10 Dopo la corruzione

«Sono d’accordo con questi conteggi» disse Elyas, camminando al fianco di Perrin. Grady camminava dall’altro lato, pensieroso nella sua giubba nera. Montem al’San e Azi al’Thone — le due guardie di Perrin per la giornata — li seguivano.

Era ancora mattina presto. Perrin stava apparentemente controllando i posti di guardia, ma in realtà voleva solo camminare. Avevano spostato l’accampamento a un prato sopraelevato lungo la strada di Jehannah. Aveva una buona riserva d’acqua ed era abbastanza vicino alla strada per controllarla, ma abbastanza lontano da essa per essere difendibile.

Da un lato del prato, un’antica statua giaceva davanti a una macchia di alberi. La statua era caduta sul fianco tempo prima e adesso era per buona parte sepolta, ma un braccio si levava dalla terra, impugnando l’elsa di una spada. La lama era conficcata nel suolo.

«Non avrei dovuto mandare avanti Gill e gli altri» disse Perrin. «Questo ha permesso che venissero catturati dal primo esercito di passaggio.»

«Non avresti potuto prevederlo» disse Elyas. «Né avresti potuto prevedere di essere stato ritardato. Dove li avresti lasciati? Gli Shaido stavano arrivando da dietro e, se la nostra battaglia a Malden non fosse andata bene, Gill e gli altri sarebbero stati intrappolati tra due gruppi di Aiel nemici.»

Perrin borbottò fra sé. Sentiva i suoi stivali un po’ bloccati nel terreno fradicio. Odiava l’odore di quel fango stagnante e calpestato misto a piante morte in decomposizione. Non era altrettanto disgustoso quanto la malattia della Macchia, ma a lui sembrava che alla terra mancasse poco per quello.

Si avvicinarono a un posto di guardia. Due uomini — Hu Barran e Darl Coplin — erano di piantone lì. Ci sarebbero stati altri esploratori, naturalmente: uomini dei Fiumi Gemelli tra gli alberi, Fanciulle che pattugliavano il terreno. Ma Perrin aveva imparato che alcuni uomini assegnati a sorvegliare il campo davano a tutti all’interno un senso di ordine.

Le guardie gli rivolsero il saluto, anche se quello di Darl fu rilassato. Emanavano uno strano miscuglio di odori: rimpianto, frustrazione, delusione. E imbarazzo. Quell’ultima sensazione era debole, ma comunque presente. Il presunto amoreggiamento di Perrin con Berelain era ancora recente nelle loro menti e il ritorno di Faile pareva aver accentuato il loro disagio. Nei Fiumi Gemelli, nessuno viveva facilmente con la reputazione di infedeltà.

Perrin rivolse loro un cenno col capo, poi proseguì. Non effettuava molte ispezioni formali. Se gli uomini avessero saputo che sarebbe passato più volte ogni giorno, si sarebbero mantenuti in ordine. Per la maggior parte. La notte precedente, aveva dovuto svegliare Berin Thane pungolandolo con lo stivale, ed era sempre attento a cogliere l’odore di liquori forti tra loro. Non avrebbe escluso la possibilità che Jori Congar si facesse un cicchetto o due mentre era di servizio.

«D’accordo» disse Perrin. «I Manti Bianchi hanno la nostra gente e le nostre provviste.» Fece una smorfia, pensando al grano acquistato a So Habor che andava a riempire le pance dei Manti Bianchi. «Potremmo intrufolarci e liberarli?»

«Non vedo la necessità di intrufolarci» disse Grady da dietro. «Perdonami, mio signore, ma sembra che tu stia rendendo questo problema più grande di quello che è.»

Perrin si guardò indietro verso l’uomo coriaceo. «Sono Manti Bianchi, Grady. Sono sempre un grande problema.»

«Non avranno nessuno che possa incanalare l’Unico Potere.» Grady scrollò le spalle, le mani serrate dietro la schiena mentre camminava. Con la giubba nera, la spilla e l’atteggiamento sempre più da militare, assomigliava sempre meno a un contadino. «Neald si sente meglio. Lui e io potremmo battere su quei Figli finché non ci daranno quello che vogliamo.»

Perrin annuì. Odiava l’idea di sguinzagliare gli Asha’man impunemente. L’odore di carne bruciata nell’aria, la terra squarciata e rotta. Gli odori dei pozzi di Dumai. Comunque, non poteva permettersi un’altra distrazione come Malden. Se non c’era altra scelta, avrebbe dato l’ordine.

Non ancora, però. Non esistono coincidenze con i ta’veren. I lupi, i Manti Bianchi. Cose che era riuscito a tenersi alle spalle per qualche tempo stavano tornando a dargli la caccia. Aveva scacciato i Figli dai Fiumi Gemelli. Molti degli uomini che erano stati con lui allora adesso lo seguivano qui.

«Forse si arriverà a questo» disse Perrin a Grady, ancora camminando. «Ma forse no. Abbiamo un’armata più numerosa della loro e, con quel maledetto stendardo con la testa di lupo finalmente ammainato, potrebbero non rendersi conto di chi siamo. Sventoliamo la bandiera della regina di Ghealdan, e loro stanno passando attraverso il territorio di Alliandre. Probabilmente hanno visto le provviste nei carri della nostra gente e hanno deciso di 'proteggerli’. Qualche discussione, forse un po’ di intimidazione potrebbero bastare per persuaderli a restituirci i nostri.»

Elyas annuì e Grady parve essere d’accordo, anche se Perrin non era convinto dalle sue stesse parole. I Manti Bianchi lo avevano tormentato fin dai suoi primi giorni lontano dai Fiumi Gemelli. Trattare con loro non era mai stato semplice.

Continuò i suoi giri, arrivando alla parte aiel dell’accampamento. Annuì a un paio di Fanciulle che erano sedute a terra di guardia con rilassata vigilanza. Non si alzarono né gli rivolsero il saluto — cosa che per lui andava bene — anche se annuirono. A quanto pareva lui aveva ottenuto un grande ji ai loro occhi per il modo in cui aveva pianificato, poi portato a termine, l’attacco agli Shaido.

Gli Aiel mantenevano i propri posti di guardia e lui non aveva motivo di ispezionarli. Ma li includeva comunque nei suoi giri. Pareva che, se aveva intenzione di visitare le altre parti dell’accampamento, avrebbe dovuto farlo anche qui.

Grady si fermò all’improvviso e si girò verso le tende delle Sapienti.

«Cosa c’è?» chiese Perrin in tono urgente, esaminando il campo. Non riusciva a vedere nulla di insolito.

Grady sorrise. «Penso che ci siano riusciti.» Fissò l’interno del campo aiel, ignorando le occhiatacce che diverse Fanciulle gli scoccarono. Avrebbero potuto tranquillamente cacciarlo via, Asha’man o no, se Perrin non fosse stato lì.

Neald, pensò Perrin. Sta lavorando con le Aes Sedai per capire come far funzionare i circoli.

Se Grady aveva visto qualcosa nei flussi...

Perrin seguì, e presto raggiunsero un anello di tende di Sapienti al centro del campo aiel, la zona in mezzo a esse asciutta — forse grazie a dei flussi — e la terra ben premuta. Neald, Edarra e Masuri sedevano lì. Fager Neald era un giovane Murandiano con dei baffi che si arricciavano in punte. Non portava spille sul colletto della sua giubba nera, anche se probabilmente sarebbe stato promosso non appena il gruppo fosse tornato dalla loro escursione. Era cresciuto nel Potere da quando erano partiti.

Era ancora pallido per i morsi di serpente che aveva subito, ma sembrava stare molto meglio rispetto ad appena pochi giorni prima. Stava sorridendo, fissando l’aria di fronte a sé, e odorava di esuberanza.

Un grosso passaggio divise l’aria. Perrin bofonchiò. Sembrava condurre a un luogo in cui si erano accampati diverse settimane prima: un campo aperto non degno di particolare nota.

«Sta funzionando?» disse Grady, inginocchiandosi accanto a Neald.

«È bellissimo, Jur» disse Neald piano. La sua voce non recava alcun accenno della spacconeria che mostrava spesso. «Posso sentire saidar. E come se ora fossi più completo.»

«Lo stai incanalando?» chiese Perrin.

«No. Non ne ho bisogno. Posso usarlo.»

«Usarlo come?» domandò Grady, entusiasta.

«Io... È difficile da spiegare. I flussi sono saidin, ma sembra che io sia capace di rafforzarli con saidar. Finché riesco a creare un passaggio per conto mio, sembra che io possa accrescere il Potere — e le dimensioni — con quello che le donne mi prestano. Luce! È meraviglioso. Avremmo dovuto farlo mesi fa.»

Perrin lanciò un’occhiata alle due donne, Masuri e Edarra. Nessuna delle due pareva esultante come Neald. Masuri sembrava avere un po’ di nausea e odorava di paura: Edarra odorava di curiosità e prudenza. Grady aveva menzionato che creare un circolo a questo modo pareva richiedere che gli uomini assumessero il controllo sulle donne.

«Manderemo il gruppo di esplorazione a Cairhien presto, allora» disse Perrin, tastando il rompicapo del fabbro che aveva in tasca. «Grady, organizzati con gli Aiel per quella missione e predisponi i passaggi come chiedono loro.»

«Sì, mio signore» disse quello, sfregandosi il volto coriaceo. «Probabilmente dovrei imparare questa tecnica invece di continuare con i giri. Anche se c’è qualcosa di cui volevo parlarti prima. Se hai tempo.»

«Se desideri» disse Perrin, allontanandosi dal gruppo. Da un lato, diverse delle altre Sapienti vennero avanti e dissero a Neald che era il loro turno di provare il circolo con lui. Non si comportavano affatto come se Neald fosse al comando, e lui era lesto a obbedire. Si stava muovendo con cautela tra le Aiel da quando aveva detto qualcosa di un po’ troppo audace a una Fanciulla ed era finito a giocare al Bacio della Fanciulla.

«Di che si tratta, Grady?» chiese Perrin una volta che furono un po’ lontani.

«Be’, Neald e io stiamo entrambi abbastanza bene da creare passaggi, pare» disse Grady. «Mi stavo domandando se potessi avere il permesso di fare una scappata alla Torre Nera per un pomeriggio, per vedere la mia famiglia.»

Giusto, pensò Perrin. Lui ha una moglie e un figlio. Gli Asha’man non parlavano spesso di loro stessi. In effetti, lui non parlava spesso di nulla.

«Non so, Grady» disse Perrin, lanciando un’occhiata al cupo cielo coperto. «Abbiamo dei Manti Bianchi davanti a noi, e non si può ancora dire per certo se quegli Shaido faranno il giro e tenteranno di tenderci un’imboscata. Sono restio a stare senza di te finché non saprò che siamo in qualche posto sicuro.»

«Non dovrebbe essere per molto, mio signore» disse Grady con tutto il cuore. Perrin a volte dimenticava quanto era giovane quell’uomo, solo sei o sette anni più di lui stesso. Grady pareva molto più vecchio in quella giubba nera, con la sua faccia scurita dal sole.

«Troveremo un momento» disse Perrin. «Presto. Non voglio scombussolare nulla finché non avremo notizie di quello che è successo da quando siamo partiti.» L’informazione poteva essere potente. Era stato Balwer a insegnarglielo.

Grady annuì, all’apparenza tranquillizzato, anche se Perrin non gli aveva dato nulla per certo. Luce! Perfino gli Asha’man stavano iniziando a odorare come persone che lo vedevano come loro lord. Erano stati così distaccati quando tutto questo era cominciato.

«Non ti sei mai preoccupato di questo prima, Grady» disse Perrin. «E cambiato qualcosa?»

«Tutto» disse Grady piano. Perrin colse una zaffata del suo odore. Speranzoso. «E cambiato un po’ di settimane fa. So che la gente non ci crede, ma ti giuro che è successo davvero.»

«La corruzione è stata ripulita?» chiese Perrin.

Grady annuì.

Gli Asha’man insistevano che la metà maschile della Fonte fosse stata ripulita, anche se altri erano scettici. Perrin ci credeva. Per impossibile che sembrasse, Grady non odorava di pazzia quando parlava di questo avvenimento. Inoltre, pareva il genere di cose di cui Rand si sarebbe potuto occupare. I colori turbinarono di fronte a lui. Perrin li scacciò.

«Hai detto che è successo e io mi fido di te, Grady. Ma questo cos’ha a che fare con la Torre Nera e la tua famiglia? Vuoi andare a vedere se gli altri Asha’man sono d’accordo?»

«Oh, loro saranno d’accordo» disse Grady. «È... be’, mio signore, io sono un uomo semplice. Sora, lei è sempre stata la pensatrice. Io faccio quello che va fatto, e basta. Be’, unirmi alla Torre Nera, quella era una cosa che andava fatta. Sapevo quello che sarebbe accaduto quando sono stato sottoposto alla prova. Sapevo di averlo dentro di me. Era in mio padre, vedi. Noi non ne parliamo, ma era lì. Le Rosse lo trovarono da giovane, poco dopo che nacqui io.

«Quando mi unii al lord Drago, sapevo cosa mi sarebbe successo. Qualche altro anno e me ne sarei andato. Tanto valeva che li trascorressi a combattere. Il lord Drago mi disse che ero un soldato, e un soldato non può lasciare il proprio dovere. Perciò non ho chiesto di tornare fino a ora. Tu avevi bisogno di me.»

«Questo è cambiato?»

«Mio signore, la corruzione è scomparsa. Io non impazzirò. Questo significa... be’, ho sempre avuto una ragione per combattere. Ma adesso ho anche una ragione per vivere

Guardando negli occhi dell’uomo, Perrin comprese. Come doveva essere stato? Sapere che prima o poi saresti impazzito e ti avrebbero dovuto abbattere. Probabilmente dai tuoi amici, che l’avrebbero definito un atto di pietà.

Quello era ciò che Perrin aveva percepito negli Asha’man fin dall’inizio, il motivo per cui si tenevano in disparte, spesso sembrando così cupi. Tutti gli altri combattevano per vivere. Gli Asha’man... avevano combattuto per morire.

Ecco come si sente Rand, pensò Perrin, osservando i colori turbinare di nuovo e il suo amico apparire. Stava cavalcando il suo grosso destriero nero attraverso una città con le strade infangate, parlando con Nynaeve che cavalcava accanto a lui.

Perrin scosse il capo e scacciò l’immagine. «Ti porteremo a casa, Grady» promise. «Avrai del tempo con lei prima che giunga la fine.»

Grady annuì, lanciando un’occhiata al cielo mentre un basso borbottio di tuono proveniva da nord. «Voglio solo parlarle, sai? E ho bisogno di rivedere il piccolo Gadren. Non lo riconoscerò nemmeno.»

«Sono certo che è un bambino stupendo, Grady.»

Grady rise. Sembrava strano, ma bello, sentire quel suono dall’uomo. «Stupendo? Gadren? No, mio signore, può essere grazioso come un ceppo. Comunque lo amo moltissimo.» Scosse il capo, divertito. «Ma dovrei andare a imparare questo trucco con Neald. Grazie, mio signore.»

Perrin sorrise, guardandolo andare mentre una Fanciulla giungeva di corsa nel campo. Fece rapporto alle Sapienti, ma parlò abbastanza forte per lasciar sentire Perrin. «C’è uno sconosciuto che cavalca lungo la strada verso l’accampamento. Sventola una bandiera di pace, ma indossa gli abiti di questi Figli della Luce.»

Perrin annuì, radunando le sue guardie. Mentre si affrettava verso la parte anteriore dell’accampamento, Tam comparve e si mise al passo con lui. Arrivarono proprio mentre il Manto Bianco si avvicinava ai primi posti di guardia. L’uomo cavalcava un castrone bianco brillante e portava una lunga asta con uno stendardo bianco. I suoi abiti bianchi — cotta di maglia con un tabarro sotto il mantello — recavano un sole raggiato giallo sul petto.

Perrin provò un acuto senso di angoscia. Riconosceva quest’uomo. Dain Bornhald.

«Vengo per parlare con il criminale Perrin Aybara» annunciò Bornhald con voce stentorea, arrestando il suo cavallo.

«Sono qui, Bornhald» chiamò Perrin, uscendo fuori.

Bornhald lo guardò. «Sei tu. La Luce ti ha portato da noi.»

«A meno che non abbia portato anche a te un esercito grande tre o quattro volte quello che hai ora,» gli urlò Perrin «dubito molto che avrà importanza.»

«Abbiamo in nostro possesso persone che affermano di essere fedeli a te, Aybara.»

«Bene, potete farle tornare al nostro campo e ce ne andremo per la nostra strada.»

Il giovane Manto Bianco voltò la sua cavalcatura di lato, accigliandosi. «Abbiamo dei conti in sospeso, Amico delle Tenebre.»

«Non c’è bisogno che questa faccenda vada alle brutte, Bornhald» disse Perrin. «Per come la vedo io, possiamo ancora andarcene ognuno per la propria strada.»

«I Figli preferirebbero morire che lasciare incompiuta la giustizia» disse Dain, poi sputò da una parte. «Ma lascerò che sia il lord Capitano Comandante a spiegarlo. Desidera vederti di persona. Mi è stato ordinato di venire a riferirti che ti sta aspettando accanto alla strada, a poca distanza, a cavallo. Gli piacerebbe che tu lo incontrassi.»

«Pensi che io abbia intenzione di cadere in una trappola tanto ovvia?» chiese Perrin.

Bornhald scrollò le spalle. «Vieni oppure no. Il mio lord Capitano Comandante è un uomo d’onore e giura che tornerai sano e salvo... che è più di quanto io avrei concesso a un Amico delle Tenebre. Puoi portare le tue Aes Sedai, se ne hai, per sicurezza.» Detto questo, Bornhald voltò la sua cavalcatura e galoppò via.

Perrin rimase lì pensieroso, osservandolo allontanarsi.

«Non starai davvero pensando di andare, figliolo» disse Tam.

«Preferirei sapere con certezza quello che ho di fronte» disse Perrin. «E noi abbiamo chiesto delle trattative. Forse negoziare per riavere la nostra gente. Che io sia folgorato, Tam. Devo almeno provare prima di attaccarli.»

Tam sospirò, ma annuì.

«Ha menzionato le Aes Sedai,» disse Perrin «ma non gli Asha’man. Scommetto che non sa molto su di loro. Va’ a far vestire Grady come un uomo dei Fiumi Gemelli e digli di presentarsi da me assieme a Gaul e Sulin. Chiedi a Edarra se anche lei vuole unirsi a noi. Ma non dire a mia moglie di questo. Noi cinque andremo avanti e vedremo se i Manti Bianchi si incontreranno davvero con noi pacificamente. Se qualcosa va storto, terremo pronto Grady perché ci porti via tramite passaggio.»

Tam annuì e si precipitò via. Perrin attese nervosamente finché Tam non tornò con Gaul, Sulin e Edarra. Grady arrivò qualche minuto più tardi, indossando un mantello di lana marrone e abiti color verde e marrone presi in prestito da uno degli uomini dei Fiumi Gemelli. Portava un arco lungo, ma camminava come un soldato, con la schiena dritta e gli occhi acuti mentre si guardava attorno. C’era attorno a lui una particolare aria di pericolo che nessun comune paesano avrebbe avuto. C’era da sperare che questo non avrebbe rovinato il travestimento.

Tutti e sei si allontanarono dal campo e, per fortuna, Faile non parve aver udito quello che stava accadendo. Perrin l’avrebbe portata se ci fossero state delle trattative o discussioni più lunghe, ma la sua intenzione era che questo viaggio fosse rapido e aveva bisogno di essere in grado di muoversi senza preoccuparsi per lei.

Andarono a piedi e trovarono i Manti Bianchi a poca distanza lungo la strada. Parevano essercene circa una dozzina, in piedi vicino a una piccola tenda che era stata montata accanto alla strada. Erano sopravento, cosa che fece rilassare un poco Perrin. Colse odori di rabbia e disgusto, ma non percepì una trappola per lui.

Mentre lui e gli altri si avvicinavano, qualcuno usci dalla piccola tenda, vestito di bianco. L’uomo alto aveva fattezze delicate e corti capelli scuri. Molte donne l’avrebbero probabilmente definito attraente. Odorava... meglio degli altri Manti Bianchi. Quelli avevano in sé un odore selvatico, come quello di un animale rabbioso. Questo loro capo aveva un odore calmo e niente affatto nauseante.

Perrin lanciò un’occhiata verso i suoi compagni.

«Non mi piace, Perrin Aybara» disse Edarra, guardando da un lato all’altro. «Questi Figli hanno attorno a sé una sensazione sbagliata.»

«Degli arcieri potrebbero colpirci da quegli alberi» disse Tam con un grugnito, annuendo verso una macchia in lontananza.

«Grady, stai trattenendo il Potere?» chiese Perrin.

«Ma certo.»

«Stai pronto, per qualunque evenienza» disse Perrin, poi avanzò verso il gruppetto di Manti Bianchi. Il loro capo studiò Perrin con le mani serrate dietro la schiena. «Occhi d’oro» disse l’uomo. «Dunque è vero.»

«Tu sei il lord Capitano Comandante?» chiese Perrin.

«Proprio così.»

«Cosa occorrerà per liberare questa mia gente che stai trattenendo?»

«I miei uomini mi dicono che hanno tentato uno scambio del genere una volta» disse il capo dei Manti Bianchi. «E che tu li hai ingannati e traditi.»

«Avevano rapito degli innocenti» disse Perrin. «E avevano preteso la mia vita in cambio. Be’, io mi sono ripreso la mia gente. Non costringermi a fare lo stesso qui.»

Il capo dei Manti Bianchi strinse gli occhi. Odorava pensieroso. «Io farò quello che è giusto, Occhidoro. Il costo è irrilevante. I miei uomini mi dicono che hai ammazzato diversi Figli alcuni anni fa, e non hai mai conosciuto la giustizia per questo. Che hai guidato dei Trolloc ad attaccare villaggi.»

«I tuoi uomini non sono molto affidabili» disse Perrin con un ringhio. «Voglio delle trattative più formali, dove possiamo sederci e discutere. Non qualcosa di improvvisato come questo.»

«Dubito che sarà necessario» disse il capo dei manti Bianchi. «Non sono qui per trattare. Volevo solo vederti con i miei occhi. Vuoi che la tua gente sia liberata? Incontra il mio esercito sul campo di battaglia. Fa’ questo e io libererò i prigionieri, a prescindere dall’esito. È evidente che non sono soldati. Li lascerò andare.»

«E se mi rifiuto?» chiese Perrin.

«Allora questo non... deporrà bene per la loro salute.»

Perrin digrignò i denti.

«La tua armata affronterà la nostra sotto la Luce» disse il capo dei Manti Bianchi. «Questi sono i nostri termini.»

Perrin lanciò un’occhiata di lato. Grady incontrò i suoi occhi e in essi ci fu una domanda evidente. Poteva prendere prigioniero il capo dei Manti Bianchi proprio qui, con appena un pensiero.

Perrin era tentato. Ma erano venuti sotto il giuramento dei Manti Bianchi che sarebbero stati al sicuro. Lui non avrebbe infranto la pace. Invece si voltò e ricondusse la sua gente verso l’accampamento.


Galad osservò Aybara ritirarsi. Quegli occhi dorati erano inquietanti. Aveva dato poco credito all’insistenza di Byar secondo cui quest’uomo non era semplicemente un Amico delle Tenebre, bensì Progenie dell’Ombra. Comunque, guardando in quegli occhi, Galad non era più sicuro di poter scartare quelle affermazioni.

Da un lato, Bornhald lasciò andare un respiro. «Non posso credere che tu abbia voluto fare questo. E se avesse portato delle Aes Sedai? Non avremmo potuto fermare l’Unico Potere.»

«Non mi avrebbero fatto del male» disse Galad. «E inoltre, se Aybara avesse la capacità di assassinarmi qui con l’Unico Potere, avrebbe potuto fare la stessa cosa all’interno del mio accampamento. Ma se lui è come tu e il Figlio Byar dite, allora si preoccupa molto della propria immagine. Non ha guidato i Trolloc contro i Fiumi Gemelli direttamente. Ha finto di difenderli.» Un uomo del genere avrebbe agito con sottigliezza. Galad era stato al sicuro.

Aveva voluto vedere Aybara di persona ed era lieto di averlo fatto. Quegli occhi... erano quasi una condanna di per sé. E Aybara aveva reagito irrigidendosi alla menzione di aver ammazzato dei Manti Bianchi. Oltre a quello, c’era ciò che gli aveva detto la sua gente di un’alleanza con i Seanchan e che aveva con sé uomini in grado di incanalare.

Sì, questo Aybara era un uomo pericoloso. Galad si era preoccupato di impegnare le sue forze a combattere qui, ma la Luce li avrebbe aiutati a sopravvivere a questo. Meglio sconfiggere questo Aybara ora che aspettare e trovarselo davanti all’Ultima Battaglia. Prese la sua decisione così in fretta. Era la decisione giusta. Avrebbero combattuto.

«Venite» disse Galad, facendo cenno ai suoi uomini. «Torniamo al campo.»

Загрузка...