Il centralino della stazione radio WGN è stato subissato di chiamate durante la radiocronaca di una partita di baseball della Lega Giovanile. Ogni telefonata era una lamentela, e ogni lamentela era la stessa. La trasmissione era stata interrotta proprio a metà del terzo inning da qualcuno che faceva la radiocronaca di una partita di rugby. Ma chi ha telefonato per protestare era soprattutto curioso: chi aveva mai sentito dire che la Lega Professionisti di Rugby facesse delle partite in pieno Agosto?


19 Agosto 1983
Ore 9,15 della sera — Larry Douglas

Una persona che fa il mio genere di lavoro bisogna che tenga gli occhi bene aperti. Vedete, io non incasso una busta paga ogni settimana. Ci sono settimane in cui non incasso assolutamente niente, e altre in cui se un borsaiolo mi perquisisse potrebbe lasciarmi in tasca più di quel che ci ha trovato. Così devo raggranellare dollari dovunque mi sia possibile trovarne, qualunque sia il rischio che si presenta.

Quando Nyla mi aveva parlato del povero semplicione che i suoi avevano pescato la sera prima — nel modo in cui lei mi rivela fatti del genere, spesso utilissimi per me — avevo deciso di dargli un’occhiata più da vicino. Sentivo l’odore di una possibilità, anche se non ero ancora sicuro di cosa potesse trattarsi.

C’è sempre il modo di entrare pulitamente in una faccenda, se si sa sfruttare l’occasione, e in quel caso era stato facile. Infilarmi nell’aula del tribunale non mi era costato che una parola all’orecchio giusto, e non ci avevo messo molto a persuadere l’agente Pupp che non era il caso d’infierire: — Se tu dici che è un tipo a posto, Larry…

— Lo è, credimi.

— Be’, allora dirò all’usciere che devo tornare subito in servizio. Ma di’ al tuo amico che stia più accorto, la prossima volta.

— Lo farò — avevo promesso. E stringendogli la mano gli avevo rifilato una banconota da venti dollari. Questo è il mòdo in cui tratto normalmente le mie cose. Col mio lavoro è essenziale aver rapporti amichevoli coi poliziotti. Questo magari non impedisce loro di farmi passare qualche guaio, di tanto in tanto, ma se non altro mi tiene alla larga dalla stanza dove fanno il terzo grado.

Come mamma diceva sempre, probabilmente ho preso da Nonno Joe. Era un rapinatore di banche, prima di venire in America e cambiare nome. Naturalmente lui usava la pistola. Io non faccio cose simili, mai. Ma del resto, finché la gente è così idiota da comprare meravigliosi anelli di diamanti all’angolo di una strada, o da acquistare in contanti una partita di fusti di petrolio senza accertare a chi appartenga veramente il magazzino che ha appena visitato, non ho bisogno di girare armato. A meno che uno di costoro non riesca a rintracciarmi. Ma da quando sto con Nyla Christophe, non è probabile che questo accada senza uno squillo di telefono che mi dia il vantaggio necessario.

Devo tenermi buoni gli arabi, anche, benché non con gli stessi sistemi. Ci sono circostanze in cui uno deve tracciare una linea e stare attento a non oltrepassarla, perciò non faccio cose simili con loro. Tutt’al più… be’, d’altronde gli arabi sono molto generosi coi ragazzi giovani che rifilo loro, e una percentuale è una percentuale.

Qualche volta penso che farei meglio a rigare dritto, ma non ho fatto io il mondo in cui viviamo.

Così quando avevo visto che quel tipo era inguaiato fino al collo m’era venuta l’ispirazione di tirare Ron nella faccenda. Me l’ero tenuto buono, anche lui… una specie d’investimento, nell’ipotesi che prima o poi avrei trovato il modo di ricavarne un utile. Quando lo sentii insultare l’amico, DeSota, seppi che ero a cavallo. Capite, Ronnie è sul serio il vecchio brontolone che sembra, ma se sapete con quale manico manovrarlo potete ottenere parecchio da lui. Io conoscevo l’arte di lanciargli l’esca come gli piaceva.

— Ron — dissi serio, e scossi il capo. — Hai ragione. Avrei dovuto occuparmene personalmente.

Mi sbirciò da sopra il bicchiere di scotch, un sopracciglio umoristicamente inarcato. — In cosa ho ragione, Larry? — E mi strizzò un occhio come sapeva fare lui. Gliel’avevano insegnata alla MGM quell’espressione, ai vecchi tempi, prima che s’impegalasse coi sindacati. Ma c’era poco da fidarsi della strizzatina d’occhi di Ron, e in quanto al suo sogghigno mi faceva pensare ai cannoni dell’ammiraglia di Nelson che uscivano dai portelli spalancati, un attimo prima che il grande boom vi spedisse fra i più.

— Hai ragione — dissi, — sul fatto che Nicky DeSota qui è un tacchino finito nella pentola dell’FBI, e che non avrei dovuto portartelo qui per chiederti di levarlo dal fuoco.

Naturalmente la mandibola di DeSota s’era abbassata fin sul pavimento. Ma era la mandibola di Ron quella che contava. S’era indurita. Socchiuse gli occhi. La sua faccia tornò ad essere quella dello sceriffo a cui era appena stato riferito che i fuorilegge, malgrado tutto, non avevano lasciato il paese.

— Penso — disse con fermezza, — che dovresti dirmi come stanno le cose, e lasciare a me questa decisione.

— Non vorrei procurarti un guaio, Ron.

— Guaio, Larry, è una parola a cui sono abituato — brontolò. La sua espressione era quella dello sceriffo che adesso apre la porta del saloon.

Cos’avrei potuto fare? Esattamente quello che volevo fare, si capisce. — Non ti do torto, Ron — dissi, e cominciai a metterlo al corrente. Ci volle tempo. Ron non è del tutto quello che potreste chiamare un tipo svelto. E non lo era neppure DeSota. Con la coda dell’occhio lo vidi che fissava il pavimento. Ma non rialzò lo sguardo né disse parola.

E a dire il vero non c’era nulla di cui potesse lamentarsi sul modo in cui esposi il suo caso. Spiegai che era un caso lampante d’errore di identità, benché la persona fotografata ai Laboratori Daley fosse praticamente il gemello di Dominic a quanto risultava da ogni apparenza. Poi feci una pausa, intanto che Ron si faceva servire un altro drink e lo scolava fino all’ultima goccia.

— Quest’altro tizio era molto somigliante a lui, giusto?

— Somigliantissimo, sì.

— E aveva le stesse impronte digitali?

— Proprio così, Ron.

— Ma non era lui — concluse. Risposi di no.

— Di conseguenza — stabilì Ron, con un lampo negli occhi, — si tratta di un caso indubbio di errore di persona. Così la vedo io.

Espressi ammirazione per quella chiarezza di pensiero con un cenno del capo, e fissai Dominic per cercare di spingerlo a fare altrettanto. Speranza vana, perché l’amico taceva e mi guardava gelidamente. Non era affatto compiaciuto del mio modo d’agire, Dominic DeSota, ma questo solo perché non capiva come fosse contorto l’amo da far ingoiare a quel vecchio pesce di Ronnie.

Ronnie si alzò. — Larry — disse. — Tu e Nicky restate a cena, naturalmente. — Naturalmente. Erano le dieci di sera! Solo un’ex star del cinematografo poteva trovare normalissimo quell’orario. — Prendetevela con calma intanto che vado a mettermi qualcosa addosso. Se volete un po’ di musica dite a Hiram, qui, di accendere lo stereo.

E ci lasciò l’uno alle prese con l’altro, cosa che mi sarebbe costata uno sfoggio di pazienza.


— Cosa diavolo sta cercando di fare? — domandò DeSota, appena il nostro ospite fu fuori portata d’orecchio.

— Via, si rilassi — lo blandii. — Sul serio non l’ha capito?

— Se ho capito, spero d’aver capito male!

— Sto solo tentando di portarlo al suo fianco, tutto qui. — E spiegai: — Vede, Ron è un liberale accanito. Ci sono situazioni in cui si sente coinvolto personalmente, ed è irremovibile. A Hollywood, anni fa, era sulla lista nera per le sue attività sindacali, e…

Tacqui, perché stava entrando un altro domestico negro. — Un po’ di musica, signori, coi saluti della signora — mormorò, e scomparve di nuovo. Da un altoparlante nascosto cominciò a uscire musica sinfonica a basso volume. Ne fui lieto; rendeva meno probabile che qualcuno sentisse quel che dicevamo. — Comunque — conclusi, — gli è andata bene. Aveva investito i guadagni dei suoi film in proprietà immobiliari nell’Illinois, e si è arricchito.

Dominic s’era accigliato. — Liberale, ha detto?

— Già. Ma lui è ricco, Nicky, e se lo può permettere. A nessuno importa un accidente se un riccone gioca a fare un po’ il rosso… tutti sanno che non farebbe mai niente contro il sistema che l’ha ingrassato.

— E allora a che scopo siamo venuti qui? — domandò.

— Perché se Ron si prende a cuore il tuo caso può far molto per aiutarti. O hai avuto qualche offerta migliore?

Scrollò le spalle con una smorfia.

Lo lasciai a meditare su quella frase. Ma non gli avevo detto che l’altra ragione per cui a nessuno importava che Ron fosse un tantino a sinistra era che nessuno si preoccupava di un tipo con molte chiacchiere e pochi fatti. E così era Ron.

Però non ero ancora pronto a lasciare che Dominic DeSota se ne accorgesse.


— E questa — annunciò galantemente Ron, — è la mia cara moglie, Janie.

— Molto lieta — cinguettò lei, dopo che DeSota e io le avemmo detto quant’eravamo compiaciuti di poterla conoscere, quindi sottobraccio a Ron ci precedette in sala da pranzo. Non poteva definirsi grande. Una sala dove possono sedersi venti persone in fila è grande. In quella lì avrebbero potuto servire messa per l’Esercito della Repubblica. Era maestosa. E l’aria intorno a noi vibrava di musica.

Dominic era seduto dall’altra parte del tavolo. Gli feci un cenno. — Ti piace questa musica? — Stava girando la testa da una parte e dall’altra, nel modo tipico di chi non ha mai sentito il sistema stereofonico. — È una nuova invenzione — spiegai. — Ascolta la profondità del suono… senti i violini alla tua destra e il resto dell’orchestra a sinistra? È già più di un anno che Ron ha fatto installare quest’apparecchiatura.

— Sarà messa in commercio fra non molto — disse modestamente Ron. — L’unica cosa è che ancora non fanno molte incisioni stereofoniche… e quasi tutte del genere di musica che piace a Janie, più che a me. — Sorrise teneramente alla moglie attraverso tutta la lunghezza del tavolo. Lei segnalò a un altro dei giovani domestici negri di servire le insalate, prima di prendere al volo la palla della conversazione.

— Sospetto che a Mr. DeSota piaccia il mio stesso genere di musica — disse dolcemente. — Non è così, Mr. DeSota? Sembra proprio che si stia godendo moltissimo questo concerto per violino di Beethoven.

Ma Dominic non stava giocando al loro stesso gioco. — Ah, si tratta di questo? — domandò. — A dire il vero stavo pensando che è lo stesso pezzo che l’Agente Capo Christophe fece suonare mentre mi… interrogava.

Ron riabbassò la sua forchettata d’insalata. — Nyla Christophe! Non verrai a dirmi che Nyla Christophe ha a che fare con questa storia, Larry?

— Suppongo che avrei dovuto accennartelo — ammisi, con volto onesto e contrito. — Fa qualche differenza?

— Qualche differenza! Cristo… voglio dire, cribbio, Larry, maledettamente sicuro che la fa!

— Non potrà darti più guai di quanto abbia già fatto, caro — cercò di placarlo sua moglie.

— Non è questo che mi preoccupa! Anzi mi piacerebbe riuscire a ripagarla! Nyla Christophe — aggiunse, volgendosi a Dominic, — è uno dei più sordidi agenti di tutto l’FBI. Hai notato che non ha i pollici?

— Può scommetterci — annuì Dominic. — Mi chiedevo anzi come una…

— Te lo dico io come — esclamò Ron. — Era una ladra! E una drogata! È stata processata tre volte quand’era ancora minorenne… e alla terza volta, ovviamente, la sentenza è stata quella. Amputazione dei pollici. Fino a quel giorno studiava musica al conservatorio. Ma fumava quell’erba assassina, e per pagarsi la droga andava a rubare.

— E ha potuto farsi assumere all’FBI? — sbarrò gli occhi Dominic, stupefatto e indignato.

— Ebbe una crisi di coscienza — ruggì Ron. — Prima ancora di farsi togliere le bende dalle mani si presentò alla sede locale dell’FBI. Disse che voleva cambiar vita, e tanto per cominciare intendeva far piazza pulita di tutti i grossisti e gli spacciatori di marijuana che conosceva a Chicago… e ne conosceva un esercito, credetemi! Per un anno intero la tennero occupata con le identificazioni e le testimonianze. Poi il capo di quella sezione, Federman, ottenne un permesso speciale per arruolarla e la incaricò d’infiltrarsi in un gruppo di organizzatori sindacali, a Dallas. Ne fece arrestare quindici, laggiù, e così cominciò la sua carriera!

— In un certo senso, Ron — gli diedi spago io, — è singolare che un tipo come lei sia riuscita a diventare Agente Capo.

— Perché è una traditrice? Cribbio, Larry! Dove credi che vadano a reclutarli i loro agenti?

— No, volevo dire perché è una donna — precisai.

— Aah! — sospirò. — Be’… — Su quel fatto non poteva ringhiare, come sapevo bene, perché Janie era tutta per i «diritti femminili», qualunque cosa lei intendesse con questo. — Be’ — continuò. — Sia quel che sia, il fatto è che adesso è legata a doppio filo con quella banda di reazionari che governa l’FBI. Gli stessi che ordirono un complotto contro di me anni fa! Gli stessi che hanno le mani in pasta con gli arabi e con quella marmaglia di fondamentalisti del Congresso che…

In quel momento Dominic lo interruppe. E avrei potuto strangolarlo per averlo fatto, perché proprio allora Ron stava dicendo quello che realmente aspettavo di sentirgli dire. Ma lui esclamò: — Anch’io lo dico sempre! Da quando gli arabi e la Lega Morale si sono messi insieme, quella gente ha riportato indietro le lancette dell’orologio. È forse giusto che la polizia aggredisca cittadini innocenti che stanno facendo una nuotata in piscina? È giusto che un uomo senza la parte superiore del costume si veda multato di cinque dollari?

Ron gettò un’occhiata divertita a sua moglie. — Avresti dovuto vederci qualche anno fa a Hollywood, eh, Janie? Uomini e donne in topless, qualche volta. E qualche volta anche senza topless.

— Via, Ron! — arrossì lei. — Parliamo piuttosto dei problemi di Mr. DeSota.

Le sorrisi, grato. — Buona idea. — Poi mi volsi a Ron e misi sul tappeto la domanda: — Che ne pensi, Ron? La cosa è seria, e non coinvolge solo la questione dei diritti civili. Non vorrei che tu corressi dei rischi…

Lui si erse fieramente. — È una faccenda seria — proclamò. — E riguarda i diritti civili. Sarò al tuo fianco, Dominic.

— Farà questo? — esclamò DeSota.

— Naturale — annuì benevolmente lui. — Per prima cosa scriverò una lettera al New York Times. Poi, vediamo un po’, tu che ne dici, Janie? Potremmo tentare di mettere in piedi una dimostrazione? Ad esempio far marciare un po’ delle tue amiche davanti alla sede dell’FBI di Chicago?

— Se credi, Ron — disse lei. — Però alcune di loro sono già state ammonite. Non so se vorranno affrontare la prigione.

Dominic si accigliò, dubbioso. — Non sono certo di volere che qualcuno vada in prigione per me — disse.

— Uhm! — rifletté Ron. — Allora che ne pensi di questo? Scriviamo una petizione. Dominic può prendere dei registri e piazzare una scrivania giù in piazza, e invitare la gente a firmare una petizione rivolta all’FBI in cui si chieda che, uh, che loro… di preciso cos’è che vuoi ottenere da loro? — chiese.

— Be’, non so esattamente — disse Dominic. — Voglio dire, non sono stato messo sotto accusa.

— Ma sei stato interrogato. E ti hanno picchiato brutalmente!

— Sì, certo, ma non è facile biasimarli, del resto. Avevano quelle foto e le impronte digitali.

L’amico stava diventando troppo ragionevole per i miei gusti. E per quelli di Ron. — Stai esponendo il loro punto di vista — osservò Ron. — Dimostri larghezza di vedute, certo, e questo è bene. Ma… giustificarli fino a questo punto è assurdo. Sono dei dannati fascisti.

Ringraziai Dio di quella parola. Mi schiarii la gola. — Quando dici fascisti, Ron — puntualizzai, — intendi che il loro…

— Intendo dire che l’FBI è diventato una copia esatta della Gestapo e del KGB — dichiarò.

— Dunque tu sei contro di loro.

Inarcò un sopracciglio nella mia direzione. — Ah, Larry — disse, servendosi una porzione di agnello arrosto. — Non sono precisamente contro di loro, dico però che ogni americano ha il dovere di resistere loro.

— Vuoi dire mediante dimostrazioni e petizioni.

— Se queste sono sufficienti, sì — affermò orgogliosamente. — Se non lo sono, allora con qualunque altra misura sia necessaria. Io penso…

Ma Janie non gli lasciò dire quello che pensava. — Ron, caro — lo rimproverò dolcemente. — Stai impedendo a Seth di passare le patate. Perché non te ne servi qualcuna e lo lasci proseguire?

— Ma certo, amore mio — disse Ron, e l’argomento fu messo in disparte. Non me la presi. Anzi ero abbastanza soddisfatto. Quando finimmo con le portate principali feci notare che erano già passate le undici, e cominciai a manovrare per levare le tende.

— Oh, no, Ron, niente dessert. No, neppure il caffè, grazie. Domattina presto Dominic dev’essere al lavoro, lo sai. Si, la cena è stata deliziosa, grazie. E grazie per il tuo aiuto, Ron. Ah… se tu ordinassi che mi vadano a prendere l’auto…

— Non avete dimenticato nulla? — chiese amabilmente Janie, guardandosi attorno in cerca di cappelli o borse.

Scossi il capo. — Ho già tutto ciò di cui ho bisogno — la rassicurai, ed era la pura verità.


Lasciai DeSota alla più vicina stazione del tram interurbano. Lui protestò risentito, visto che a quell’ora le uniche corse transitavano all’incirca ogni sessanta minuti, ma, come gli feci notare, io ero già in ritardo, e non poteva pretendere che stessi tutta la notte in giro per scarrozzarlo qua e là. Erano quasi le due quando arrivai al condominio sulla Lake Shore Drive. Lasciai la macchina nel garage sotterraneo, agitai il lasciapassare davanti al portiere notturno ed entrai nell’ascensore. Stavo ripensando a Ron. Povero vecchio ingenuo! Aveva del tutto perso il contatto col sistema politico che era emerso in America. Le sue sciocche e sentimentali cognizioni risalivano ai tempi di Franklin D. Roosevelt e di gente come… bah, io non ricordavo neppure quei nomi. Comunque, semplicemente non capiva come oggi andavano le cose.

Quello che cercavo di non dimenticare mai era che io stesso avrei potuto crescere con le idee un tantino rosse, se nonno Joe si fosse portato dietro i suoi princìpi quando venne in America. Là in Russia era stato un rapinatore di banche e un rivoluzionario. Quando il terreno cominciò a scottargli sotto i piedi s’imbarcò per Ellis Island anche lui, portando nella valigia ciò che restava dei frutti delle rapine ma lasciandosi alle spalle tutte le sue idee rivoluzionarie. Fu così che la Douglas Figli cominciò l’attività. E dalla Douglas Figli era venuto il denaro che mi aveva mantenuto a Yale.

Ma che sarebbe successo se il nonno avesse lasciato alle sue spalle il malloppo, per cercar fortuna nel nuovo mondo armato solo delle stracotte idee rivoluzionarie, come aveva fatto il suo amico Lenin? E come me la sarei cavata io, se quei provvidenziali corsi di scienze politiche a Yale non mi avessero fatto aprire gli occhi?

A passi lunghi mi diressi al grande appartamento-ufficio del 14° piano. All’interno le luci erano spente, ma le tende della larga finestra panoramica, aperte, lasciavano entrare i riflessi delFilluminazione stradale. Mi spogliai e scivolai nel letto a due piazze. Poi passai un braccio attorno alle spalle della mia ragazza, le accarezzai un seno e mordicchiandole un orecchio sussurrai: — Nyla… tesoro?

Come al solito aprì gli occhi di colpo, subito sveglia. La sua voce non suonò neppure troppo secca: — Com’è andata?

— Questo — dissi, cominciando ad accarezzarla anche con l’altra mano, — potrai giudicarlo tu stessa quando avrai sentito quel che c’è nel mio registratore.

Si volse, premendomi il naso contro il collo. — E vuoi farmelo ascoltare?

— Certo, dolcezza, puoi contarci — dissi. — Ma prima c’è un’altra faccenda di cui vorrei occuparmi. La mancanza dei pollici non aveva mai pesato sulle capacità di Nyla Christophe, a letto o altrove.

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