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Ritornando verso Central, Ro­bert Janas non perdeva d’oc­chio il bagliore metallico che aveva visto dietro di sé nella luce del mattino. Non sapeva se era lo stesso apparecchio che, quel pomeriggio, lo aveva seguito a San Francisco, né, del resto, gli importava molto saperlo. In ogni caso l’obietti­vo non poteva essere che uno: tenere d’occhio ogni sua mos­sa. Janas non sapeva neppure con certezza a che fazione appartenesse l’individuo che lo pedinava, ma anche questo non aveva molta importanza. Due persone soltanto poteva­no essere interessate a ciò che faceva: Altho Franken della CNS e il presidente della Con­federazione Jonal Herrera. Po­co importava sapere chi dei due gli avesse messo alle calca­gna quell’uomo, o quegli uo­mini, perché, per Janas, Fran­ken era sullo stesso piano di Herrera, ora che i due erano dalla stessa parte.

Planando lungo i fianchi dei monti, Janas scese col grav-car sulla piattaforma d’atterraggio in cima alla Residenza Ufficiali della CNS. Dopo aver riconse­gnato il mezzo all’addetto, Ja­nas andò nel suo appartamen­to, si rase la barba, fece il bagno, poi scese alla tavola calda per un rapido spuntino. Finalmente ritornò in camera, si svesti, spense la luce e si sdraiò sul letto.

Si svegliò nel tardo pomerig­gio e chiamò Emmett, confer­mandogli che quella sera sareb­be andato da lui. Dopo di che si vesti, scese per la cena, e ordinò un overcab per andare da Emmett. Arrivò da Jarl poco prima delle otto.

Nel grande soggiorno di Emmett erano riunite più di ventiquattro persone. Janas conosceva soltanto qualcuno dei presenti. Tra questi notò Hal Danser, Juan Kai e Paul D’Lugan. Emmett stava par­lando con una signora magra, dai capelli scuri, di un mezzo secolo più vecchia di Janas.

«Bob» lo chiamò Em­mett. «Vieni qui. C’è qualcu­no che vuole conoscerti.»

Janas si avvicinò ai due.

«La cittadina Syble Dian» disse Emmett «il nostro legale. Bob Janas.»

«Lieto di conoscervi» disse Janas, stringendo la ma­no alla donna.

«Dunque, siete voi il fa­moso Robert Janas» disse Syble Dian.

«Credo proprio di sì» rispose Janas, con un sorriso.

«Molto lieta. Riuscirete a trovare il modo per uscire da questo guaio? Ho il sospetto che il settore legale possa fare ben poco.» Lanciò un’occhia­ta a Paul D’Lugan, quasi voles­se significare che quell’uomo era la sua antitesi, in quanto partigiano dell’illegalità.

«Non lo so» disse Janas. «Lo spero.»

Alle otto e un quarto, Em­mett, su suggerimento di Ja­nas, richiamò l’attenzione dei presenti.

«Prima di tutto» comin­ciò Emmett «voglio essere sicuro che nessuno di noi ab­bia su di sé degli apparecchi spia. C’è chi si diverte un mondo a appiccicare addosso a noi e ai nostri amici delle riceventi in miniatura.»

Tacque un secondo, per aspettare che le sue parole fa­cessero effetto.

«Perciò» prosegui «vi prego di uscire a due a due, di svestirvi e di controllare con estrema attenzione i vostri in­dumenti e quelli del vostro collega. Tirate fuori tutti gli oggetti piccoli e di forma rego­lare, che si trovano dove non dovrebbero essere. Se non sa­pete che cosa sono, distrugge­teli senz’altro. Potete andare a svestirvi in camera da letto. Miriam vi farà strada.»

Dopo un breve mormorio stupito, i presenti accettarono l’invito di Emmett. I controlli cominciarono e durarono una buona mezz’ora.

«Grazie» disse Emmett quando tutti furono ritornati nel salone. «Adesso mi sento meglio.»

Janas notò che Emmett non aveva accennato alla mezza dozzina di noiser sistemati in vari punti della stanza. Effetti­vamente, se tra loro c’era una spia, era meglio che non fosse al corrente della presenza degli apparecchi anti-ascolto.

«Siamo arrivati, ormai, a un punto critico» continuò Emmett. «Sappiamo tutti ciò che ha fatto Altho Franken e a quale rischio ha esposto la Compagnia di Navigazione So­lare. Abbiamo con noi stasera un uomo che conosce meglio di ogni altro quei pericoli.»

Fece una pausa, si voltò verso Janas, poi tornò a rivol­gersi agli altri presenti.

«Bob Janas è stato il pri­mo a rendersi conto di ciò che sarebbe capitato se la Lega fosse diventata più forte. Ha passato buona parte della sua vita sui mondi stellari e ha capito presto che non era pos­sibile tacitare i ribelli limitan­dosi semplicemente a ritirare le forze della Confederazione. I ribelli ormai sono decisi a venire sul nostro pianeta, per obbligare la Confederazione a riconoscere i loro diritti. Bob si è reso conto che, prima o poi, la CNS sarebbe stata im­plicata nel conflitto e, da allo­ra, ha fatto tutto il possibile perché la neutralità della Com­pagnia fosse salvaguardata. Non voglio addentrarmi in par­ticolari, voglio dirvi solo que­sto: Bob ha speso un patrimo­nio e ha messo a repentaglio la propria vita per procurarsi questi rapporti che potrebbero salvare la CNS dalla distru­zione. Noi dobbiamo adope­rarci, con tutti i mezzi a nostra disposizione, perché questi rapporti siano resi operanti, se non vogliamo che Altho Fran­ken, o quel pazzo assetato di potere che è Jonal Herrera, provochino la distruzione completa dell’intera Spirale.»

Pochi dei presenti si stupiro­no, sentendo il giudizio spre­giudicato di Emmett sul presi­dente della Confederazione. Formalmente non era proibito parlare del presidente in quei termini, ma Herrera si vendica­va immancabilmente di chi osava criticarlo.

«Bob, vuoi metterci al corrente dei risultati dei rap­porti?» disse Emmett.

Janas si alzò, apri la porta ed estrasse la copia dei rappor­ti dattiloscritti che aveva con­segnato a Franken. Mentre riassumeva rapidamente il con­tenuto, si fermava qua e là, per approfondire qualche punto. Alla fine dell’esposizione, non ci furono molte domande da parte dei presenti, perché qua­si tutti, uomini e donne, erano arrivati alle stesse conclusioni: e cioè, che sarebbe stato un suicidio per la CNS favorire una delle due parti.

«Riferisci che cosa ti ha detto Franken, quando gli hai parlato» suggerì Emmett.

Janas accese una sigaretta e, per qualche secondo, osservò i presenti.

«Franken ormai ha preso la sua decisione» disse lenta­mente. «Niente e nessuno potrà più fargli cambiare idea. Tutto qui.»

«Ha letto i vostri rappor­ti?» chiese uno degli uomini.

«No, li ha dati da leggere al suo segretario che dovrà poi riassumerglieli.»

«Milt Anchor?» chiese Syble Dian. Quando Janas ac­cennò di sì, lei prosegui: «Anchor simpatizza per la Con­federazione. Non farà mai niente perché Franken cambi idea.»

Molti dei presenti annuiro­no.

«Dunque, cosa si fa?» chiese Paul D’Lugan, spazienti­to.

Janas si voltò verso di lui, sapendo già che cosa avrebbe detto il giovane. Per qualche secondo, nessuno parlò.

«Lo sapete anche voi» disse D’Lugan. «Non abbia­mo più scelta. Se vogliamo salvare la CNS, non ci resta che una via.»

Tacque, in attesa che qual­cun altro la enunciasse.

«Io non la approvo» dis­se bruscamente Emmett.

«Nessuno la approva, Jarl» disse Janas. «Ma non pos­siamo continuare a girare at­torno alla questione. D’Lugan propone di usare la forza contro il cittadino Franken.»

Un mormorio corse per la stanza.

«Vorrei prima accertare una cosa» disse Janas. «Qual­cuno di voi ha un’idea miglio­re?»

D’Lugan sorrise.

«Non mi piace» riprese dopo un po’ Janas «non mi piace l’idea di fare irruzione con la forza nell’ufficio di Franken. Farò tutto il possibi­le per evitarlo, però se non c’è altro mezzo...» e lasciò la conclusione a metà.

«Sentite» propose Jarl Emmett. «Andiamocene tutti a casa e dormiamoci su. Ognu­no di voi, intanto, ci ripensi, veda quali sono le alternative e le conseguenze eventuali. Cer­cate una soluzione migliore. Non prendiamo, stasera, deci­sioni drastiche. Domani sera torneremo a riunirci qui, alla stessa ora, per decidere. Venti­quattro ore in più non faranno molta differenza.»

Janas doveva ricordarsi, più tardi, di quelle parole, ma in quel momento provò soltanto un senso di sollievo. Un rinvio non risolveva niente, è vero, ma dava a tutti la possibilità di raccogliere le proprie idee e, forse, di trovare una soluzione migliore di una “congiura di palazzo” alla sede centrale del­la CNS.

D’Lugan insistette perché si prendesse una decisione im­mediatamente, facendo pre­sente che c’era il rischio che Franken venisse a sapere ciò che complottavano e la facesse pagare cara a tutti. La maggio­ranza però decise diversamente e D’Lugan, pur protestando, fu costretto ad accettare.

Janas si fermò da Emmett, dopo che gli altri se ne furo­no andati. Sprofondato in pol­trona, con un bicchiere in mano, ripeté l’avvertimento di D’Lugan.

«Ascoltami, Jarl» disse. «D’Lugan non è uno stupido. C’è il rischio che Franken ven­ga a sapere della nostra riunio­ne. Non puoi ignorare la possi­bilità che in seno al Comitato ci sia una spia.»

«Lo so» ammise Em­mett. «Franken ha tentato più volte di controllarci, am­messo che sia lui a tenerci d’occhio.»

«E tu non credi che sia lui?»

«O lui, o Herrera.»

«È bene tenerci pronti ad agire» disse Janas. «Può darsi che Altho, o un altro al posto suo, tenti di forzarci la mano.»

«Ho un paio di progetti» disse Emmett «nel caso che dovessimo agire. Ne sono al corrente tutti, tranne te. Sono stati studiati in linea di massi­ma da Paul, che, in questo genere di cose, è piuttosto abile.»

«L’avevo capito» disse Janas sorridendo. «Sono con­tento che sia dei nostri.»

«Qualche volta mi chiedo se è veramente con noi» rispose Emmett, con lo stesso sorriso. «Non che lo sospetti di essere lui la spia.»

«Lo so. Che cos’è che lo rende così spietato?»

«Non lo so esattamente» disse Emmett. «Non me l’ha mai detto, ma credo che su Antigone avesse dei parenti, il fratello, o i genitori. E poi la Confederazione, nel settanta­sette, gli ha fatto saltare la nave, e lui è convinto che non si sia trattato di un incidente fortuito.»

«Non è l’unico a pensarla così.»

«Lo so» rispose Emmett. «Comunque, lui ha accumula­to dentro una carica di odio, ed è pronto a scaricarla su Altho.»

«Parlami di quei progetti» disse Janas, sedendosi più comodamente in poltrona e sorseggiando la bevanda.

Era molto tardi quando Ja­nas, con la testa piena di idee, lasciò gli Emmett. Salì sull’overcab, dirigendosi verso la Residenza Ufficiali di Central.

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