VI

Ben poco dì ciò che precede aveva veramente importanza. Mentre superavo le varie fasi dell’arruolamento dovevo sempre tenermi addosso il modulo della domanda, come un talismano, casomai qualche burocrate del Servizio temporale volesse davvero vederlo; ma l’unica cosa veramente necessaria era il mio codice anagrafico, che forniva a quelli del Servizio pieno accesso a tutto ciò che avevo messo per scritto sulla domanda (tranne i motivi per entrare nel Servizio temporale) e a molte altre cose ancora. Premendo un pulsante, il centro generale dati avrebbe sfornato non solo la mia statura, il peso, la data di nascita, il colore dei capelli, il colore degli occhi, l’indice razziale, il gruppo sanguigno e i titoli di studio, ma anche un elenco completo di tutte le malattie di cui avevo sofferto, le vaccinazioni, i checkup medici e psicologici, il conteggio degli spermatozoi, la temperatura corporea media nelle varie stagioni, le dimensioni di tutti gli organi del corpo (compreso il pene sia flaccido che eretto), tutte le località di residenza, la mia parentela fino al quinto grado e alla quarta generazione, l’attuale conto in banca, il profilo del mio comportamento finanziario, la situazione fiscale, l’adempimento dei doveri elettorali, gli arresti (se ce n’erano), la preferenza in fatto di animali domestici, il numero di scarpa, eccetera. La riservatezza è passata di moda, mi dicono.

Mentre io riempivo il modulo, Sam attendeva in sala d’aspetto molestando l’impiegata. Quando ebbi finito di scrivere si alzò e mi condusse giù per una rampa a spirale, nelle profondità del palazzo del Servizio. Tozzi robot dalla testa a martello, carichi di attrezzature e documenti, rotolavano accanto a noi sulla rampa. Una porta si aprì e ne uscì una segretaria: mentre ci passava davanti, Sam le diede un robusto pizzicotto sui capezzoli e quella scappò via strillando. Fece anche lo sgambetto a uno dei robot. Lo chiamano gusto di vivere. — Lasciate ogni speranza, voi che entrate — disse Sam. — Recito bene la mia parte, vero?

— Che parte? Satana?

— Virgilio — disse lui. — La tua buona guida nera nell’oltretomba. Gira a sinistra.

Entrammo in un pozzo di caduta e scendemmo per parecchio tempo.

Uscimmo in un grande stanzone fumante alto almeno cinquanta metri e attraversato da un oscillante ponte di corda, molto al di sopra del pavimento. — E uno nuovo che non ha una guida — domandai, — come può trovare la strada giusta in questo palazzo?

— Con molta difficoltà — rispose Sam.

Il ponte ci portò in un corridoio tirato a specchio, fiancheggiato da porte sgargianti.

Su una c’era scritto SAMUEL HERSHKOWITZ in lettere psichedeliche, vera roba d’antiquariato. Sam infilò il volto nella nicchia dell’analizzatore e la porta si aprì immediatamente. Ci affacciammo in una stanza lunga e stretta, arredata in modo arcaico con divani di plastica pneumatici, una scrivania a gambe sottili, e perfino (santo cielo!) una macchina per scrivere. Samuel Hershkowitz era un individuo lungo lungo e magro magro, con la faccia abbronzatissima, i baffi arricciati, le basette, e un metro di mento. Appena vide Sam scavalcò la scrivania, e si abbracciarono furiosamente.

— Fratello d’anima! — gridò Samuel Hershkowitz.

Landsmann! — urlò Sam il guru.

Si baciarono sulle guance. Si abbracciarono ancora. Si scambiarono manate sulle spalle. Poi si staccarono, e Hershkowitz mi guardò e disse: — Chi è?

— Una nuova recluta. Jud Elliott. Ingenuo, ma andrà bene per il percorso di Bisanzio. Sa il fatto suo.

— Ha la domanda, Elliott? — mi domandò Hershkowitz.

La tirai fuori. Lui l’esaminò brevemente e disse: — Mai sposato, eh? Deviante pervertito?

— Nossignore.

— Un normale frocio?

— Nossignore.

— Paura delle donne?

— Per niente. Solo che non me la sento di assumermi le responsabilità permanenti del matrimonio.

— Ma è eterosessuale?

— Prevalentemente — risposi, chiedendomi se non avevo commesso un errore.

Samuel Hershkowitz si tirò le basette. — I nostri Corrieri per Bisanzio devono essere irreprensibili, lei capisce. Il clima predominante su per quella particolare linea è… be’, torrido. Può correre la cavallina quando vuole nell’anno 2059, ma quando agisce come Corriere deve conservare il senso delle prospettive. Amen. Sam, garantisci tu per questo ragazzo?

— Sì.


— Per me sta bene. Ma facciamo ugualmente un controllo, per assicurarci che non sia ricercato per un reato capitale. La settimana scorsa ha fatto domanda un ragazzo simpatico, molto a posto, che chiedeva di fare la linea del Golgota, dove naturalmente ci vogliono tatto e santità in buona misura; e quando ho controllato i suoi precedenti ho scoperto che era ricercato per aver causato putrefazione protoplasmica nell’Indiana. E per parecchi altri reati. Dunque dunque. Controlliamo.

Hershkowitz attivò il suo terminale dei dati, batté il mio codice, e sullo schermo comparve il mio fascicolo. Doveva corrispondere a quanto avevo scritto sul modulo, perché dopo una rapida ispezione lui lo cancellò, annuì, batté alcune rapide annotazioni, e aprì la scrivania. Tirò fuori un oggetto piatto, liscio, dorato, che sembrava un cinto erniario, e me lo buttò. — Abbassi i pantaloni e lo metta — disse.

— Sam, fagli vedere come si fa.

Premetti lo scatto e i miei calzoni caddero. Sam mi passò il cinto erniario intorno ai fianchi e lo fissò: si chiuse, senza che si vedessero tracce, come se fosse sempre stato un unico pezzo. — Questo — disse Sam, — è il tuo timer. È sintonizzato sul sistema generale di smistamento, e sincronizzato per ricevere le onde degli impulsi portanti.

Finché non lo lascerai a corto di flogisto, questo aggeggino potrà portarti in qualunque punto del tempo entro gli ultimi settemila anni.

— Prima no?

— Questo modello no. Del resto, non autorizzano ancora viaggi senza restrizioni nell’età preistorica. Dobbiamo aprire era per era, con molta prudenza. Adesso sta’ attento. I comandi sono semplicissimi. Qui, proprio sopra la tua tuba di Falloppio sinistra, c’è un microinterruttore che regola i movimenti in avanti e all’indietro. Per viaggiare basta che tu descriva un semicerchio col pollice, su questo punto di pressione: dall’anca verso l’ombelico per tornare indietro nel tempo, dall’ombelico verso l’anca per andare avanti. Da questa parte c’è il sintonizzatore di precisione, e per usarlo occorre una certa pratica. Vedi questi quadranti con anno mese giorno ora minuto? Sì, devi socchiudere un po’ gli occhi per leggerli: non c’è rimedio. Gli anni sono calibrati in A.P., Ante Presente, e i mesi sono numerati, e così via. Tutto sta nel riuscire a fare un calcolo immediato della destinazione (843 anni A.P., cinque mesi, undici giorni, e così via) e regolare i quadranti. È sostanzialmente un calcolo aritmetico, ma ti sorprenderebbe sapere quanti non sanno tradurre 11 febbraio 1192 in una quantità di anni e mesi e giorni fa. Naturalmente dovrai imparare bene, se devi diventare Corriere; ma non preoccupartene, per ora.

Sam s’interruppe e alzò gli occhi verso Hershkowitz, il quale mi disse: — Ora Sam la sottoporrà a un test di disorientamento. Se lei lo supera, è fatta.

Anche Sam si mise un timer.

— Mai smistato prima? — domandò.

— Mai.

— Ci divertiremo, cocco. — Sorrise malignamente. — Ti regolerò io i quadranti.

Aspetta che ti dia il segnale, poi usa l’interruttore di sinistra per attivare il timer. E non dimenticare di tirarti su i pantaloni.

— Prima o dopo essermi smistato?

— Prima — disse Sam. — Puoi azionare l’interruttore attraverso i vestiti. Non è mai una buona idea arrivare nel passato con i pantaloni intorno alle ginocchia. In quel modo non puoi correre abbastanza forte, e qualche volta bisogna essere pronti a correre nel secondo stesso in cui si arriva.

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