13

Robert Janas, tornato a casa dopo l’incontro dagli Emmett, non si addormentò subito. A poco a poco, controvoglia, era costretto a ammettere che, per i “cospiratori”, non restava via di scelta. Se tutti erano con­vinti che l’unica speranza di salvezza per la CNS era la neutralità, allora occorreva fa­re tutto il possibile per conser­varla, anche a costo di usare la violenza contro la persona del presidente della Compagnia, Altho Franken, che era suo amico da decenni e decenni.

Era ancora buio, quando Janas si addormentò, ma l’alba non era lontana.

Il comandante spaziale si svegliò che l’ora di colazione era passata da un pezzo, e chiese al bar un succo di frutta e un caffè. Mentre aspettava di essere servito, guardava ancora una volta la cima brulla del Monte Union, triste ricordo della guerra nucleare, scatena­ta un millennio e mezzo pri­ma. Quello spettro lo tormen­tava ancora. Oggi, però, tutto sarebbe stato diverso, perché da allora le cose erano molto cambiate. Gli uomini ormai possedevano gli schermi di protezione che deviavano il fuoco nucleare, e i cannoni a energia, con cui intercettavano i missili a centinaia di chilome­tri di distanza. Era vero, però, che le bombe erano spavento­samente più potenti di un tem­po e che i cannoni a energia erano in grado di superare gli schermi di protezione, ridu­cendo in cenere (com’era avve­nuto per Antigone) interi pia­neti. Con una sola bomba era possibile trasformare metà del­l’altopiano del Colorado in un fiume di lava fusa.

Un secondo prima di allon­tanarsi dalla finestra, Janas vi­de arrivare da Flagstaff il bat­tello turistico settimanale, che, prima di atterrare sulla pista principale, compiva un ampio giro panoramico su Central, per dar modo ai passeggeri di avere dall’alto una visione complessiva della città della CNS. Mentre il grosso scafo si posava sulla pista, Janas si sforzava di scacciare una do­manda insistente: nell’avveni­re, i turisti sarebbero venuti ancora ad ammirare il Gran­de Abisso dell’Arizona?

“Stai invecchiando” pensò Janas tra sé, mentre il camerie­re gli portava il succo di frutta e il caffè. “Si sente che hai un secolo sulle spalle: devi reagire!”.

Finito di bere il caffè, dopo aver acceso la prima sigaretta della giornata, Janas riesaminò la struttura della Compagnia di Navigazione Solare. Su un pez­zo di carta scrisse i nomi di tutte le persone attraverso le quali era passato l’ordine invia­to da Altho Franken alle navi spaziali della CNS, perché des­sero il loro appoggio alle forze della Confederazione.

In cima alla piramide c’era Altho, il presidente. In teoria, Franken avrebbe dovuto ri­spondere dei suoi atti davanti al Consiglio di Direzione; in realtà, però, era libero di fare come voleva, purché dimo­strasse che le sue azioni rispon­devano all’interesse della Compagnia. Dato che, attualmente, il Consiglio era composto in larga parte di parenti e sosteni­tori di Altho, non c’erano spe­ranze di metterlo in difficoltà, da quel lato. Comunque, era una possibilità da tener presen­te.

Al di sotto di Franken, c’era una serie di vice-presidenti, do­dici in tutto, responsabili ognuno di un settore della Com­pagnia. Il più importante di questi, almeno secondo Janas, era il vice-presidente del Setto­re Operazioni, Bilthor Fran­ken, fratello maggiore di Al­tho, che Janas conosceva appe­na. Era, così almeno gli aveva­no detto, un uomo onesto, un lavoratore indefesso, privo di immaginazione, che obbediva senza fare troppe domande agli ordini del dinamico fratello minore. Subito dopo, veniva Jarl Emmett, del Controllo Operazioni, che badava alla rea­lizzazione pratica delle decisio­ni e degli ordini di Bilthor Franken. Quando era partito l’ordine di appoggiare la Con­federazione, Emmett ne era stato informato, ma non aveva potuto far niente per fermarlo.

Il Settore Operazioni regola­va le attività delle flotte spa­ziali della CNS, badava che il programma delle astronavi fos­se eseguito e che le mete delle varie unità fossero rispet­tate. Un contrordine eventuale sarebbe dovuto passare pro­prio attraverso il Settore Ope­razioni, per quanto Emmett non avesse potuto impedire l’emanazione degli ordini di Altho.

In poche parole il problema era questo: per impedire che la CNS desse il proprio appoggio effettivo alla Confederazione, Emmett, Janas e gli altri dove­vano:

1) Tenere sotto controllo Al­tho Franken e suo fratello Bilthor.

2) Costringerli a firmare un nuovo ordine con precedenza assoluta, che scavalcasse il Consiglio di Direzione.

3) Controllare che il contror­dine fosse trasmesso al calcola­tore Operazioni.

“Semplicissimo!” pensò Ja­nas, con un sorriso.

Era quasi mezzogiorno quando Janas si alzò da tavoli­no, raccolse i fogli e li gettò nel disintegratore. Non senti il “puff” di conferma che i fogli erano stati distrutti, ma sul momento non ci badò. Si fece la barba, indossò un’uniforme nuova e scese al bar.

La tavola calda era affollata di turisti scesi allora dal battel­lo che aveva visto poco prima, ma Janas riuscì a trovare un angolo tranquillo dove siste­marsi. Infilò la scheda Prefe­renza Gusti nel menù e aspettò che lo schermo si accendesse e cominciasse a sfilare la lista dei piatti del giorno. Notò che non c’erano i fiori carne di Raman, che lui avrebbe voluto ordinare; probabilmente era colpa della guerra, che limitava le importazioni di diversi pro­dotti. Alla fine ripiegò su un classico roast-beef terrestre.

Una cameriera molto grazio­sa gli servi l’aperitivo subito dopo che il menù gli aveva restituito la scheda PG. Lui la ringraziò, si accomodò sulla seggiola, e decise di non pensa­re ad altro che al bicchiere di vermouth che aveva in mano.

Il pranzo fu servito con simpatica sollecitudine. Dopo avere ancora una volta ringra­ziato la bella cameriera, Janas si chinò sul piatto fumante che aveva davanti. Aveva una gran fame.

Era così intento a mangiare che, a tutta prima, non si accorse dei due sconosciuti che si erano avvicinati al suo tavolo.

«Il comandante Janas?»

Janas alzò gli occhi e si trovò di fronte un giovanotto bruno, con una faccia vaga­mente familiare. A sinistra del giovanotto c’era una ragazza bionda, alta, ben fatta e molto carina: e subito gli venne in mente un nome: “Rinni”.

«Vi spiace se ci sediamo al vostro tavolo, comandante?» chiese la ragazza.

Dopo un secondo di esita­zione, Janas rispose: «Prego.»

«Grazie» risposero i due, accomodandosi. Per un mo­mento, nessuno parlò.

Visti da vicino, Rinni e Gray, i due ballerini Paraseleni che aveva ammirato da “Eddie’s” due sere prima, forma­vano una bella coppia: erano identici a come apparivano sul­la scena, benché ora fossero vestiti: ammesso che gli indu­menti terrestri si potessero chiamare vestiti.

Rinni portava una camicetta priva della parte anteriore, un vezzo di perle a vari giri, una gonna lunga cinquanta centi­metri e un paio di stivaletti. I capelli biondi erano pettinati molto alti sulla testa, a forma di cono. Gray indossava il soli­to abbigliamento terrestre: un completo attillatissimo azzurro e oro, un berretto dorato e stivali celesti, a punta.

«È inutile che vi presen­tiate» disse Janas, fra un boccone e l’altro. «Vi cono­sco già.»

I due si scambiarono una rapida occhiata.

«Vi ho visti l’altra sera, da “Eddie’s”» spiegò Janas.

«Oh» disse Rinni, e le labbra rosse formarono un cir­colo perfetto.

«Vi è piaciuto lo spettaco­lo?» chiese Gray.

«Bellissimo» disse Janas, sorridendo. «Voi, però, non siete di Odino.»

«No, non siamo di Odino» disse Rinni, e la voce di lei gli ricordò il trillo dei campa­nelli di Rama, mossi dal vento, in un piccolo tempio protetto dagli alberi. «Siamo terrestri, ma io sono cresciuta su Tele­maco. Mia madre proveniva da lassù.»

«Telemaco è nella Nebulo­sa Centrale» disse Gray «a circa...»

«Lo so» disse Janas «a circa diciotto anni-luce da Odi­no, verso il centro della Galas­sia.»

«Siete stato a lungo nella Nebulosa?» chiese Gray.

Janas accennò di si.

Nuovo silenzio.

«Cosa volete?» chiese al­la fine Janas, scandendo le parole. I due, era chiaro, non erano semplici turisti, come volevano far credere. Erano venuti con la gita organizzata, ma, in realtà, erano arrivati fin li per incontrare lui. Perché?

Rinni apri di scatto la borsa che portava a tracolla. Dentro apparve un noiser di tipo mili­tare, con la lampada spia acce­sa. Janas annui.

«Siamo entrambi registrati come terrestri, di professione ballerini» spiegò Rinni, con voce decisa. «Andiamo e ve­niamo a nostro piacere, senza che nessuno ci faccia doman­de. Il mese scorso, a Ginevra, abbiamo dato uno spettacolo davanti al presidente.»

Gray fece una smorfia e Janas non ebbe difficoltà a capire perché. Herrera, tra l’al­tro, era noto perché gli piace­vano le belle donne.

«E voi siete agenti della Lega dei Mondi Indipendenti, vero?» disse Janas lentamen­te, nel tono di chi fa una constatazione, più che una do­manda.

«Si» rispose Rinni.

«E che cosa volete da me?» ripeté Janas.

«Sappiamo chi siete, co­mandante» disse Rinni. «E sappiamo anche perché siete tornato sulla Terra.»

«Bravi!» disse Janas, sforzandosi di nascondere la propria irritazione, nel vedere quanta gente si occupava dei fatti suoi. Ma più forte dell’ir­ritazione era la diffidenza ver­so i due giovani. Quei due volevano qualcosa da lui, e sapeva perfettamente che co­sa: ma Janas non aveva la minima intenzione di lasciarsi coinvolgere nel gioco di un’al­tra fazione. Ne aveva già abba­stanza dei problemi della CNS.

«Che cosa vi ha detto Altho Franken, quando gli avete chiesto di tenere la CNS fuori dal conflitto?» chiese Rin­ni.

«Questo non lo sapete?»

Rinni sorrise, e, per un se­condo, la maschera dura del suo volto s’incrinò.

«Una certa idea, ce l’ab­biamo» rispose Gray.

«Probabilmente siete nel giusto» disse Janas.

«E che cosa intendete fa­re, comandante?» chiese Rinni, riprendendo la sua espressione dura.

«Ma voi, che cosa c’entra­te in questa faccenda?»

«Vogliamo aiutarvi» dis­se Rinni.

«Comandante Janas» dis­se Gray, con tutto lo slancio della giovinezza. «Il generale Kantralas non vuole distrugge­re la CNS. È pronto a accet­tarne la neutralità. Sa che la CNS gli è sinceramente amica.»

«Altho Franken non è un amico del generale» disse Janas.

«E voi?» chiese Rinni.

«Io condivido certi suoi punti di vista, per così dire» disse Janas «e certo non desidero che la CNS si allei con gli avversari di Kantralas.»

«Chi non è con noi...» cominciò Gray.

«Un momento» disse Janas, alzando la mano. «Quali sono le vostre intenzioni precise?»

«Voi e i vostri amici perse­guite gli stessi scopi nostri» disse Rinni.

«Cioè?» chiese Janas.

«La distruzione della Con­federazione» disse Rinni, con una sfumatura di stupore nella voce. «La fine della guerra. La libertà di tutti i mondi dalla dominazione della Terra. L’instaurazione di una pace giusta e universale.» Tacque un istante, guardando Janas. «L’umanità non può più tollera­re la brutalità e le atrocità del presidente Herrera.»

«Non è stata solo la Con­federazione a macchiarsi di atrocità» ribatté Janas. «E Cassandra, e Erda? Li avete dimenticati, forse?»

«E voi avete dimenticato Antigone e Odino, comandan­te?» chiese Rinni. «Le atro­cità e il genocidio sono conse­guenze della politica della Confederazione. Non siamo stati noi a cominciare.»

«Ma avete continuato» replicò Janas.

«Solo per autodifesa, co­mandante.» C’era, nella voce di Rinni, una irritazione since­ra. «E per noi non si tratta di tattica. I nostri capi non han­no dato l’ordine dei massacri e non hanno perdonato l’acca­duto.»

«Gli uomini che hanno portato la desolazione su Cas­sandra e su Erda sono stati puniti?» chiese Janas.

«No» rispose Rinni «ma ciò non significa che noi ap­proviamo le loro azioni. Non possiamo, però, permetterci di perdere i nostri capi. Forse hanno avuto torto, ma hanno sempre agito, così credevano, nell’interesse della Lega.»

Janas, per un momento, ri­mase in silenzio.

«Ma questo è un punto secondario» disse Gray. «Il punto principale è un altro. Voi e noi vogliamo la fine della dittatura di Herrera e una alleanza onesta e aperta di tutti i mondi, ognuno dei quali dovrà essere libero, uguale e sovrano. L’intera Spirale non ne può più della tirannia di un uomo e del dominio di un solo pianeta. Questa, comandante, è la nostra meta.»

Janas scosse il capo. «Forse avete travisato i miei in­tenti» disse. «Le mie aspira­zioni sono più modeste delle vostre.»

«E quali sono le vostre aspirazioni, comandante?» chiese Rinni, con voce aspra e dura come l’acciaio.

«Vorrei soltanto che la CNS rimanesse fuori dalla mi­schia» le disse. «E non nutro grandi speranze di riuscire a realizzare qualcosa di più. An­zi, dubito molto di riuscirci.»

Per qualche istante, Rinni e Gray rimasero in silenzio.

«Su questo punto siamo d’accordo, comandante Janas» disse Gray alla fine.

«Lo immagino» disse Ja­nas, prendendo l’ultimo pezzo di roast-beef. «In linea di principio, io sono d’accordo con voi. Però ritengo che i vostri propositi, date le circo­stanze attuali, siano poco reali­sti.»

«Che cosa intendete dire, comandante?» chiese Rinni.

«Voi siete convinti, se ho capito bene, che una volta eliminato quel brutto mostro della Confederazione terrestre, tutto vada a posto da solo. Io, invece, temo che non sia tanto semplice.»

«Andate avanti» disse Rinni.

«Una volta tolta di mezzo la Confederazione, nell’ipotesi che vinca la Lega, che cosa farete dei mostri che avete creato? Come vi libererete di gente come Carman Dubourg? Quell’uomo vi dà una mano a far fuori Herrera, e intanto si sta costruendo il suo impero personale. Non entrerà sicuramente nella vostra al­leanza di “liberi e uguali”. E dei pianeti come Erda e Cas­sandra, che ne farete? Credete che accetteranno di unirsi alla vostra alleanza, o anche solo di mettersi in relazione con voi, dopo quello che avete fat­to? Non è così semplice come sembra» ripeté Janas.

«Continuate, comandante» mormorò Rinni. «Mi pare di cominciare a capire il vostro punto di vista.»

«No, non capite» disse Janas, scrollando il capo. «E non dirò niente altro. Voi cre­dete in ciò che fate, e io vi ammiro per questo. Spero sin­ceramente che riusciate a crea­re l’ordine nuovo che voi so­gnate.»

«Insomma, voi non crede­te nella nostra vittoria, è così?» chiese Gray.

«Io non credo in nessuna vittoria» disse Janas. «Spero soltanto che la CNS riesca a sopravvivere.»

«Come ho già detto, co­mandante, siamo d’accordo con voi su questo punto» disse Gray. «Potremo almeno collaborare a questo scopo.»

«No» disse Janas. «Io non mi unirò a voi e non voglio che voi vi uniate a me. Questa è una faccenda privata, che riguarda solo la CNS.»

«Comandante» disse Rin­ni, dominando l’irritazione. «Se ci permetteste di aiutarvi, potremmo esservi di grande aiuto. Abbiamo un’organizza­zione potente sulla Terra, mol­to più potente di quanto voi sospettiate.»

«Grazie, no!» le disse Janas.

«Dunque, non possiamo fare proprio niente?» chiese Gray, senza più speranze.

Janas, per un secondo, tacque. «Avete qualcuno a San Francisco?»

«Sì» rispose Gray.

«Ci sono due cose che vorrei che i vostri controllasse­ro» disse Janas. «Una è una faccenda mia personale, l’altra invece vi riguarda più da vici­no.»

«Diteci» disse Rinni, te­sa.

«C’è un’organizzazione, “I figli della Libertà” o qualcosa del genere, che progetta di assassinare Herrera. Sono dei pazzi, ma forse vi potranno essere utili.» E diede l’indiriz­zo di Rod Campbell.

«Ce ne occuperemo» dis­se Rinni.

«L’altra cosa... C’è una ragazza che vorrei che qualcu­no tenesse d’occhio. Sarebbe un grande sollievo, per me. Potrei dedicarmi meglio al la­voro che ci interessa.»

I due si scambiarono un’oc­chiata.

«Si» rispose Gray. «Credo che potremo fare qual­cosa. Chi è?»

Dopo avere spiegato il caso di Enid, Janas offrì da bere ai due.

«No, comandante, grazie» rispose Rinni. «Il battello sta per ripartire per Flagstaff, ed è meglio che ritorniamo a bordo. Altrimenti la nostra as­senza verrà notata.»

«Mi spiace che le cose non siano andate come voi sperava­te» disse Janas.

«Comprendiamo le vostre ragioni» disse Gray, ma la sua espressione faceva pensare tut­to il contrario.

«Se cambiate idea, coman­dante» disse Rinni, alzandosi «sapete dove trovarci.»

«Sì.»

«Arrivederci, comandante» disse Rinni, anche a nome di Gray.

Janas li guardò mentre si allontanavano, e ammirò l’ele­gante ancheggiamento di Rin­ni.

Aspettò ancora qualche mi­nuto, sorseggiando un caffè ormai freddo, poi si alzò e pagò. Dopo di che si diresse verso il suo appartamento, fer­mandosi a comperare una sca­tola di sigarette.

Quando scese dall’ascensore e imboccò il corridoio, provò una strana impressione, una specie di presentimento. C’era qualcosa di strano intorno, ma non riusciva a capire che cosa fosse. Scrollò le spalle, accese una sigaretta e si diresse verso l’alloggio.

Nell’atto di premere il pul­sante che apriva la porta, di­versi fatti, apparentemente sle­gati tra loro, gli vennero in mente a un tratto. Il disinte­gratore da tavolo, per esempio, che non aveva distrutto i fogli che aveva infilato. L’uomo che, da quando lui aveva mes­so piede sulla Terra non l’ave­va mai perso di vista e che adesso era sparito. La sera prima, durante la riunione da Emmett, avevano entrambi parlato contro il presidente della Confederazione, renden­dosi colpevoli di sedizione. E, per ultimo, l’ascensore e il corridoio, a quell’ora, erano troppo deserti e silenziosi.

Tolse di scatto il pollice dal comando automatico di aper­tura, ma ormai era troppo tardi. I battenti si erano già spalancati e nel vano della porta si profilavano due guar­die della Compagnia di Naviga­zione Solare, nelle loro austere uniformi nere.

«Il comandante Robert Janas?» chiese il più alto in grado dei due, mostrandogli un mandato di cattura.

«Sì» disse lui, con voce atona.

«Siete in arresto, signore» disse l’agente.

«Perché?»

«Vi sarà comunicato a tempo debito» disse l’altro, cortesemente. «Vi spiace se­guirmi?»

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