XXXVI

La cena di quella sera fu un festoso banchetto. C’ingozzammo di zuppe, stufati, anitra arrosto, pesci, maiale, agnello, asparagi, funghi, mele, fichi, carciofi, uova sode servite in portauova di smalto azzurro, formaggi, insalate, vino. Per cortesia nei confronti di Eudocia, che era a tavola con noi, conversammo in greco e perciò non parlammo affatto dei viaggi nel tempo né delle iniquità della Pattuglia.

Dopo cena, mentre si esibivano alcuni giocolieri nani, presi in disparte Metaxas.

— Ho una cosa da mostrarti — gli dissi, e gli porsi il rotolo di pergamena su cui avevo scritto la mia genealogia. Gli diede un’occhiata e aggrottò la fronte.

— Cos’è?

— I miei antenati. Fino al settimo secolo.

— E quand’è che hai fatto tutto questo? — mi domandò ridendo—.


— Durante l’ultima licenza. — Gli parlai delle mie visite a nonno Passilidis, a Gregorio Markezinis, al tempo di Niceforo Dücas.

Metaxas studiò più attentamente l’elenco.

Dücas? Cos’è Dücas?

— Sono io. Sono un Dücas. Lo scriba mi ha fornito dettagli fino al settimo secolo.

— Impossibile. Nessuno sa chi fossero i Dücas, a quell’epoca. È falso!

— Forse quella parte lo è. Ma dal 950 in poi, è legittimo. Questa è la mia famiglia.

L’ho seguita quando ha lasciato Bisanzio e si è trasferita in Albania, fino alla Grecia del ventesimo secolo.

— È la verità?

— Lo giuro!

— Piccolo furbacchione — fece affettuosamente Metaxas. — Tutto in una licenza, hai scoperto. E un Dücas, nientemeno! Un Dücas! — Consultò di nuovo l’elenco.

— Niceforo Dücas, figlio di Niceta Dücas, figlio di… ehm… Leone Dücas! Pulcheria Bòtaniates!

— Cosa c’è che non va?

— Li conosco! — esclamò Metaxas. Sono stati miei ospiti qui, e io sono stato ospite loro. Lui è uno degli uomini più ricchi di Bisanzio, lo sai? E sua moglie Pulcheria è una bellissima ragazza… — Mi strinse rabbiosamente il braccio. — Lo giuri? Sono tuoi antenati?

— Ne sono certissimo.

— Meraviglioso — disse Metaxas. Lascia che ti parli di Pulcheria, adesso. Ha… oh, diciassette anni. Leone l’ha sposata quand’era una bambina: qui si usa spesso. Lei ha un vitino così, e seni così, e il ventre piatto e occhi che t’infiammano e…

Mi liberai dalla stretta e lo guardai bene in faccia.

— Metaxas, hai… — Non riuscii a dirlo.

— … dormito con Pulcheria? No, no. È la verità davanti a Dio, Jud! Ho abbastanza donne, qui. Ma senti, ragazzo, ecco la tua grande occasione. Posso fartela conoscere.

È matura per la seduzione. Giovane, senza figli, bellissima, annoiata, con un marito così preso dagli affari che quasi non si accorge di lei… e per giunta è la tua bis-bis-multi-bisnonna!

— Questo può affascinare te, non me — gli rammentai. — Per me, anzi, può essere una ragione per starle alla larga.

— Non fare l’idiota. Ti combinerò tutto in due o tre giorni. Una presentazione ai Dücas, una notte come ospite nel loro palazzo, una parola alla dama di compagnia di Pulcheria…

— No dissi.

— No?

— Non voglio finire invischiato in una storia del genere.

— È difficile accontentarti, Jud. Non vuoi scopare l’imperatrice Teodora, non vuoi andare a letto con Pulcheria Dücas, non… ehi, adesso mi dirai che non vuoi neanche Eudocia.

— Non mi dispiace sbattere una delle tue antenate — dissi. E sogghignai. — Non mi dispiacerebbe neppure seminare un figlio nella pancia di Eudocia. Cosa proveresti se saltasse fuori che io sono il tuo multi-bisnonno?


— È impossibile — disse Metaxas.

— Perché?

— Perché Eudocia rimane nubile e senza figli fino al 1109. Poi sposa Basilio Stratiocus e ha sette figli maschi e tre femmine nei quindici anni seguenti, compreso uno che è mio antenato. Cristo, e come ingrassa!

— Si potrebbe cambiare tutto quanto — gli rammentai.

— Col cavolo, che si può — disse Metaxas. — Credi che io non vegli sulla mia stirpe? Non pensi che ti cancellerei dalla storia se ti sorprendessi a compiere un cronomutamento nel matrimonio di Eudocia? Lei non avrà figli prima che la metta incinta Basilio Stratiocus, e questo è quanto. Ma per stanotte è tua.

Lo fu. Considerandomi un ospite del grado più elevato, Metaxas spedì l’antenata Eudocia nella mia camera da letto. Il suo corpo agile e snello era un po’ troppo magro per i miei gusti: i piccoli seni sodi mi riempivano appena le mani. Ma Eudocia era una tigre. Era tutta energia e passione, e mi venne addosso e si dondolò in estasi in venti rapide rotazioni, e quello fu solo l’inizio. Arrivò l’alba prima che si decidesse a lasciarmi dormire.

E in sogno vidi Metaxas accompagnarmi al palazzo dei Dücas e presentarmi al mio multibisnonno Leone, il quale disse serenamente:

— Questa è mia moglie Pulcheria. — E nel sogno mi pareva che fosse la donna più incantevole che avessi mai visto.

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