XXVII

— Alla tua prossima licenza — disse Metaxas, — vieni a trovarmi nella mia villa.

Io vivo là, nel 1105. È un periodo ottimo, per stare a Bisanzio: regna Alessio Comneno, e regna con saggezza. Ti farò trovare una ragazza ardente e vino in abbondanza. Verrai?

Io ero perduto nell’ammirazione per quell’ometto dal volto aguzzo. La nostra visita si avvicinava alla fine, e mancava solo la conquista turca: e lui mi aveva rivelato, in un modo che mi aveva lasciato sconvolto, la differenza tra un Corriere ispirato e uno soltanto efficiente.

Solo un’intera vita dedicata alla missione poteva produrre simili risultati, poteva portare a uno spettacolo di quel genere.

Metaxas non si era limitato a condurci agli eventi salienti tradizionali. Ci aveva mostrato una quantità di avvenimenti minori, portandoci per un’ora qui, per due ore là, creando per noi uno splendido mosaico della storia bizantina al cui confronto impallidiva il lustro dei mosaici di Haghia Sophia. Altri Corrieri facevano sì e no una decina di soste: Metaxas ne fece più di cinquanta.

Aveva una particolare predilezione per gli imperatori sciocchi. Avevamo ascoltato un discorso di Michele II il Balbuziente, e avevamo osservato le pazzie di Michele III l’Ubriacone, e avevamo assistito al battesimo di Costantino V, che aveva avuto la sfortuna di sporcare il sacro fonte e che per tutta la vita era stato chiamato Costantino Copronimo. Metaxas si trovava perfettamente a proprio agio a Bisanzio, in ognuno di quei mille anni. Tranquillo, disinvolto, girava a suo piacimento su e giù per le epoche.

La sua villa era una prova della sua sicurezza e della sua audacia. Nessun altro Corriere aveva mai osato crearsi una seconda identità su per la linea, trascorrendo tutte le vacanze come cittadino del passato. Metaxas dirigeva la sua proprietà in base al tempo attuale: quando doveva lasciarla per due settimane, per guidare una visita, vi ritornava due settimane dopo la partenza. Non si sovrapponeva mai a se stesso, non vi andava mai quando era già nella residenza: un solo Metaxas poteva usarla, ed era il Metaxas del tempo attuale. Aveva acquistato la villa dieci anni prima, secondo il suo duplice tempo attuale: 2049 giù per la linea, 1095 a Bisanzio. Aveva mantenuto quella base con estrema precisione: per lui, erano passati dieci anni in entrambi i posti. Gli promisi di fargli visita nel 1105. Sarebbe stato un onore, dissi.

Metaxas sorrise ironicamente e replicò: — E quando verrai ti presenterò alla mia bis-bis-multi-bis-bisnonna. A letto è straordinaria. Ricordi quello che ti ho detto a proposito dell’idea di scopare una propria antenata? Non c’è nulla di meglio!

Ero sbigottito. — Lei sa chi sei?

Non dire sciocchezze — fece Metaxas. — Credi che infrangerei la prima regola del Servizio temporale? Che lascerei capire a qualcuno, su per la linea, che sono venuto dal futuro? Lo credi possibile? Perfino Themistoklis Metaxas ubbidisce a quella regola!

Come il cupo Capistrano, Metaxas aveva dedicato molto tempo alla ricerca dei propri antenati. Ma i suoi moventi erano del tutto diversi. Capistrano era intento a tramare un complicato suicidio, ma Metaxas era ossessionato dall’incesto transtemporale.

— Non è rischioso? — domandai.

— Basta che tu prenda le pillole e sei al sicuro, e lo è anche lei.

— Voglio dire, la Pattuglia temporale…

— Fa’ in modo che non ti scopra replicò Metaxas. — Così non è rischioso.

— Se per caso la metti incinta, potresti diventare l’antenato di te stesso.

— Impossibile — disse Metaxas.

— Ma…

— Nessuno mette più incinta una donna per caso, ragazzo. Naturalmente — aggiunse, — può darsi che un giorno mi venga voglia di farlo apposta.

Sentii i venti del tempo soffiare furiosi. Dissi: — È un discorso da anarchico!

— Da nichilista, per essere esatti. Guarda, Jud, guarda questo volume. Ho elencato tutti i miei antenati, a centinaia, dal secolo diciannovesimo fino al decimo. Nessun altro al mondo ha un albero genealogico simile, tranne forse qualche ex re o ex regina, e neppure loro l’hanno così completo.

— C’è Capistrano — dissi io.

— Lui è risalito solo fino al secolo quattordicesimo! Comunque è picchiato in testa. Sai perché ricostruisce la sua genealogia?

— Sì.

— Abbastanza morboso, no?

— Sì — dissi. — Ma spiegami, perché ci tieni tanto ad andare a letto con le tue antenate?

— Vuoi proprio saperlo?

— Certo.

Metaxas disse: — Mio padre era un uomo freddo, odioso. Picchiava i figli ogni mattina, prima di colazione, per tenersi in esercizio. Anche suo padre era un uomo freddo e odioso. Costringeva i figli a vivere come schiavi. E il padre di questo… Io provengo da una lunga successione di maschi tirannici, autoritari, dittatoriali. Li disprezzo tutti. È la mia forma di rivolta contro l’immagine paterna. Vado nel passato e seduco le mogli e le sorelle e le figlie di questi uomini che odio. Così sgonfio la loro gelida presunzione.

— In questo caso, per essere del tutto coerente, dovresti aver cominciato… con tua madre…

— Mi sono posto un limite alle abominazioni — disse Metaxas.

— Capisco.

— Ma mia nonna sì! O diverse bisnonne! E avanti e avanti e avanti! — Gli brillavano gli occhi. Per lui era una missione divina. — Ho già scopato per venti o trenta generazioni, e continuerò per altre trenta! — Rise con quella sua risata stridula, satanica. Inoltre — aggiunse, — le belle donne mi piacciono quanto a chiunque altro.

Gli altri seducono a casaccio: Metaxas lo fa sistematicamente! Conferisce significato e struttura alla mia vita. Questo t’interessa, eh?

— Ecco…

— Quello che faccio io, è la gioia più intensa della vita. — Immaginai una fila di donne nude che giacevano a fianco a fianco, all’infinito. Ognuna aveva il volto aguzzo e i lineamenti affilati di Themistoklis Metaxas. E Metaxas si muoveva pazientemente lungo la fila, soffermandosi per scopare questa, e la successiva, e la successiva ancora, e in quel modo instancabile procedeva su per la linea fino a quando le donne a gambe aperte diventavano pelose, con il mento sfuggente, le donne del Pithecanthropus erectus, e là c’era Metaxas erectus che continuava a sbatterle fino all’inizio del tempo. Bravo, Metaxas, bravo!

— Perché non provi anche tu, qualche volta? — mi domandò.

— Ecco…

— Mi dicono che sei di discendenza greca.

— Sì, per parte di madre.

— Allora probabilmente i tuoi antenati sono vissuti proprio qui a Costantinopoli.

Nessun greco che valga qualcosa accetterebbe di vivere in Grecia, in quest’epoca. In questa momento preciso, una tua affascinante antenata si trova proprio in questa città!

— Ecco…

— Trovala! — esclamò Metaxas. — Scopala! È la felicità! È l’estasi! Sfida lo spazio e il tempo! Caccia un dito nell’occhio di Dio!

— Non sono sicuro di volerlo fare — dissi. Però lo feci.

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