Davanti al volto dell’uomo c’era un oggetto — forse avrebbe potuto esser chiamata un’immagine — delle dimensioni di un pallone da spiaggia. Era composto da punti di luce. Vista dall’esterno una galassia avrebbe avuto circa quell’aspetto, se le galassie fossero così fitte di stelle. Molti punti di luce erano di un azzurro pallido, ma all’interno della sfera c’erano vaghe strisce di verde, giallo, arancione e anche rosso, come le linee di cancrena che s’irradiano da una ferita infetta. All’esterno della sfera c’era un circolo di quelli che avrebbero potuto essere specchi, riflettenti il volto preoccupato dell’uomo… solo che non erano specchi. Alcune di quelle immagini erano calve, altre avevano i capelli lunghi, o corti. Ve n’erano di abbronzate e di pallide, di paffute e di magre. — Adesso che l’abbiamo cartografato — disse l’uomo seduto, — penso di vedere il problema nella sua reale estensione. Ho già misurato le armoniche fino al sesto ordine di grandezza, e si stanno ancora propagando. — Fece una pausa e cercò segni di disaccordo sugli altri volti. Non ve ne furono. — Se la cosa continua — disse con calma, — ci sono novantanove probabilità su cento che entro un anno standard le perturbazioni saranno a tutti gli effetti totali e irreversibili.
Con tutto quello che stava succedendo nessuno prestò molta attenzione alla Bowquist e a me, mentre ci muovevamo verso la dispensa. Se avessero analizzato la sua espressione forse ci avrebbero letto qualcosa che avrebbe spinto qualcuno a farle una domanda, finché io non le dissi di sorridere. Allora lei sorrise. Oltre la dispensa c’era una stanza da bagno, e al di là di questa la porta che dava sulle scale.
Nessuno ci vide uscire.
— Aspettiamo un minuto qui, Bowquist — dissi, e la tenni d’occhio. Era una bella donna. Pesava almeno cinque chili più di me, cinque chili di cui io non ero mai stata in possesso grazie ai faticosi esercizi con gli attrezzi ginnici e sui tappeti da judo, ma le stavano bene addosso. Non era certo grassottella, solo più arrotondata di me. Aveva anche un odore inatteso. Io usavo il profumo, ogni tanto. Perché no? Agli uomini piace, e a me piaceva che desiderassero tutto di me quando andavamo a letto. Ma lei aveva l’aria di chi lo mette sempre; e poi c’era l’acconciatura dei suoi capelli. Li portava una ventina di centimetri più lunghi dei miei, pettinati in morbide onde. — Chi è Bowquist? — le chiesi.
— Ferdinand Bowquist è mio marito — rispose. Non si mostrava spaventata, anche se probabilmente lo era. Io lo sarei stata.
— Lo supponevo. Mi è parso che ti strusciassi parecchio con quel senatore, però.
A questo non rispose. Be’, non l’avrei fatto neanch’io d’altronde; ma per qualche ragione ero soddisfatta di vedere che questa donna bella e rispettabile correva anche la cavallina, all’occasione. — Cosa vuoi farmi? — chiese.
Dissi: — Tranquilla, dolcezza. Ti ho sentito dire che hai una stanza in quest’albergo. Quel che faremo è di prenderla in prestito per un poco.
La porta si aprì. Era quel che aspettavo. Comparve Moe, spingendo davanti a sé i due Larry, e anche questo era ciò che aspettavo. Il Larry straniero aveva l’aria preoccupata, ma il mio vecchio beneamato Larry era addirittura grigio in faccia. — Nyla — ansimò. — Sei impazzita? Non so cosa stai cercando di fare, ma non puoi…
Dissi: — Tappati la bocca, tesoro. Adesso facciamo una piccola passeggiata.
Non fu piccola e non fu esattamente una passeggiata. Dovemmo arrampicarci su per quelle scale e poi scendere giù per ben quindici piani — ventotto rampe di scalini — mentre fin lì nelle viscere dell’albergo sentivamo colpi d’arma da fuoco nelle strade, e di quando in quando anche nei cortili su cui si aprivano le porte di sicurezza.
Ce n’era abbastanza per innervosire chiunque. E infatti il nostro Larry stava perdendo le braghe. — Nyla, per amor di Dio! — gemette alle mie spalle. — Dove ci stai portando? Quella è gente che prima spara e poi fa le domande!
Ero in un bagno di sudore, e fui contenta di fermarmi un momento. — Nessuno ci proverà, razza di coglione! — dissi. — Ci fermeranno, ci faranno domande, e con ciò? Noi non siamo né contro gli uni, né contro gli altri. — A parte Nyla Bowquist, dissi a me stessa; ma chi avrebbe mai sparato a lei? — E poi ci sono solo altri tre piani.
I piani li avevo contati bene. Quello con cui non pensavo di dover fare i conti era l’alto tasso di criminalità di Washington: le porte della scala erano del tipo che si apre solo dall’interno. Peggio ancora, erano porte antincendio, rivestite in lamiera e con cardini fatti per resistere alle deformazioni da calore. Guardai Moe, dubbiosa. — Pensi di farcela ad aprire?
La sua risposta fu un grugnito piuttosto incerto. Prese la rincorsa, si scaraventò avanti, e colpì il battente con una spallata dietro cui c’erano tutti i suoi centodieci chili di forza bruta.
La porta non tremò neppure. Il rimbombo fu notevole, il risultato nullo. Moe si massaggiò il braccio e mi guardò con aria infelice. Scossi le spalle. — Provaci ancora — dissi, ma prima che potesse muoversi o protestare sull’impossibilità della cosa la porta si aprì. Sulla soglia comparve un soldato in uniforme da campagna verde oliva, che ci puntò addosso un fucile automatico. Appariva allarmato. Ma non quanto me, alla vista dell’arma.
— Che diavolo state facendo qui, voialtri? — sbottò.
Per un attimo la mia mente girò a vuoto intorno a una serie di risposte, senza riuscire a trovarne una sola valida. Ma — forse perché quelle circostanze strane l’avevano reso più baldanzoso, forse semplicemente perché aveva più fiato di noi — fu Moe a prendere in mano la situazione.
— Piano con quello sputafuoco, amico — disse con un sogghigno rassicurante. — Questi sono dei VIP, e tocca a me portarli al sicuro. Sono dell’FBI. Adesso stai calmo e tirerò fuori di tasca la mia tessera. Lo farò molto lentamente…
E lo fece, e il soldato era abbastanza giovane e abbastanza sciocco da avvicinarsi per esaminare il tesserino, e questo fu il suo errore. Oooff! rantolò, quando Moe, prima che potessi fermarlo, gli conficcò il coltello sotto lo sterno.
Così avemmo la strada libera verso la camera della Bowquist, e in più ci procurammo un’arma; ma soprattutto avevamo risolto il problema di quella gente, commettendo finalmente un crimine per cui potessero punirci senza difficoltà giurisdizionali.
Nella camera di Nyla, appuntato sul cuscino, c’era un biglietto:
Cara Nyla,
mi hanno detto che devo lasciare l’albergo. Sto andando a casa del senatore Kennedy, dove ti aspetterò. Spero che tu stia bene!
Si può immaginare quanto mi rattristai per l’assenza di questa Amy. Ciò che aveva attirato il mio sguardo erano intanto gli armadi aperti, pieni di biancheria fine e di bei vestiti appesi alle grucce, e un elegante bagno fornito di doccia, Lasciai Moe a minacciare i prigionieri con la sua grinta dura e andai subito sotto la doccia.
Mi fece sentire meglio; inoltre la doccia è il posto dove riesco a pensare con più chiarezza. Ne avevo un gran bisogno, perché la situazione aveva preso una piega che scombussolava i miei piani.
Avere un’arma era intanto un fatto positivo. Non ne avevo mai viste di quel tipo, ma era fornita di sicura, di mirino, di un grilletto, e di un caricatore ricurvo, perciò non dubitavo che avrei saputo usarla. Un sacco di gente non riesce a credere che io possa manovrare un fucile mitragliatore, senza pollici come sono. Qualcuno di loro aveva perso del denaro a scommettere con me, e uno o due qualcosa in più del denaro. Quando avete sparato con tutto quello che c’è nell’armeria dell’FBI, non avete particolari problemi a usare qualunque cosa costruita per far scoppiare polvere a un’estremità ed emettere una pallottola dall’altra.
Questo non è molto femminile, ma io non avevo mai avuto troppo tempo per concentrarmi su quello che per altre significava essere donna.
Non sto parlando del fare all’amore. Potrei scovarvi fuori una dozzina di uomini disposti a testimoniare che come femmina potrei giocare in Serie A. Voglio dire quell’altro genere di cose. Il genere di cose di Nyla Bowquist. I capelli splendenti e curati, il leggero tocco di ombretto che le dava luce agli occhi, quel modo di camminare sui tacchi alti come se ci fosse nata sopra. Questo è un esempio delle riflessioni che mi vengono sotto la doccia, quando assaporo il getto d’acqua calda e lascio che i miei pensieri vaghino liberi dove vogliono.
Quella volta non li lasciai vagare lontano. C’erano troppe cose che me li inchiodavano alla realtà, e buona parte di quella realtà era irta di spine pericolose.
Più pericolose ancora, adesso che ci eravamo lasciati un cadavere alle spalle.
In realtà poteva trattarsi di una cosa poco importante: doveva essere pieno di cadaveri lì intorno, con quegli scontri in strada. Però la cosa non mi era andata giù. Non ero mai stata uno di quegli agenti dal grilletto facile. Non mi piaceva che gli uomini che lavoravano per me uccidessero, salvo quando era assolutamente necessario, ovviamente, e da lì a non molto avrei fatto in modo che Moe si pentisse di quella faccenda.
Da lì a non molto. Ma non subito, perché adesso avevo altre cose da fare.
Quando terminai di sciacquarmi i capelli ero già riuscita a elaborare un piano che poteva funzionare piuttosto bene. Mi arrotolai un asciugamano intorno alla testa bagnata, senza preoccuparmi d’indossare altro, e uscii dal bagno. Su di me si fissarono tre sguardi mascolini penetranti come trapani; li ignorai e mi rivolsi alla Bowquist: — Mi piacerebbe prendere a prestito un po’ di biancheria — dissi, con una certa buona grazia.
— Nei cassetti — rispose, indicando il canterale. Era troppo ben educata per fare commenti sulla mia nudità, ma mentre aprivo i cassetti notai con la coda dell’occhio che reprimeva un sorriso. Mutandine, calze di nylon, reggiseni… tutta roba di lusso, e tutta ordinata secondo lo stile. Quella Amy doveva essere un tipo prezioso. Scelsi un intero set di biancheria in seta bianca, parlando mentre la indossavo.
— Quello che adesso faremo — dissi, — è d’impadronirci di un portale. Poi torneremo a casa nostra.
Questo produsse un mutamento d’espressione sulle loro facce. Specialmente negli uomini. Avevo notato già altre volte negli uomini che, mentre un corpo nudo li interessa sempre, trovano qualcosa di particolarmente eccitante in una femmina appena uscita da sotto la doccia, calda e bagnata, ancora fumante: sembrano incapaci d’aspettare che si sia asciugata. Ma feci in fretta a distoglierli da quei pensieri. Moe annuì, accettando la direttiva generale. L’altro Larry sembrava istupidito. E il nostro Larry sbuffò. — Per l’amor di Dio, Nyla, non riesci a capire che adesso sei fuori da quel letamaio? Rimani qui! Dimentica questa stupida idea di tornare indietro!
Scossi il capo. — Forse tu sei ansioso di dimenticare casa tua, tesoruccio — dissi, — perché, ammettiamolo pure, là ti attende un futuro assai poco divertente. Ma io lavoro per il Bureau, e loro si aspettano qualcosa da me. Devo presentare il mio rapporto.
— Aah, all’inferno, Nyla! — grugnì. — Vuoi davvero tornare in un posto dove ti sbattono in galera se porti gli shorts a più di un palmo sopra il ginocchio? Questo non è un mondo malvagio! Quando si saranno liberati da questa guerricciola… — Poi una riflessione gli bloccò la voce in bocca, e la rabbia che aveva in faccia si trasformò in ansia. — Cosa intendi per «futuro poco divertente»?
Dolcemente dissi: — Non ti aspetterai che io ti protegga in eterno, no? Direi che ormai sei proprio bruciato, carino… Vuoi passarmi quei pantaloni bianchi, Bowquist?
— Ma Nyla! Perché vuoi negare quel che c’è fra noi?
— Bah, Larry, chi vuoi prendere per il bavero? È una vita che sei impelagato nei tuoi piccoli racket, una truffa qui, un furtarello là. Mica ti biasimo per esserti immaginato che entrare nel mio letto era il colpo grosso che sognavi. Sbatterti un Agente Capo dell’FBI era una garanzia per star fuori dalle nostre mani, eh? Ma il dossier che abbiamo su di te intanto cresceva. … solo che non te l’ho mai detto.
— Nyla! — Stava cominciando a sudare. L’altro Larry, per contro, parve meno abbacchiato: peggio va per qualcun altro, meglio sembra che vada per noi. Erano proprio due tipi della stessa razza: snelli ed eleganti di modi, anche piacevoli, ma dentro fatti di niente.
— Non facciamoci cattivo sangue — dissi, tirando su la lampo dei pantaloni e ammirandomi allo specchio. Non erano aderenti come mi sarebbe piaciuto, però quel che volevo era evitare l’attenzione, non attirarla. Gli battei una mano su una spalla. — Anch’io ho avuto quel che volevo, lo sai. Ti avrei messo definitivamente in cima alla graduatoria di quelli che frequentavano la mia camera da letto, se non avessi cercato di ciurlarmi nel manico. Ed è quello che hai fatto. — Tolsi l’asciugamano dai capelli e me li tastai. Ancora piuttosto bagnati. — Bowquist, hai da prestarmi anche un asciugacapelli?
— Nel bagno — disse, muovendosi verso la porta, ma la fermai.
— Vai tu, Larry, e poi dammi un’asciugatina, eh? — ordinai al nostro Larry. Con aria risentita entrò nel bagno, e lo sentii frugare negli armadietti. — Ora, quel che cercheremo di fare sarà uno scambio. Noi abbiamo qualcosa che loro vogliono. Loro hanno qualcosa che io voglio.
— Qualcosa cosa, capo? — si accigliò Moe, ruminando sulla difficoltà di quel concetto.
— Quello che hanno loro è un portale. Quello che abbiamo noi sono due ostaggi. — Sorrisi con simpatia all’altra Nyla e all’altro Larry. — La Bowquist è quella che saranno più ansiosi di riavere, suppongo — dissi, — a giudicare da come il suo boyfriend se la coccolava. Sfortunatamente non è lui ad avere il portale. Ma ce l’ha il DeSota che vuole te, Dr. Douglas, e ci tiene molto a recuperarti…
— Oh, no! — gemette lui. — Ascoltate: non dovete rimandarmi da loro! Ho un’idea migliore.
— Sto ascoltando — dissi, sempre sorridendo.
— Avremo l’uso di un portale, forse… non so come, ma troveremo il modo. E torneremo nel vostro paratempo. Vi insegnerò come costruire l’apparecchiatura, così come l’ho insegnato agli altri! È questo che volevate da me! Lavorerò fino alla morte per voi, ve lo giuro!
Ci pensai su. — Così potrebbe essere ancor più sicuro per noi — gli concessi. — La domanda è: dove trovare un portale? — Mi volsi alla Bowquist. — Forse è qui che puoi venire utile. Pensi che se tu sussurrassi le paroline giuste al tuo boyfriend lo convinciresti a lasciarci usare un portale, per qualche minuto?
— Non ne ho idea — disse, molto fredda, molto distaccata. Situazioni di quel genere non erano parte del suo mondo, e dovetti ammirarla. Con una parte di me desiderai essere più simile a lei. E con quella parte di me rimpiangevo amaramente ciò che non ero diventata, ciò che avrei voluto diventare se le cose fossero andate diversamente, perché dopotutto io ero lei… — Cosa?
— Ho detto — ripeté, — che al tuo ex amichetto dev’essere successo qualcosa. — Stava guardando in direzione del bagno.
Mi occorse un secondo per capire di cosa stava parlando. Poi m’accorsi che aveva ragione. Nella stanza da bagno era già cessato ogni rumore, ma Larry ancora non usciva. Fui alla porta con due passi svelti.
Non c’era nulla dietro cui ci si potesse nascondere li dentro. Non sotto il lavandino, non nel cubicolo della doccia le cui tendine erano aperte come le avevo lasciate poco prima, e non dietro di esse.
Lui non c’era. Non esisteva neppure un pertugio da cui sarebbe potuto uscire. Ma lui non era lì.
Per la prima volta da non so quanto tempo provai la morsa gelida e acre della paura fisica. Mi volsi a Moe, in piedi presso la finestra, e aprii la bocca per dirgli di cercare sotto il letto o da qualche altra parte. L’espressione di Moe era vagamente perplessa…
Poi non ci fu più nessuna espressione sulla sua faccia, perché non ci fu più una faccia su cui avrebbe potuto dipingersi.
Nessuna faccia.
Un attimo prima guardavo lui, e un attimo dopo stavo guardando attraverso di lui. Era scomparso. I miei occhi brancolarono sulla finestra, sul canterano dove giaceva il fucile preso al soldato che aveva ucciso, ma dell’uomo che era stato in piedi fra me e quegli oggetti non c’era più traccia.
D’improvviso oltreché spaventata mi sentii nuda. Non intendo a pelle nuda, come quand’ero uscita dalla doccia, voglio dire senza speranza e senza difesa alcuna. Balzai verso il fucile automatico per puro riflesso.
Non lo raggiunsi mai.
La stanza cominciò a farsi evanescente, a svanire…
Ed ero svanita anch’io.