CAPITOLO 3

I

Era caldo e piacevole, al sole. Lui stava seduto a gambe incrociate, con la schiena contro il fianco nero e bruno della Spina. Teneva gli occhi socchiusi nella luce dell’aurora, ed era consapevole solo vagamente della gente che usciva alla spicciolata dalle basse case di cemento che circondavano la Spina, al di là della pista.

La pista formava uno spazio sgombro di terriccio nudo ampio due dozzine di braccia, intorno alla Spina, ed era lunga dodici volte una dozzina di dozzine di braccia, dal traguardo al traguardo. Red Filson, che aveva le gambe lunghe e l’aria di sapere tutto di tutto, a causa della cicatrice che gli sollevava la bocca e l’angolo dell’occhio sinistro, stava correndo con un gruppo di giovani tipo Honor. Quando passavano davanti a White Jackson, con i piedi nudi che facevano risuonare i tonfi prima nel suo orecchio destro e poi in quello sinistro, i giovani giravano gli occhi verso l’amsir disteso accanto a lui con le ali aperte.

Filson, con i lisci capelli biondi schiariti dal sole e incollati dal sudore, si limitò a sogghignare e continuò a divorare il terreno con i piedi, con quell’agile movimento a forbice che gli era servito per raggiungere e uccidere tante cose. E una di quelle cose era Black Olson, che era stato il padre di Black e di White Jackson. Era ancora il loro padre, pensava White, ma era morto, caduto con il braccio trafitto e gli occhi accecati da un taglio alla fronte.

Per la verità, White non aveva visto spesso il vecchio, dopo il giorno dell’assegnazione del nome. Gli sembrava di avere appena scoperto che il nome di suo padre era Jack, quando era entrato a far parte di una classe di aspiranti Honor, la classe istruita da Filson. White avrebbe dovuto essere sopraffatto dalla preoccupazione perché, tra un padre fuggiasco e una madre contadina, nessun Jackson avrebbe potuto tenere testa a Red Filson. White non era pronto a giurare su quello che passava per la mente di Black Jackson, con tutte le relative tortuosità; ma in quanto a lui, da molto tempo s’era accorto di non essere né sua madre né suo padre. Rimase seduto al sole, sorridendo lievemente, con le braccia abbandonate sulle cosce. Gli allievi continuavano a correre: i più giovani sudavano e borbottavano, Red sudava e sogghignava. White pensava che essere infuriato per l’umiliazione poteva essere una scusa comoda, se mai avesse deciso che c’era qualcosa che non voleva spartire con Honor Red Filson.

Il sole era piacevole. Adesso che stava seduto e non doveva far altro che lasciare agli altri il compito di fare qualcosa, White poteva permettersi di sentirsi insonnolito. E adesso era dove per tanto tempo aveva desiderato essere. Lì, contro la Spina, a sentire la superficie calda e scalfita, gradevolmente ruvida contro la schiena, e l’odore dolciastro dell’amsir che saliva intorno a lui. Adesso poteva liberarsi di tante cose che s’era tenuto chiuse dentro per molto tempo. Scrutò fra le ciglia socchiuse i verdi campi e i frutteti semisfocati oltre le case, e le ombre della gente che si radunava si muovevano agli angoli della sua visuale.

Quando li sentiva parlare tra di loro — una specie di incrocio tra crepitìi lontani e un brusio simile al suono di quello che si muoveva dentro la Spina — un uomo si sentiva a suo agio e soddisfatto come un bambino nella culla. Aveva la schiena protetta e nessuno, in quel momento, poteva fargli qualcosa. Molti non avrebbero mai osato fargli nulla, in nessun caso, d’ora innanzi, solo perché aveva ucciso qualcosa e per questo avrebbe avuto i capelli corti. E gli altri ci avrebbero pensato bene, prima di ronzare intorno ai beni o alle donne di un Honor. Secondo la concezione dominante, gli Honor si proteggevano l’un l’altro. In effetti, si proteggevano l’un l’altro quando la bega era tra un Honor e un contadino, perciò d’ora in poi non sarebbe stato un contadino o un tipo-Honor che avrebbe osato attaccarlo di fronte. E pochissimi avrebbero osato attaccarlo alle spalle, se ne avessero avuto l’occasione.

E poi, aveva sistemato a dovere quell’amsir. Gli aveva fatto una gran brutta sorpresa, con tutti i piani di quel cervello cornuto così ben congegnati, e il diavolo bagnato che giaceva al suolo impotente e poi all’improvv…

Che cos’era la morte?, si chiese White. Essere stroncato così, mentre si è vivi, mentre si pensa di avercela fatta? Avevi il tempo di pensare che eri un idiota? E se c’era davvero un Ariwol? Se tu eri un umano e un amsir ti avesse fatto fuori, e tu fossi finito tra i morti beati, con tutta quell’idiozia dentro. Già, sicuro, tutti che ridevano e cantavano e banchettavano, ma, caspita, quelli che non erano morti da idioti avrebbero riso ancora di più alle tue spalle, e tutti gli altri idioti avrebbero cercato di fare amicizia con te. La cosa migliore era non finire ad Ariwol da idiota. Ma era un ideale difficile da mettere in pratica, perché, sicuro come c’era sabbia nella Creazione, quell’amsir non aveva certo pensato di essere un idiota; aveva pensato di avere la meglio, fino a quando era stato trafitto.

Bene, come poteva saperlo, l’amsir, che White Jackson aveva osservato gli Honor intorno alla Spina, con le loro bolle fresche? Come poteva sapere che White Jackson l’avrebbe ricordato, ne avrebbe approfittato, non avrebbe cercato di respirare l’irrespirabile, avrebbe atteso quello che il suo nemico aveva da dargli? Era essere idiota, sentirsi felice quando il tuo piano funzionava? Sì, lo era, concluse White Jackson, quando non sapevi contro cosa doveva funzionare. E come puoi sapere tutto quello che c’è in una testa?

Altra gente si stava raccogliendo intorno a lui. Se ne stavano lì, con gli attrezzi da contadino tra le mani, le donne con i secchi per l’acqua, i bambini… i contadini che non andavano fuori, le donne che non andavano a fare la fila ai rubinetti nel fianco della Spina, i bambini che giocavano a far gli Honor dietro la folla o si aggrappavano alle gambe degli adulti.

Loro cosa sanno?, pensò White Jackson, mentre guardava il sole e fiutava l’odore del suo amsir, e notava la spalla ferita e gli altri graffi solo quanto bastava per ricordarsi di se stesso. Loro vedono soltanto me e un amsir morto. No… Vedono soltanto l’esterno di tutti e due. Cosa sanno di quello che abbiamo scoperto? E se fossero stati presenti e ci avessero visti, saprebbero forse di più? Toccatemi… Uno qualunque di voi mi tocchi, o tocchi lui, e scoprirete quel che meno conta. Cosa ne dite, zotici… C’è qualcuno che vuole andare ad Ariwol sulla punta di un dardo, questa mattina?

Filson e i suoi candidati girarono di nuovo intorno alla Spina; adesso Filson era in testa, e non grondava sudore, ne era splendidamente imperlato, e i candidati erano pallidi come trine e sudati fradici, con gli occhi ciechi. Ne mancava uno… qualcuno era diventato contadino, dopotutto, e in quel momento giaceva ansimando, oltre la curva della Spina, con la terra in bocca e le lacrime agli occhi. White Jackson pensò alla cicatrice di Filson; Red era ritornato con quella dalla sua prima caccia. Jackson lo sapeva. Avrebbe voluto rivolgergli un sogghigno, quando gli passò davanti. Ma non l’avrebbe saputo, se avesse ottenuto veramente una risposta. Avrebbe dovuto immaginare cosa c’era, dentro quella testa. E diavolo, Black Olson non era riuscito a immaginarlo, vero? Benvenuto ad Ariwol, Olson.


Petra Jovans avanzò al limitare della folla, facendosi un piccolo vuoto intorno, come al solito, e si fermò, con le mani incrociate sull’addome, guardandolo con tutto quel silenzio negli occhi. Cosa ne sai tu?, pensò White Jackson, cercando di provare con lei, e poi si augurò di sapere tutte le cose che lei sapeva; come guardare qualcuno senza parlare e dirgli: Adesso no… ma un giorno sicuramente. Tieni le mani a posto, ma gli occhi possono fare quello che vogliono. Sì, andrò bene per te, quando tu sarai quello che mi aspetto.

White si domandò se sarebbe stato proprio con lei che avrebbe esercitato qualcuno dei suoi nuovi diritti come Honor Secon Black Jackson. Beh, con qualcuna, almeno. Poi, presto o tardi, ci sarebbe stato un figlio abbastanza grande per dargli un nome, e la gente avrebbe scoperto che il suo nome era Jim. Poi, un giorno, avrebbe smesso di andare a caccia, e sarebbe diventato Honor Gray Jackson, e magari ci sarebbe stato un Honor Jimson, oppure un contadino chiamato Jim Petras per disperdere le sue ossa, o magari no. Qualcuno le avrebbe disperse, questo era sicuro, perché, sia che lo facessero per il dolore o per qualche altra ragione, l’idea fondamentale era assicurarsi che il vecchio fosse davvero morto. E mentre restava lì seduto e ci pensava, White Jackson capiva che, se anche avesse avuto la fortuna di fare accadere tutto questo senza spiacevoli interruzioni nel deserto, era pur sempre un elenco maledettamente corto di cose importanti da far accadere nella sua vita.

Poi ricordò che aveva trascorso parecchi anni correndo intorno alla Spina e lanciando dardi, per arrivare al momento in cui gli sembrava che tutto dovesse diventare come una strada in discesa. Ma era davvero una strada in discesa, e quando pensava a tutti coloro che aveva visto percorrerla, e il modo in cui lo facevano perché tutti avevano sentito ripetere e ripetere dagli anziani come si faceva, White Jackson si rendeva conto che la strada per Ariwol era molto più dura della pista intorno alla Spina.

Che cosa sapete, voi? chiese con il pensiero a tutta quella gente. Potrei morire, qui seduto, tutto trafitto dentro, come è successo a Red Thompson l’anno scorso. Se ne accorsero quando l’Honor Anziano lo toccò e lui cadde, irrigidito come il suo amsir. Anch’io potrei fare altrettanto, e quando ve ne foste accorti, direste: «Oh, diavolo, che peccato». Ma quando, fra un minuto, io mi alzerò, griderete un po’ di tutto, tranne questo. Eppure io sto egualmente morendo. Vorrei che ci fosse una pozza di sangue sotto di me. Allora direste quello che è giusto. Che cosa ne sapete?

Petra si era insinuata tra la folla, in modo da trovarsi sulla sua linea di visuale. Le strizzò l’occhio, perché stava pensando che lei sapeva, se mai qualcuno poteva saperlo, che in quel momento lui era morto, come lo erano i contadini sin dalla nascita. Si accorgeva di essere un po’ pazzo, ma gli sembrava ragionevole esserlo, quando stavi morendo e avevi combattuto un animale che dentro era una persona e avevi un caro fratello come Black Jackson che era troppo sempliciotto per chiederti perdono oppure ucciderti e farla finita.

White Jackson si stava domandando dov’era il cimitero degli Honor mancati, là fuori, oltre i campi, quando all’improvviso l’Honor Anziano passò attraverso la folla e gli toccò la spalla.

«Alzati, Honor… sei tornato con la tua preda!», disse il vecchio, a gran voce. Era tutto ossa e protuberanze sotto la pelle bruna e incartapecorita. Le guance erano scavate perché aveva perso i denti, e gli occhi erano gonfi. Se avesse avuto le ali, sarebbe stato una preda lecita. «Tutto bene, figlio?», chiese sottovoce.

White scorse Black che indugiava ai margini della folla, con parecchi altri Honor. «Black ti ha parlato?», chiese al vecchio, senza muovere le labbra. Non era molto inconsueto vedere gli Honor che portavano le loro armi intorno alla Spina, ma adesso erano parecchi a farlo. White sarebbe stato più felice, quel giorno, se non avesse visto tanti barbagli di sole su tante punte di dardi.

«Sì». Per la folla, l’Honor Anziano disse: «Il popolo ti aspetta per elogiarti». La mano sulla spalla di White era tutta nocche. La voce cambiò di nuovo. «Cosa ne pensi di loro?».

White guardò francamente negli occhi del vecchio. «Più o meno quel che ne pensi tu».

«Uhm. Black ha fatto bene a lasciarti passare?», chiese l’Honor Anziano; e questo sbalordì White. Ma i vecchi occhi lacrimosi erano fissi nei suoi. Forse il vecchio sperava di riuscire a riconoscere un bugiardo, in quel modo. E forse ne era capace.

«Per quel che riguarda me e te, ha fatto bene». Non era questo, probabilmente, che l’Honor Anziano si aspettava, ma era tutto ciò che intendeva dirgli White. Anzi, era più di quanto avesse avuto intenzione di dirgli. Parte dell’insegnamento impartito ai bambini funzionava davvero… rispondere sempre con sincerità all’Anziano, non fare mai male agli altri, cose del genere. Certe parti dell’insegnamento sembravano restare impresse più delle altre.

Stavano perdendo tempo. La bocca dell’Honor Anziano si incurvava agli angoli: guardava White come un contadino guardava la prima pagnotta della nuova moglie. Ma non potevano continuare a studiarsi cosi in eterno. La pressione era molto più grave per l’Anziano che per White, a quanto poteva capire quest’ultimo. Quando se ne rese conto all’improvviso, si rilassò interiormente, soddisfatto come un uomo che stappava una bolla in una giornata calda e sentiva l’acqua fresca scendergli fino alla bocca dello stomaco. Era pronto a continuare così per sempre. Toccava al vecchio muoversi, non a lui: sarebbe toccato al vecchio inventare una giustificazione, se avesse fatto uccidere White proprio adesso. E White stava dicendo cose che non potevano costituire un pretesto. Erano solo fastidiose.

«Dunque tu pensi che siamo uguali», disse l’Anziano. «Pensi di aver vissuto un giorno di più, e all’improvviso tuo fratello e i suoi amici sono tutti stupidi, e solo l’Anziano merita la franchezza di un uomo come te. Deve essere un giorno felice, quando un giovane sceglie il suo eguale tra i decrepiti». Era difficile capire quando una bocca come quella sorrideva lievemente. «Bene, d’accordo… Riceverai i tuoi distintivi e i simboli, e dopo ne riparleremo». Il vecchio alzò la voce. «Guardate!», gridò. «Un uomo è qui seduto con la sua preda!».

Naturalmente, fu il segnale che diede l’avvio a grida e acclamazioni; e la gente si spinse avanti. C’erano molte cose da fare, e l’Honor Anziano indicava quelli che dovevano provvedere. Black Jackson avrebbe provveduto al taglio dei capelli… e White Jackson scoprì che diventare un vero Honor significava dover stringere la mano a tipi come Filson e venire presi a pacche sulla schiena da un branco di contadini, convinti che toccarti fosse il prezzo da pagare per vedere un amsir morto… come fecero tutti quando ebbero finito di assicurarsi che White Jackson esisteva davvero in carne ed ossa. «Tienili sempre corti», disse l’Honor Anziano, mentre conduceva White Jackson verso la rituale bacinella.

«Uh-uh», disse White Jackson, girando la testa per sbirciare indietro. Black Harrison e Red Filson stavano facendo la guardia al suo amsir. Era ancora impossibile capire se Filson stava sorridendo; ma si capiva che Harrison sorrideva.

E così i suoi capelli furono tagliati corti, e la mano ferma di suo fratello lo rase, e lo presentarono alla folla come Honor Secon Jackson, e la folla sorrise e rise. Secon Jackson stava immobile, con un gran freddo alla testa e pensava: O stupida gente felice. Mi stai uccidendo.

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