Thom tenne sollevata la sua torcia, esaminando le enormi colonne nere a forma di stella e le loro linee gialle lucenti. Quelle linee davano all’intera stanza una luce malsana, facendo sembrare Thom smunto e itterico.
Mat ricordava la puzza di questo posto, quell’odore stantio e ammuffito. Ora che sapeva cosa cercare, poteva sentire anche un odore diverso. Quello muschiato della tana di un animale. Il covo di un predatore.
C’erano cinque corridoi che conducevano fuori dalla stanza, uno a ciascun punto interno della forma a stella. Si ricordava di essere passato per uno di quelli, ma prima non c’era stata un’unica via d’uscita?
«Mi domando quanto arrivino in alto i pilastri» disse Thom, sollevando la sua corda e stringendo gli occhi.
Mat impugnò la sua ashandarei in una stretta più salda, i palmi sudati. Erano entrati nella tana delle volpi. Tastò il suo medaglione. Gli Eelfinn non avevano usato il Potere su di lui in precedenza, ma dovevano averne una certa comprensione, giusto? Naturale, gli Ogier non potevano incanalare. Forse voleva dire che non potevano farlo nemmeno gli Eelfinn.
Dei suoni fruscianti provennero dai margini della stanza. Le ombre si agitarono e si mossero. Gli Eelfinn erano lì dentro, in quell’oscurità. «Thom,» disse Mat «dovremmo suonare dell’altra musica.»
Thom osservò quell’oscurità. Non obiettò; alzò il suo flauto e cominciò a suonare. Quel suono pareva solitario nella vasta stanza.
«Mat» disse Noal, inginocchiandosi vicino al centro della stanza. «Guarda questo.»
«Lo so» disse Mat. «Sembra vetro ma al tatto è come pietra.»
«No, non quello» disse Noal. «C’è qualcosa qui.»
Mat si diresse piano verso Noal. Thom si unì a loro, osservando e suonando mentre Noal usava la sua lanterna per illuminare un grumo fuso di scorie sul pavimento, forse delle dimensioni di un piccolo scrigno. Era nero, ma di una tonalità più intensa e meno riflettente di quella del pavimento e delle colonne.
«Cosa ne pensi?» chiese Noal. «Forse una delle botole?»
«No» disse Mat. «Non è quello.»
Gli altri due lo guardarono.
«È il portale» disse Mat, provando un senso di nausea. «Il portale di pietra rossa. Quando l’ho attraversato in precedenza, era al centro di una stanza come questa. Quando si è fuso dall’altra parte...»
«Si è fuso anche qui» disse Noal.
I tre fissarono i resti. La musica di Thom risuonava ossessiva.
«Bene» disse Mat. «Sapevamo dall’inizio che non era una via d’uscita. Dovremo negoziare per andarcene.» E stavolta mi assicurerò dannatamente di non essere impiccato.
«I dadi ci guideranno?» chiese Noal, alzandosi in piedi.
Mat li tastò nella tasca della sua giacca. «Non vedo perché no.» Ma non li tirò fuori. La musica di Thom pareva aver immobilizzato alcune delle ombre. Ma altre si muovevano ancora. C’era un’energia irrequieta nell’aria.
«Mat?» chiese Thom.
«Voi sapevate che sarei tornato indietro» disse Mat ad alta voce. Quella non riecheggiò. Luce! Quanto era davvero grande quel posto? «Sapevate che sarei tornato dritto nel vostro dannato reame, vero? Sapevate che prima o poi mi avreste avuto.»
Esitante, Thom abbassò il suo flauto.
«Mostratevi!» disse Mat. «Posso sentirvi muovervi, posso sentirvi respirare.»
«Mat» disse Thom, posandogli una mano sulla spalla. «Non potevano sapere che saresti tornato indietro. Moiraine non sapeva per certo che tu saresti venuto.»
Mat osservò l’oscurità. «Hai mai visto degli uomini condurre il bestiame al macello, Thom?»
Il menestrello esitò, poi scosse il capo.
«Be’, ogni uomo ha i propri modi» disse Mat. «Ma, vedi, il bestiame saprà che c’è qualcosa che non va. Gli animali fiuteranno il sangue. Diventeranno irrequieti, si rifiuteranno di entrare nel mattatoio. E sai come aggiusti tutto questo?»
«Dobbiamo parlare di queste cose ora, Mat?»
«Lo aggiusti» disse Mat «facendoli passare per il mattatoio alcune volte quando è pulito, quando gli odori non sono così forti. Li lasci passare attraverso e uscire, vedi, e così penseranno che quel posto è sicuro.» Guardò Thom. «Loro sapevano che sarei tornato. Sapevano che sarei sopravvissuto a quell’impiccagione. Loro sanno cose, Thom. Che io sia folgorato, le sanno.»
«Noi usciremo, Mat» promise Thom. «Possiamo farcela. Moiraine l’ha visto.»
Mat annuì con decisione. «Puoi dirlo dannatamente forte che usciremo. Stanno giocando una partita, Thom. Io vinco le partite.» Tirò fuori una manciata di dadi dalla tasca. Le vinco la maggior parte delle volte, perlomeno.
Tutt’a un tratto una voce sussurrò da dietro di loro. «Benvenuto, figlio delle battaglie.»
Mat si girò, imprecando e guardandosi attorno per la camera.
«Là» disse Noal, indicando con il suo bastone. C’era una figura accanto a uno dei pilastri, rischiarata in parte dalla luce gialla. Un altro Eelfinn. Più alto, il suo viso più angoloso. I suoi occhi riflettevano la luce delle torce. Arancione.
«Posso portarti dove desideri andare» disse l’Eelfinn, la voce aspra e roca. Sollevò un braccio per schermarsi dalla luce delle torce. «Per un prezzo.»
«Thom, musica.»
Thom ricominciò a suonare.
«Uno di voi ha già cercato di farci lasciare indietro i nostri attrezzi» disse Mat. Tirò fuori una torcia dallo zaino sopra il suo braccio, poi la protese da un lato, accendendola sulla lanterna di Noal. «Non funzionerà.»
L’Eelfinn si ritrasse dalla nuova luce, ringhiando piano. «Vieni in cerca di un patto, eppure ti opponi di proposito? Noi non abbiamo fatto nulla per meritarci questo.»
Mat si tolse la sciarpa dal collo. «Nulla?»
La creatura non rispose, anche se indietreggiò, passando nella zona più buia tra i pilastri. Il suo volto troppo angoloso adesso era a stento illuminato dalle luci gialle.
«Perché desideri parlare con noi, figlio delle battaglie,» disse mormorando dalle ombre «se non sei disposto a negoziare?»
«No» disse Mat. «Niente negoziati finché non raggiungeremo la sala grande, la Camera dei Legami.» Quello era l’unico posto dove sarebbero stati vincolati all’accordo. Non era ciò che aveva detto Birgitte? Naturalmente pareva che lei stessa si fosse affidata a storie e sentito dire.
Thom continuò a suonare, gli occhi che dardeggiavano da una parte all’altra, cercando di stare attento alle ombre. Noal iniziò a suonare i piccoli cimbali che aveva attaccato alla gamba dei suoi pantaloni, percuotendoli a tempo con la musica di Thom. Le ombre laggiù continuarono a muoversi, però.
«I tuoi... sollievi non ci rallenteranno, figlio delle battaglie» disse una voce da dietro. Mat si girò, abbassando la sua arma. Lì c’era un altro Eelfinn, appena all’interno delle ombre. Una femmina, con una cresta rossa che le correva lungo la schiena, delle cinghie di cuoio che le coprivano i seni in un motivo a X. Le sue labbra rosse sorrisero. «Noi siamo i quasi antichi, i guerrieri dell’ultimo rimpianto, i conoscitori di segreti.»
«Sii fiero, figlio delle battaglie» sibilò un’altra voce. Mat si girò di nuovo, il sudore che gli imperlava la fronte. La femmina scomparve di nuovo nelle ombre, ma un altro Eelfinn passò tra la luce. Portava un pugnale di ferro lungo e maligno, con un motivo intrecciato di rose per tutta la sua lunghezza e delle spine che spuntavano vicino alla sommità della guardia. «Tu attiri quelli tra noi più abili. Devi essere... assaporato.»
«Cosa...» esordì Mat, ma il magro Eelfinn dall’aspetto pericoloso tornò nelle ombre e scomparve. Troppo rapidamente. Come se l’oscurità lo avesse assorbito.
Altri sussurri iniziarono fra le ombre, parlando in voci sommesse che si sovrapponevano. Delle facce apparvero dall’oscurità, occhi grandi e inumani, labbra arricciate in sorrisi. Le creature avevano denti a punta.
Luce! C’erano dozzine di Eelfinn nella stanza. Che si muovevano, si spostavano in giro, danzavano nella luce, poi balzavano di nuovo nel buio. Alcuni erano noncuranti, altri energia. Tutti parevano pericolosi.
«Negozierai?» chiese uno.
«Sei venuto senza trattato. Pericoloso» disse un altro.
«Figlio delle battaglie.»
«Il sapore!»
«Avvertite la sua paura.»
«Vieni con noi. Lascia la tua luce orribile.»
«Dev’essere fatto un accordo. Noi aspetteremo.»
«Pazienti siamo. Sempre pazienti.»
«Il sapore!»
«Smettetela!» tuonò Mat. «Niente accordi! Non prima di aver raggiunto il centro.»
Al suo fianco, Thom abbassò il flauto. «Mat, non penso che la musica stia funzionando più.»
Mat annuì bruscamente. Aveva bisogno che Thom stesse pronto con le armi.
Il menestrello ripose il suo flauto, tirando fuori i coltelli. Mat ignorò le voci sussurranti e lanciò i dadi a terra.
Mentre rotolavano, una figura sgattaiolò dall’oscurità accanto al pilastro più vicino.
Mat imprecò, abbassando la sua lancia e colpendo l’Eelfinn, che si muoveva carponi per terra. Ma la sua lama gli passò attraverso, come se fosse fatto di fumo.
Era un’illusione? Un trucco della vista? Mat esitò quanto bastava perché un’altra creatura ghermisse i dadi e balzasse di nuovo verso le ombre. Qualcosa scintillò in aria. Il pugnale di Thom trovò il suo bersaglio, colpendo la creatura alla spalla. Stavolta la lama perforò e rimase conficcata, facendo uscire uno spruzzo di sangue scuro.
Ferro, pensò Mat, maledicendo la sua stupidità. Ruotò la sua ashandarei, usando il lato ricoperto di ferro. Rabbrividì quando vide il sangue dell’Eelfinn sul terreno iniziare a fumare. Vapore bianco, come nelle altre stanze, ma questo aveva in sé delle forme. Sembravano facce contorte, che apparivano brevemente e urlavano prima di svanire.
Che fossero folgorati! Non poteva lasciarsi distrarre. Aveva altri dadi. Mise una mano in tasca, ma un Eelfinn scattò dalle ombre come per afferrargli la giacca.
Mat roteò la sua arma, colpendo il lato del volto volpino dell’uomo con la fascia di ferro. Frantumò ossa, gettando la creatura da un lato come un mucchio di bastoncini.
Sibili e ringhi lo circondarono. Occhi si muovevano nelle tenebre, riflettendo la luce delle torce. Gli Eelfinn si mossero, ammantati nell’oscurità, circondando Mat e gli altri. Mat imprecò, facendo un passo nella direzione dell’Eelfinn che aveva colpito.
«Mat!» disse Thom, prendendolo per il polso della giacca. «Non possiamo lasciarci trascinare in questo.»
Mat esitò. Pareva che la puzza di prima fosse più forte, l’odore di bestie. Ombre si muovevano tutt’intorno, più frenetiche ora, i loro sussurri arrabbiati e misti a richiami uggiolanti.
«Controllano l’oscurità» disse Noal. Stava di schiena verso Mat e Thom, cauto. «Quelle luci gialle sono per distrarci; ci sono intervalli fra esse e alcove riparate. È tutto un trucco.»
Mat sentì il suo cuore battere rapido. Un trucco? No, non solo un trucco. C’era qualcosa di innaturale nel modo in cui quelle creature si muovevano nelle ombre. «Dannazione a loro» disse Mat, scrollandosi via la mano di Thom, ma senza inseguirle nell’oscurità.
«Gentiluomini» disse Noal. «Radunate le armi...»
Mat si guardò sopra la spalla. C’erano Eelfinn che uscivano dalle ombre dietro di loro, una doppia ondata, un gruppo che scivolava carponi prima di un secondo gruppo. Quelli portavano quei pugnali di bronzo dall’aspetto maligno.
Le ombre dai recessi della stanza parevano estendersi con gli Eelfinn, avvicinandosi su Mat e il suo gruppo. Il suo cuore palpitò ancora più rapido.
Gli occhi degli Eelfinn brillavano, e quelli carponi iniziarono ad avanzare a balzi. Mat menò fendenti mentre gli Eelfinn raggiungevano il suo gruppo, ma quelli si separarono, tuffandosi verso i lati. Distraendolo.
Dietro!, pensò Mat allarmato. Un altro gruppo di Eelfinn balzò fuori dalle tenebre lì.
Mat si girò verso di loro, agitando l’ashandarei. Quelli indietreggiarono prima che potesse colpire. Luce! Erano tutt’attorno, ribollivano fuori dall’oscurità, arrivavano abbastanza vicino da essere pericolosi, poi si tiravano indietro.
Thom tirò fuori un paio di pugnali e li lanciò, mentre Noal teneva pronta la sua spada corta, agitando la torcia con l’altra mano, il bastone ferrato sul pavimento ai suoi piedi. Uno dei pugnali di Thom guizzò, cercando carne, ma mancò e scomparve nell’oscurità.
«Non sprecare coltelli!» disse Mat. «Quei dannati figli di capra stanno cercando di farteli sprecare, Thom!»
«Ci stanno tormentando» bofonchiò Noal. «Prima o poi saremo sopraffatti. Dobbiamo muoverci!»
«Da che parte?» chiese Thom in tono urgente. Imprecò quando un paio di Eelfinn apparvero dalle ombre impugnando delle lance con la punta di bronzo. Le usarono per degli affondi, costringendo Mat, Thom e Noal a indietreggiare.
Non c’era tempo per i dadi. Gli Eelfinn li avrebbero presi comunque. Mat aprì il suo zaino con uno strattone e tirò fuori un fiore notturno. «Quando questo si aziona, io chiuderò gli occhi e mi girerò.»
«Cosa?» disse Thom.
«Ha funzionato prima!» disse Mat, accendendo il fiore notturno e gettandolo più forte che poteva nel buio. Contò fino a cinque e il boato che seguì scosse la stanza. Tutti e tre loro distolsero gli occhi, ma il lampo variopinto fu tanto brillante che lo videro anche attraverso le palpebre chiuse.
Gli Eelfinn urlarono dal dolore e Mat udì distintamente dei clangori di armi lasciate cadere. Senza dubbio avevano portato le mani agli occhi.
«Ci siamo!» disse Mat ruotando.
«Questo è maledettamente folle» disse Thom.
Mat continuò ad andare a tentoni. Dov’era la sua fortuna? «Da quella parte!» disse, indicando una direzione a caso.
Aprì gli occhi in tempo per saltare sopra alla forma scura di un Eelfinn rannicchiato per terra. Noal e Thom seguirono, e Mat li condusse dritto nell’oscurità. Avanzò di corsa fin quando i suoi amici furono a malapena visibili. Tutto quello che riusciva a scorgere erano quelle linee gialle.
Oh, dannate ceneri, pensò. Se la mia fortuna mi abbandona adesso...
Irruppero in un corridoio a cinque lati, l’oscurità che scompariva attorno a loro. Non erano stati in grado di vedere questo corridoio dall’altra stanza, eppure era qui.
Thom lasciò andare un urlo. «Mat, brutto zuccone di un pastore! Per questo ti lascerò suonare la mia arpa!»
«Non voglio suonare la tua maledetta arpa!» disse Mat, guardandosi sopra la spalla. «Ma potrai comprarmi un boccale o due quando saremo fuori.»
Udì urla e strepiti dalla stanza buia. Quel trucco ormai era esaurito: adesso si sarebbero aspettati dei fiori notturni. Birgitte, avevi ragione, pensò Mat. Probabilmente sei passata davanti al corridoio che ti serviva diverse volte, non sapendo che era solo a qualche piede di distanza.
Mai scegliere la carta che un uomo vuole che tu scelga. Mat avrebbe dovuto capirlo. Era uno degli imbrogli più vecchi nella creazione.
Si affrettarono avanti, superando porte a cinque lati che conducevano in grandi caverne a forma di stella. Thom e Noal lanciarono un’occhiata dentro, ma Mat proseguì. Dritto. Questa era la direzione in cui la sua fortuna li aveva mandati.
Qualcosa era diverso dalla sua ultima visita. Non c’era polvere sul pavimento per lasciare impronte. Avevano saputo che stava venendo e avevano usato la polvere per confonderlo? Oppure stavolta avevano pulito, sapendo che sarebbero arrivati dei visitatori? Chi poteva saperlo, in un reame come questo?
Allora era stata una lunga camminata. Oppure una corta? Il tempo qui si mescolava. Pareva che corressero per molte ore, eppure allo stesso tempo sembravano istanti.
E poi il portale fu di fronte a loro, apparendo rapido come il morso di una vipera. Non era stato lì un momento prima. L’orlo dell’apertura era di legno intagliato in maniera intricata, con un motivo impossibile di rampicanti intrecciati che sembravano ripiegarsi l’uno sull’altro senza senso.
Tutti e tre si arrestarono. «Specchi» disse Noal. «L’ho visto in precedenza. È così che fanno: occultano le cose con gli specchi.» Era nervoso. Dove si potevano nascondere degli specchi in un dannato cunicolo dritto?
Erano nel posto giusto; Mat poteva fiutarlo. La puzza degli Eelfinn qui era più intensa. Si fece forza e varcò la soglia.
La stanza al di là era come se la ricordava. Niente colonne qui, anche se la camera aveva decisamente la forma di ma stella. Otto punte e solo quell’unica porta. Quelle strisce gialle lucenti correvano su fino alle estremità aguzze della stanza e otto piedistalli vuoti sorgevano, neri e sinistri, su ciascuna punta.
Era esattamente la stessa. Tranne per la donna che fluttuava al centro.
Era abbigliata solo di una fine nebbia bianca che si agitava e risplendeva attorno a lei, i dettagli della sua figura offuscati ma non nascosti. I suoi occhi erano chiusi e i suoi capelli scuri — ricci, ma non più in boccoli perfetti — svolazzavano come se un vento li soffiasse da sotto. Aveva la mano posata sul ventre e c’era uno strano braccialetto di un materiale simile ad avorio vecchio sul suo polso sinistro.
Moiraine.
Mat provò un impeto di emozioni. Preoccupazione, frustrazione, ansia, stupore. Era stata lei a dare inizio a tutto questo. Lui la odiava, a volte. Le doveva anche la vita. Lei era stata la prima a intromettersi, strattonandolo di qua e di là. Eppure — ripensando a tutto quanto — Mat suppose che di tutte le persone che l’avevano usato lei fosse stata la più sincera. Impenitente, inflessibile. E disinteressata.
Lei aveva dedicato tutto a proteggere tre sciocchi ragazzi, del tutto ignoranti su quello che il mondo avrebbe chiesto loro. Era stata decisa a portarli in salvo. Forse addestrarli un poco, che loro lo volessero o no.
Perché ne avevano bisogno.
Luce, ora le sue motivazioni gli sembravano chiare. Questo non diminuiva la rabbia che provava verso di lei, ma lo rendeva grato. Che fosse folgorata, questo era proprio un inusitato insieme di emozioni! Quelle maledette volpi... come osavano tenerla così! Era viva?
Thom e Noal stavano fissando: Noal solenne, Thom incredulo. Così Mat si fece avanti per liberare Moiraine. Non appena le sue mani toccarono la nebbia, però, avvertì un dolore lancinante. Urlò, indietreggiando e agitando la mano.
«È dannatamente rovente» disse Mat. «Io...»
Si interruppe mentre Thom si faceva avanti.
«Thom...» disse Mat per avvisarlo.
«Non m’importa» disse il menestrello. Si avvicinò alla nebbia, protendendo una mano, con i suoi abiti che iniziavano a fumare e gli occhi che si riempivano di lacrime dal dolore. Non trasalì. Infilò la mano in quella nebbia e la afferrò, poi la tirò fuori. Il peso di Moiraine si afflosciò tra le sue braccia, ma gli arti pur attempati di Thom erano forti e lei pareva tanto fragile che non doveva pesare molto.
Luce! Mat aveva dimenticato quanto fosse piccola. Più bassa di lui di una testa buona. Thom si inginocchiò, togliendosi il suo mantello da menestrello e usandolo per avvolgerla. Gli occhi di Moiraine erano ancora chiusi.
«È...» chiese Noal.
«Viva» disse Thom piano. «Ho sentito il cuore battere.» Le tolse il bracciale dal polso. Aveva la forma di un uomo piegato all’indietro con i polsi legati alle caviglie, abbigliato con un completo di indumenti strani. «Sembra una qualche sorta di ter’angreal» disse Thom, infilandoselo nella tasca della giacca. «Io...»
«È un angreal» proclamò una voce. «Abbastanza forte da essere quasi sa’angreal. Può essere parte del suo prezzo, se desideri pagarlo.»
Mat si girò. I piedistalli adesso erano occupati da Eelfinn, quattro maschi e quattro femmine. Tutti e otto indossavano bianco anziché nero: gonne bianche con strisce lungo il petto per i maschi e bluse per le femmine, fatte di quella inquietante sostanza pallida che sembrava pelle.
«Attenti a come parlate» disse Mat a Thom e Noal, cercando di contenere la sua preoccupazione. «Dite qualcosa fuori luogo e vi appenderanno, affermando che è stato un vostro stesso desiderio. Non chiedetegli nulla.»
Gli altri due tacquero, con Thom che teneva stretta Moiraine e Noal che impugnava con cautela torcia e bastone, lo zaino sopra la spalla.
«Questa è la sala grande» disse Mat agli Eelfinn. «Il posto chiamato la Camera dei Legami. Dovete rispettare i patti che fate qui.»
«L’accordo è stato raggiunto» disse uno degli Eelfinn maschi, alzandosi in piedi e mostrando denti a punta.
Gli altri Eelfinn si sporsero in avanti, inalando a fondo, come fiutando qualcosa. O... come se attingessero qualcosa da Mat e gli altri. Birgitte aveva detto che si nutrivano di emozioni.
«Quale accordo?» sbottò Mat, guardandosi attorno per i piedistalli. «Dannazione a voi, quale accordo?»
«Un prezzo dev’essere pagato» disse uno.
«Le richieste devono essere esaudite» disse un altro.
«Un sacrificio dev’essere fatto.» Questo da parte di una delle femmine. Il suo sorriso fu più ampio degli altri. Anche i suoi denti erano a punta.
«Voglio la via d’uscita ripristinata come parte di un accordo» disse Mat. «La voglio di nuovo dov’era e riaperta. E non ho dannatamente finito di negoziare, perciò non presumete che questa sia la mia unica richiesta, dannazione a voi.»
«Sarà ripristinata» disse un Eelfinn. Gli altri si sporsero in avanti. Potevano percepire la sua disperazione. Diversi di loro parevano insoddisfatti. Non si aspettavano che arrivassimo fin qui, pensò Mat. Non gradiscono il rischio di perderci.
«Voglio che lasciate quella via d’uscita aperta finché non saremo passati» continuò Mat. «Non dev’essere bloccata o fatta dannatamente sparire quando arriviamo. E voglio che la via sia diretta, senza stanze che cambiano. Una strada dritta. E voi dannate volpi non potete farci perdere i sensi o cercare di ucciderci o cose del genere.»
A loro questo non piaceva. Mat notò diversi che si accigliavano. Bene. Avrebbero capito che non stavano negoziando con un bambino.
«La prendiamo» disse Mat. «Ce ne andiamo.»
«Queste richieste sono costose» disse uno degli Eelfinn. «Cosa pagherai per questi favori?»
«Il prezzo è stato fissato» mormorò un altro da dietro.
E lo era stato. In qualche modo, Mat lo sapeva. Una parte di lui lo aveva saputo fin dalla prima volta in cui aveva letto quel messaggio. Se non avesse mai parlato con gli Aelfinn quella prima volta, sarebbe successo qualcosa di tutto questo? Probabilmente sarebbe morto. Loro dovevano dire la verità.
Lo avevano avvisato di un pagamento futuro. Per la vita. Per Moiraine. E lui avrebbe dovuto pagarlo. In quel momento, seppe che l’avrebbe fatto. Poiché sapeva che, in caso contrario, il prezzo sarebbe stato troppo grande. Non solo per Thom, non solo per Moiraine e non solo per Mat stesso. Da quello che gli era stato detto, il destino del mondo stesso dipendeva da questo momento.
Be’, che io sia folgorato per essere uno sciocco, pensò Mat. Forse sono un eroe, dopotutto. Questo non prevaleva su tutto quanto?
«Lo pagherò» annunciò Mat. «Metà della luce del mondo.» Per salvare il mondo.
«Fatto!» annunciò uno degli Eelfinn maschi.
Le otto creature balzarono — come una sola — dai loro piedistalli. Lo racchiusero in un cerchio sempre più stretto, come un cappio. Rapide, flessuose e predatrici.
«Mat!» urlò Thom, sforzandosi per reggere Moiraine priva di sensi e al contempo allungare la mano verso uno dei suoi pugnali.
Mat protese una mano verso Thom e Noal. «Questo dev’essere fatto» disse, allontanandosi di qualche passo dai suoi amici. Gli Eelfinn li superarono senza degnarli di un’occhiata. Le borchie dorate sulle cinghie che si incrociavano sul petto degli Eelfinn maschi scintillarono nella luce gialla. Tutte e otto le creature stavano sorridendo.
Noal sollevò la sua spada.
«No!» urlò Mat. «Non rompere l’accordo. Se lo fai, moriremo tutti qui!»
Gli Eelfinn si chiusero in uno stretto cerchio attorno a Mat. Lui cercò di guardarli tutti quanti, il cuore che gli palpitava sempre più forte in petto. Lo stavano fiutando ancora, inspirando a fondo, godendosi qualunque cosa stessero attingendo da lui.
«Fatelo, maledizione a voi» ringhiò Mat. «Ma sappiate che questa è l’ultima cosa che otterrete da me. Io sfuggirò alla vostra torre e troverò un modo per liberare la mia mente da voi per sempre. Non mi avrete. Matrim Cauthon non è il vostro dannato burattino.»
«Vedremo» ringhiò un Eelfinn maschio, gli occhi bramosi. La mano della creatura scattò in avanti, le unghie troppo acuminate che scintillavano nella luce fioca. Le conficcò direttamente nell’orbita attorno all’occhio sinistro di Mat, poi lo strappò via con uno schiocco.
Mat urlò. Luce, quanto faceva male! Più di qualunque ferita subita in battaglia, più di qualunque insulto o scherno. Era come se la creatura avesse premuto i suoi artigli fraudolenti nella sua mente e nella sua anima.
Mat cadde in ginocchio, la lancia che sferragliava per terra mentre si portava le mani alla faccia. Sentì qualcosa di viscido sulla guancia e urlò di nuovo quando le sue dita tastarono il buco vuoto dove si era trovato il suo occhio.
Gettò la testa indietro e lanciò un grido per la stanza, urlando di dolore.
Gli Eelfinn osservarono con le loro orride facce quasi umane, gli occhi stretti dall’estasi mentre si nutrivano di qualcosa che si levava da Mat. Un vapore quasi invisibile di rosso e bianco.
«Il sapore!» esclamò un Eelfinn.
«Così lungo!» urlò un altro.
«Come si contorce attorno a lui!» disse quello che aveva preso il suo occhio. «Come gira! Odore di sangue nell’aria! E il giocatore diventa il centro di tutto! Posso sentire il sapore del destino stesso!»
Mat ululò, il suo cappello che cadeva all’indietro mentre guardava attraverso un unico occhio annebbiato dalle lacrime verso l’oscurità sopra di loro. La sua orbita pareva in fiamme! Che avvampavano! Sentì il sangue e i fluidi seccarsi sulla sua faccia, poi scrostarsi via mentre urlava. Gli Eelfinn trassero respiri più profondi, come inebriati.
Mat lasciò andare un ultimo urlo. Poi serrò i pugni e chiuse la mascella, anche se non potette impedire a un basso gemito — un ringhio di rabbia e dolore — di risuonare in profondità nella sua gola. Uno degli Eelfinn maschi crollò a terra, come sopraffatto. Era quello che aveva preso l’occhio di Mat. Lo tenne stretto nelle mani, raggomitolandosi attorno a esso. Gli altri si precipitarono via, facendosi strada verso dei pilastri ai lati della stanza, appoggiandosi a essi per sostenersi.
Noal corse al fianco di Mat, con Thom che lo seguiva con più cautela, ancora reggendo Moiraine.
«Mat?» chiese Noal.
Con i denti ancora serrati contro il dolore, Mat si costrinse ad allungare una mano dietro di sé e afferrare il suo cappello dal pavimento bianco. Non avrebbe lasciato il suo cappello, dannazione a lui. Era un cappello maledettamente buono.
Barcollò.
«Il tuo occhio, Mat...» disse Thom.
«Non importa» disse Mat. Che io sia folgorato se sono uno stupido. Un dannato imbecille. Riusciva a malapena a pensare attraverso il dolore.
L’altro suo occhio pianse lacrime di dolore. Sembrava davvero che avesse perso metà della luce del mondo. Era come guardare attraverso una finestra con una metà annerita. Malgrado il dolore lancinante nella sua orbita sinistra, gli sembrava di riuscire ad aprire l’occhio.
Ma non poteva. Non c’era più. Nessuna Aes Sedai avrebbe potuto rimpiazzarlo incanalando.
Indossò il cappello, ignorando il dolore come una sfida. Tirò la tesa giù sulla sinistra, mettendo in ombra l’orbita vuota, poi si chinò e raccolse la sua ashandarei, barcollando ma riuscendoci.
«Avrei dovuto pagare io il prezzo» disse Thom, la voce amara. «Non tu, Mat. Tu non volevi nemmeno venire.»
«È stata una mia scelta» disse Mat. «E dovevo farlo, comunque. È una delle risposte che mi diedero dagli Aelfinn la prima volta che venni qui. Avrei dovuto rinunciare a metà della luce del mondo per salvarlo. Maledetti serpenti.»
«Per salvare il mondo?» chiese Thom, abbassando lo sguardo sul volto pacifico di Moiraine, il suo corpo avvolto nel mantello a toppe. Thom aveva lasciato il suo zaino sul pavimento.
«Lei ha ancora qualcosa da fare» disse Mat. In qualche modo il dolore si stava attenuando. «Abbiamo bisogno di lei, Thom. Che io sia folgorato, probabilmente ha qualcosa a che fare con Rand. Comunque, questo doveva accadere.»
«E se non fosse accaduto?» chiese Thom. «Lei ha detto di aver visto...»
«Non importa» disse Mat, voltandosi verso il portale. Gli Eelfinn erano ancora sopraffatti. Si poteva pensare che fossero loro quelli che avevano perso un occhio, a giudicare dalle espressioni che avevano. Mat si mise il suo zaino in spalla, lasciando quello di Thom per terra dov’era. Non poteva portarne due, non se voleva essere in grado di combattere.
«Ora ho visto qualcosa» disse Noal, passando in rassegna la stanza e i suoi occupanti. «Qualcosa che nessun uomo ha mai visto, ci scommetto. Dovremmo ucciderli?»
Mat scosse il capo. «Potrebbe invalidare il nostro accordo.»
«Lo manterranno?» chiese Thom.
«Non se possono trovare una scappatoia» disse Mat, poi trasalì di nuovo. Luce, quanto gli faceva male la testa! Be’, non poteva starsene lì seduto a piangere come se avesse perso il suo puledro preferito. «Andiamo.»
Si diressero fuori dalla sala grande. Noal portava una torcia, anche se aveva lasciato indietro il suo bastone, preferendo la spada corta.
Stavolta non c’erano aperture nel corridoio, e Mat udì Noal borbottare per quello. Sembrava giusto. Lui aveva chiesto una via diritta per tornare. Gli Eelfinn erano bugiardi e imbroglioni, ma parevano esserci bugiarde e imbroglione anche tra le Aes Sedai. Mat aveva formulato le sue richieste con attenzione stavolta, piuttosto che farfugliare la prima cosa che gli era venuta in mente.
Il corridoio procedette per un bel po’. Noal stava diventando sempre più nervoso; Mat continuò ad andare avanti, i suoi passi a ritmo col pulsare del suo cranio. Come sarebbe cambiato il suo modo di combattere avendo un occhio solo? Avrebbe dovuto prestare più attenzione a quel lato sinistro. E avrebbe avuto problemi a valutare la distanza. In effetti li aveva già: lo preoccupava come le pareti e il pavimento fossero difficili da giudicare.
Thom serrò Moiraine al petto, come un miserabile che teneva stretto il suo oro. Cos’era lei per lui, comunque? Mat aveva presunto che Thom fosse venuto per la sua stessa ragione: perché aveva la sensazione che andasse fatto. Quella tenerezza sul volto di Thom non era quello che Mat si era aspettato di vedere.
Il corridoio terminò all’improvviso in un arco a cinque lati. La stanza al di là pareva essere quella con le scorie fuse sul pavimento. Non erano visibili segni dello scontro, niente sangue sul pavimento.
Mat trasse un profondo respiro e fece strada attraverso. Si tese nel vedere degli Eelfinn lì, accucciati o in piedi nelle ombre, sibilanti e ringhianti. Non si mossero, non colpirono, anche se alcuni uggiolarono piano. Le ombre li facevano sembrare più simili a volpi. Se Mat guardava dritto uno di essi, poteva quasi scambiarlo per un uomo o una donna comune, ma il modo in cui si muovevano nell’oscurità, a volte carponi... Nessun uomo camminava così, con la tensione ansiosa di un predatore incatenato. Come un segugio arrabbiato, separato da te da uno steccato e ferocemente desideroso di arrivare alla tua gola.
Ma si attennero al loro patto. Nessuno attaccò e Mat iniziò ad avere una buona sensazione su sé stesso una volta raggiunto l’altro lato della stanza. Li aveva sconfitti. L’ultima volta erano stati loro ad avere la meglio, ma questo solo perché avevano combattuto come codardi, prendendo a pugni un uomo che non sapeva che il combattimento era cominciato.
Stavolta era stato pronto. Aveva mostrato loro che Matrim Cauthon non era uno sciocco.
Entrarono in un corridoio con il bianco vapore vagamente luminescente in cima. Il corridoio era fatto di quei triangoli neri interconnessi, curvi ai lati come scaglie. Mat iniziò a respirare più facilmente quando entrarono in una delle stanze con il vapore contorto che si levava dagli angoli, anche se la sua orbita gli faceva ancora male come le parti basse di uno stallone appena castrato.
Si fermò al centro della stanza, ma poi continuò ad avanzare. Aveva richiesto una via dritta. Quello era ciò che avrebbe ottenuto. Niente avanti e indietro stavolta. «Sangue e dannate ceneri!» disse Mat, rendendosi conto di qualcosa mentre camminava.
«Cosa c’è?» chiese Thom, alzando gli occhi da Moiraine allarmato.
«I miei dadi» disse Mat. «Avrei dovuto includere i miei dadi nell’accordo.»
«Ma abbiamo scoperto che non ne hai bisogno per guidarci.»
«Non si tratta di questo» borbottò Mat. «Mi piacciono quei dadi.» Abbassò di nuovo il suo cappello, guardando lungo il corridoio più avanti. Era movimento quello che vedeva? Giù in lontananza, a una dozzina buona di camere di distanza? No, doveva essere un trucco delle ombre e del vapore semovente.
«Mat» disse Noal. «Ti ho detto che la mia Lingua Antica non è come un tempo. Ma penso di aver capito cos’hai detto. Il patto che hai stipulato.»
«Sì?» disse Mat, ascoltando solo in parte. Aveva parlato di nuovo nella Lingua Antica? Che fosse folgorato. E cos’era quella cosa in fondo al corridoio?
«Be’,» disse Noal «tu hai detto — come parte dell’accordo — qualcosa come 'voi volpi non potete tramortirci o tentare di ucciderci o nulla del genere’.»
«Certo che l’ho fatto» disse Mat.
«Hai detto volpi, Mat» disse Noal. «Le volpi non possono farci del male.»
«E ci hanno lasciato passare.»
«Ma gli altri?» chiese Noal. «Gli Aelfinn? Se gli Eelfinn non possono nuocerci, anche agli Aelfinn è richiesto di lasciarci stare?»
Le ombre nel corridoio distante si rivelarono figure che impugnavano spade di bronzo lunghe e sinuose con lame ricurve. Alte sagome che indossavano strati di stoffa gialla, i capelli sulle loro teste dritti e neri. A dozzine, che si muovevano con una grazia innaturale, gli occhi fissi in avanti. Occhi con pupille che erano fessure verticali.
Sangue e dannate ceneri.
«Correte!» gridò Mat.
«In che direzione?» chiese Noal allarmato.
«Qualunque!» urlò Mat. «Sempre che sia lontano da loro!»