciso che, quando fosse tutto finito, avrebbe trascinato la locandiera a palazzo, se necessario, e avrebbe costretto le altre Sorelle a riconoscerla come tale davanti a comare Anan.
A quell’ora del mattino il cortile della stalla era vuoto, a eccezione di un ragazzino di dieci o dodici anni con un secchio e un setaccio che spargeva acqua sulla strada di terra battuta per evitare che si alzasse la polvere. Le porte della stalla intonacate di bianco erano spalancate, e davanti c’era una carriola con un forcone per il letame. Dall’interno provenivano dei versi che facevano pensare a una grossa rana schiacciata. Nynaeve decise che si trattava di uomo che cantava. Avrebbero forse dovuto cavalcare per raggiungere la loro destinazione? Anche un viaggio breve non sarebbe stato piacevole. Quella mattina avevano attraversato la piazza pensando di fare ritorno prima che il sole fosse alto, quindi non si erano portate il cappello, il parasole o un mantello con il cappuccio.
Comare Anan fece strada attraverso il cortile della stalla, quindi in un vicolo stretto fra la stalla e un muro alto da dietro il quale spuntavano alberi martoriati dalla siccità. Senza dubbio il muro cingeva il giardino di qualcuno. Un cancelletto le fece accedere in un vicolo polveroso, così stretto che la luce dell’alba non l’aveva ancora raggiunto.
«Adesso voi bambine dovete davvero starmi dietro» disse la locandiera, addentrandosi nel viottolo. «Se vi perdete, giuro che andrò al palazzo di persona.»
Nynaeve si strinse la treccia per evitare di strangolare quella Anan. Si chiese con ansia quanto ancora doveva aspettare per avere qualche capello grigio. Prima le altre Aes Sedai, poi il Popolo del Mare — Luce, davvero non voleva pensare a loro! — e adesso questa locandiera! Nessuno prendeva le persone sul serio fino a quando non avevano almeno un po’ di grigio fra i capelli; anche il volto senza età delle Aes Sedai non reggeva il confronto, secondo lei.
Elayne teneva la gonna sollevata per via della polvere, che però si alzava comunque a ogni loro passo e si depositava sull’orlo dei vestiti. «Fammi capire» disse Elayne sottovoce guardando dritto davanti a sé. Sottovoce, ma con freddezza. Con molta freddezza. Aveva una maniera di stroncare le persone senza lasciare che il tono di voce si alterasse che Nynaeve ammirava profondamente. Di solito. Adesso le fece solo venir voglia di tirarla per le orecchie. «Potremmo essere di nuovo a palazzo a bere tè ai mirtilli e goderci la brezza nell’attesa del trasloco del giovane Cauthon. Forse Aviendha e Birgitte sono tornate con qualche informazione utile. Potremmo finalmente decidere cosa fare con quell’uomo. Ci limiteremo a seguirlo per le strade del Rahad e vedere cosa succede, lo porteremo dentro un edificio che ci sembra quello giusto o lasceremo che sia lui a scegliere? Potremmo fare centinaia di altre cose, incluso decidere se è sicuro per noi fare ritorno da Egwene dopo l’accordo che ci ha estorto il Popolo del Mare. Prima o poi dovremo parlarne, ignorarlo non ci aiuterà. E invece ce ne stiamo andando chissà dove, con gli occhi serrati per via del sole, in visita a delle donne che danno da mangiare alle ragazze fuggite dalla Torre. Io personalmente non ho molto interesse a prendere delle fuggiasche, né oggi né mai. Sono sicura che saprai spiegarmi tutto in modo che io possa capire, Nynaeve. Odierei doverti prendere a calci per tutta la strada fino alla piazzadi Mol Hara.»
Nynaeve aggrottò le sopracciglia. Prenderla a calci? Elayne stava davvero diventando violenta, da quando trascorreva tutto quel tempo con Aviendha. Qualcuno avrebbe dovuto ficcare un po’ di buon senso nella zucca di quelle due. «Il sole non è abbastanza alto da dover serrare gli occhi» mormorò, ma purtroppo lo sarebbe stato presto. «Ragiona, Elayne. Cinquanta donne che possono incanalare, e aiutano le selvatiche e quelle che sono state cacciate dalla Torre.» Talvolta Nynaeve si sentiva colpevole a usare il termine selvatiche. In bocca a quasi tutte le Aes Sedai era un insulto, ma aveva deciso che un giorno quella parola sarebbe stata usata come una menzione d’onore. «E le ha chiamate ‘il Circolo’. A me non sembra un semplice gruppo di amiche. Mi sembra più un’organizzazione.» Il vicolo serpeggiava fra alte mura, il retro di alcuni edifici, molti dei quali mostravano i mattoni sotto l’intonaco scrostato, fra giardini di palazzi e negozi dove le porte aperte mostravano argentieri, sarti o intagliatori di legno al lavoro. Comare Anan si girava spesso a controllare che ancora la seguissero. Nynaeve sorrideva sempre e annuiva sperando di simulare bene l’impazienza.
«Nynaeve, se solo due donne in grado di incanalare si unissero tra loro, la Torre calerebbe come un branco di lupi. In ogni caso, come fa comare Anan a sapere che queste possono incanalare? Le donne che possono farlo e che non sono Aes Sedai non se ne vanno in giro a esibire le loro capacità, come ben sai. E quando lo fanno, non durano mai a lungo. In ogni caso, non vedo che importanza potrebbe avere questo Circolo. Forse Egwene ha in minte di portare alla Torre tutte le donne in grado di incanalare, ma non è il motivo per cui noi siamo qui.» La gelida pazienza nella voce di Elayne spinse Nynaeve ad aumentare la stretta sulla treccia. Come faceva quella donna a essere tanto dura di comprendonio? Nynaeve sorrise di nuovo per comare Anan e riuscì anche a non guardarla male alle spalle quando si voltò di nuovo.
«Cinquanta donne non sono due» sussurrò poi con livore. «Possono incanalare, di sicuro; tutto lo suggerisce. È irragionevole che questo Circolo si trovi nella stessa città di un magazzino pieno di angreal senza che i suoi membri ne siano al corrente. E se quelle donne lo sanno...» Nynaeve non riuscì a tenere la soddisfazione fuori dalla propria voce «...allora abbiamo trovato la Scodella senza l’aiuto di Matrim Cauthon. Potremo dimenticarci quelle promesse assurde.»
«Non erano un’esca per convincerlo, Nynaeve» rispose Elayne con fare assente. «Io le manterrò e tu farai lo stesso, se hai onore, e so che ne hai.» Elayne stava senza dubbio passando troppo tempo con Aviendha. A Nynaeve sarebbe piaciuto sapere da quando Elayne aveva iniziato a pensare che tutte dovevano seguire quel ridicolo ji... qualcosa degli Aiel.
Elayne si mordicchiò il labbro inferiore aggrottando le sopracciglia. Tutta la freddezza sembrava si fosse sciolta, ed era evidente che la ragazza era tornata sé stessa. Alla fine disse: «Non saremmo mai andate alla locanda se non fosse stato per il giovane Cauthon, per cui non avremmo mai incontrato questa notevole comare Anan e non avremmo mai saputo di questo Circolo. Cosicché se il Circolo ci dovesse guidare alla Scodella, dobbiamo dire che è stato grazie a lui.»
Mat Cauthon; il suo nome le faceva ribollire il sangue. Nynaeve inciampò e lasciò andare la treccia per sollevare la gonna. Il vicolo non era piano come una strada lastricata, quanto di più distante dal pavimento di un palazzo. Talvolta Elayne non pensava lucidamente nemmeno quando era sé stessa. «‘Notevole’» mormorò Nynaeve. «La farò sentire notevole fino a quando non storcerà gli occhi. Nessuno ci ha mai trattate a questo modo, Elayne, nemmeno il Popolo del Mare. La maggior parte delle persone arretrerebbe anche davanti a una bambina di dieci anni, se fosse un’Aes Sedai.»
«La maggior parte delle persone non sa come dovrebbe essere il volto di un’Aes Sedai, Nynaeve. Io credo che comare Anan sia stata alla Torre, conosce troppe cose che invece dovrebbe ignorare.»
Nynaeve sbuffò, guardando torva la schiena della donna che camminava avanti a loro. Setalle Anan poteva essere stata alla Torre dieci volte, cento, ma avrebbe ammesso che Nynaeve al’Meara era Aes Sedai. E avrebbe chiesto scusa. Avrebbe anche imparato cosa significava essere trascinate per un orecchio! Comare Anan si guardò indietro e Nynaeve le rivolse un sorriso teso, annuendo come se il collo fosse un cardine. «Elayne? Se queste donne sanno dove si trova la Scodella... Non dobbiamo mica dire a Mat che l’abbiamo trovata.» Non era una domanda.
«Forse hai ragione» rispose Elayne, quindi cancellò tutte le speranze di Nynaeve aggiungendo: «Ma dovrò chiedere ad Aviendha per esserne sicura.»
Se non avesse pensato che quella Anan potesse abbandonarle lì su due piedi, Nynaeve avrebbe urlato.
Il vicoletto lasciò il posto a una strada e adesso non potevano più parlare. Il sole spuntava dai bordi dei tetti; Elayne si protesse gli occhi con la mano, con un gesto teatrale. Nynaeve si rifiutò di farlo. Non era tanto male. Quasi non c’era bisogno di serrare gli occhi. Il cielo azzurro limpido prendeva in giro il suo senso del tempo, che le diceva ancora che sopra la città imperversava la bufera.
Anche alle prime ore del mattino, alcune carrozze laccate andavano avanti e indietro per le strade tortuose, insieme a diverse portantine dai colori brillanti, con due o talvolta quattro portatori scalzi con le vesti verdi a righe rosse che correvano con i loro passeggeri nascosti dietro le reti di legno lavorato. Carri e calessi rombavano sul lastricato e la gente stava cominciando a riempire la strada mentre le porte dei negozi si aprivano e i tendoni venivano alzati, gli apprendisti erano affaccendati nelle loro commissioni e alcuni uomini giravano con dei grossi tappeti arrotolati appoggiati in spalla, giocolieri, acrobati e musicisti che si preparavano a ogni angolo, venditori ambulanti con i vassoi pieni di spilli, nastri o frutta appassita. Il mercato all’aperto del pesce e della carne era in fermento; c’erano pescivendole e molte macellale, e solo i venditori di manzo erano uomini.
Aggirarono la folla, oltrepassarono i carri, le portantine e le carrozze che non parevano disposte a rallentare. Comare Anan procedeva a passo sostenuto per recuperare il tempo perso nelle tante soste. Sembrava molto conosciuta, adorata dai negozianti, artigiani e le altre locandiere, in piedi sulla soglia dei loro locali. I negozianti e gli artigiani ricevevano in risposta qualche parola, un cenno del capo compiaciuto, ma comare Anan si fermava sempre a parlare con le altre locandiere. Dopo la prima sosta, Nynaeve sperò ardentemente che non ne avrebbe fatta un’altra; dopo la seconda pregò affinché non ve ne fossero più. Dopo la terza guardava fissa avanti a sé e cercava invano di non ascoltare. Il volto di Elayne diventava sempre più teso e freddo; sollevò il mento fino a quando fu una meraviglia che riuscisse ancora a vedere dove metteva i piedi.
C’era un motivo preciso per quelle fermate, dovette ammettere Nynaeve a malincuore. A Ebou Dar chi indossava la seta poteva al massimo attraversare una piazza, ma niente di più. Tutti gli altri vestivano di lana o cotone poco ricamati, tranne qualche mendicante che aveva trovato il vecchio abito di un nobile, consumato ovunque e con più buchi che tessuto. Nynaeve avrebbe voluto che comare Anan avesse scelto una spiegazione diversa per il fatto che stava accompagnando quelle due per strada. Avrebbe voluto non dover sentire ancora una volta la storia di due ragazze in fuga che avevano speso tutto il loro denaro in bei vestiti per fare colpo su un uomo. Mat ne usciva sempre bene, che fosse folgorato. Un bravo giovane. Se comare Anan non fosse stata già sposata... Un ballerino fantastico, forse appena un po’ malizioso. Tutte le donne ridevano. Non lei o Elayne però. Non le due piccole, sciocche baciarmele — così le definiva comare Anan, e Nynaeve poteva indovinarne facilmente il significato — squattrinate che correvano dietro agli uomini e i loro borsellini, coperte di gioielli d’ottone e latta per imbrogliare i fessi, stupide e pigre che si sarebbero ridotte a chiedere l’elemosina o a rubare se comare Anan non avesse conosciuto qualcuna che forse poteva offrire loro un lavoro nelle cucine.
«Non deve fermarsi a ogni locanda della città» brontolò Nynaeve mentre usciva a grandi passi da L’oca arenata, tre ampi piani e una locandiera che portava grossi granati alle orecchie nonostante il nome umile. Comare Anan adesso non si girava più a controllare che la seguissero. «Ti rendi conto che non potremo mostrare mai più le nostre facce da queste parti!»
«Immagino che lo stia facendo esattamente per questo motivo.» Ogni parola che usciva dalla bocca di Elayne era una scheggia di ghiaccio. «Nynaeve, se stiamo correndo dietro a un maiale selvatico...» Non c’era bisogno che terminasse quella minaccia. Con Birgitte e Aviendha ad aiutarla, Elayne avrebbe potuto renderle la vita assolutamente miserabile, fino a quando non fosse stata soddisfatta del risultato.
«Ci porteranno dritte alla Scodella» insisté Nynaeve agitando le mani per scacciare un mendicante con un orribile cicatrice viola che gli attraversava un occhio. Lei era ancora in grado di riconoscere la pasta di farina colorata con il cavolo nero quando la vedeva. «Ne sono sicura.» Elayne tirò su con il naso.
Nynaeve perse il conto di tutti i ponti che attraversavano, grandi, piccoli e con le chiatte che vi passavano sotto. Il sole adesso era alto, molto alto. Quella comare Anan non andava in linea retta come avrebbe potuto — sembrava deviare al solo scopo di trovare altre locande — ma continuavano a dirigersi verso est e Nynaeve pensò che dovevano essere vicino al fiume quando quella donna dagli occhi color nocciola si girò di colpo verso di loro.
«Adesso tenete a freno la lingua. Parlate solo quando venite interpellate. Provate a mettermi in imbarazzo e...» Lanciò alle due un’ultima occhiataccia e borbottò sottovoce che forse stava commettendo un terribile errore, quindi con un cenno del capo ordinò che la seguissero di nuovo e si diresse verso l’edificio con il tetto basso proprio davanti a lei.
Non era una casa grande, due piani senza balcone, l’intonaco crepato, i mattoni scoperti in diversi punti, e di sicuro non era un posto carino, con il rumore assordate del telaio di una tessitrice da un lato e l’odore acre che proveniva da un negozio di tinture dall’altro. Ad accoglierle alla porta venne una cameriera, aveva i capelli grigi e la mascella squadrata, le spalle di un fabbro e lo sguardo duro, per niente ammorbidito dal sudore sul viso. Nynaeve sorrise, continuando a seguire comare Anan. Da qualche parte in quella casa qualcuna stava incanalando.
La donna con la mandibola squadrata ovviamente conosceva Setalle Anan, ma la reazione fu strana. Le fece una riverenza molto rispettosa, eppure era ovviamente sorpresa di vederla e incerta sul motivo della sua presenza. Ebbe un momento di nervosismo prima di lasciarle entrare. Nynaeve ed Elayne invece furono accolte senza nessuna ambiguità. Furono portate in un soggiorno al piano superiore e a quel punto la cameriera disse con fermezza: «Non fate un solo passo e non toccate nulla, o riceverete una bella lezione» quindi svanì.
Nynaeve guardò Elayne.
«Nynaeve, una donna che incanala non significa...» La sensazione mutò, si gonfiò per un attimo, quindi decrebbe, meno intensa di prima. «Neanche due donne significano nulla» protestò Elayne, ma adesso sembrava dubbiosa. «Quella è la cameriera con i modi peggiori che abbia mai visto.» L’erede al trono prese una sedia dallo schienale alto e dopo un momento Nynaeve fece lo stesso, ma rimase seduta sul bordo. Per l’impazienza, non per il nervosismo. Non era affatto nervosa.
La stanza non era sontuosa, ma il pavimento di mattonelle blu e bianche risplendeva.
Le pareti verde chiaro parevano ridipinte da poco. Non c’era traccia di dorature da nessuna parte, ma degli intagli coprivano le sedie rosse disposte lungo la parete e diversi tavolini di un blu di diverse tonalità più scuro delle mattonelle. Le lampade che scendevano dai candelieri erano ovviamente d’ottone, ma ben lucidato e splendente. Rami di sempreverdi disposti con cura riempivano il camino, e l’architrave sopra di esso era intagliato, non di pietra. Il soggetto degli intagli era insolito — quella che la gente del posto chiamava ‘itredici peccati’: un uomo con tanti occhi che coprivano quasi tutto il viso per rappresentare l’invidia, un tizio con la lingua che scendeva fino alle caviglie per il pettegolezzo, uno dai denti aguzzi che ghignava stringendo delle monete al petto per l’avarizia e così via, tutto sommato un’opera soddisfacente. Chiunque poteva permettersi quella stanza poteva anche permettersi di far intonacare l’esterno, e il solo motivo per cui non l’avevano fatto era per passare inosservati.
La cameriera aveva lasciato la porta aperta, e a un tratto sentirono delle voci provenire dal corridoio.
«Non riesco a credere che tu le abbia portate qui.» Il tono era teso dalla rabbia e l’incredulità. «Sai bene quanto siamo prudenti, Setalle. Più di te, e questo lo sai di sicuro.»
«Mi dispiace molto, Reanne» rispose rigida comare Anan. «Suppongo di non aver pensato. Io... mi rimetto a te, sia come garanzia per il comportamento di quelle ragazze che per il tuo giudizio.»
«Ovvio che non va!» Il tono di Reanne era del tutto sorpreso adesso. «Come dire... insomma, non avresti dovuto, ma... Setalle, ti chiedo scusa per aver alzato la voce. Dimmi che mi perdoni.»
«Non hai nulla da farti perdonare, Reanne.» La locandiera aveva assunto un tono di voce mesto e riluttante allo steso tempo. «Ho fatto male a portarle qui.»
«No, no, Setalle. Non avrei dovuto parlarti a quel modo. Ti prego, devi perdonarmi. Ti prego.»
Comare Anan e Reanne Corly entrarono nel soggiorno e Nynaeve batté le palpebre sorpresa. Dopo quello scambio di parole aveva pensato a una donna più giovane di Setalle Anan, ma Reanne aveva i capelli quasi tutti grigi e il volto pieno di quelle che parevano rughe d’espressione, anche se ora erano segni di preoccupazione. Perché quella donna più anziana doveva umiliarsi a quel modo con la giovane e perché la giovane lo permetteva, seppur senza troppo entusiasmo? Lì le usanze erano diverse, la Luce lo sapeva, alcune più di quanto le piacesse pensare, ma questo era troppo. Era anche vero che lei non era mai stata troppo umile con la Cerchia delle Donne a casa, ma questo...
Reanne naturalmente poteva incanalare — se l’era aspettato; o comunque ci aveva sperato — ma non immaginava che fosse tanto forte. Non lo era quanto Elayne o Nicola — che quella disgraziata fosse folgorata! — ma raggiungeva facilmente il livello di Sheriam, Kwamesa o Kiruna. Non erano molte le donne a possedere tutta quella forza e, anche se Nynaeve le batteva tutte di gran lunga, fu sorpresa di trovarne una in quel luogo. Quella donna doveva essere una delle selvatiche: la Torre avrebbe trovato un sistema per tenersi una donna del genere, fosse anche lasciandola nella divisa da novizia per tutta la vita.
Nynaeve si alzò quando le donne entrarono nella stanza, sistemandosi il vestito. Non era nervosa, certo che no. Oh, se solo le cose fossero andate come voleva lei...
Gli occhi azzurri e acuti di Reanne studiarono le due con l’aria di chi ha appena trovato una coppia di maiali in cucina, usciti in quel momento dal porcile e grondanti fango. Si tamponò il viso con un fazzoletto, anche se l’interno della casa era più fresco dell’esterno. «Immagino che dovremo fare qualcosa con loro» mormorò. «Se sono davvero ciò che sostengono di essere.» La voce era molto acuta anche adesso, musicale e quasi giovanile. Non appena finì di parlare sobbalzò leggermente e guardò la locandiera di sottecchi, cosa che fece scaturire un’altra serie di scuse da comare Anan, con molta riluttanza, e comare Corly si agitò nel tentativo di rifiutarle. A Ebou Dar, quando le persone volevano essere davvero educate, lo scambio di scuse poteva durare per ore.
Anche Elayne sì era alzata, con un vago sorriso stampato in volto. Sollevò un sopracciglio verso Nynaeve, mise un gomito dentro una mano e con l’altra si toccò la guancia.
Nynaeve si schiarì la voce. «Comare Corly, io mi chiamo Nynaeve al’Meara e questa è Elayne Trakand. Stiamo cercando...»
«Setalle mi ha detto tutto di voi» la interruppe minacciosa la donna con gli occhi azzurri. Anche se aveva i capelli grigi, Nynaeve sospettava che fosse dura come un muretto di pietra. «Abbiate pazienza, ragazze, e mi occuperò subito di voi.» Detto questo si voltò di nuovo verso Setalle tamponandosi le guance con il fazzoletto, riuscendo a malapena a eliminare la diffidenza dalla propria voce. «Setalle, se vuoi scusarmi, devo interrogare queste ragazze e...»
«Guarda chi è tornata dopo tutti questi anni» esclamò una donna bassa di mezz’età mentre entrava nella stanza per unirsi alla sua compagna. Nonostante l’abito di Ebou Dar con la cintura rossa e un volto abbronzato tutto sudato, l’accento era inconfondibilmente cairhienese. La sua amica, altrettanto sudata, indossava un vestito scuro e semplice come quello delle mercanti, era molto più alta, non più grande di Nynaeve, e aveva gli occhi scuri a mandorla, il naso aquilino e la bocca larga. «Ma è Garenia! Lei...» Il flusso di parole si interruppe d’improvviso quando la donna robusta si accorse delle altre presenze.
Reanne giunse le mani come fosse in preghiera, o forse perché voleva colpire qualcuna sul naso. «Berowin,» disse tesa «un giorno cadrai in uno strapiombo prima di vederlo.»
«Mi dispiace, Anz...» La Cairhienese arrossì e abbassò lo sguardo. La donna della Saldea era concentrata a giocare con una spilla di pietre rosse appuntata sul petto.
Nynaeve invece rivolse a Elayne un’occhiata trionfante. Entrambe le nuove arrivate potevano incanalare, e da qualche parte nella casa qualcuna ancora stava usando saidar. Altre due; e mentre Berowin non era molto forte, Garenia era anche più forte di Reanne. Era al livello di Lelaine o Romanda. Non che avesse importanza, ma adesso erano almeno cinque. Elayne ancora teneva caparbiamente il mento alto, ma alla fine sospirò e annuì. Talvolta bisognava fare sforzi incredibili per convincerla di piccole cose.
«Ti chiami Garenia?» chiese lentamente comare Anan, guardando cupa la donna con fare interrogativo. «Assomigli molto a qualcuna che una volta ho incontrato. Zarya Alkaese.»
Gli occhi scuri a mandorla batterono sorpresi. La donna della Saldea estrasse un fazzoletto bordato di merletto dalla manica e si toccò le guance. «Quello è il nome della sorella di mia nonna» disse dopo un momento. «Mi hanno detto che le somiglio molto. Stava bene quando l’hai vista? Ha del tutto dimenticato la sua famiglia dopo essere andata via per diventare Aes Sedai.»
«La sorella di tua nonna.» La locandiera rise sommessamente. «Ma certo. Stava bene quando l’ho vista, ma è stato molto tempo fa. All’epoca ero più giovane di quanto lo sia tu adesso.»
Reanne le era rimasta a fianco prendendola per il gomito e adesso si inserì nella conversazione. «Setalle, mi dispiace davvero, ma devo davvero chiederti di scusarci. Mi perdonerai se non ti accompagno alla porta, vero?»
Comare Anan si scusò a sua volta, quasi fosse colpa sua se l’altra donna non poteva accompagnarla alla porta, e se ne andò lanciando un ultimo, dubbioso sguardo a Nynaeve ed Elayne.
«Setalle!» esclamò Garenia non appena la locandiera se ne fu andata. «Quella era Setalle Anan? Come ha fatto... Luce del paradiso! Anche dopo sette anni la Torre avrebbe...»
«Garenia» disse comare Corly con un tono di voce molto severo. Lo sguardo lo era anche di più, e la donna della Saldea arrossì. «Visto che siete qui, saremo in tre a fare domande. Voi ragazze rimanete dove siete, e in silenzio.» L’ultima frase era rivolta a Nynaeve ed Elayne. Le altre donne si ritirarono in un angolo e iniziarono a parlare sommessamente.
Elayne si avvicinò a Nynaeve. «Non mi piaceva essere trattata da novizia quando ero novizia. Per quanto tempo ancora intendi andare avanti con questa farsa?»
Nynaeve le disse di fare silenzio. «Sto cercando di ascoltare, Elayne» sussurrò.
Usare il Potere era fuori questione. Le tre se ne sarebbero accorte in un istante. Per fortuna non avevano intessuto alcuna barriera, forse non sapevano come fare, e talvolta le voci si alzavano quel tanto che bastava per sentire.
«...Detto che potrebbero essere selvatiche» stava mormorando Reanne, e sul volto delle altre due comparvero stupore e disgusto.
«Allora le mandiamo via» rispose Berowin. «Dalla porta sul retro. Selvatiche!»
«Io ancora voglio sapere chi è questa Setalle Anan» intervenne Garenia.
«Se non riesci a concentrarti su quello che stiamo facendo,» le disse Reanne «allora dovresti trascorrere questo turno alla fattoria. Alise sa benissimo come far concentrare una mente. Adesso...» le parole tornarono a essere un ronzio.
Apparve un’altra cameriera, una donna snella, molto carina a parte l’espressione imbronciata, con un vestito di lana grigia grezza e un lungo grembiule bianco. Depose un vassoio laccato verde su uno dei tavolini, si asciugò furtivamente le guance con un angolo del grembiule e iniziò a darsi da fare con le tazze smaltate di azzurro e la teiera dello stesso colore. Nynaeve inarcò le sopracciglia. Anche quella donna poteva incanalare, benché non fosse molto forte. Che cosa ci faceva in una divisa da cameriera?
Garenia si guardò alle spalle e sussultò. «Che cos’ha combinato Derys per meritarsi una punizione? Credevo che i pesci avrebbero cantato il giorno che non avesse osservato una regola, figuriamoci infrangerne una.»
Berowin tirò sonoramente su con il naso, ma la sua risposata fu a malapena udibile. «Voleva sposarsi. Anticiperà un turno e andrà con Keraille il giorno dopo la festa della mezza luna. Questo dovrebbe sistemare mastro Denal.»
«Forse desiderate entrambe andare a zappare nel campo di Alise?» Il tono di Reanne era asciutto e le voci si abbassarono di nuovo.
Nynaeve esultò. Non le interessavano molto le regole, almeno quelle delle altre persone — era raro che gli altri vedessero la situazione con la sua stessa chiarezza, quindi di conseguenza s’inventavano delle regole stupide. Per esempio, perché la donna, Derys, non doveva sposarsi se lo desiderava? — ma le regole e le penitenze parlavano apertamente di una struttura ben definita. Aveva ragione lei, e c’era anche un’altra cosa. Diede dei colpetti con il gomito a Elayne fino a quando l’erede al trono abbassò il capo.
«Berowin indossa una cintura rossa» sussurrò. Era un segno distintivo delle rinomate guaritrici di Ebou Dar, le Donne Sapienti. Le loro cure erano conosciute in tutto il mondo come la cosa migliore dopo la guarigione Aes Sedai, e si diceva che potessero curare di tutto. In teoria veniva fatto tutto con le erbe e le conoscenze mediche, ma... «Quante Donne Sapienti hai visto, Elayne? Quante potevano incanalare? Quante erano di Ebou Dar o dell’Altara?»
«Sette, contando Berowin» fu la risposta. «E solo una di cui sono sicura fosse di qui.» Ah! Le altre ovviamente non lo erano. Elayne sospirò profondamente, ma proseguì sottovoce. «Però nessuna di loro si avvicinava minimamente alla forza di queste donne.» Almeno non aveva suggerito che si erano in qualche modo sbagliate. Tutte quelle Donne Sapienti erano state in grado d’incanalare. «Nynaeve, stai davvero suggerendo che le Donne Sapienti... tutte le Donne Sapienti... sono... Sarebbe più che incredibile.»
«Elayne, questa città ha una gilda anche per gli uomini che spazzano le strade di notte! Credo che abbiamo trovato l’Antica Sorellanza delle Donne Sapienti.»
Quella ragazza testarda scosse il capo. «La Torre avrebbe inviato almeno cento Sorelle in questo posto già da anni, Nynaeve. Duecento. Una cosa del genere sarebbe stata rasa al suolo in poco tempo.»
«Forse la Torre non lo sa» rispose Nynaeve. «Forse la gilda vola talmente basso che la Torre non ha mai pensato valesse la pena di prendersi il disturbo. Non ci sono leggi che vietano di incanalare a chi non è Aes Sedai, purché non si dichiari di essere una Sorella o si faccia un uso improprio del Potere... O si getti discredito sulla Torre.» La Torre, in altre parole, voleva in tutti i modi evitare che qualcuno gettasse cattiva luce sulle vere Aes Sedai, cosa non molto difficile, secondo Nynaeve. Il vero problema era che lei stessa non credeva affatto alle proprie parole. La Torre sapeva sempre tutto, e con ogni probabilità avrebbe spezzato un gruppo di ricamatrici di trapunte se queste potevano incanalare. Eppure doveva esserci qualche spiegazione per...
Nynaeve si accorse appena che la Vera Fonte veniva abbracciata, ma di colpo ne divenne molto consapevole. Rimase a bocca aperta quando un flusso d’Aria le tirò la treccia proprio all’attaccatura con la testa e la fece correre attraverso la stanza in punta di piedi. Elayne correva accanto a lei con il volto rosso per la furia. La cosa peggiore era che le avevano schermate entrambe.
La breve corsa ebbe fine quando fu permesso loro di posare i talloni a terra davanti a comare Corly e le altre due, tutte e tre sedute sulle sedie rosse disposte contro la parete e circondate dal bagliore di saidar.
«Vi era stato detto di stare zitte» le apostrofò Reanne. «Se decidessimo di aiutarvi dovrete imparare che ci aspettiamo obbedienza, non meno di quanta ne pretende la Torre stessa.» Pronunciò quel nome con riverenza. «Vi tratteremmo assai più gentilmente se non foste giunte da noi in questo modo irregolare.» Il flusso che teneva Nynaeve per la treccia svanì. Elayne agitò il capo con rabbia quando venne rilasciata a sua volta.
La sorpresa atterrita si trasformò in oltraggio furioso quando Nynaeve si accorse che era Berowin a mantenere lo schermo. La maggior parte delle Aes Sedai che aveva conosciuto erano più forti di quella donna, quasi tutte. Nynaeve si riprese e si sforzò di raggiungere la Fonte, aspettandosi che i flussi dell’altra cadessero a pezzi. Almeno avrebbe dimostrato a queste donne che lei non sarebbe stata.... I flussi... si distesero. La Cairhienese sorrise e Nynaeve divenne tetra. Lo schermo continuava ad allungarsi, incurvandosi come una palla. Non si sarebbe spezzato. Era impossibile. Chiunque poteva separarla dalla Fonte, se la prendeva di sorpresa, e qualcuna delle donne deboli avrebbe potuto mantenere lo schermo una volta intessuto, ma non una così debole. Inoltre, uno schermo non si piegava tanto senza spezzarsi. Era impossibile!
«Potresti farti scoppiare una vena se continui così» le disse Berowin in tono quasi amichevole. «Noi non cerchiamo di attingere più di quanto possiamo, e le conoscenze vengono affinate con il passare del tempo. Questo per me è quasi un Talento. Potrei bloccare uno dei Reietti.»
Nynaeve aggrottò le sopracciglia e si arrese. Poteva aspettare. Visto che non aveva altra scelta, poteva aspettare.
Derys si fece avanti con il suo vassoio e distribuì le tazze di tè. Alle tre donne sedute. Non guardò nemmeno Nynaeve ed Elayne, poi fece una riverenza perfetta e tornò al suo tavolino.
«Avremmo potuto bere tè ai mirtilli, Nynaeve» disse Elayne, lanciandole una tale occhiata che Nynaeve fu sul punto di indietreggiare. Forse sarebbe stato meglio non aspettare troppo.
«Fai silenzio, ragazza.» Il tono di comare Corly era calmo, ma la donna si tamponava il volto con gesti nervosi. «Quello che ci hanno riferito su di voi è che siete entrambe insolenti e litigiose, correte dietro agli uomini e mentite. Io aggiungo che non siete in grado nemmeno di seguire delle semplici istruzioni. Tutto questo deve cambiare se state cercando aiuto. Tutto. Questa prassi è molto irregolare. Siate grate che siamo disposte a parlarvi.»
«Noi stiamo effettivamente cercando aiuto» rispose Nynaeve. Avrebbe voluto che Elayne la smettesse di guardarla a quel modo. Era peggio dello sguardo duro di quella Corly. Be’, quanto meno altrettanto sgradevole. «Abbiamo disperatamente bisogno di trovare un ter’angreal...»
Reanne Corly la interruppe ignorando del tutto quello che Nynaeve stava dicendo. «Di solito conosciamo le ragazze prima che raggiungano la nostra casa, e adesso dobbiamo essere sicure che siete ciò che dite di essere. Quante porte della biblioteca della Torre possono essere usate da una novizia e quali sono?» La donna sorseggiò il tè e attese.
«Due.» La risposta di Elayne grondava veleno. «La porta principale a est, quando la novizia viene mandata a svolgere un compito per conto di una Sorella, e quella piccola all’angolo sudovest, chiamata appunto la Porta delle Novizie. Quanto andremo avanti, Nynaeve?»
Garenia, che manteneva lo schermo di Elayne, incanalò un altro flusso d’Aria, e con poca gentilezza. L’erede al trono tremò e Nynaeve fece una smorfia, chiedendosi come aveva fatto la sua amica a non mettersi le mani sul sedere. «Il modo di parlare civilmente fa parte delle nostre regole» mormorò Garenia in tono beffardo.
«È la risposta giusta» disse comare Corly, come se non fosse accaduto altro, anche se lanciò una breve occhiata alla donna della Saldea. «Quanti ponti ci sono nel giardino dell’acqua?»
«Tre» rispose brusca Nynaeve, perché lo sapeva. Della biblioteca non ne sapeva nulla, non essendo mai stata novizia. «Abbiamo bisogno di sapere...» Berowin non poteva usare altro Potere per incanalare un flusso d’Aria, ma comare Corly sì, e lo fece. Riuscendo appena a rimanere inespressiva, Nynaeve strinse i pugni sulla gonna per tenere le mani ferme. Elayne ebbe il fegato di rivolgerle un sorrisetto freddo. Freddo, ma soddisfatto.
Vennero martellate da una dozzina di altre domande, quanti piani c’erano nell’area riservata alle novizie — dodici — in quale circostanza a una novizia era permesso di accedere al Consiglio della Torre — per riferire un messaggio o per essere espulsa dalla Torre a seguito di un crimine. E così via. Nynaeve non poté aggiungere nulla alle risposte e, quando ci provava, riceveva repliche silenziose e tremende da quella orribile Corly. Aveva incominciato a sentirsi come una novizia davanti al Consiglio. Nemmeno a loro era permesso di dire una parola. Era una delle poche risposte che conosceva, ma per fortuna Elayne rispondeva con solerzia quando non lo faceva lei. Se avessero fatto domande sulle Ammesse Nynaeve avrebbe risposto meglio, almeno un po’, ma quelle erano interessate solo alle conoscenze di una novizia. Nynaeve era contenta che Elayne fosse disposta a portare avanti la messa in scena, anche se le guance pallide e il mento sollevato indicavano che non avrebbe potuto durare a lungo.
«Credo che Nynaeve si trovasse alla Torre» disse alla fine Reanne, scambiando delle occhiate con le altre due. «Se Elayne le avesse insegnato tutto, credo che avrebbe fatto un lavoro migliore. Alcune persone vivono in una nebbia perpetua.» Garenia tirò su con il naso, quindi annuì lentamente. Il cenno del capo di Berowin fu fin troppo solerte per i gusti di Nynaeve.
«Vi prego» chiese con educazione. Quando voleva ottenere qualcosa sapeva essere educata, qualsiasi cosa sostenessero gli altri. «Abbiamo davvero bisogno di, trovare un ter’angreal che il Popolo del Mare chiama la Scodella dei Venti. Si trova in un magazzino polveroso da qualche parte nel Rahad, e io credo che la vostra gilda, il vostro Circolo, sappia dov’è. Vi prego, aiutateci.» A un tratto la fissarono tre volti pietrificati.
«Non esiste nessuna gilda» rispose con freddezza comare Corly. «Solo alcune amiche che non hanno trovato posto nella Torre Bianca...» ancora quel tono riverente «...e che sono abbastanza stupide da offrire una mano di tanto in tanto, quando serve. Non abbiamo niente a che fare con i ter’angreal, gli angreal o i sa’angreal. Non siamo Aes Sedai.» Il titolo ‘Aes Sedai’ era imbevuto di venerazione. «In ogni caso voi non siete qui per fare domande, noi invece ne abbiamo altre per voi, per vedere quanto siete avanti con l’apprendimento, poi verrete portate in campagna e affidate alle cure di un’amica. Vi terrà fino a quando non decideremo cosa fare di voi. Fino a quando saremo sicure che le Sorelle non vi stanno cercando. C’è una nuova vita che vi aspetta, nuove possibilità, se solo vi permetterete di vederle. Qualsiasi cosa vi era d’impedimento alla Torre, qui non vale, che fosse mancanza di destrezza, paura o qualsiasi altra cosa. Nessuna qui vi spingerà a imparare quello che non potete. Dovrete solo essere voi stesse. Adesso.»
«Ne ho abbastanza» esplose Elayne con voce tempestosa. «Da parecchio, Nynaeve. O intendi forse aspettare di andare in campagna e rimanerci non si sa quanto? Non ce l’hanno loro, Nynaeve.» Prese il Grande Serpente dal sacchetto appeso alla cintura e se lo mise al dito. Dal modo in cui guardò le donne sedute nessuna avrebbe creduto che fosse schermata. Era una regina che aveva perso la pazienza. Aes Sedai dalla testa ai piedi, ecco cos’era. «Io sono Elayne Trakand, somma signora della casata Trakand. Sono anche l’erede al trono di Andor e Aes Sedai dell’Ajah Verde, e pretendo che mi rilasciate immediatamente.» Nynaeve si lamentò.
Garenia fece una smorfia disgustata e Berowin sgranò gli occhi, terrorizzata. Reatine Corly scosse il capo mestamente, ma quando parlò lo fece con voce ferma. «Speravo che Setalle vi avesse fatto cambiare idea su questa bugia. So quanto è difficile uscire con orgoglio dalla Torre Bianca e affrontare l’idea di ritornare a casa e ammettere di aver fallito, ma su certe cose non si mente mai, nemmeno per scherzo!»
«Io non sto scherzando» rispose Elayne con leggerezza. Con la leggerezza di una valanga.
Garenia si sporse in avanti accigliata, e un flusso d’Aria si stava già formando quando comare Corly alzò una mano. «E tu, Nynaeve? Insisti in questa... follia anche tu?»
Nynaeve si riempì i polmoni. Quelle donne dovevano sapere dove si trovava la Scodella. Dovevano saperlo!
«Nynaeve!» esclamò Elayne stizzita. Non le avrebbe mai permesso di dimenticare quella giornata, se dopo tutto quello che era successo dovevano anche fuggire. Elayne aveva un modo particolarmente fastidioso di insistere su ogni minimo errore.
«Io sono Un’Aes Sedai dell’Ajah Gialla» rispose debolmente Nynaeve. «La vera Amyrlin Seat, Egwene al’Vere, ci ha promosse allo scialle quando ci trovavamo a Salidar. Non è più grande di Elayne, dovete averne sentito parlare.» In quei volti duri non vi fu nemmeno un accenno di cambiamento. «Ci ha inviate a cercare la Scodella dei Venti. Con quella possiamo far tornare normale il clima.» Nemmeno un barlume di cambiamento. Nynaeve cercò di tenere i nervi a bada; si stava impegnando davvero. «Non è possibile che non lo desideriate anche voi! Guardatevi intorno! Il Tenebroso sta strangolando il mondo! Se avete anche solo una vaga idea di dove potrebbe trovarsi la Scodella, dovete dircelo!»
Comare Corly fece un cenno a Derys, che venne a prendere le tazze, lanciando occhiate spaventate a Nynaeve ed Elayne. Quando andò via, le tre donne si alzarono lentamente, simili a tetri giudici che stavano per pronunciare una sentenza.
«Mi dispiace che non vogliate accettare il nostro aiuto» disse con freddezza comare Corly. «Rimpiangerò questo giorno.» Si infilò una mano in tasca e mise tre marchi d’argento sul palmo di Nynaeve e altri tre su quello di Elayne. «Questi vi consentiranno di tirare avanti per un po’. Potete anche guadagnare qualcosa con quei vestiti, direi, anche se non la somma che li avete pagati. Non sono adatti per un viaggio. All’alba di domani vi voglio fuori da Ebou Dar.»
«Noi non andiamo da nessuna parte» le rispose Nynaeve. «Per favore, se sai...» tanto valeva che fosse rimasta in silenzio. Il flusso di parole controllato dell’altra donna non si fermò.
«Dopo l’alba cominceremo a far girare la vostra descrizione e ci accerteremo che raggiunga le Sorelle nel palazzo di Tarasin. Se qualcuno vi vede dopo il tramonto, ci accerteremo che le Sorelle sappiano dove vi trovate, e anche i Manti Bianchi. Allora non avrete da scegliere se sarà fuggire, arrendervi alle Sorelle o morire. Andate, non tornate mai più e vivrete a lungo se smetterete di usare questi disgustosi e pericolosi espedienti. Con voi abbiamo finito. Berowin, accompagnale per favore.» Dopo essere passata fra loro due, uscì dalla stanza senza voltarsi indietro.
Nynaeve, imbronciata, si lasciò accompagnare all’ingresso. Se avesse opposto resistenza si sarebbe solo fatta buttare fuori con la forza, ma non le piaceva arrendersi. Luce, se non le piaceva! Elayne marciava, gelida e determinata ad andare via e farla finita con quella storia una volta per tutte.
Sulla porta, Nynaeve decise di provare ancora una volta. «Per favore, Garenia, Berowin, se sapete qualcosa, ditecelo. Qualsiasi suggerimento va bene. Dovete aver capito quanto è importante. Dovete!»
«Le più cieche sono quelle che tengono gli occhi chiusi» citò Elayne, non proprio sottovoce.
Berowin esitò, ma non Garenia, che si mise faccia a faccia con Nynaeve. «Pensi che siamo delle stupide, ragazza? Lascia che ti dica una cosa. Se fosse stato per me, vi avremmo mandate alla fattoria, ignorando ogni vostra protesta. Alcuni mesi affidate ad Alise e avreste imparato a tenere a freno la lingua ed essere grate per l’aiuto offerto invece di sputarci sopra.» Nynaeve prese in considerazione l’idea di colpirla sul naso; per quello non aveva bisogno di saidar.
«Garenia» disse brusca Berowin. «Chiedi scusa! Non tratteniamo nessuna contro la sua volontà e lo sai bene. Chiedi scusa immediatamente!»
Meraviglia delle meraviglie, la donna che avrebbe potuto trovarsi molto vicina al vertice se fosse stata Aes Sedai guardò di sottecchi quella sarebbe stata di molto inferiore a lei di rango e arrossì. «Chiedo perdono» borbottò Garenia a Nynaeve. «Il mio caratteraccio talvolta ha la meglio su di me e dico cose che non avrei il diritto di dire. Chiedo umilmente scusa.» Rivolse uno sguardo di sottecchi a Berowin, che annuì, con un sospiro di sollievo.
Mentre Nynaeve stava ancora a bocca aperta, gli schermi vennero rilasciati, lei ed Elayne furono spinte in strada e la porta si chiuse con violenza alle loro spalle.