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Janas spinse Altho e Bilthor Franken verso gli uomini che si sporgevano dall’elicottero. Alle sue spalle, qualcuno grida­va. Uno degli uomini a bordo dell’apparecchio si alzò a metà e fece fuoco con la pistola a energia, al di sopra della spalla di Janas. Infilandosi la 45 nella tasca dei pantaloni, il coman­dante spaziale afferrò Maura per la vita e la cacciò dentro all’elicottero. Poi, con un bal­zo la segui.

Janas fu spinto accanto a Jarl Emmett, nel seggiolino vuoto del secondo pilota. Un secondo dopo, l’apparecchio si levò dalla terrazza. In quel mo­mento, diversi colpi furono sparati contro l’elicottero, ma a bordo nessuno se ne preoc­cupò.

«Li abbiamo» disse Ja­nas.

Emmett annui, senza stac­care gli occhi dai comandi, poi chiese: «E Paul?»

«Morto» disse Janas. La sua voce risuonò forte nel si­lenzio della cabina perfetta­mente isolata dai rumori.

Un’espressione di dolore sconvolse, per un istante, la faccia di Emmett. «Era un tipo in gamba.»

Janas annui senza parlare. Poi, con estrema deliberazio­ne, apri la 45 e sostituì i cinque colpi mancanti.

Uno degli uomini che si trovava nella parte posteriore dell’apparecchio, si sporse in avanti per chiedere a Janas come andava la sua spalla. Janas gli disse che la ferita gli faceva male, ma che non era niente di grave, e allora l’uomo gli strappò la camicia, ripulì la spalla e la fasciò con un ben­daggio anestetico.

«Ci restano venti, forse trenta minuti» disse Emmett. «Se non riusciamo a mandare il contrordine sulla Luna in tempo, non c’è più niente da fare.»

Janas lo guardò. «Che cosa intendi dire? I Neri non faran­no niente di serio, finché quei due sono nelle nostre mani.» E indicò i fratelli Franken.

«Se si trattasse solo dei Neri» disse Emmett «po­tremmo resistere per alcuni giorni. Il Settore Operazioni è praticamente inespugnabile. È stato costruito in modo da reggere all’urto eventuale di una nave spaziale.»

«La Confederazione, allo­ra?» chiese Janas.

Emmett annui freddamen­te. «Appena sapranno ciò che intendiamo fare, si serviranno di qualsiasi mezzo, pur di fer­marci, comprese le bombe al­l’idrogeno.»

Janas si abbandonò all’indietro sul sedile. “E parlano di libertà!” pensò.

«L’ultima volta che sei stato sulla Terra, dieci anni fa» disse Emmett, mentre l’elicot­tero sorvolava i palazzi di Centrai e puntava verso l’immenso grattacielo isolato che rappre­sentava il cuore della Compa­gnia di Navigazione Solare «e mi hai detto come andavano le cose lassù, non avrei mai pen­sato che sarebbe finita così.»

«No» disse Janas, scrol­lando il capo. «Non lo imma­ginavo neanch’io. E non so se, avendolo saputo, me ne sarei immischiato.»

«L’avresti fatto lo stesso» disse Emmett.

«E Miriam?» chiese Ja­nas.

«È al sicuro» rispose Emmett. «L’ho mandata fuo­ri città stamane. Sono in pochi a sapere dove si trova, e, prima che la scoprano, tutto sarà finito.»

Janas si augurò tra sé che anche per Enid fosse avvenuto altrettanto. Gli uomini di Franken non erano riusciti a trovarla, ma quelli della Confe­derazione? Quei signori non erano dilettanti come Altho. Avendo alle spalle tutto il de­naro e la potenza della Confe­derazione, per gli agenti di Herrera era solo questione di tempo: avrebbero certamente trovato Enid, se avessero volu­to.

Tre elicotteri armati, con i colori dei Neri della CNS, si levarono in volo per intercetta­re l’apparecchio di Emmett.

«Be’» disse Emmett «ecco il comitato per le acco­glienze. Anzi, mi chiedo come mai hanno aspettato tanto.»

La radio di bordo entrò bruscamente in attività, dif­fondendo l’urlo della sirena dei Neri. Janas allungò la ma­no per abbassare il volume.

«La vostra identità» disse una voce stridula alla radio, interrompendo l’urlo della si­rena. «Parla il tenente Hallbern, delle Guardie della CNS. Vi chiedo di comunicarci la vostra identità.» In quell’i­stante, un missile parti dall’eli­cottero più vicino, mancando di due metri appena l’apparec­chio del Settore Operazioni.

«Non avevano intenzione di colpirci» disse Emmett.

«Devo rispondere?» chiese Janas.

Emmett annui, additando­gli il piccolo schermo 3D siste­mato al centro del quadro-comandi.

«Tenente» disse Janas, al microfono. «Questo è l’eli­cottero Operazioni CNS...» cercò il numero di matricola «numero 545. Mettete in linea la trasmittente televisiva.»

Il tenente non rispose, ma lo schermo 3D si accese. Janas mise a fuoco il video e sullo schermo apparve una faccia severa, al di sopra dell’unifor­me da guerra dei Neri.

«Tenente» continuò Ja­nas. «Abbiamo a bordo il presidente Altho Franken e il vice-presidente Bilthor Fran­ken.» Si voltò per gridare: «Alzateli, in modo che possa vederli.»

I fratelli Franken furono trascinati nella parte anteriore dell’elicottero, così che il te­nente li vedesse il faccia.

«Qualunque cosa facciate contro di noi, ricadrà su di loro» disse Janas, quando i Franken furono riportati die­tro. «Vi consiglio di lasciarci in pace.»

Gli elicotteri rallentarono immediatamente la corsa.

«Atterreremo sulla terraz­za del grattacielo Operazioni» disse Janas. «Ricordatevi che le loro vite sono nelle vostre mani, tenente.»

«Se farete loro qualcosa...» disse il tenente, mentre gli elicotteri si allontanavano.

L’elicottero prese quota, su­però il punto dove i Neri avrebbero potuto intercettarlo e poi planò, scendendo verso il tetto del palazzo delle Opera­zioni. Mentre calavano, Janas notò, sul tetto del grattacielo, una dozzina di uomini armati, vestiti con la tuta da lavoro del Settore Operazioni. Due o tre corpi erano stesi al suolo e la terrazza mostrava le tracce di un combattimento recente.

«Ce l’hanno fatta» disse Emmett, mentre l’elicottero si posava sulla terrazza.

Pochi minuti dopo, quando le pale enormi ruotavano anco­ra, Emmett, Janas e gli altri spinsero i due Franken fuori dell’apparecchio. Maura, palli­da e silenziosa, li seguì.

«Jarl» chiamò una voce femminile.

Janas si voltò e vide Syble Dian, vestita con la tuta degli operai delle Operazioni, con un fucile a energia sotto il braccio.

«Syble!» disse Emmett. «Che cosa diavolo fate qui?»

«Buongiorno, comandante» disse a Janas, venendo in­contro al gruppo. Poi si rivolse a Emmett, scrollando le spalle: «Be’, non credo che in questo momento il settore legale sia di grande utilità, e perciò mi sono aggregata alla sezione “il­legale”. Sono un’ottima tiratrice, sapete.»

«Lo credo» disse Em­mett. «Però, per l’amor del cielo, siate prudente. Potreste lasciarci la pelle.»

«Gli altri corrono lo stesso rischio» disse lei, molto seria, indicando gli uomini tutt’attorno alla terrazza, pronti a ricevere gli elicotteri delle Guardie. «Comunque, è stato Hal a spedirmi quassù.»

«Hal?» disse Emmett. «Ma se gli ho ordinato di venire qui!»

«Ha detto che aveva altro da fare» disse Syble. «Anzi, si mostrava piuttosto ansioso di andare.»

«Va bene» disse Emmett. «Comunque, siate prudente.»

«State tranquillo» disse Syble. «E voi, cittadino Franken» disse, rivolgendosi a Altho «state attento: badate di non fare sciocchezze. Per esempio, non rifiutatevi di fir­mare quelle carte.»

Franken la fissò irosamente.

«È meglio scendere» dis­se Emmett, indicando le porte aperte del grav-ascensore.

Pochi secondi dopo, Em­mett, Janas, Maura e i due Franken entravano nella cabi­na, dove c’era posto solo per cinque persone. Appena le porte si chiusero, Emmett guardò l’orologio.

«Quanto ci vuole per scen­dere?» chiese Janas.

«Quindici, venti minuti al massimo» disse Emmett. «Tutto è pronto, laggiù. Non devono far altro che firmare e lasciare le impronte del pollice e della retina. Dopo di che, affideremo l’ordine al compu­ter. I nastri da infilare nelle capsule sono già preparati e li spediremo appena il calcolatore avrà accettato i cambiamenti politici. La Luna è già avverti­ta di tenersi pronta a ricevere tra breve disposizioni nuove.»

«La Luna accetterà i tuoi ordini?» chiese Janas.

«Lo spero» disse Em­mett. «Non credo che sappia­no che io non sono più al Settore Operazioni. Ad ogni modo, lo sapremo presto.»

«Non vi aspetterete mica che firmi quegli ordini?» disse Altho, con amarezza.

«Li firmerete, se volete salvare la pelle» disse Em­mett. «Non posso decidere io per voi. Comunque, ascoltate­mi bene: se non vi faccio fuori io, ci penseranno le bombe della Confederazione. Sceglie­te voi.»

Secondi preziosi fuggivano mentre l’ascensore scendeva prima al pianterreno e poi nel sottosuolo dell’enorme palaz­zo, dove era installato il calcola­tore che organizzava e control­lava tutte le operazioni delle grandi flotte spaziali della Compagnia di Navigazione So­lare.

Janas si era voltato per com­mentare le parole di Emmett, quando la cabina piombò nel buio.

«Cosa succede?» gridò Emmett.

Janas si rese conto immedia­tamente che la cabina stava scendendo in caduta libera. Nel palazzo o per lo meno nella colonna degli ascensori era mancata l’energia, e la Contr-grav che regolava la mar­cia della piccola cabina era sospesa. In quel momento l’a­scensore precipitava verso il fondo del pozzo alla velocità di 980 centimetri al secondo.

«I freni» disse Emmett. «Perché non bloccano la cor­sa?»

Ma i freni che avrebbero dovuto entrare in azione all’i­stante, arrestando la cabina nella sua corsa folle verso il basso, nelle viscere della Terra, nello strato roccioso sotto il Palazzo Operazioni, non fun­zionavano.

«È la fine» disse Janas. «Vogliono farci fuori.»

Furono le ultime parole che riuscì a pronunciare, prima che la cabina si schiantasse sul fondo. Nel buio ci fu all’im­provviso un lampo accecante, poi tutto fu di nuovo nero.

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