Robert Janas, tornato a casa dopo l’incontro dagli Emmett, non si addormentò subito. A poco a poco, controvoglia, era costretto a ammettere che, per i “cospiratori”, non restava via di scelta. Se tutti erano convinti che l’unica speranza di salvezza per la CNS era la neutralità, allora occorreva fare tutto il possibile per conservarla, anche a costo di usare la violenza contro la persona del presidente della Compagnia, Altho Franken, che era suo amico da decenni e decenni.
Era ancora buio, quando Janas si addormentò, ma l’alba non era lontana.
Il comandante spaziale si svegliò che l’ora di colazione era passata da un pezzo, e chiese al bar un succo di frutta e un caffè. Mentre aspettava di essere servito, guardava ancora una volta la cima brulla del Monte Union, triste ricordo della guerra nucleare, scatenata un millennio e mezzo prima. Quello spettro lo tormentava ancora. Oggi, però, tutto sarebbe stato diverso, perché da allora le cose erano molto cambiate. Gli uomini ormai possedevano gli schermi di protezione che deviavano il fuoco nucleare, e i cannoni a energia, con cui intercettavano i missili a centinaia di chilometri di distanza. Era vero, però, che le bombe erano spaventosamente più potenti di un tempo e che i cannoni a energia erano in grado di superare gli schermi di protezione, riducendo in cenere (com’era avvenuto per Antigone) interi pianeti. Con una sola bomba era possibile trasformare metà dell’altopiano del Colorado in un fiume di lava fusa.
Un secondo prima di allontanarsi dalla finestra, Janas vide arrivare da Flagstaff il battello turistico settimanale, che, prima di atterrare sulla pista principale, compiva un ampio giro panoramico su Central, per dar modo ai passeggeri di avere dall’alto una visione complessiva della città della CNS. Mentre il grosso scafo si posava sulla pista, Janas si sforzava di scacciare una domanda insistente: nell’avvenire, i turisti sarebbero venuti ancora ad ammirare il Grande Abisso dell’Arizona?
“Stai invecchiando” pensò Janas tra sé, mentre il cameriere gli portava il succo di frutta e il caffè. “Si sente che hai un secolo sulle spalle: devi reagire!”.
Finito di bere il caffè, dopo aver acceso la prima sigaretta della giornata, Janas riesaminò la struttura della Compagnia di Navigazione Solare. Su un pezzo di carta scrisse i nomi di tutte le persone attraverso le quali era passato l’ordine inviato da Altho Franken alle navi spaziali della CNS, perché dessero il loro appoggio alle forze della Confederazione.
In cima alla piramide c’era Altho, il presidente. In teoria, Franken avrebbe dovuto rispondere dei suoi atti davanti al Consiglio di Direzione; in realtà, però, era libero di fare come voleva, purché dimostrasse che le sue azioni rispondevano all’interesse della Compagnia. Dato che, attualmente, il Consiglio era composto in larga parte di parenti e sostenitori di Altho, non c’erano speranze di metterlo in difficoltà, da quel lato. Comunque, era una possibilità da tener presente.
Al di sotto di Franken, c’era una serie di vice-presidenti, dodici in tutto, responsabili ognuno di un settore della Compagnia. Il più importante di questi, almeno secondo Janas, era il vice-presidente del Settore Operazioni, Bilthor Franken, fratello maggiore di Altho, che Janas conosceva appena. Era, così almeno gli avevano detto, un uomo onesto, un lavoratore indefesso, privo di immaginazione, che obbediva senza fare troppe domande agli ordini del dinamico fratello minore. Subito dopo, veniva Jarl Emmett, del Controllo Operazioni, che badava alla realizzazione pratica delle decisioni e degli ordini di Bilthor Franken. Quando era partito l’ordine di appoggiare la Confederazione, Emmett ne era stato informato, ma non aveva potuto far niente per fermarlo.
Il Settore Operazioni regolava le attività delle flotte spaziali della CNS, badava che il programma delle astronavi fosse eseguito e che le mete delle varie unità fossero rispettate. Un contrordine eventuale sarebbe dovuto passare proprio attraverso il Settore Operazioni, per quanto Emmett non avesse potuto impedire l’emanazione degli ordini di Altho.
In poche parole il problema era questo: per impedire che la CNS desse il proprio appoggio effettivo alla Confederazione, Emmett, Janas e gli altri dovevano:
1) Tenere sotto controllo Altho Franken e suo fratello Bilthor.
2) Costringerli a firmare un nuovo ordine con precedenza assoluta, che scavalcasse il Consiglio di Direzione.
3) Controllare che il contrordine fosse trasmesso al calcolatore Operazioni.
“Semplicissimo!” pensò Janas, con un sorriso.
Era quasi mezzogiorno quando Janas si alzò da tavolino, raccolse i fogli e li gettò nel disintegratore. Non senti il “puff” di conferma che i fogli erano stati distrutti, ma sul momento non ci badò. Si fece la barba, indossò un’uniforme nuova e scese al bar.
La tavola calda era affollata di turisti scesi allora dal battello che aveva visto poco prima, ma Janas riuscì a trovare un angolo tranquillo dove sistemarsi. Infilò la scheda Preferenza Gusti nel menù e aspettò che lo schermo si accendesse e cominciasse a sfilare la lista dei piatti del giorno. Notò che non c’erano i fiori carne di Raman, che lui avrebbe voluto ordinare; probabilmente era colpa della guerra, che limitava le importazioni di diversi prodotti. Alla fine ripiegò su un classico roast-beef terrestre.
Una cameriera molto graziosa gli servi l’aperitivo subito dopo che il menù gli aveva restituito la scheda PG. Lui la ringraziò, si accomodò sulla seggiola, e decise di non pensare ad altro che al bicchiere di vermouth che aveva in mano.
Il pranzo fu servito con simpatica sollecitudine. Dopo avere ancora una volta ringraziato la bella cameriera, Janas si chinò sul piatto fumante che aveva davanti. Aveva una gran fame.
Era così intento a mangiare che, a tutta prima, non si accorse dei due sconosciuti che si erano avvicinati al suo tavolo.
«Il comandante Janas?»
Janas alzò gli occhi e si trovò di fronte un giovanotto bruno, con una faccia vagamente familiare. A sinistra del giovanotto c’era una ragazza bionda, alta, ben fatta e molto carina: e subito gli venne in mente un nome: “Rinni”.
«Vi spiace se ci sediamo al vostro tavolo, comandante?» chiese la ragazza.
Dopo un secondo di esitazione, Janas rispose: «Prego.»
«Grazie» risposero i due, accomodandosi. Per un momento, nessuno parlò.
Visti da vicino, Rinni e Gray, i due ballerini Paraseleni che aveva ammirato da “Eddie’s” due sere prima, formavano una bella coppia: erano identici a come apparivano sulla scena, benché ora fossero vestiti: ammesso che gli indumenti terrestri si potessero chiamare vestiti.
Rinni portava una camicetta priva della parte anteriore, un vezzo di perle a vari giri, una gonna lunga cinquanta centimetri e un paio di stivaletti. I capelli biondi erano pettinati molto alti sulla testa, a forma di cono. Gray indossava il solito abbigliamento terrestre: un completo attillatissimo azzurro e oro, un berretto dorato e stivali celesti, a punta.
«È inutile che vi presentiate» disse Janas, fra un boccone e l’altro. «Vi conosco già.»
I due si scambiarono una rapida occhiata.
«Vi ho visti l’altra sera, da “Eddie’s”» spiegò Janas.
«Oh» disse Rinni, e le labbra rosse formarono un circolo perfetto.
«Vi è piaciuto lo spettacolo?» chiese Gray.
«Bellissimo» disse Janas, sorridendo. «Voi, però, non siete di Odino.»
«No, non siamo di Odino» disse Rinni, e la voce di lei gli ricordò il trillo dei campanelli di Rama, mossi dal vento, in un piccolo tempio protetto dagli alberi. «Siamo terrestri, ma io sono cresciuta su Telemaco. Mia madre proveniva da lassù.»
«Telemaco è nella Nebulosa Centrale» disse Gray «a circa...»
«Lo so» disse Janas «a circa diciotto anni-luce da Odino, verso il centro della Galassia.»
«Siete stato a lungo nella Nebulosa?» chiese Gray.
Janas accennò di si.
Nuovo silenzio.
«Cosa volete?» chiese alla fine Janas, scandendo le parole. I due, era chiaro, non erano semplici turisti, come volevano far credere. Erano venuti con la gita organizzata, ma, in realtà, erano arrivati fin li per incontrare lui. Perché?
Rinni apri di scatto la borsa che portava a tracolla. Dentro apparve un noiser di tipo militare, con la lampada spia accesa. Janas annui.
«Siamo entrambi registrati come terrestri, di professione ballerini» spiegò Rinni, con voce decisa. «Andiamo e veniamo a nostro piacere, senza che nessuno ci faccia domande. Il mese scorso, a Ginevra, abbiamo dato uno spettacolo davanti al presidente.»
Gray fece una smorfia e Janas non ebbe difficoltà a capire perché. Herrera, tra l’altro, era noto perché gli piacevano le belle donne.
«E voi siete agenti della Lega dei Mondi Indipendenti, vero?» disse Janas lentamente, nel tono di chi fa una constatazione, più che una domanda.
«Si» rispose Rinni.
«E che cosa volete da me?» ripeté Janas.
«Sappiamo chi siete, comandante» disse Rinni. «E sappiamo anche perché siete tornato sulla Terra.»
«Bravi!» disse Janas, sforzandosi di nascondere la propria irritazione, nel vedere quanta gente si occupava dei fatti suoi. Ma più forte dell’irritazione era la diffidenza verso i due giovani. Quei due volevano qualcosa da lui, e sapeva perfettamente che cosa: ma Janas non aveva la minima intenzione di lasciarsi coinvolgere nel gioco di un’altra fazione. Ne aveva già abbastanza dei problemi della CNS.
«Che cosa vi ha detto Altho Franken, quando gli avete chiesto di tenere la CNS fuori dal conflitto?» chiese Rinni.
«Questo non lo sapete?»
Rinni sorrise, e, per un secondo, la maschera dura del suo volto s’incrinò.
«Una certa idea, ce l’abbiamo» rispose Gray.
«Probabilmente siete nel giusto» disse Janas.
«E che cosa intendete fare, comandante?» chiese Rinni, riprendendo la sua espressione dura.
«Ma voi, che cosa c’entrate in questa faccenda?»
«Vogliamo aiutarvi» disse Rinni.
«Comandante Janas» disse Gray, con tutto lo slancio della giovinezza. «Il generale Kantralas non vuole distruggere la CNS. È pronto a accettarne la neutralità. Sa che la CNS gli è sinceramente amica.»
«Altho Franken non è un amico del generale» disse Janas.
«E voi?» chiese Rinni.
«Io condivido certi suoi punti di vista, per così dire» disse Janas «e certo non desidero che la CNS si allei con gli avversari di Kantralas.»
«Chi non è con noi...» cominciò Gray.
«Un momento» disse Janas, alzando la mano. «Quali sono le vostre intenzioni precise?»
«Voi e i vostri amici perseguite gli stessi scopi nostri» disse Rinni.
«Cioè?» chiese Janas.
«La distruzione della Confederazione» disse Rinni, con una sfumatura di stupore nella voce. «La fine della guerra. La libertà di tutti i mondi dalla dominazione della Terra. L’instaurazione di una pace giusta e universale.» Tacque un istante, guardando Janas. «L’umanità non può più tollerare la brutalità e le atrocità del presidente Herrera.»
«Non è stata solo la Confederazione a macchiarsi di atrocità» ribatté Janas. «E Cassandra, e Erda? Li avete dimenticati, forse?»
«E voi avete dimenticato Antigone e Odino, comandante?» chiese Rinni. «Le atrocità e il genocidio sono conseguenze della politica della Confederazione. Non siamo stati noi a cominciare.»
«Ma avete continuato» replicò Janas.
«Solo per autodifesa, comandante.» C’era, nella voce di Rinni, una irritazione sincera. «E per noi non si tratta di tattica. I nostri capi non hanno dato l’ordine dei massacri e non hanno perdonato l’accaduto.»
«Gli uomini che hanno portato la desolazione su Cassandra e su Erda sono stati puniti?» chiese Janas.
«No» rispose Rinni «ma ciò non significa che noi approviamo le loro azioni. Non possiamo, però, permetterci di perdere i nostri capi. Forse hanno avuto torto, ma hanno sempre agito, così credevano, nell’interesse della Lega.»
Janas, per un momento, rimase in silenzio.
«Ma questo è un punto secondario» disse Gray. «Il punto principale è un altro. Voi e noi vogliamo la fine della dittatura di Herrera e una alleanza onesta e aperta di tutti i mondi, ognuno dei quali dovrà essere libero, uguale e sovrano. L’intera Spirale non ne può più della tirannia di un uomo e del dominio di un solo pianeta. Questa, comandante, è la nostra meta.»
Janas scosse il capo. «Forse avete travisato i miei intenti» disse. «Le mie aspirazioni sono più modeste delle vostre.»
«E quali sono le vostre aspirazioni, comandante?» chiese Rinni, con voce aspra e dura come l’acciaio.
«Vorrei soltanto che la CNS rimanesse fuori dalla mischia» le disse. «E non nutro grandi speranze di riuscire a realizzare qualcosa di più. Anzi, dubito molto di riuscirci.»
Per qualche istante, Rinni e Gray rimasero in silenzio.
«Su questo punto siamo d’accordo, comandante Janas» disse Gray alla fine.
«Lo immagino» disse Janas, prendendo l’ultimo pezzo di roast-beef. «In linea di principio, io sono d’accordo con voi. Però ritengo che i vostri propositi, date le circostanze attuali, siano poco realisti.»
«Che cosa intendete dire, comandante?» chiese Rinni.
«Voi siete convinti, se ho capito bene, che una volta eliminato quel brutto mostro della Confederazione terrestre, tutto vada a posto da solo. Io, invece, temo che non sia tanto semplice.»
«Andate avanti» disse Rinni.
«Una volta tolta di mezzo la Confederazione, nell’ipotesi che vinca la Lega, che cosa farete dei mostri che avete creato? Come vi libererete di gente come Carman Dubourg? Quell’uomo vi dà una mano a far fuori Herrera, e intanto si sta costruendo il suo impero personale. Non entrerà sicuramente nella vostra alleanza di “liberi e uguali”. E dei pianeti come Erda e Cassandra, che ne farete? Credete che accetteranno di unirsi alla vostra alleanza, o anche solo di mettersi in relazione con voi, dopo quello che avete fatto? Non è così semplice come sembra» ripeté Janas.
«Continuate, comandante» mormorò Rinni. «Mi pare di cominciare a capire il vostro punto di vista.»
«No, non capite» disse Janas, scrollando il capo. «E non dirò niente altro. Voi credete in ciò che fate, e io vi ammiro per questo. Spero sinceramente che riusciate a creare l’ordine nuovo che voi sognate.»
«Insomma, voi non credete nella nostra vittoria, è così?» chiese Gray.
«Io non credo in nessuna vittoria» disse Janas. «Spero soltanto che la CNS riesca a sopravvivere.»
«Come ho già detto, comandante, siamo d’accordo con voi su questo punto» disse Gray. «Potremo almeno collaborare a questo scopo.»
«No» disse Janas. «Io non mi unirò a voi e non voglio che voi vi uniate a me. Questa è una faccenda privata, che riguarda solo la CNS.»
«Comandante» disse Rinni, dominando l’irritazione. «Se ci permetteste di aiutarvi, potremmo esservi di grande aiuto. Abbiamo un’organizzazione potente sulla Terra, molto più potente di quanto voi sospettiate.»
«Grazie, no!» le disse Janas.
«Dunque, non possiamo fare proprio niente?» chiese Gray, senza più speranze.
Janas, per un secondo, tacque. «Avete qualcuno a San Francisco?»
«Sì» rispose Gray.
«Ci sono due cose che vorrei che i vostri controllassero» disse Janas. «Una è una faccenda mia personale, l’altra invece vi riguarda più da vicino.»
«Diteci» disse Rinni, tesa.
«C’è un’organizzazione, “I figli della Libertà” o qualcosa del genere, che progetta di assassinare Herrera. Sono dei pazzi, ma forse vi potranno essere utili.» E diede l’indirizzo di Rod Campbell.
«Ce ne occuperemo» disse Rinni.
«L’altra cosa... C’è una ragazza che vorrei che qualcuno tenesse d’occhio. Sarebbe un grande sollievo, per me. Potrei dedicarmi meglio al lavoro che ci interessa.»
I due si scambiarono un’occhiata.
«Si» rispose Gray. «Credo che potremo fare qualcosa. Chi è?»
Dopo avere spiegato il caso di Enid, Janas offrì da bere ai due.
«No, comandante, grazie» rispose Rinni. «Il battello sta per ripartire per Flagstaff, ed è meglio che ritorniamo a bordo. Altrimenti la nostra assenza verrà notata.»
«Mi spiace che le cose non siano andate come voi speravate» disse Janas.
«Comprendiamo le vostre ragioni» disse Gray, ma la sua espressione faceva pensare tutto il contrario.
«Se cambiate idea, comandante» disse Rinni, alzandosi «sapete dove trovarci.»
«Sì.»
«Arrivederci, comandante» disse Rinni, anche a nome di Gray.
Janas li guardò mentre si allontanavano, e ammirò l’elegante ancheggiamento di Rinni.
Aspettò ancora qualche minuto, sorseggiando un caffè ormai freddo, poi si alzò e pagò. Dopo di che si diresse verso il suo appartamento, fermandosi a comperare una scatola di sigarette.
Quando scese dall’ascensore e imboccò il corridoio, provò una strana impressione, una specie di presentimento. C’era qualcosa di strano intorno, ma non riusciva a capire che cosa fosse. Scrollò le spalle, accese una sigaretta e si diresse verso l’alloggio.
Nell’atto di premere il pulsante che apriva la porta, diversi fatti, apparentemente slegati tra loro, gli vennero in mente a un tratto. Il disintegratore da tavolo, per esempio, che non aveva distrutto i fogli che aveva infilato. L’uomo che, da quando lui aveva messo piede sulla Terra non l’aveva mai perso di vista e che adesso era sparito. La sera prima, durante la riunione da Emmett, avevano entrambi parlato contro il presidente della Confederazione, rendendosi colpevoli di sedizione. E, per ultimo, l’ascensore e il corridoio, a quell’ora, erano troppo deserti e silenziosi.
Tolse di scatto il pollice dal comando automatico di apertura, ma ormai era troppo tardi. I battenti si erano già spalancati e nel vano della porta si profilavano due guardie della Compagnia di Navigazione Solare, nelle loro austere uniformi nere.
«Il comandante Robert Janas?» chiese il più alto in grado dei due, mostrandogli un mandato di cattura.
«Sì» disse lui, con voce atona.
«Siete in arresto, signore» disse l’agente.
«Perché?»
«Vi sarà comunicato a tempo debito» disse l’altro, cortesemente. «Vi spiace seguirmi?»