Nel vasto ed elegante ufficio del presidente della Compagnia di Navigazione Solare c’erano quattro uomini e una ragazza. Uno degli uomini era steso sul pavimento, con gli occhi aperti, ma incapace di parlare perché un bavaglio gli chiudeva la bocca. L’altro, sempre seduto dietro il tavolo, era ancora intontito dal raggio, ma già gli riaffiorava in corpo la rabbia. Infine, gli altri due uomini lo osservavano, dall’altra parte del tavolo. La ragazza era ritta, immobile e silenziosa, in attesa di ciò che sarebbe avvenuto. In uno stanzino attiguo all’ufficio, c’era il cadavere di un capitano delle guardie.
Janas, per qualche secondo, aveva temuto che il colpo della sua 45 facesse accorrere nell’ufficio tutti gli agenti di Central, e invece non era capitato niente. L’ufficio del presidente e il corridoio erano isolati acusticamente in modo così perfetto, che nessuno aveva sentito la detonazione. Janas, benché fosse ancora turbato dalla morte dell’agente della CNS, si sentiva già più tranquillo.
«Chi fa quel mestiere corre il rischio di una morte violenta» gli aveva detto D’Lugan.
«Ma io non mi sento meglio, per questo motivo» aveva risposto Janas. «Era sempre un membro della CNS.»
«Già» aveva detto D’Lugan, senza aggiungere altro.
Mentre aspettavano che Franken si riavesse, D’Lugan mise Janas al corrente degli avvenimenti recenti. Come già aveva sospettato, tra loro c’era effettivamente una spia, per quanto Jarl Emmett non fosse riuscito a scoprire chi fosse. La spia, comunque, aveva riferito a Franken ciò che era avvenuto la sera prima, e Franken aveva dato ordine di arrestare i cospiratori. A questo punto, una controspia di Emmett aveva, a sua volta, avvertito il Settore Operazioni. Emmett aveva provveduto immediatamente a tenere sotto controllo il centro Operazioni, che era un centro nevralgico della Compagnia, mentre avvertiva gli altri aderenti al complotto, informandoli che ormai era in atto uno dei piani proposti da D’Lugan. Non essendo riuscito a mettersi in contatto con Janas, Emmett aveva inviato D’Lugan perché lo mettesse in guardia. D’Lugan, che era stato fermato ed era riuscito a stento a sfuggire all’arresto, era arrivato appena in tempo per salvare Janas dai Neri.
Apportando una leggera variante al piano, lui e Janas dovevano catturare Altho Franken e suo fratello Bilthor, e tenerli sotto controllo finché, dal Settore Operazioni, fosse arrivato Jarl Emmett.
«Per prima cosa occorre modificare la politica della società» disse D’Lugan. «E quindi bisogna modificare i programmi dei calcolatori di Central, e soprattutto quelli del computer del Settore Operazioni, sostituendo al programma di collaborazione stabilito da Franken uno di stretta neutralità. Ora, la cosa si può fare in due modi. O costringiamo il Consiglio di Direzione a firmare il contrordine, ma non credo che ce la faremo, o emaniamo un ordine d’emergenza con priorità assoluta, firmato dal presidente e dal vice-presidente del Settore Operazioni. Questo è il progetto di Jarl.»
Dopo una breve pausa, D’Lugan riprese: «Perché il cervello elettronico accetti un cambiamento di indirizzo ad alto livello, bisogna che Franken e suo fratello firmino e sottopongano le impronte digitali e retinali al calcolatore. Una volta compiuto questo passo, Jarl potrà affidare al computer i nuovi ordini.»
«Ma dobbiamo portare gli ordini al Settore Operazioni?» chiese Janas. «Non è possibile fare tutto qui?»
«Be’» disse D’Lugan «a Central, secondo Jarl, ci sono solo sei calcolatori in grado di accettare mutamenti di politica ad alto livello. Tutti, ad eccezione di uno, si trovano in questo edificio, ma secondo Jarl, ci sarà impossibile raggiungerli. Il sesto calcolatore, invece, si trova al Settore Operazioni, che in questo momento è ancora in mano di Jarl. È indispensabile portare laggiù i due Franken, se vogliamo inserire il nuovo programma nel calcolatore.»
Franken, finalmente, si riebbe dal colpo ricevuto.
«Cosa è capitato, Bob?» chiese.
Janas non parlò immediatamente. Dopo alcuni secondi di silenzio, disse: «Sei stato tu a costringerci, Al. Dovevamo fare qualcosa.»
«Ma è una follia!» scattò Franken. «Cosa sperate di fare? Spiegatemelo!»
«Speriamo di salvare la vostra pelle» rispose D’Lugan, con lo stordigente puntato su Franken. «E anche la nostra.»
«Vi farò fucilare tutti» scattò Franken. «Anche te, Bob. Eri un mio amico, ma ti farò fucilare lo stesso!»
«Può darsi» disse Janas «ma forse, prima, riusciremo a salvare qualcosa dal pasticcio in cui ci troviamo.»
«Sei pazzo, Bob» gridò Franken. «L’unico modo per salvare la Terra è aiutare la Confederazione.»
«Salvare la Terra!» disse Janas. «Niente può più salvare la Terra, niente nell’universo può impedire che la Confederazione sia distrutta e che la Terra cada in mano ai ribelli. È solo una questione di tempo; si tratta di aspettare che Henri Kantralas arrivi a Ginevra, ammesso che prima non la rada al suolo. È per questo che noi dobbiamo cercare di salvare la CNS.»
«E come?» disse amaramente Franken. «Come pensate, con i vostri progetti da cavalieri erranti, di salvare la CNS?»
«Bene» disse Paul D’Lugan, gelido. «Per prima cosa dobbiamo avere qui vostro fratello Bilthor.»
«E come ci riuscirete?» chiese Franken.
«Lo chiamerete voi» rispose D’Lugan. Apri il caricatore dello stordigente, modificò un aggeggio e lo richiuse. «Cittadino Franken» continuò, piano. «Questa non è una normale pistola a raggio. È un modello speciale, che hanno in dotazione gli ufficiali della flotta della Cintura. Forse la riconoscerete. In questo momento, il raggio è molto più potente di prima, e se io lo usassi contro di voi, non si limiterebbe a paralizzare temporaneamente il vostro sistema nervoso, ma lo distruggerebbe. Mi capite?»
Franken divenne color cenere, ma non disse niente.
«Ripeto: mi capite cittadino Franken?»
Franken, finalmente, accennò di si.
«E non esiterò a farlo.»
Janas guardò il giovane e capì che diceva sul serio. Con un semplice gesto del suo indice, Altho Franken sarebbe diventato un corpo inerte, in preda a crudeli sofferenze.
«Cittadino Franken» continuò D’Lugan. «Noi, ormai, non abbiamo più niente da perdere. Se non collaborate con noi, farò quanto ho detto.»
Franken, spaventato e supplicante, si voltò verso Janas.
«Lo farà, Al» gli disse Janas.
«E tu lo lascerai fare?» gridò Franken. «Credevo che fossi mio amico.»
«Lo ero» disse Janas. «Ma tu stesso hai detto che mi avresti fatto fucilare.»
«Ma non intendevo farlo!» gridò Franken.
«Lo farà» rispose Janas «e io non glielo impedirò. Sarà meglio che tu chiami Bilthor.»
«E Enid?» disse a un tratto Franken, aggrappandosi con la forza della disperazione a qualsiasi appiglio.
«Enid?» chiese Janas, serrando più forte la 45.
«Tu le vuoi molto bene, vero?» chiese Franken, mentre un po’ di colore gli tornava in viso e la voce si faceva già più sicura. «Tu non vuoi, vero, che le venga fatto del male?»
«Non le sarà fatto alcun male» disse Janas, freddo.
«Ne sei sicuro?» chiese Franken.
«Che cosa vuoi dire?» Janas era furioso.
«Se capita qualcosa a me...» cominciò Franken.
«Sarebbe nelle tue mani, dunque?»
«Sì» disse Franken. «I miei uomini l’hanno presa stamane.»
«Dove?»
«Nel suo appartamento.»
«Quale appartamento?»
«Quello che ha a San Francisco, nella casa dove vive suo fratello.»
«Dimostramelo!» il dito di Janas si contrasse involontariamente sul grilletto.
«Faresti meglio a credermi, Bob» disse Franken, con l’ombra di un sorriso.
«Faresti meglio a darmi le prove di ciò che dici, Al» disse Janas. «Enid, stamane, non era a casa sua. È andata via ieri.»
«Nessuno ha visto...» cominciò Franken ma poi si rese conto dell’errore. Il sorriso si spense e ogni traccia di baldanza scomparve dalla sua faccia.
«Chiama Bilthor» disse Janas, indicando, con il calcio della pistola, la trasmittente.
Con mossa lenta, come un uomo che si muove su un pianeta ad altra gravità, Franken allungò la mano all’apparecchio.
«Non fate sciocchezze» disse D’Lugan.
Franken annuì, poi premette diversi pulsanti.
«Qui l’ufficio del cittadino Bilthor Franken» rispose una gradevole voce femminile. Dal punto dove si trovava, Janas non poteva vedere lo schermo. «In che cosa... Ah, cittadino Franken.»
«Passatemi Bilthor» disse Franken, con voce rotta.
«In questo momento non è in ufficio, signore» disse la ragazza. «E non so se ha con sé il cerca-persone.» Seguì una pausa. «No, signore, l’ha lasciato in ufficio. Debbo farvi chiamare appena torna, cittadino Franken?»
Franken guardò D’Lugan, poi disse: «Dov’è andato?»
«Non lo so, signore» rispose la ragazza. «Non l’ha lasciato detto. Devo farvi chiamare?»
Franken tornò a guardare D’Lugan. Stavolta l’altro accennò di sì.
«Si» disse Franken. «Ditegli che è importante.» E interruppe la comunicazione.
«Aspetteremo» disse D’Lugan.
«Ma non potete» protestò Franken. «Io ho diversi appuntamenti, e la gente finirà col chiedersi che cosa sta capitando. E il capitano Tellzer?» e indicò lo stanzino dove era chiuso il corpo dell’agente. «Le guardie lo cercheranno.»
«Meglio per voi se non lo cercano» disse D’Lugan, sedendosi in una sedia di fronte a Franken, senza abbassare, neppure per un secondo, lo stordigente. «Dite ai vostri impiegati che per oggi pomeriggio annullino tutti gli appuntamenti e comunicate che Tellzer è uscito da un’altra parte.»
Franken, pur riluttante, obbedì.
«Non la passerete liscia» disse, dopo avere fatto le comunicazioni.
D’Lugan diede un’occhiata all’orologio. «Tra poco dovrebbe arrivare Jarl. Aveva un suo piano per uscire dal Settore Operazioni senza essere scoperto. Se riusciamo ad avere qui Bilthor, avremo delle buone probabilità di successo.»
Franken stava già prendendo un’aria soddisfatta, quando la ricevente ronzò. Franken sussultò, perdendo ogni colore.
«Rispondete!» scattò D’Lugan.
Franken non si mosse subito e D’Lugan venne avanti, agitandogli sotto il naso la pistola. Immediatamente Franken fece segno di si e obbedì. Con l’indice destro, premette un pulsante sul tavolo.
«Buongiorno, Al» disse una voce al microfono. «Avevi bisogno di me?»
Dopo un secondo di esitazione, Franken si decise a parlare. «Sì, vieni subito in ufficio, per favore.»
«In questo momento ho un sacco di cose da fare» rispose la voce di Bilthor Franken. «C’è qualcosa che non va al Settore Operazioni, e non ho ancora capito bene di che si tratti. Non puoi dirmi per radio che cosa vuoi?»
«Ho bisogno di parlarti personalmente» disse Franken, senza perdere di vista la canna della pistola di D’Lugan.
«C’è qualcosa che non va?» chiese Bilthor.
«No, no» rispose Franken, dopo un secondo di pausa. «Ho bisogno di parlarti, tutto qui.»
«Va bene» sospirò Bilthor. «Sarò lì tra un paio di minuti. Ciao.» Segui un clik e la comunicazione fu chiusa.
Franken si abbandonò sulla seggiola, guardando D’Lugan e Janas.
«Sta arrivando.»
«Questo lo abbiamo capito» rispose D’Lugan. «Di dove arriverà? Di lì?» e indicò i due battenti solenni attraverso cui erano passati lui, Janas e Maura.
«Si» rispose Franken.
«No, non è vero» disse Maura, rompendo per la prima volta il silenzio. «C’è un ingresso privato per i vice-presidenti e i membri del consiglio.»
«Dov’è» chiese Janas.
«Non lo so con precisione» rispose Maura. «So soltanto che loro non passano dalla solita porta.»
«Da che parte arriverà?» chiese Janas, girandosi verso Franken.
«Mi stai minacciando, Bob?» chiese l’altro, lentamente.
«Sì, maledizione!»
Franken annuì, con amarezza. «Prendi quella porta a destra, va fino in fondo al corridoio e poi svolta a sinistra. Là c’è una rampa di scale. Lui arriverà di lì.»
«Grazie» disse Janas, freddo, poi guardò D’Lugan.
«Voi restate qui» disse D’Lugan. «Non perdetelo di vista. Io andrò incontro al cittadino Bilthor.»
Janas non rispose immediatamente e D’Lugan riprese: «Sentite, comandante, qui non è solo questione di amicizia. Il destino della CNS è molto più importante dell’amicizia di Altho Franken.»
Janas annuì. «Non temete» disse alla fine. «Farò quel che devo fare.»
D’Lugan gli rivolse uno dei suoi sorrisi così rari e si voltò per uscire.
«Volete che ci scambiamo le armi?» chiese D’Lugan, fermandosi sulla soglia.
«No» rispose Janas, dando un’occhiata alla 45. «Preferisco la mia.»
«Sta’ attento, Paul» disse a un tratto Maura, con voce soffocata.
«Sta tranquilla» rispose D’Lugan, con una dolcezza inconsueta. Per qualche minuto, nessuno parlò. Alla fine Franken disse:
«Perché ti sei lasciato coinvolgere in questo affare, Bob?»
«Non puoi capire» disse Janas, sedendosi in modo da non perdere di vista le mani di Franken. «E io non saprei spiegartelo.»
«Vorrei capire» disse Franken, e stavolta appariva sincero.
«Allora ascoltami» disse Janas, sforzandosi di spiegare le sue azioni all’uomo che, per quasi un secolo, aveva ritenuto suo amico. «Buona parte della mia vita, l’ho passata lassù» e indicò il cielo. «Sono sbarcato su tutti i mondi abitati dall’uomo e mi sono reso conto che cosa stanno facendo quegli uomini. Stanno creando una nuova civiltà, Al, un centinaio di nuove civiltà. E non è facile. Perché Odino, Rama, Orpheus, e forse una dozzina di altri mondi, sono terre accoglienti, già civili; ma su tutti gli altri mondi siamo ancora ai primi passi, abbiamo appena cominciato a raspare il terreno. E quella gente ricorda cose che noi, terrestri, abbiamo da un pezzo dimenticato. Cose che hanno creato la CNS e l’antica Confederazione. La gente di “Lassù” non ha nessuna sicurezza, e neppure la vuole, o almeno non vuole il tipo di sicurezza che le può garantire la Confederazione. Per secoli, la Confederazione li ha mandati raminghi per l’universo, e adesso essi sono convinti di avere dato troppo, in confronto a quello che hanno ricevuto. Ne hanno abbastanza, ormai della Confederazione, e, secondo me, hanno ragione.»
Janas tacque un istante, guardò fuori dalla finestra, poi tornò a osservare la ragazza che sedeva in silenzio, senza staccargli gli occhi di dosso.
«La Confederazione è finita, morta e sepolta. E stanno per sopraggiungere tempi oscuri. Chiunque abbia occhi e volontà per vedere, lo sa, e non c’è niente che possa impedire che ciò avvenga. Forse, e questa è la speranza migliore per noi, se riusciremo a mantenere in vita la CNS, qualcosa si salverà. Tu lo sai perfettamente, Al: la CNS oggi è la cosa più importante della Confederazione. Pensavo che lo avessi capito. Nessun governo ha mai osato toccarla. Questa è la vera libertà. Mio padre era un comandante della CNS, e prima di lui, lo era suo padre. La mia famiglia, da sempre, è stata nella CNS. E la CNS è più antica della Confederazione. La Confederazione è una sua creatura, ma a differenza della CT, la CNS non si è lasciata corrompere, perché altrimenti non avrebbe potuto sopravvivere: per non essere sopraffatta, doveva restare forte e indipendente. La CNS, probabilmente, è la cosa più importante dell’universo. Io credo in essa. È la mia patria, e credevo che fosse anche la tua. E non voglio vederla distrutta solo perché la Confederazione è marcia fino al midollo e sta crollando. Io voglio che la CNS sopravviva e, per vederla salva, farò tutto quanto è in mio potere.»
Attraverso lo spesso paraglas della finestra, arrivava il rombo di un elicottero che si dirigeva verso il grattacielo “Graham Franken”.
Janas si voltò per guardare. Dal tavolo di Franken venne un leggero ronzio.
«Che cos’è?» chiese Janas.
«La facsimile» rispose Franken. «Comunicazione con precedenza assoluta.»
Janas fece lentamente il giro del tavolo e si fermò alle spalle di Franken, osservando un foglio di carta che scivolava fuori da una fessura nel piano di legno. Le prime parole dicevano: “Comunicazione diretta dall’ufficio di Jonal Herrera, presidente della Confederazione terrestre”. Janas strappò il foglio.
«Che cos’è?» chiese Franken.
Janas rimase per un secondo in silenzio, poi disse: «È la prova che abbiamo ragione noi. Il corpo di spedizione è entrato in contatto con i ribelli a circa sette anni-luce dalla Terra. I ribelli hanno vinto. I resti della flotta terrestre ripiegano in disordine verso le basi terrestri.»
Franken lo guardò a bocca aperta, senza poter parlare.
«Non è ancora deciso» balbettò alla fine. «Non hanno ancora in mano la Terra!»
«Janas!» chiamò una voce lontana, dalla parte dove era scomparso D’Lugan.
Poi parve a Janas di sentire un altro rumore, il ronzio di un’arma a radiazioni.
Per un secondo, rimase indeciso.
«È finita per te, Bob» disse Franken. «Bilthor non è uno stupido.»