Perrin non s’aspettava di prendere sonno, ma la pancia piena di stufato freddo (aveva mantenuto il proponimento di mangiare radici solo finché non aveva sentito il profumo degli avanzi della cena) e la stanchezza l’avevano spinto a mettersi a letto. Si svegliò perché Lan lo scuoteva: le prime luci dell’alba entravano dalla porta spalancata e mutavano il Custode in ombra contornata d’alone luminoso.
«Rand è scomparso» si limitò a dire Lan, prima di correre via; ma fu più che sufficiente.
Perrin si alzò e si vestì in fretta. Fuori si vedevano solo alcuni shienaresi che usavano i cavalli per trascinare nei boschi le carcasse dei Trolloc e che si muovevano come se avrebbero fatto meglio a stare a letto a curarsi. L’organismo umano aveva bisogno d’un certo tempo per ricuperare l’energia consumata dalla Guarigione.
Perrin sentì brontolare lo stomaco e fiutò l’aria, con la speranza che qualcuno avesse già iniziato a cucinare. Era pronto a mangiare anche quella sorta di rape, persino crude. La brezza gli portò solo gli odori di Myrddraal uccisi, di Trolloc morti, di uomini morti e vivi, di cavalli, d’alberi. E di lupi morti.
La baracca di Moiraine, a metà pendio sull’altro lato della conca, pareva centro di grande attività. Min vi entrò in fretta; l’attimo dopo uscì Masema; poi Huno. Quest’ultimo sparì di corsa fra gli alberi, diretto alla parete di nuda roccia dietro la baracca, mentre l’altro shienarese scendeva zoppicando il pendio.
Perrin si diresse alla baracca. Mentre guadava il basso ruscello, incrociò Masema. Lo shienarese aveva l’aria stanca e occhi più infossati del solito; alzò di scatto la testa e afferrò per la manica Perrin.
«Sei del suo villaggio» disse, con voce rauca. «Lo conosci bene. Perché il Drago ci ha abbandonati? Quale peccato abbiamo commesso?»
«Peccato? Che storie sono? Non so per quale motivo Rand se ne sia andato, ma non riguarda certo ciò che avete o non avete fatto.»
Masema non parve convinto; non lasciò la manica di Perrin e lo scrutò in viso, come se lì ci fossero delle risposte.
Perrin sentì che l’acqua gelida cominciava a filtrargli negli stivali. «Masema» disse con calma «qualsiasi cosa abbia fatto il Drago, si accorda con il suo piano. Il Drago non ci abbandonerebbe.» Ma si domandò che cosa avrebbe fatto lui, al posto di Rand.
Masema annuì lentamente. «Sì. Sì, ora capisco. È andato via da solo per spargere la notizia del suo avvento. Anche noi dobbiamo diffonderla. Sì.» Zoppicando, attraversò il ruscello, senza smettere di borbottare.
Sciaguattando a ogni passo, Perrin salì alla baracca di Moiraine e bussò alla porta. Non ebbe risposta. Esitò un istante, poi entrò.
La stanza d’ingresso, dove dormiva Lan, era spoglia e semplice come la baracca dello stesso Perrin, con un letto approntato alla buona, posto contro la parete, qualche piolo per appendere abiti e un solo scaffale. Dalla porta entrava poca luce e l’unica altra fonte d’illuminazione era costituita da rozzi lumi di grasso vegetale, i cui sottili pennacchi di fumo formavano uno strato nebbioso sotto il soffitto. Perrin arricciò il naso all’odore.
Il soffitto era assai basso: Loial addirittura lo sfiorava, anche seduto a un capo del letto di Lan, con le ginocchia contro il petto per occupare meno spazio. L’Ogier, inquieto, muoveva a scatti le orecchie irsute. Min sedeva a gambe incrociate per terra, accanto alla porta che dava nella stanza di Moiraine; l’Aes Sedai andava avanti e indietro, immersa nei pensieri. Pensieri cupi, di sicuro. Poteva percorrere solo tre passi in ogni direzione, ma si muoveva con tale vigore che pareva voler consumare il pavimento; l’andirivieni smentiva l’espressione calma del viso.
«Credo che Masema non sia più a posto» disse Perrin.
Min sbuffò. «Conoscendolo, come fai a dirlo?»
Moiraine si girò verso Perrin, a labbra serrate. Parlò con voce calma, troppo calma. «Masema è la cosa più importante che hai in mente stamattina, Perrin Aybara?»
«No. Vorrei sapere quando e perché Rand se n’è andato. Qualcuno l’ha visto andar via? Qualcuno sa dove si è diretto?» Le restituì con fermezza lo sguardo, anche se non era facile. «Sei stata tu a mandarlo via? Hai tirato le redini fino a renderlo impaziente di andare da una parte qualsiasi, di fare una cosa qualsiasi, solo per non stare più con le mani in mano?»
Loial irrigidì le orecchie e di nascosto mosse il dito in un gesto d’ammonimento.
Moiraine inclinò di lato la testa e scrutò Perrin, che riuscì soltanto a non abbassare gli occhi. «Non è opera mia» rispose l’Aes Sedai. «Se n’è andato durante la notte. Quando, come e perché... non l’ho ancora scoperto.»
Loial sollevò le spalle in un silenzioso sospiro di sollievo. Silenzioso per un Ogier, cioè, poiché parve il sibilo di ferro rovente immerso nell’acqua. «Mai far arrabbiare un’Aes Sedai» disse, in un bisbiglio ovviamente destinato a se stesso, che però tutti udirono. E citò: «"Meglio abbracciare il sole che far arrabbiare un’Aes Sedai".»
Min alzò la mano quanto bastava a porgere a Perrin un foglio piegato in quattro. «Ieri sera, dopo che l’abbiamo messo a letto, Loial è andato a trovarlo. Rand si è fatto prestare penna, inchiostro e un foglio di carta.»
L’Ogier mosse di scatto le orecchie e assunse un’aria preoccupata, tanto che le sopracciglia gli arrivarono alle guance. «Non sapevo quali intenzioni avesse» protestò. «Davvero.»
«Lo sappiamo» replicò Min. «Nessuno ti accusa di niente, Loial. Moiraine fissò corrucciata il foglio ma non impedì a Perrin di leggerlo.»
Era scritto di pugno di Rand.
Faccio quel che faccio perché non esiste altra via. Lui mi dà di nuovo la caccia e stavolta uno di noi due deve morire, penso. Non occorre che muoiano anche coloro che mi stanno intorno. Già troppi sono morti per me. Neanch’io voglio morire, e non morirò, se riesco. Ci sono menzogne, nei sogni, e morte; ma i sogni contengono anche delle verità.
Era tutto, senza firma. Perrin non ebbe bisogno di domandarsi chi volesse indicare Rand, con quel “lui". Per Rand, per tutti loro, “lui” era uno solo: Ba’alzamon.
«L’ha infilato sotto la porta» disse Min, con voce tesa. «Ha preso delle vecchie vesti stese ad asciugare dagli shienaresi, il flauto e un cavallo. Nient’altro, a parte un po’ di provviste, per quanto ne sappiamo. Nessuna sentinella l’ha visto andare via: e stanotte le sentinelle avrebbero notato anche i movimenti d’un topo.»
«Sarebbe cambiato qualcosa, se l’avessero visto?» replicò, calma, Moiraine. «Avrebbero fermato il Drago? Gli avrebbero intimato l’altolà? Alcuni di loro, Masema per primo, si taglierebbero la gola da soli, se il Drago lo chiedesse.»
Ora fu Perrin a scrutare lei. «Cosa t’aspettavi? Hanno giurato di seguirlo. Luce santa, Moiraine, non si sarebbe mai proclamato il Drago, se non fosse stato per te. Cosa t’aspettavi, da loro?» Lei rimase in silenzio e Perrin proseguì, con più calma. «Sei convinta, Moiraine? Che sia davvero il Drago Rinato? Oppure ritieni Rand un semplice strumento che puoi usare finché l’Unico Potere non lo ucciderà o non lo farà impazzire?»
«Calma, Perrin» intervenne Loial. «Non arrabbiarti tanto.»
«Mi calmerò quando avrà risposto. Allora, Moiraine?»
«Lui è quel che è» rispose lei, brusca.
«Hai detto che a un certo punto il Disegno l’avrebbe costretto a imboccare il sentiero giusto. È ciò che Rand ha fatto, oppure cerca solo di allontanarsi da te?» Per un attimo pensò d’essersi spinto troppo oltre... gli occhi di Moiraine mandarono lampi d’ira... ma si rifiutò di fare marcia indietro. «Ebbene?»
Moiraine inspirò a fondo. «Può anche darsi che questa sia la scelta del Disegno, tuttavia non volevo che se ne andasse da solo. Malgrado l’enorme potere di cui dispone, per molti versi è inerme come un neonato e altrettanto ignorante del mondo. Può incanalare il Potere, ma non ha alcun controllo su di esso; non sa se il Potere verrà, quando si protende a toccarlo, né sa cosa combina con esso, se gli arriva. Il Potere lo ucciderà, prima che lui abbia l’opportunità d’impazzire, se non impara a controllarlo. Deve ancora imparare tante di quelle cose! Vuole correre, prima d’avere imparato a camminare.»
«Spacchi il capello in quattro e semini false piste, Moiraine» sbuffò Perrin. «Se Rand è il Drago, non hai mai pensato che forse sa meglio di te ciò che deve fare?»
«Lui è quel che è» ripeté Moiraine, con fermezza. «Ma devo mantenerlo in vita, se è destinato a fare qualcosa. Da morto non farà avverare nessuna profezia; anche se riesce a sfuggire agli Amici delle Tenebre e alla Progenie dell’Ombra, migliaia di mani sono già pronte per ucciderlo. Basterà un indizio della centesima parte di ciò che è. Eppure, se dovesse affrontare solo questi rischi, non mi preoccuperei la metà di quanto mi preoccupo. Bisogna fare i conti anche con i Reietti.»
Perrin trasalì; dall’angolo, Loial gemette.
«"Il Tenebroso e tutti i Reietti sono imprigionati a Shayol Ghul"» recitò Perrin. Moiraine non gli diede il tempo di terminare.
«I sigilli s’indeboliscono, Perrin. Alcuni sono già infranti, anche se il mondo lo ignora. E deve ignorarlo. Il Padre delle Menzogne non è in libertà. Non ancora. Però, a causa dell’indebolirsi dei sigilli, quale Reietto sarà già libero? Lanfear? Sammael? Asmodean, Be’lal, Ravhin? Lo stesso Ishamael, il Traditore della Speranza? Erano tredici in tutto, Perrin; legati nei sigilli, non nella prigione che racchiude il Tenebroso. Tredici dei più potenti Aes Sedai dell’Epoca Leggendaria: il più debole fra loro è più forte delle dieci più potenti Aes Sedai attualmente in vita; il più ignorante, possiede tutte le conoscenze dell’Epoca Leggendaria. E ognuno di loro, uomo o donna, ha abbandonato la Luce e ha dedicato all’Ombra la propria anima. E se sono liberi? Se stanno là fuori ad aspettare lui? Non permetterò loro di prenderlo.»
Perrin rabbrividì, in parte al tono gelido dell’ultima frase di Moiraine, in parte al pensiero dei Reietti. Non voleva pensare che un solo Reietto fosse libero nel mondo. Da bambino, sua madre usava i loro nomi per spaventarlo: «Ishamael viene a prendere i bambini che non dicono alla mamma la verità. Lanfear aspetta nella notte i bambini che non vanno a letto quando dovrebbero». Da adulto, non era cambiato niente: ora sapeva che i Reietti esistevano davvero. E Moiraine diceva che forse erano di nuovo liberi.
«Legato a Shayol Ghul» mormorò... e avrebbe voluto crederci ancora. Turbato, esaminò di nuovo il biglietto di Rand. «Sogni» disse. «Anche ieri parlava di sogni.»
Moiraine si avvicinò e lo scrutò in viso. «Sogni?» Entrarono Lan e Huno, ma con un gesto lei impose loro il silenzio. La stanza adesso era più che affollata, con cinque persone, oltre l’Ogier. «Quali sogni hai fatto, Perrin, negli ultimi giorni?» proseguì Moiraine. Perrin protestò che nei suoi sogni non c’era niente di sbagliato, ma lei non gli diede retta. «Parla» disse, insistente. «Quali sogni insoliti hai fatto? Dimmelo.» L’afferrò con lo sguardo, come con tenaglie da fabbro, imponendogli di parlare.
Perrin guardò gli altri (tutti lo fissavano, perfino Min) e poi, con esitazione, raccontò l’unico sogno che gli pareva insolito, quello che faceva ogni notte. Il sogno della spada che non poteva afferrare. Non parlò del lupo comparso nell’ultimo di quei sogni.
«Callandor» mormorò Lan, al termine. Faccia di pietra o no, parve sbalordito.
«Sì» disse Moiraine. «Ma dobbiamo esserne assolutamente certi. Parlane con gli altri.» Mentre Lan usciva, lei si rivolse a Huno. «E tu?» domandò. «Anche tu hai sognato una spada?»
Lo shienarese cambiò posizione, a disagio: l’occhio dipinto fissava direttamente Moiraine, ma quello vero batté la palpebra e non sostenne lo sguardo dell’Aes Sedai. «Sogno di malede... ah, di spade tutte le volte, Moiraine Sedai» dichiarò, con tono rigido. «Immagino d’avere sognato una spada, le ultime notti. Non ricordo i sogni bene come lord Perrin.»
«Loial?» disse Moiraine.
«I miei sogni sono sempre gli stessi, Moiraine Sedai» rispose l’Ogier. «I boschetti e i Grandi Alberi e gli stedding. Noi Ogier sogniamo sempre gli stedding, quando ne siamo lontani.»
L’Aes Sedai si rivolse di nuovo a Perrin.
«Era soltanto un sogno» disse questi. «Nient’altro che un sogno.»
«Ne dubito» ribatté Moiraine. «Hai descritto la sala detta il Cuore della Pietra, nella fortezza chiamata la Pietra di Tear, come se ti ci fossi trovato. E la spada lucente è Callandor, la Spada-che-non-è-una-spada, la Spada Intoccabile.»
Loial si drizzò a sedere e con la testa urtò il soffitto. Non parve accorgersene. «Secondo le Profezie del Drago, la Pietra di Tear non cadrà finché Callandor non sarà impugnata dalla mano del Drago. La caduta della Pietra di Tear sarà uno dei segni più importanti della Rinascita del Drago. Se Rand impugnerà Callandor, tutto il mondo dovrà riconoscerlo come il Drago.»
«Forse.» La parola galleggiò sulle labbra dell’Aes Sedai come scheggia di ghiaccio su acqua cheta.
«Forse?» replicò Perrin. «Pensavo che fosse il segno conclusivo, la conferma finale alle tue Profezie.»
«Né la prima, né l’ultima» disse Moiraine. «Callandor sarà soltanto un’altra conferma del Ciclo Karaethon, come la nascita sulle pendici di Montedrago fu la prima. Lui deve ancora frantumare le nazioni o il mondo stesso. Perfino coloro che per l’intera vita hanno studiato le Profezie, non sanno interpretarle tutte. Cosa significa che “egli ucciderà il suo popolo con la spada di pace e lo distruggerà con la foglia"? Cosa significa che “legherà al suo servizio le nove lune"? Eppure nel Ciclo queste profezie hanno lo stesso peso attribuito a Callandor. Ce ne sono altre. Quali “ferite di follia e di perdita della speranza” ha guarito? Quali catene ha spezzato? Chi ha posto in catene? Alcune profezie sono così oscure che potrebbero essersi già avverate senza che me ne sia resa conto. No, Callandor non è la profezia finale.»
Perrin si strinse nelle spalle. Conosceva solo frammenti delle Profezie e aveva sempre meno voglia di approfondire questa conoscenza, da quando Rand aveva lasciato che Moiraine gli cacciasse fra le mani quello stendardo. No, anche da prima. Da quando un viaggio attraverso le Pietre Portali l’aveva convinto che la propria vita era legata a quella di Rand.
«Se pensi» continuò intanto Moiraine «che gli basti tendere la mano, Loial figlio di Arent figlio di Halan, sei uno sciocco, come sarebbe sciocco lui, se pensasse la stessa cosa. Anche se giunge a Tear, forse non arriverà mai alla Pietra. I tairenesi non amano l’Unico Potere e ancora meno chi sostiene d’essere il Drago. L’uso del Potere a Tear è fuorilegge e le Aes Sedai sono nel migliore dei casi tollerate, purché si astengano dall’usarlo. Recitare le Profezie del Drago, persino possederne una copia, è sufficiente per finire in prigione. E nessuno può entrare nella Pietra di Tear, senza il permesso dei Sommi Signori; solo loro entrano nel Cuore della Pietra. Rand non è pronto, per questo.»
Perrin borbottò. La Pietra non sarebbe mai caduta, finché il Drago Rinato non avesse impugnato Callandor. Ma come poteva impugnarla, nel cuore d’una maledetta fortezza, prima che la fortezza stessa cadesse? Era follia!
«Perché ce ne stiamo qui con le mani in mano?» sbottò Min. «Se Rand va a Tear, perché non lo seguiamo? Potrebbe restare ucciso, o... o... Perché non ci muoviamo?»
Moiraine le mise la mano sulla testa. «Perché devo essere sicura» rispose in tono gentile. «Non è comodo, essere scelti dalla Ruota per essere grandi o avvicinarsi alla grandezza. I prescelti della Ruota possono soltanto prendere ciò che viene.»
«Sono stufa di prendere ciò che viene» replicò Min. Si sfregò gli occhi. Perrin credette di scorgervi le lacrime. «Mentre noi aspettiamo» riprese Min «Rand potrebbe essere in fin di vita.»
Moiraine le lisciò i capelli: aveva nel viso un’espressione quasi di pietà.
Perrin si sedette sul letto di Lan, dall’altra parte rispetto a Loial. Nella stanza l’odore d’esseri umani era forte... odore di persone, di preoccupazioni, di paura. Loial odorava anche di libri e di alberi, non solo di preoccupazioni. La stanza pareva una trappola, con le pareti così vicine. I lumi accesi puzzavano.
«Il mio sogno... come può dire dov’è diretto Rand?» domandò Perrin. «Era un sogno mio.»
«Chi può incanalare l’Unico Potere, chi è particolarmente forte in Spirito, a volte può forzare in altri i propri sogni» disse piano Moiraine, senza smettere di consolare Min. «Soprattutto in chi è... ricettivo. Non credo che Rand l’abbia fatto di proposito, ma i sogni di chi tocca la Vera Fonte sono molto potenti. Uno come lui potrebbe trasmetterli a un intero villaggio, forse persino a una città. Rand non sa cosa fa... e ancor meno come controllarlo.»
«Allora perché non hai fatto anche tu lo stesso sogno?» ribatté Perrin. «O Lan?»
Huno guardava dritto davanti a sé, come se avesse voluto trovarsi da un’altra parte; Loial mosse a scatti le orecchie. Perrin era troppo affamato, per badare a rivolgersi col dovuto rispetto a un’Aes Sedai. E anche troppo infuriato. «Perché?» domandò ancora.
«Le Aes Sedai» rispose Moiraine, con calma «imparano a schermare i propri sogni. Lo faccio senza pensarci, quando vado a dormire. I Custodi, grazie al legame, hanno una capacità quasi identica. Non potrebbero fare il proprio dovere, se l’Ombra s’infiltrasse di soppiatto nei loro sogni. Nel sonno siamo tutti vulnerabili e l’Ombra è più potente, durante la notte.»
«Hai sempre qualche storia nuova» brontolò Perrin. «Non puoi dirci, una volta tanto, cosa t’aspetti, invece di spiegarlo dopo che si è verificato?» Huno aveva l’aria di chi cerchi una scusa per allontanarsi.
Moiraine rivolse a Perrin uno sguardo inespressivo. «Vuoi che in un solo pomeriggio condivida con te una vita di conoscenze?» replicò. «O anche un solo anno? Ti dirò questo: stai attento ai sogni, Perrin Aybara. Stai molto attento ai sogni.»
Perrin distolse lo sguardo. «Sto già attento» mormorò.
Seguì il silenzio e nessuno parve disposto a romperlo. Min si fissava le caviglie, ma pareva trarre un certo conforto dalla presenza di Moiraine. Huno, in piedi contro la parete, non guardava in viso nessuno. Loial arrivò al punto di togliere di tasca un libro e mettersi a leggere anche nella fioca, luce. L’attesa fu lunga e Perrin la trovò tutt’altro che facile. Lui non aveva paura dell’Ombra, nei sogni. Aveva paura dei lupi. Non li avrebbe lasciati entrare!
Rientrò Lan. Moiraine, ansiosa, si raddrizzò. Il Custode rispose alla domanda che le leggeva negli occhi: «La metà di loro ricorda d’avere sognato una spada, nelle ultime quattro notti. Alcuni ricordano un luogo con grandi colonne e cinque dicono che la spada era di cristallo o di vetro. Masema dice d’avere visto Rand impugnare quella spada, ieri notte.»
«Da lui l’immaginavo» disse Moiraine. Si strofinò vivacemente le mani e a un tratto parve piena d’energia. «Ora sono sicura. Anche se mi piacerebbe sapere come ha fatto ad allontanarsi senza essere scorto. Se ha riscoperto qualche Talento perduto dell’Epoca Leggendaria...»
Lan guardò Huno e lo shienarese si strinse nelle spalle, disperato. «Maledizione, ho dimenticato di riferirlo, con tutti questi maledetti discorsi sulla malede...» Si schiarì la voce e lanciò a Moiraine un’occhiata. «Ah... ecco... ho seguito le tracce del Drago. Adesso in quella valle chiusa c’è un’altra uscita. Il terremoto ha fatto crollare la parete più lontana. Una scalata difficile, ma possibile anche per un cavallo. In cima ho trovato altre tracce e lassù c’è un percorso più facile intorno alla montagna.»
«Bene» disse Moiraine. «Almeno non ha riscoperto come volare o come rendersi invisibile o qualche altro Talento leggendario. Dobbiamo seguirlo senza indugi. Huno, ti darò oro sufficiente per portare gli altri fino a Jehannah e il nome di una persona che laggiù te ne darà dell’altro. I ghealdanesi diffidano dei forestieri, ma se non darete confidenza a nessuno, non dovrebbero infastidirvi. Restate a Jehannah e aspettate che vi faccia avere mie notizie.»
«Verremo con voi» protestò Huno. «Abbiamo giurato di seguire il Drago Rinato. Non vedo come riusciremo a prendere una fortezza che non è mai caduta, ma con l’aiuto del Drago faremo ciò che va fatto.»
«Così ora siamo “il Popolo del Drago"» rise Perrin a denti stretti. «"La Pietra di Tear non cadrà fino all’arrivo del Popolo del Drago". Ci hai dato un nuovo nome, Moiraine?»
«Bada a quel che dici, fabbro» brontolò Lan, gelido.
Moiraine rivolse ai due un’occhiata penetrante e loro si zittirono. «Ti chiedo scusa, Huno» disse «ma dobbiamo viaggiare con celerità, se vogliamo avere la speranza di raggiungerlo. Al momento, sei l’unico shienarese in grado di sopportare una dura cavalcata: non possiamo aspettare che gli altri abbiano ricuperato le forze. Appena possibile, vi manderò a chiamare.»
Huno si mostrò contrariato, ma le rivolse un inchino per indicare che avrebbe ubbidito. Al suo segno di congedo, drizzò le spalle e uscì a riferire agli altri shienaresi.
«Be’, io vengo con voi, qualsiasi cosa hai da dire» dichiarò Min, decisa.
«Tu vai a Tar Valon» replicò Moiraine.
«Non sono una di quelle!»
L’Aes Sedai proseguì con calma, come se Min non avesse parlato. «L’Amyrlin Seat dev’essere informata dell’accaduto. Non posso fare assegnamento sul fatto di trovare una persona di fiducia che abbia piccioni viaggiatori. Né sul fatto che l’Amyrlin Seat riceva un mio messaggio inviato per piccione. Il viaggio è lungo e difficile. Non ti manderei da sola, se ci fosse qualcuno per accompagnarti; ma ti fornirò denaro e lettere di presentazione per chi potrà aiutarti durante il viaggio. Devi correre, però. Quando il cavallo sarà stanco, comprane un altro... rubalo, se non puoi farne a meno... ma viaggia velocemente.»
«Affida il messaggio a Huno. Lui sta bene, l’hai appena detto. Io vado dietro Rand.»
«Huno ha i suoi compiti, Min. E poi, non crederai che un uomo possa semplicemente presentarsi alle porte della Torre Bianca e chiedere udienza all’Amyrlin Seat! Anche un re aspetterebbe giorni, se arrivasse senza preavviso; gli shienaresi aspetterebbero settimane, se non anni. Inoltre, tutti a Tar Valon sarebbero subito informati di un fatto così inusuale. Poche donne chiedono udienza all’Amyrlin Seat in persona, ma la cosa si è già verificata e non dovrebbe generare molti commenti. Nessuno deve sapere che l’Amyrlin Seat ha ricevuto un mio messaggio: la vita dell’Amyrlin Seat, e la nostra, potrebbero dipendere da questo. Sei tu la persona giusta.»
Min aprì e richiuse la bocca, cercando altre argomentazioni; ma Moiraine aveva già ripreso: «Lan, sono sicura che purtroppo le tracce del suo passaggio non saranno evidenti, tuttavia mi affido alla tua abilità di seguire le piste.» Il Custode annuì. «Perrin? Loial? Venite con me dietro Rand?» Min si lasciò sfuggire uno strillo d’indignazione, ma Moiraine non le badò.
«Sì, certo» rispose subito Loial. «Rand è mio amico. E poi, lo ammetto, non voglio perdermi niente. Per il libro, capisci.»
Perrin fu più lento a rispondere. Rand era suo amico, qualsiasi cosa fosse divenuto ne] frattempo. Ed era quasi certo che il futuro dell’uno fosse legato a quello dell’altro, anche se ne avrebbe fatto a meno volentieri. «Non c’è scelta, no?» rispose infine. «Vengo anch’io.»
«Bene.» Moiraine si sfregò di nuovo le mani, con l’aria di chi si dispone al lavoro. «Dovete prepararvi subito. Rand ha diverse ore di vantaggio. Per mezzodì voglio già essere sulle sue tracce.»
Per quanto bassa e snella, aveva una presenza autoritaria che li spinse tutti verso la porta; a Perrin ricordò una massaia che spingesse al pascolo le oche.
Appena fuori, Min si trattenne un momento per rivolgersi a Lan, con un sorriso troppo mielato. «Per te non devo portare alcun messaggio? A Nynaeve, forse?»
Il Custode batté le palpebre, come colto di sorpresa. «Tutti sanno che...» Si riprese immediatamente. «Se occorre che lei sappia altro da me, glielo dirò di persona» replicò. Le chiuse in faccia la porta.
«Ah, gli uomini!» borbottò Min, rivolta al battente. «Troppo ciechi per vedere ciò che vedrebbe pure un sasso e troppo testardi per fidarsi che ragionino da soli.»
Perrin inspirò a fondo. Un debole odore di morte aleggiava ancora sulla valle, ma l’aria era migliore di quella al chiuso dentro la baracca. Un poco.
«Aria pulita» sospirò Loial. «Il fumo cominciava a infastidirmi. Iniziarono insieme a scendere il pendio. Accanto al ruscello, gli shienaresi in grado di reggersi in piedi si erano raccolti intorno a Huno. Dai gesti, quest’ultimo ricuperava il tempo perduto e imprecava a tutto spiano.»
«Come mai voi due siete divenuti privilegiati?» domandò a un tratto Min. «Addirittura vi ha chiesto se volevate andare! A me non ha fatto la cortesia di chiedere.»
Loial scosse la testa. «Secondo me, ha chiesto perché sapeva che cosa avremmo risposto. Moiraine pare in grado di leggere la mente, a Perrin e a me; tu invece per lei sei un libro chiuso.»
Min parve addolcirsi un poco. «Sai quanto me ne viene!» replicò, squadrandoli dal basso in alto: Perrin la superava di tutta la testa e Loial torreggiava su di lei. «Vado anch’io dove vuole lei, come voi due agnellini. Per un poco te la sei cavata bene, Perrin. Le tenevi testa come se t’avesse venduto una giubba che si apriva lungo le cuciture.»
«Le ho tenuto testa, vero?» disse Perrin, meravigliato. Non se n’era reso conto, in realtà. «Non è stato difficile come credevo.»
«Hai avuto fortuna» rombò Loial. «"Irritare un’Aes Sedai è come cacciare la testa in un nido di vespe."»
«Loial» disse Min «devo parlare a Perrin. Da solo. Ti dispiace?»
«Oh, no, certo.» Allungò il passo alla sua andatura normale e in un attimo fu avanti a loro, prendendo di tasca la pipa e la borsa di tabacco.
Perrin guardò Min, diffidente. La ragazza si mordeva il labbro, pareva riflettere sulle parole da usare. «Vedi mai qualcosa intorno a lui?» domandò Perrin, indicando con un cenno l’Ogier.
Min scosse la testa. «Funziona solo con gli esseri umani, credo. Ma ho visto delle cose intorno a te e dovrei informarti.»
«Ti ho già detto che non voglio sapere...»
«Non essere più testone del necessario. Le ho viste là dentro, appena hai detto che saresti andato con loro. Di sicuro hanno a che fare con il viaggio. O almeno con la tua decisione di partecipare.»
Perrin esitò un momento. «Cos’hai visto?» domandò poi, con riluttanza.
«Un Aiel in gabbia» rispose subito Min. «Un Tuatha’an con la spada. Un falco e uno sparviero, appollaiati sulle tue spalle. Due femmine, credo. E tutto il resto, naturalmente. Il solito. Tenebre che turbinano intorno a te e...»
«Lascia perdere il resto!» la interruppe Perrin. Si grattò la testa, riflettendo. Quelle immagini per lui non avevano senso. «Hai idea di cosa significhino?» domandò poi. «Le nuove immagini, cioè.»
«No, ma sono importanti. Le cose che vedo sono sempre importanti. Svolte nella vita delle persone, o eventi predestinati. Sono sempre importanti.» Esitò un attimo, scrutandolo. «Ancora una cosa» disse poi, lentamente. «Se incontri una donna... la donna più bella che tu abbia mai visto... scappa!»
Perrin batté le palpebre. «Hai visto una donna bellissima? Perché dovrei scappare da una donna?»
«Non puoi accettare un consiglio e basta?» replicò lei, irritata. Diede un calcio a un sasso e lo guardò rotolare giù per il pendio.
A Perrin non piaceva saltare alle conclusioni... uno dei motivi per cui la gente lo riteneva tardo di mente; però, mettendo insieme tante piccole cose dette da Min negli ultimi giorni, anche lui arrivava a una conclusione sorprendente. Si fermò di colpo, cercando le parole giuste. «Ah... Min, sai che mi sei simpatica. Mi piaci, però... Ah, non ho sorelle, ma se ne avessi una... voglio dire, tu saresti...» S’interruppe, mentre lei alzava la testa a guardarlo, con sopracciglia aggrottate e sulle labbra una traccia di sorriso.
«Perché, Perrin, devi sapere che ti amo» disse. Rimase a guardarlo muovere le labbra senza emettere suono, poi soggiunse, parlando lentamente e con cura: «Come un fratello, grosso zoticone dalla testa di legno! L’arroganza degli uomini non cessa mai di stupirmi. Pensate d’essere al centro di tutto e l’oggetto del desiderio di ogni donna.»
Perrin si sentì arrossire. «Non ho mai... non ho...» Si schiarì la voce. «Cos’hai visto, di quella donna?»
«Segui solo il mio consiglio» rispose Min. Cominciò a scendere verso il ruscello, a passi rapidi. «Se dimentichi tutto il resto» gli gridò, girando solo la testa «ricorda almeno il mio consiglio!»
Perrin la fissò, pensieroso (una volta tanto, gli parve che i suoi pensieri si riordinassero rapidamente) e la raggiunse in un paio di passi. «Tu ami Rand, vero?»
Min emise un verso strozzato e gli diede un’occhiata di scancio. Però non rallentò il passo. «Forse non sei tanto zuccone, in fin dei conti» borbottò. L’attimo dopo, soggiunse quasi tra sé: «Sono legata a lui come una doga alla botte. Ma non posso vedere se mai ricambierà il mio amore. E non sono la sola, ad amarlo.»
«Egwene lo sa?» domandò Perrin. Rand e Egwene erano in pratica fidanzati fin da bambini; per parlare di promessa di matrimonio, mancava soltanto che si fossero inginocchiati davanti alla Cerchia delle Donne del villaggio. Ma lui non era sicuro di quanto fosse ancora attuale questa situazione.
«Lo sa» rispose Min, asciutta. «Ma non cambia niente, per nessuna delle due.»
«E Rand? Lo sa anche lui?»
«Oh, certo» replicò lei, amara. «Gliel’ho detto, no? “Rand, ho visto la tua aura e a quanto pare dovrò innamorarmi di te. Devo anche dividerti con altre, e questo non mi piace, ma è così." Sei uno zuccone meraviglioso, Perrin Aybara.» Si passò rabbiosamente la mano sugli occhi. «Potessi essere con lui, gli sarei d’aiuto, lo so. In qualche modo. Luce santa, se muore, non so se potrò sopportarlo.»
«Ascolta, Min» disse Perrin, a disagio. «Farò il possibile, per aiutarlo. Te lo prometto. Per te la cosa migliore è davvero andare a Tar Valon. Laggiù sarai al sicuro.»
«Al sicuro?» Min assaporò la parola, come se cercasse di scoprirne il significato. «Credi che Tar Valon sia un luogo sicuro?»
«Se non c’è sicurezza a Tar Valon, non ce n’è da nessuna parte.»
Min tirò su col naso, rumorosamente; poi, senza dire altro, andarono a prepararsi alla partenza insieme con gli altri.