XXXV

La villa era di stile classico, con atrio e peristilio, un enorme cortile centrale, porticati, pavimenti di mosaico, pareti affrescate, una grande sala con tanto di abside, una vasca nel cortile, una biblioteca piena di rotoli, una sala da pranzo alla cui tavola d’avorio intarsiata d’oro potevano prender posto tre dozzine di commensali, una galleria ricca di statue, e un bagno marmoreo. Gli schiavi mi guidarono verso il bagno, e Metaxas mi gridò che ci saremmo visti più tardi.

Ricevetti il trattamento regale.

Tre schiave dai capelli scuri — persiane, mi disse più tardi Metaxas — mi fecero il bagno. Indossavano soltanto una specie di tanga, e in un momento io mi trovai senza neppure quello perché con un ridente scampanio di seni mi spogliarono e cominciarono a lustrarmi e a insaponarmi fino a farmi risplendere. Bagno a vapore, bagno caldo, bagno freddo… i miei pori ebbero il loro bel daffare. Quando uscii, le ragazze mi asciugarono molto meticolosamente e mi fecero indossare la tunica più elegante che avessi mai sognato di mettermi. Poi, con un grazioso ondeggiare di natiche nude, sparirono in una galleria sotterranea. Comparve un maggiordomo di mezza età che mi condusse nell’atrio, dove Metaxas mi attendeva in compagnia di caraffe di vino.

— Ti piace? — mi domandò.

— Ho l’impressione di vivere in un sogno.

— È così. E io sono il sognatore. Hai visto le mie terre? Grano, olive, bestiame, fichi, tutto. Io sono il proprietario. I miei fittavoli lavorano. Ogni anno acquisto nuove terre grazie agli utili dell’attività dell’anno precedente.

— È incredibile — dissi. — Ed è ancor più incredibile che tu possa farlo impunemente.

— Mi sono guadagnato la mia invulnerabilità — disse Metaxas, semplicemente. — La Pattuglia temporale sa che non deve perseguitarmi.

— Sa che sei qui?

— Credo che lo sappia — disse lui. Però mi sta alla larga. Io sto attento a non produrre cambiamenti significativi nella struttura della storia. Non sono un criminale: sono solo indulgente con me stesso.

— Ma tu cambi la storia, per il semplice fatto di essere qui! Qualcun altro sarebbe stato proprietario di queste terre, nel vero 1105.

— Il vero 1105 è questo.

— Voglio dire quello originale, prima che cominciassero ad arrivare qui i visitatori grazie all’effetto Benchley. Hai interpolato te stesso nel catasto dei proprietari terrieri e… mio Dio, il conduttore del carro ti ha chiamato Metaxas! È il nome che usi qui?

— Themistoklis Metaxas. Perché no? È un bel nome greco.

— Sì, ma… senti, deve figurare su tutti i documenti, i ruoli del fisco, tutto!

Sicuramente hai cambiato gli archivi bizantini che sono pervenuti fino a noi, insinuandoti dove prima non c’eri. Cosa…


— Non c’è nessun pericolo — replicò Metaxas. — Finché qui non distruggo vite e non creo vite, finché non induco nessuno a cambiare una linea d’azione decisa in precedenza, tutto va per il meglio. Sai, operare una vera alterazione nel flusso del tempo è molto difficile. Devi fare qualcosa di veramente grosso, per esempio uccidere un monarca. Con la mia semplice presenza qui, introduco piccoli mutamenti: ma vengono assorbiti in dieci secoli, e giù per la linea non risulta nessun vero cambiamento. Mi segui?

Scrollai le spalle. — Ma dimmi una cosa, almeno. Come sapevi che stavo per arrivare?

Ridendo, rispose: — Ho guardato due giorni giù per la linea, e tu eri qui. Perciò ho verificato il momento del tuo arrivo e ti ho mandato incontro Nicola. Ti ho risparmiato una lunga camminata, no?

Naturalmente. Io non avevo pensato in quattro dimensioni. Era logico che Metaxas scrutasse abitualmente il suo immediato futuro, lì, per non cadere vittima di qualche spiacevole sorpresa in quell’epoca spesso imprevedibile.

— Vieni — disse Metaxas. — Raggiungiamo gli altri.

Gli altri oziavano sui divani intorno alla vasca del cortile, mangiucchiando pezzi di arrosto che giovani schiave avvolte in vesti diafane mettevano loro in bocca. C’erano due Corrieri miei colleghi, Kolettis e Pappas, entrambi in licenza. Pappas, dai baffi penduli, riusciva ad avere l’aria mesta perfino mentre pizzicava un sodo sederino persiano; ma Kolettis, grassottello e chiassoso, era in ottima forma, e cantava e rideva. Un terzo uomo, che io non conoscevo, era intento a osservare i pesci nella vasca. Sebbene fosse abbigliato alla moda del dodicesimo secolo, aveva un volto immediatamente riconoscibile come moderno, pensai. E non mi sbagliavo.

— Questo è il filologo Paul Speer — mi disse Metaxas in inglese. — Un accademico in visita. Dottor Speer, le presento il Corriere temporale Jud Elliott.

Ci stringemmo la mano, formalmente. Speer era sulla cinquantina, un po’ secco, un ometto pallido dal viso angoloso e gli occhi svelti e nervosi. — Piacere — disse.

— E questa — aggiunse Metaxas, — è Eudocia.

L’avevo notata nell’istante in cui ero entrato nel cortile, ovviamente. Era una ragazza snella, dai capelli rossi e dalla pelle chiara ma con gli occhi scuri, sui diciannove o vent’anni. Era carica di gioielli, e quindi evidentemente non era una schiava; tuttavia il suo abbigliamento era audace secondo i criteri bizantini, poiché consisteva soltanto di un doppio avvolgimento leggero di seta trasparente. La stoffa, tendendosi, rivelava i piccoli seni alti, le natiche da ragazzetto, l’ombelico, perfino un accenno di ciuffo all’inguine. Io preferisco le donne scure di capelli e di carnagione e dalla figura voluttuosa, ma Eudocia era enormemente attraente. Mi sembrava tesa, pronta a scattare, piena di furia e di fervore.

Mi fissò con tranquilla sfrontatezza e indicò la sua approvazione piantandosi le mani sulle cosce e inarcando la schiena. Il movimento le fece aderire ancor più la stoffa addosso, e mi mostrò la sua nudità ancor più dettagliatamente. Sorrise. I suoi occhi brillavano di lussuria.

In inglese, Metaxas mi disse: — Ti avevo parlato di lei. È la mia bis-bis-multi-bis-bisnonna. Provala a letto, stanotte. Ha un movimento di fianchi incredibile!


Eudocia sorrise con più calore. Non sapeva cosa diceva Metaxas, ma doveva aver capito che parlava di lei. Mi sforzai di non fissare con troppa intensità le bellezze messe in mostra da Eudocia. È ammissibile che un uomo divori con gli occhi la bisbis-multi-bis-bisnonna del proprio anfitrione?

Una schiava bella e nuda mi offrì agnello e olive en brochette. Inghiottii senza sentire il sapore. Avevo le narici piene del profumo di Eudocia.

Metaxas mi offrì del vino e mi allontanò da lei.

— Il dottor Speer — disse, — è qui per raccogliere materiale. È uno specialista della tragedia greca classica, alla ricerca di testi perduti.

Il dottor Speer batté i tacchi. Era quel tipo di pedante teutonico che — lo si capisce al volo — usa in tutte le occasioni il titolo accademico completo. Achtung! Herr filologo Speer! Il filologo Speer disse: — Finora ho avuto molto successo.

Naturalmente la mia ricerca è appena iniziata, tuttavia ho già ottenuto dalle biblioteche bizantine la Nausicaa e il Trittolemo di Sofocle, e di Euripide l’ Andromeda, le Peliadi, il Fetonte e l’Edipo, e inoltre un manoscritto quasi completo delle Etnee di Eschilo. Quindi vede che mi è andata bene.

— E batté di nuovo i tacchi.

Sapevo che non era il caso di rammentargli che la Pattuglia temporale disapprova il recupero dei capolavori perduti. Lì, nella villa di Metaxas, eravamo ipso facto violatori dei regolamenti della Pattuglia, e complici (prima e dopo il fatto) di innumerevoli cronoreati.

Gli domandai: — Intende portare i manoscritti giù per la linea nel tempo attuale?

— Sì, naturalmente.

— Ma non potrà pubblicarli! Cosa se ne farà?

— Li studierò — disse il filologo Speer. — Arricchirò la mia conoscenza della tragedia greca. E con l’andar del tempo collocherò ogni manoscritto in qualche posto dove gli archeologi possano scoprirlo, e queste tragedie verranno restituite al mondo.

È un reato da poco, no? Mi si può accusare di essere malvagio perché desidero ampliare il nostro scarso patrimonio di testi di Sofocle?

Per me, aveva tutte le ragioni.

Secondo me è sempre stata una stupida ottusità vietare di andare su per la linea a scoprire manoscritti o dipinti perduti. Capisco che non sarebbe opportuno lasciare che qualcuno tornasse nel 1600 e si portasse via la Pietà di Michelangelo o la Leda di Leonardo. Sarebbe un cronomutamento e un cronoreato, perché la Pietà e la Leda devono avanzare anno per anno fino al nostro tempo attuale, e non saltare come ranocchi scavalcando quattro secoli e mezzo. Ma perché non permetterci di ottenere opere d’arte che non abbiamo? Chi resterebbe danneggiato?

Kolettis disse: — Dottor Speer, lei ha perfettamente ragione! Diavolo, permettono agli storici di ispezionare il passato per apportare correzioni ai testi di storia, no? E quando quelli pubblicano i loro libri riveduti e corretti, anche questo modifica lo stato della nostra conoscenza!

— Sì — disse Pappas. — Come per esempio quando si è scoperto che lady Macbeth era in realtà una donna tenera che ha lottato invano per limitare le ambizioni sfrenate e sanguinarie del marito. Oppure potremmo considerare il caso della storia di Mosè. O quello che sappiamo adesso di Riccardo III. O la verità su Giovanna d’Arco.


Abbiamo rattoppato la storia in milioni di punti, dopo l’inizio dei viaggi con l’effetto Benchley, e…

— … e quindi perché non rattoppare anche alcune falle della storia letteraria? — incalzò Kolettis. — Evviva il dottor Speer! Rubi tutte le tragedie che esistono, dottore!

— I rischi sono grandi — disse Speer. — Se vengo scoperto sarò severamente punito, forse addirittura privato della mia posizione accademica. — Lo disse come se preferisse venir privato dei genitali. — È una legge tanto stupida… Sono tipi così spaventati, quelli della Pattuglia temporale: si preoccupano dei cambiamenti, anche quando sono a fin di bene.

Per la Pattuglia temporale nessun cambiamento è a fin di bene. Accetta le revisioni storiche perché non può evitarlo: la legislazione consente specificamente quel tipo di ricerca. Ma la medesima legge vieta il trasporto di qualsiasi oggetto giù per la linea, a eccezione di quanto viene richiesto per le funzioni dello stesso Servizio temporale, e la Pattuglia si attiene alla lettera della legge.

Io dissi: — Se lei è in cerca di tragedie greche, perché non prova alla Biblioteca di Alessandria? Ne troverà una decina per ognuna di quelle sopravvissute fino al periodo bizantino.

Il filologo Speer mi rivolse il sorriso che di solito si accorda a un bambino intelligente ma ingenuo.

— La Biblioteca di Alessandria spiegò cattedraticamente, — è un obiettivo primario per i filologi come me. Perciò viene sorvegliata continuamente da un uomo della Pattuglia temporale camuffato da scriba. Ho sentito dire che compie parecchi arresti ogni mese. Non voglio espormi a un rischio del genere. Qui a Bisanzio la mia meta è più difficile da raggiungere, ma c’è meno pericolo di venire scoperto.

Cercherò ancora. Spero di trovare una novantina di tragedie di Sofocle, e almeno altrettante di Eschilo, e…

Загрузка...