LII

Dajani era appena ritornato da un’ispezione in città nel 630-65C, ma non aveva avuto fortuna. Era stanco e irritato, e manifestamente non era entusiasta dell’idea di trascorrere la licenza cercando il turista fuggitivo di qualcun altro.

Si affrettò a smorzare il mio umore sentimentale. Cercai di recitargli il mio discorsetto di gratitudine; ma lui fece, acido: — Smettila di sviolinare. Lo faccio perché si rifletterebbe negativamente sulla mia capacità di istruttore, se la Pattuglia scoprisse che razza di antropoide ho trasformato in Corriere. È la mia pelle, che cerco di proteggere.

Vi fu uno sgradevole momento di silenzio. Parecchi strascicarono i piedi e si schiarirono la gola.

— Non è molto consolante, sentirselo dire — dichiarai a Dajani.

Buonocore intervenne: — Non prendertela così, ragazzo. Come ti ho detto, a qualunque Corriere può capitare un turista che manomette il timer, e…

— Non mi riferisco alla perdita del turista — disse stizzito Dajani. — Mi riferisco al fatto che questo idiota è riuscito a duplicare se stesso mentre cercava di correggere l’errore! — Tracannò una gorgogliante sorsata di vino. — Quella gliela posso perdonare, ma questa no.

— La duplicazione è una brutta faccenda — ammise Buonocore.

— Una faccenda seria — aggiunse Kolettis.

— Cattivo karma — ribadì Sam. — Non so come la copriremo, questa.

— Non riesco a ricordare un solo precedente — dichiarò Pappas.

— Un grave errore di calcolo — commentò Plastiras.

— Sentite — dissi io, — la duplicazione è stata accidentale. Ero così smanioso di trovare Sauerabend che non mi sono soffermato a calcolare le implicazioni di…

— Comprendiamo — fece Sam.

— È un errore naturale, quando si è sotto pressione — osservò Jeff Monroe.

— Poteva accadere a chiunque — concesse Buonocore.

— Un peccato. Un vero peccato — mormorò Pappas. Cominciai a sentirmi non più un membro importante di una solidale confraternita quanto un nipote un po’ scemo che non riesce a evitare di lasciare tracce di sporcizia dovunque vada: gli zii dello scemo si adoperano per ripulire una macchia, e cercano di tenerlo calmo perché non faccia di peggio.

Poi compresi qual era, in realtà, l’atteggiamento di quegli uomini nei miei confronti. Provai l’impulso di chiamare la Pattuglia temporale, confessare i miei cronoreati, e chiedere di venire sradicato. La mia anima si rattrappì. La mia virilità si avvizzì. Io, lo scopatore di imperatrici, il seduttore di nobildonne recluse, l’interlocutore di imperatori, io, l’ultimo dei Dücas, io, il navigatore dei millenni, io, il brillante Corriere nello stile di Metaxas, Io… Io, per quei Corrieri veterani, ero semplicemente una massa eretta di sterco ambulante. Una fece che camminava come un uomo. Cioè, il singolare di feci. Vale a dire, uno stronzo.

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