C’è una storia che si racconta ai bambini che stanno ancora imparando il Comandamento, una storia dei tempi in cui gli dèi andavano ancora vagando per il mondo in forma umana ed i primi uomini non erano ancora arrivati a Borthan. Gli dèi, a quel tempo, non sapevano di esserlo, perché non avevano mortali cui confrontarsi. Erano esseri innocenti, inconsapevoli dei loro poteri, e vivevano in modo semplice. Vivevano a Manneran (per questo Manneran presume di avere una santità superiore, perché secondo la leggenda è stata una volta la dimora degli dèi), mangiavano foglie e bacche e giravano nudi: soltanto durante il tiepido inverno di Manneran si buttavano leggermente sulle spalle delle pelli di animali. E non c’era nulla di divino, nel loro aspetto.
Un giorno, due di questi dèi dall’aria poco divina decisero di andare a vedere il mondo. L’idea del viaggio venne al dio il cui nome segreto era Kinnall, che è adesso il dio dei viaggiatori (sì, il nome mi viene da lui). Kinnall invitò a unirsi a lui la dea Thirga, che ora protegge gli innamorati. Thirga era irrequieta quanto Kinnall, e se ne andarono insieme.
Da Manneran, si diressero a Ovest, lungo la costa meridionale, fino alle spiagge del Golfo di Sumar. Poi volsero a Nord e traversarono il Passo Stroin, proprio presso il posto dove muoiono i Monti Huishtor. Entrarono nelle Terre Basse Bagnate, che non trovarono di loro gradimento e finalmente si avventurarono nelle Terre Basse Gelate, dove credettero di morire di freddo.
Allora si diressero di nuovo a Sud, questa volta piegando anche verso Ovest; in breve si trovarono di fronte i declivi interni dei Monti Threishtor. Sembrava che non fosse possibile attraversare una catena di monti così alti. Ne seguirono allora le falde a Sud senza riuscire a penetrare nelle Terre Basse Bruciate e si trovarono in gravi difficoltà fino al momento in cui per caso raggiunsero Passo Threish e si fecero faticosamente strada verso la fredda e nebbiosa provincia di Threish.
Durante la loro prima giornata a Threish, i due dèi scoprirono un posto dove c’era una sorgente che scaturiva dalla collina. L’apertura nella collina aveva nove lati e la roccia sovrastante era così luminosa da far dolere gli occhi. Aveva volute incandescenti, brillava e pulsava di molti colori che mutavano continuamente, rosso, verde, violetto, avorio, turchese e molti altri. Anche l’acqua che ne scaturiva era luminosa con in sé tutti i colori mai visti. Il corso era breve e finiva col perdersi nelle acque di un ruscello molto più largo, dove tutti quei meravigliosi colori si spegnevano.
Kinnall disse: — Il nostro viaggio nelle Terre Basse Bruciate è stato lungo e le nostre gole sono arse dalla sete. Beviamo? — E Thirga disse: — Sì, beviamo — e s’inginocchiò presso la fenditura della collina. Mise le mani a conca e le riempì d’acqua scintillante; anche Kinnall bevve ed il sapore dell’acqua era così dolce che spinsero i volti proprio nella corrente e bevvero a lunghe sorsate quanto potevano.
Appena l’ebbero fatto, cominciarono ad avvertire strane sensazioni nel corpo e nella mente. Kinnall volse lo sguardo verso Thirga e si accorse che poteva vedere i suoi pensieri, ed erano pensieri d’amore per lui. Thirga guardò lui e vide i suoi pensieri. — Siamo diversi, ora — disse Kinnall e non ebbe bisogno di parlare, perché Thirga capì immediatamente, non appena egli ebbe formulato il pensiero. E rispose: — No, non siamo diversi: siamo diventati capaci di capire l’uso dei doni che abbiamo sempre avuto, semplicemente.
Ed era vero. Possedevano molti doni e non li avevano mai usati prima. Potevano innalzarsi nell’aria e volare come uccelli, potevano cambiare la forma dei loro corpi, potevano camminare attraverso le Terre Basse Bruciate e attraverso le Terre Basse Gelate e non sentire fastidio, potevano vivere senza mangiare, potevano arrestare l’invecchiamento della loro carne e ringiovanire a volontà, potevano parlare senza parole. Avrebbero potuto fare tutte queste cose anche prima di venire alla sorgente, ma non conoscevano il modo; adesso erano capaci di usare le arti con cui erano nati. Avevano imparato, bevendo l’acqua della sorgente scintillante, come fare ad essere dèi.
Ma, anche così, non sapevano ancora di essere dèi.
Dopo un po’ si ricordarono degli altri rimasti a Manneran e tornarono in volo a dir loro della sorgente. Il viaggio durò soltanto un istante. Tutti i loro amici si fecero intorno, quando Kinnall e Thirga cominciarono a raccontare il miracolo della sorgente ed essi dimostrarono i loro nuovi poteri. Quando ebbero finito, tutti a Manneran decisero di andare alla sorgente. Si misero in marcia, in una lunga processione, attraverso il Passo Stroin e le Terre Basse Bagnate su per le falde orientali dei Threishtor fino a Passo Threish. Kinnall e Thirga volavano su di loro, indicando di giorno in giorno il cammino. Finalmente arrivarono alla sorgente, bevvero e ad uno ad uno divennero divinità. Poi si separarono: alcuni tornarono a Manneran, altri andarono a Salla, altri ancora si diressero verso Sumara Borthan o verso continenti lontani come Umbis, Dabis e Tibis: ormai erano come divinità, non avevano limiti nella velocità del loro viaggiare e desideravano vedere quegli strani posti. Kinnall e Thirga, invece, si stabilirono vicino alla sorgente, nella parte orientale di Threish e si contentarono di esplorarsi l’anima a vicenda.
Passarono molti anni e finalmente l’astronave dei nostri antenati atterrò a Threish, vicino alla costa occidentale. Gli uomini avevano finalmente raggiunto Borthan. Costruirono un villaggio e cominciarono a radunare cibarie. Uno dei pionieri, un certo Digant, si avventurò nel profondo della foresta in cerca di selvaggina. Si perse e continuò a girare e a girare fino a quando arrivò al luogo dove vivevano Kinnall e Thirga. Egli non aveva mai visto gente simile, e lo stesso era per i due dèi, prima di allora.
— Che razza di creature siete, voi? — chiese.
Kinnall rispose: — Una volta eravamo gente normale, ma ora tutto è cambiato, ora non invecchiamo mai, possiamo volare più veloci degli uccelli, le nostre anime sono aperte e possiamo prendere qualunque forma vogliamo.
— E allora voi siete dèi! — gridò Digant.
— Dèi? Cosa sono gli dèi?
Digant spiegò che egli era un uomo e non aveva i loro poteri, perché gli uomini devono usare parole per parlare, non possono volare né cambiare aspetto, e invecchiano ad ogni giro del mondo intorno al sole finché viene il tempo di morire. Kinnall e Thirga ascoltarono attentamente, confrontando se stessi con Digant, e capirono che era vero: egli era un uomo e loro erano dèi.
— Una volta, anche noi eravamo come gli uomini — ammise Thirga. — Sentivamo la fame e invecchiavamo, parlavamo soltanto con le parole e dovevamo mettere un piede davanti all’altro per spostarci. Vivevamo da uomini nell’ignoranza, dato che non conoscevamo i nostri poteri. Ma poi le cose cambiarono.
— Come? — chiese Digant.
— Be’ — disse Kinnall nella sua innocenza, — bevemmo alla sorgente luminosa e la sua acqua ci rivelò i nostri poteri e ci fece diventare come dèi. Questo è tutto.
Allora l’animo di Digant si empì di eccitazione ed egli si disse che avrebbe potuto bere alla sorgente ed unirsi alla coppia nella divinità. In seguito, avrebbe mantenuto il segreto della sorgente e al suo ritorno tra i colonizzatori sarebbe stato adorato come dio vivente e trattato con reverenza. Altrimenti, li avrebbe distrutti. Ma Digant non osava chiedere a Kinnall e a Thirga di farlo bere alla sorgente, perché aveva paura che per gelosia del loro stato divino essi rifiutassero. Così fece un piano per allontanarli.
— È vero — chiese, — che potete viaggiare così rapidamente da riuscire a visitare ogni parte di questo mondo in un solo giorno?
Kinnall gli assicurò che era vero.
— Difficile crederlo — disse Digant.
— Ti daremo la prova — disse Thirga; prese la mano di Kinnall e le due divinità sparirono. S’innalzarono fino al picco più alto dei Threishtor e colsero dei fiori di neve, discesero nelle Terre Basse Bruciate e presero una manciata di terra rossa; nelle Terre Basse Bagnate raccolsero delle erbe, presso il Golfo di Sumar raccolsero un po’ di liquido da un albero-carne, sulle rive del Golfo Polare presero una scheggia del ghiaccio eterno, poi salirono in cima al mondo fino a Tibis coperta di brina e cominciarono il loro viaggio attraverso i continenti lontani per portare all’incredulo Digant qualcosa da tutte le parti del mondo.
Nel momento stesso in cui Kinnall e Thirga partirono per questa impresa, Digant corse alla sorgente dei miracoli. Esitò brevemente per paura che gli dèi potessero ritornare all’improvviso e lo colpissero a morte per la sua sfrontataggine; ma essi non si fecero vivi e Digant immerse il volto nella corrente e bevve a lunghe sorsate, pensando: Adesso anch’io sarò un dio. Si riempì il ventre d’acqua scintillante, vacillò, mentre la testa gli girava e cadde a terra. È questa la divinità? si chiese. Cercò di volare e non ci riuscì, cercò di cambiare la sua forma e non ci riuscì, cercò di ringiovanire e non ci riuscì. Non riuscì perché era un uomo e non un dio, e la sorgente non poteva mutare un uomo in un dio, poteva soltanto aiutare un dio a comprendere i suoi poteri.
Ma la sorgente fece a Digant un dono: gli permise di entrare nelle menti degli altri uomini che erano a Threish. Mentre giaceva a terra, istupidito dalla delusione, sentì un lieve ticchettio in mezzo al cervello. Concentrandosi riuscì a capire di star ascoltando i pensieri dei suoi amici. Trovò il modo di amplificare il suono, così da poter sentire distintamente: sì, questa era la mente di sua moglie, questa quella di sua sorella, questa quella di suo cognato. Digant poteva leggerle tutte, così come poteva leggere qualsiasi altra mente, scoprire i più intimi pensieri. Questa è la divinità, si disse. Ascoltò i loro pensieri più a fondo, mise a nudo i segreti più reconditi. Pian piano, aumentò l’intensità del suo potere, finché ogni mente fu unita alla sua. Sviscerò la parte più intima delle loro anime finché, inebriato dal suo nuovo potere, gonfio d’orgoglio per la sua divinità, mandò con la mente un messaggio a tutte quelle menti: — ASCOLTATE LA VOCE DI DIGANT. È DIGANT IL DIO CHE ADORERETE.
Quando sentirono quella terribile voce rimbombare nelle loro menti, molti dei colonizzatori di Threish caddero morti dal terrore, altri persero la ragione, altri si misero a correre qua e là in preda ad una folle paura, gridando: — Digant ha invaso i nostri cervelli, Digant ha invaso i nostri cervelli! — Le loro ondate di paura e di dolore erano così intense che anche Digant soffriva: cadde in una specie di paralisi, in coma, mentre la sua mente istupidita continuava a ruggire: — Ascoltate la voce di Digant. È Digant il dio che adorerete. — Ogni volta che risuonava uno di quei terribili urli, altri colonizzatori morivano, altri impazzivano, e Digant, in risposta a quegli sconvolgimenti mentali che lui stesso provocava, si rotolava, tremava nell’agonia, completamente incapace di controllare i poteri del proprio cervello.
Mentre accadeva tutto questo, Kinnall e Thirga erano a Dabis e stavano tirando fuori da una palude un verme a tre teste da mostrare a Digant. Le urla del cervello di Digant corsero per il mondo e raggiunsero Dabis; Kinnall e Thirga le udirono, lasciarono quel che stavano facendo e tornarono precipitosamente a Threish. Trovarono Digant morente, col cervello quasi completamente bruciato ed i colonizzatori di Threish morti o impazziti: capirono immediatamente quel che era successo. Rapidamente, misero fine alla vita di Digant, in modo che ci fosse silenzio a Threish, poi passarono in mezzo alle vittime del preteso dio risuscitando i morti e risanando gli offesi. Alla fine, sigillarono con un sigillo indistruttibile l’apertura sulla collina, perché ormai avevano capito che a quella sorgente potevano bere solo gli dèi, non gli uomini, e tutti gli dèi avevano già bevuto. La gente di Threish cadde in ginocchio davanti ai due e chiese, sorpresa: — Chi siete voi? — E Kinnall e Thirga risposero: — Noi siamo dèi, e voi solo degli uomini. Così cominciò a morire l’ingenuità degli dèi. E da quel giorno, per il male che Digant aveva fatto, fu proibito agli uomini il cercar di parlare da mente a mente, e fu scritto nel Comandamento che si deve tenere la propria anima chiusa alle altre, perché solo gli dèi possono unirle senza distruggerle e noi non siamo dèi.