3 La rabbia dell’Amyrlin

Egwene galleggiava nell’oscurità. Era senza forma, priva di consistenza o corpo. I pensieri, le fantasie, le preoccupazioni, le speranze e le idee di tutto il mondo si estendevano all’infinito attorno a lei.

Questo era il luogo tra i sogni e il mondo della veglia, un’oscurità punteggiata da migliaia e migliaia di luci distinte, ciascuna più concentrata e intensa delle stelle dei cieli. Erano sogni, e lei poteva guardare dentro di essi, ma non lo fece. Quelli che voleva vedere erano sorvegliati, e molti degli altri erano misteri per lei.

C’era un sogno in cui bramava scivolare dentro. Si trattenne. Anche se i suoi sentimenti per Gawyn erano ancora forti, la sua opinione su di lui di recente era confusa. Perdersi nei suoi sogni non avrebbe aiutato.

Si voltò, guardando per la distesa. Negli ultimi tempi aveva iniziato a venir qui a galleggiare e pensare. I sogni di tutte le persone qui — alcuni dal suo mondo, altri da ombre di esso — le ricordavano perché lottava. Non doveva mai dimenticare che c’era un intero mondo fuori dalle mura della Torre Bianca. Lo scopo delle Aes Sedai era servire quel mondo.

Il tempo passava mentre lei giaceva inondata dalla luce dei sogni. Alla fine si decise a muoversi e individuò un sogno che lei conosceva, anche se non era certa di come facesse. Il sogno si diresse rapido verso di lei, riempiendo la sua visuale.

Egwene premette la sua volontà contro il sogno e inviò un ordine dentro di esso. Nynaeve. È ora di smetterla di evitarmi. C’è tanto lavoro da fare, e io ho delle notizie per te. Incontrati con me tra due notti nella sala del Consiglio della Torre. Se non verrai, sarò costretta a prendere provvedimenti. La tua esitazione ci minaccia tutti.

Il sogno parve tremolare ed Egwene si tirò indietro mentre scompariva. Aveva già parlato con Elayne. Quelle due erano fili sciolti; era necessario che venissero innalzate per davvero allo scialle e che contraessero i giuramenti.

Oltre a quello, Egwene aveva bisogno di informazioni da Nynaeve. Sperava che la minaccia mista a una promessa di notizie l’avrebbe attirata. E quelle notizie erano importanti. La Torre Bianca finalmente unificata, il seggio dell’Amyrlin al sicuro, Elaida catturata dai Seanchan.

Sogni come capocchie di spillo scorrevano rapidi attorno a Egwene. Meditò se provare a contattare le Sapienti, ma decise di no. Come avrebbe dovuto trattare con loro? La prima cosa da fare era impedire che "trattasse" con loro. Il suo piano nei loro riguardi non era ancora definitivo.

Egwene si lasciò scivolare di nuovo nel suo corpo, soddisfatta di trascorrere il resto della notte con i propri sogni. Qui non poteva impedire ai pensieri su Gawyn di farle visita, né lo voleva. Entrò nel proprio sogno e nel suo abbraccio. Erano in piedi in una stanzetta dalle pareti di pietra fatta come lo studio di Egwene nella Torre, tuttavia decorata come la sala comune della locanda di suo padre. Gawyn era vestito in robusti abiti di lana dei Fiumi Gemelli e non portava la sua spada. Una vita più semplice. Non poteva essere suo, ma lei poteva sognare...

Tutto tremò. La stanza di passato e presente parve andare in pezzi, frantumandosi in fumo turbinante. Egwene fece un passo indietro con un rantolo mentre Gawyn veniva lacerato come se fosse fatto di sabbia. Tutto era polvere attorno a lei, e tredici torri nere si elevavano in lontananza sotto un cielo nero come catrame.

Una crollò, poi un’altra, rovinando al suolo. Mentre lo facevano, quelle che restavano in piedi divennero sempre più alte. La terra tremò mentre diverse altre torri cadevano. Un’altra torre tremò e si infranse, crollando quasi completamente a terra... ma poi si riprese e crebbe più alta di tutte.

Alla fine del terremoto, rimasero tre torri a incombere sopra di lei. Egwene era caduta al suolo, che era diventato un terreno morbido ricoperto da foglie avvizzite. La visione cambiò. Stava guardando giù verso un nido. In esso, un gruppo di piccoli di aquila strillava verso il cielo per chiamare la propria madre. Uno degli aquilotti si srotolò e non era affatto un’aquila, ma un serpente. Iniziò a colpire i piccoli uno alla volta, inghiottendoli interi. Gli aquilotti continuarono semplicemente a fissare il cielo, immaginando che il serpente fosse loro fratello mentre li divorava.

La visione cambiò. Egwene era in una sfera enorme fatta del cristallo più puro. Scintillava alla luce di ventitré enormi stelle, che brillavano sulla scura cima di una collina dove era posata. La sfera aveva delle crepe ed era tenuta insieme da corde.

C’era Rand che risaliva il fianco della collina, impugnando una scure da boscaiolo. Raggiunse la sommità e soppesò la scure, poi la vibrò contro le corde una alla volta, tagliandole via. L’ultima si staccò e la sfera iniziò ad andare in pezzi, i frammenti di quel bellissimo globo che cadevano. Rand scosse il capo.

Egwene annaspò, si svegliò e si mise a sedere dritta. Era nelle sue stanze alla Torre Bianca. La camera da letto era quasi vuota: Egwene aveva fatto rimuovere le cose di Elaida, ma non l’aveva ancora riarredata completamente. Aveva solo un lavabo, un tappeto di fibre brune fittamente intrecciato e un letto con aste e cortine. Le imposte alla finestra erano chiuse; la luce del sole mattutino vi filtrava attraverso.

Inspirò ed espirò. Di rado i sogni la turbavano tanto come aveva fatto questo.

Calmandosi, allungò la mano giù lungo il lato del letto, raccogliendo il libro rilegato in pelle che teneva lì per annotare i suoi sogni. Il secondo dei tre di questa notte era il più chiaro di tutti. Lei ne sentiva il significato, interpretandolo come a volte riusciva a fare. Il serpente era uno dei Reietti, nascosto nella Torre Bianca, fingendosi una Aes Sedai. Egwene aveva sospettato che fosse così... Verin aveva detto di crederci.

Mesaana era ancora nella Torre Bianca. Ma come imitava una Aes Sedai? Ogni Sorella aveva pronunciato di nuovo i giuramenti. A quanto pareva, Mesaana era in grado di sconfiggere il Bastone dei Giuramenti. Mentre Egwene annotava attentamente i sogni, pensò alle torri incombenti, che minacciavano di distruggerla, e riconobbe anche parte del significato in quello.

Se Egwene non avesse trovato Mesaana e non l’avesse fermata, qualcosa di terribile sarebbe accaduto. Avrebbe potuto significare la caduta della Torre Bianca, forse la vittoria del Tenebroso.

I sogni non erano Predizioni: non mostravano quello che sarebbe accaduto, ma quello che poteva accadere.

Luce, pensò lei, terminando la sua annotazione. Come se non avessi già abbastanza di cui preoccuparmi.

Egwene si alzò per chiamare le sue cameriere, ma fu interrotta quando qualcuno bussò alla porta. Incuriosita, camminò sopra lo spesso tappeto — con indosso soltanto la sua camicia da notte — e aprì la porta quanto bastava per vedere Silviana fuori nell’anticamera. Dalle fattezze squadrate e vestita di rosso, aveva i capelli tirati su nella sua tipica crocchia e la sua stola rossa da Custode degli Annali sulle spalle.

«Madre» disse la donna, la sua voce tesa. «Mi scuso per averti svegliato.»

«Non stavo dormendo» disse Egwene. «Cosa c’è? Cos’è successo?»

«Lui è qui, Madre. Alla Torre Bianca.»

«Chi?»

«Il Drago Rinato. Chiede di vederti.»


«Be’, questa è una pentola di zuppa di pesce fatta solo con le teste» disse Siuan nel procedere lungo un corridoio della Torre Bianca. «Come è riuscito ad attraversare la città senza che nessuno lo vedesse?»

Il gran capitano Chubain trasalì.

E fa bene, pensò Siuan. L’uomo dai capelli corvini indossava l’uniforme della Guardia della Torre, un tabarro bianco sopra la sua cotta di maglia, decorato con la fiamma di Tar Valon. Camminava con una mano sulla spada. C’era stata qualche discussione sulla possibilità che fosse rimpiazzato come gran capitano ora che Bryne era a Tar Valon, ma Egwene aveva seguito il consiglio di Siuan di non farlo. Bryne non voleva essere gran capitano, e sarebbe stato necessario come generale d’armata per l’Ultima Battaglia.

Bryne era fuori con i suoi uomini; trovare alloggi e cibo per cinquantamila truppe si stava rivelando quasi impossibile. Lei gli aveva inviato la notizia e poteva percepirlo avvicinarsi. Per quanto quell’uomo fosse un rigido blocco di legno, Siuan aveva la sensazione che sarebbe stato bello avere accanto a sé la sua stabilità in quel momento. Il Drago Rinato? Dentro Tar Valon?

«Non è poi così sorprendente che sia arrivato fin qui, Siuan» disse Saerin. La Marrone dalla carnagione olivastra era stata con Siuan quando avevano visto accorrere il capitano, pallido in volto. Saerin aveva del bianco alle tempie, una certa misura di età come Aes Sedai, e una cicatrice su una guancia, la cui origine Siuan non era stata in grado di carpirle.

«Ci sono centinaia di profughi che si riversano in città ogni giorno,» continuò Saerin «e qualunque uomo con solo mezza inclinazione al combattimento viene mandato dalla Guardia della Torre per essere reclutato. Non c’è da stupirsi che nessuno abbia fermato al’Thor.»

Chubain annuì. «Era alla Porta del Tramonto prima che qualcuno lo interrogasse. E poi lui... be’, lui ha semplicemente detto di essere il Drago Rinato e che voleva vedere l’Amyrlin. Non l’ha urlato o che... l’ha detto con la stessa calma di una pioggia primaverile.»

I corridoi della Torre erano occupati, anche se molte delle donne non sembravano sapere cosa dovevano fare, guizzando qua e là come pesci in una rete.

Smettila, pensò Siuan. È venuto nella nostra sede di potere. È lui quello a essere preso nella rete.

«Quale pensi che sia il suo gioco?» chiese Saerin.

«Che io sia folgorata se lo so» replicò Siuan. «Ormai dev’essere quasi pazzo. Forse è spaventato ed è venuto a consegnarsi.»

«Ne dubito.»

«Anch’io» disse Siuan con riluttanza. Nel corso di questi ultimi giorni aveva scoperto — con suo stupore — che le piaceva Saerin. Come Amyrlin, Siuan non aveva avuto tempo per le amicizie; era stato troppo importante mettere le Ajah le une contro le altre. Aveva ritenuto Saerin ostinata e frustrante. Ora che non si stavano scontrando così spesso, trovava quelle caratteristiche interessanti.

«Forse ha sentito che Elaida non c’era più» disse Siuan «e ha pensato che sarebbe stato al sicuro qui, con una vecchia amica come Amyrlin Seat.»

«Questo non corrisponde a quello che ho letto del ragazzo» replicò Saerin. «I rapporti lo definiscono diffidente e imprevedibile, con un temperamento esigente e un’insistenza nell’evitare le Aes Sedai.»

Era ciò che aveva sentito anche Siuan, anche se erano passati due anni da quando aveva visto il ragazzo. In effetti, l’ultima volta che se l’era trovato davanti, Siuan era stata l’Amyrlin e lui un semplice pastore. Molto di ciò che lei aveva saputo su di lui da allora era giunto attraverso gli occhi e le orecchie dell’Ajah Azzurra. Ci voleva una buona dose di abilità per separare le congetture dalla verità, ma molte erano d’accordo su al’Thor. Collerico, diffidente, arrogante. Che la Luce bruci Elaida!, pensò Siuan. Se non fosse stato per lei, lo avremmo avuto al sicuro nelle cure delle Aes Sedai molto tempo fa.

Scesero tre rampe di scale a chiocciola ed entrarono in un altro dei corridoi dalle pareti candide della Torre Bianca. Se l’Amyrlin aveva intenzione di ricevere il Drago Rinato, l’avrebbe fatto qui. Due svolte tortuose più tardi — passando davanti a lampade su sostegni provviste di specchi e arazzi maestosi — entrarono in un ultimo corridoio e si fermarono di colpo.

Le piastrelle del pavimento erano del colore del sangue. Quello non era giusto. Le piastrelle qui sarebbero dovute essere bianche e gialle. Queste luccicavano, come se fossero umide.

Chubain inspirò bruscamente, la mano che andava all’elsa della spada. Saerin sollevò un sopracciglio. Siuan era tentata di precipitarsi avanti, ma questi punti dove il tenebroso aveva toccato il mondo potevano essere pericolosi. Poteva trovarsi ad affondare nei pavimenti o essere attaccata dagli arazzi.

Le due Aes Sedai si voltarono e si diressero dall’altra parte. Chubain indugiò per un momento, poi si precipitò dietro di loro. Era facile leggere la tensione sul suo volto. Prima i Seanchan e ora il Drago Rinato stesso, giunti ad assalire la Torre mentre lui era di guardia.

Mentre procedevano per i corridoi, incontrarono altre Sorelle che correvano nella stessa direzione. Molte di loro indossavano i propri scialli. Si sarebbe potuto obiettare che era per le notizie del giorno, ma la verità era che parecchie mantenevano ancora la loro sfiducia verso le altre Ajah. Un’ulteriore ragione per maledire Elaida. Egwene aveva lavorato sodo per riforgiare la Torre, ma non si potevano aggiustare in un mese squarci nelle reti di interi anni.

Giunsero infine al Consiglio della Torre. Delle Sorelle erano assiepate nel vasto atrio al di fuori, divise per Ajah. Chubain si precipitò a parlare con le sue guardie alla porta, e Saerin entrò nel Consiglio vero e proprio, dove poteva attendere con le altre Adunanti. Siuan rimase in piedi con le dozzine all’esterno.

Le cose stavano cambiando. Egwene aveva una nuova Custode degli Annali per rimpiazzare Sheriam. La scelta di Silviana aveva parecchio senso: quella donna era nota per essere assennata, per una Rossa, e scegliere lei aveva contribuito a riforgiare assieme le due metà della Torre. Ma Siuan aveva nutrito una piccola speranza che sarebbe stata scelta lei stessa. Ora Egwene aveva così tanti impegni — e stava diventando così capace da sola — che si affidava sempre meno a Siuan.

Quella era una buona cosa. Ma la faceva anche infuriare.

Quei corridoi familiari, l’odore di pietra appena lavata, l’eco dei passi... L’ultima volta che era stata in questo posto, era stata lei al comando. Ora non più.

Non aveva intenzione di farsi strada nuovamente verso una posizione di rilievo. L’Ultima Battaglia incombeva su di loro; non voleva trascorrere il suo tempo occupandosi dei bisticci dell’Ajah Azzurra mentre le sue Sorelle venivano reintegrate nella Torre. Voleva fare quello che si era prefissa di fare, tutti quegli anni prima con Moiraine. Guidare il Drago Rinato all’Ultima Battaglia.

Attraverso il legame, avvertì Bryne arrivare prima che lui parlasse. «Questa sì che è una faccia preoccupata» disse, penetrando le dozzine di sommesse conversazioni mentre le si avvicinava da dietro.

Siuan si voltò verso di lui. Bryne era imponente e incredibilmente calmo, in particolare per un uomo che era stato tradito da Morgase Trakand, poi risucchiato nella politica delle Aes Sedai, quindi informato che avrebbe guidato le sue truppe sulle prime linee dell’Ultima Battaglia. Ma quello era Bryne. Sereno fino al midollo. Placava le preoccupazioni di Siuan semplicemente essendo lì.

«Sei venuto più rapidamente di quanto pensavo riuscissi a fare» disse lei. «E io non ho una "faccia preoccupata", Gareth Bryne. Sono una Aes Sedai. La mia stessa natura consiste nell’avere il controllo su me stessa e ciò che mi circonda.»

«Sì» disse lui. «Eppure, più tempo trascorro attorno alle Aes Sedai, più mi interrogo su questo. Hanno davvero il controllo delle loro emozioni? Oppure quelle emozioni semplicemente non cambiano mai? Se una persona è sempre preoccupata, avrà sempre la stessa espressione.»

Lei lo squadrò. «Uomo sciocco.»

Lui sorrise, voltandosi a guardare per l’atrio pieno di Aes Sedai e Custodi. «Stavo già tornando alla Torre con un rapporto quando il tuo messaggero mi ha trovato. Grazie.»

«Prego» disse lei imbronciata.

«Sono nervose» disse lui. «Non penso di aver mai visto le Aes Sedai così.»

«Be’, riesci a biasimarci?» sbottò lei.

Bryne la guardò, poi sollevò una mano sulla sua spalla. Le sue dita forti e callose le sfiorarono il collo. «Cosa c’è che non va?»

Siuan prese un profondo respiro, lanciando un’occhiata da un lato quando Egwene finalmente arrivò, diretta verso il Consiglio mentre conversava con Silviana. Come al solito, il cupo Gawyn Trakand era appostato lì dietro come un’ombra distante. Non ammesso da Egwene, non vincolato come suo Custode, tuttavia nemmeno cacciato via dalla Torre. Aveva trascorso le notti dalla riunificazione facendo la guardia alla porta di Egwene, malgrado il fatto che questo la irritasse.

Mentre Egwene si avvicinava all’ingresso del Consiglio, le Sorelle si fecero da parte per lasciarla passare, alcune con riluttanza, altre con reverenza. Lei aveva messo in ginocchio la Torre dall’interno, mentre veniva picchiata ogni giorno e drogata con così tanta radice biforcuta da essere a malapena in grado di accendere una candela con il Potere. Così giovane. Eppure cos’era l’età per una Aes Sedai?

«Ho sempre pensato che ci sarei stata io là dentro» disse Siuan piano, solo per Bryne. «Che lo avrei ricevuto, guidato. Io ero quella che si sarebbe dovuta trovare su quella sedia.»

Bryne serrò la sua stretta. «Siuan, io...»

«Oh, non avertene a male» borbottò, guardandolo. «Io non rimpiango nulla.»

Lui si accigliò.

«È per il meglio» disse Siuan, anche se ammetterlo le faceva torcere le budella. «Nonostante tutta la sua stoltezza e tirannia, è un bene che Elaida mi abbia deposto, perché è stato quello che ci ha condotto a Egwene. Lei agirà meglio di quanto avrei potuto fare io. È difficile da digerire: io ho agito bene come Amyrlin, ma non avrei potuto fare questo. Comandare tramite il carisma invece della forza, unire invece di dividere. E così, sono lieta che sia Egwene a riceverlo.»

Bryne sorrise e le strizzò la spalla con affetto.

«Che c’è?» domandò lei.

«Sono fiero di te.»

Siuan roteò gli occhi. «Bah. Questo tuo sentimentalismo mi farà affogare, uno di questi giorni.»

«Non puoi nascondere la tua bontà a me, Siuan Sanche. Io vedo il tuo cuore.»

«Sei un tale buffone.»

«A ogni modo. Tu ci hai portato qui, Siuan. A qualunque altezza quella ragazza salirà, lo farà perché tu hai intagliato i gradini per lei.»

«Sì, poi ho porto il cesello a Elaida.» Siuan lanciò un’occhiata verso Egwene, che aveva superato la soglia del Consiglio. La giovane Amyrlin passò in rassegna le donne radunate lì fuori e annuì in cenno di saluto verso Siuan. Forse perfino con un po’ di rispetto.

«Lei è ciò di cui abbiamo bisogno ora,» disse Bryne «ma tu sei stata ciò di cui avevamo bisogno allora. Hai agito bene, Siuan. Lei lo sa, e lo sa la Torre.»

Era molto bello da sentire. «Bene. L’hai visto quando sei entrato?»

«Sì» disse Bryne. «Si trova da basso, sorvegliato da almeno cento Custodi e ventisei sorelle: due interi circoli. Senza dubbio è schermato, ma tutte e ventisei sembrano quasi in preda al panico. Nessuno osa toccarlo o legarlo.»

«Finché è schermato, non dovrebbe avere importanza. Sembrava spaventato? Altezzoso? Arrabbiato?»

«Nulla di tutto questo.»

«Be’, cosa sembrava allora?»

«Sinceramente, Siuan? Sembrava una Aes Sedai.»

Siuan chiuse la bocca con uno schiocco. Lui la stava di nuovo prendendo in giro? No, il generale pareva serio. Ma cosa intendeva?

Egwene entrò nel Consiglio, poi una novizia in abito bianco si precipitò via di corsa, tallonata da due dei soldati di Chubain. Egwene aveva mandato a chiamare il Drago. Bryne rimase con la mano sulla spalla di Siuan, in piedi appena dietro di lei nell’atrio. Siuan si costrinse a rimanere calma.

Dopo un po’, vide del movimento in fondo al corridoio. Attorno a lei, delle Sorelle cominciarono a risplendere mentre abbracciavano la Fonte. Siuan resistette a quel segno di insicurezza.

Presto si avvicinò una processione, con dei Custodi che camminavano in un quadrato attorno a un’alta figura in un liso mantello marrone, con ventisei Aes Sedai che seguivano dietro. La figura all’interno luccicò ai suoi occhi. Siuan aveva il Talento di vedere i ta’veren, e al’Thor era uno dei più potenti che fossero mai vissuti.

Si costrinse a ignorare quel luccichio, guardando al’Thor stesso. Pareva che il ragazzo fosse diventato un uomo. Tutti gli accenni di delicatezza giovanile erano scomparsi, rimpiazzati da linee dure. Aveva perso l’inconscia postura incurvata adottata da molti giovani uomini, in particolare quelli alti. Invece accettava la sua statura come avrebbe fatto un uomo, camminando imperioso. Siuan aveva visto dei falsi Draghi durante il suo periodo come Amyrlin. Strano quanto quest’uomo assomigliasse a loro. Era...

Si immobilizzo quando lui incontrò i suoi occhi. C’era qualcosa di indefinibile in essi, un peso, un’età. Come se l’uomo dietro di essi stesse vedendo attraverso la luce di mille vite combinate in una. Il suo volto sembrava quello di una Aes Sedai. Quegli occhi, almeno, avevano un’età indefinibile.

Il Drago Rinato sollevò la sua mano destra — quella sinistra era piegata dietro la schiena — e arrestò la processione. «Se permettete» disse ai Custodi, passando in mezzo a loro.

I Custodi, sconcertati, lo lasciarono passare; la voce delicata del Drago li indusse a farsi da parte. Avrebbero dovuto saperlo. Al’Thor si diresse verso Siuan, e lei si fece forza. Lui era disarmato e schermato. Non poteva farle del male. Tuttavia, Bryne le si accostò e abbassò la mano sulla sua spada.

«Pace, Gareth Bryne» disse al’Thor. «Non farò alcun male. Hai lasciato che ti vincolasse, suppongo. Curioso. Elayne sarà interessata a sentirlo. E Siuan Sanche. Sei cambiata dall’ultima volta che ci siamo incontrati.»

«Il cambiamento giunge a tutti noi mentre la Ruota gira.»

«Proprio una risposta da Aes Sedai.» Al’Thor sorrise. Un sorriso lieve, rilassato. Questo la sorprese. «Mi domando se mi ci abituerò mai. Una volta hai preso una freccia al posto mio. Ti ho mai ringraziato per questo?»

«Non l’ho fatto di proposito, a quanto ricordo» disse lei in tono asciutto.

«Comunque hai i miei ringraziamenti.» Si voltò verso la porta per il Consiglio della Torre. «Che tipo di Amyrlin è lei?»

Perché chiederlo a me? Lui non poteva sapere quanto Siuan ed Egwene erano vicine. «È incredibile» disse Siuan. «Una delle più grandi che abbiamo mai avuto, nonostante sia in carica solo da poco tempo.»

Lui sorrise di nuovo. «Non mi sarei dovuto aspettare niente di meno. Strano, ma ho la sensazione che vederla di nuovo farà male, anche se quella è una ferita che è guarita davvero e per bene. Riesco ancora a ricordarne il dolore, penso.»

Luce, quest’uomo stava confondendo tutte le sue aspettative! La Torre Bianca era un posto che avrebbe dovuto innervosire qualunque uomo in grado di incanalare, Drago Rinato o no. Eppure lui non sembrava minimamente preoccupato.

Siuan aprì la bocca, ma venne interrotta quando una Aes Sedai si fece strada a spintoni attraverso il gruppo. Tiana?

La donna tirò fuori qualcosa dalla sua manica e la porse a Rand. Una piccola lettera con un sigillo rosso. «Questa è per te» disse. La sua voce suonava tesa e le tremavano le dita, anche se quel tremolio era così impercettibile che a molti sarebbe sfuggito. Ma Siuan aveva imparato a cercare segni di emozione nelle Aes Sedai.

Al’Thor sollevò un sopracciglio, poi allungò la mano e la prese. «Cos’è?»

«Ho promesso di recapitarla» disse Tiana. «Avrei detto di no, ma non ho mai pensato che saresti davvero venuto a... intendo...» Si interruppe, chiudendo la bocca. Poi indietreggiò tra la folla.

Al’Thor fece scivolare il messaggio nella sua tasca senza leggerlo. «Fa’ del tuo meglio per calmare Egwene quando avrò finito» disse a Siuan. Poi prese un profondo respiro e avanzò a grandi passi, ignorando le sue guardie. Quelle si affrettarono dietro di lui, i Custodi con aria imbarazzata, ma nessuno osò toccarlo quando varcò le porte ed entrò nel Consiglio della Torre.


I peli si rizzarono sulle braccia di Egwene quando Rand entrò nella stanza, non accompagnato. Le Aes Sedai all’esterno si assieparono attorno alla soglia, cercando di non sembrare come se stessero guardando a bocca aperta. Silviana lanciò un’occhiata a Egwene. Questo incontro sarebbe dovuto essere Sigillato per la Fiamma?

No, pensò Egwene. Devono vedermi affrontarlo. Luce, non mi sento affatto pronta per questo.

Non c’era altro da fare. Egwene si fece forza, ripetendosi nella testa le stesse parole su cui aveva rimuginato tutta la mattina. Questo non era Rand al’Thor, suo amico d’infanzia, l’uomo che un giorno pensava che avrebbe sposato. Con Rand al’Thor sarebbe potuta essere indulgente, ma qui l’indulgenza avrebbe potuto significare la fine del mondo.

No. Quest’uomo era il Drago Rinato. L’uomo più pericoloso che avesse mai respirato. Alto, molto più fiducioso di quanto lei si ricordava fosse mai stato. Indossava abiti semplici.

Lui procedette direttamente al centro del Consiglio, e i Custodi che lo sorvegliavano rimasero di fuori. Si fermò al centro della Fiamma sul pavimento, circondato da Adunanti ai loro posti.

«Egwene» disse Rand, la voce che riecheggiava nella sala. Le rivolse un cenno col capo, come in segno di rispetto. «Hai fatto la tua parte, vedo. La stola dell’Amyrlin ti dona.»

Da quello che lei aveva sentito su Rand di recente, non aveva previsto una tale calma in lui. Forse era la calma del criminale che si era finalmente consegnato.

Era così che lo considerava? Come un criminale? Lui aveva compiuto atti che certamente sembravano criminali; aveva distrutto, aveva conquistato. L’ultima volta che aveva trascorso un certo tempo con Rand, avevano viaggiato per il Deserto Aiel. Lui era diventato un uomo duro nel corso di quei mesi, ed Egwene vide ancora quella durezza in lui. Ma c’era qualcos’altro, qualcosa di più profondo.

«Cosa ti è successo?» si ritrovò a chiedere nello sporgersi in avanti sul seggio dell’Amyrlin.

«Sono stato spezzato» disse Rand, le mani dietro la schiena. «E poi, cosa sorprendente, sono stato riforgiato. Penso che sia andato vicino a sconfiggermi, Egwene. È stata Cadsuane che mi ha indotto ad aggiustare le cose, anche se lo ha fatto per caso. Comunque sia, dovrò revocare il suo esilio, sospetto.»

Parlava in maniera diversa. C’era una formalità nelle sue parole che lei non riconosceva. In un altro uomo, avrebbe presunto un retroterra istruito, acculturato. Ma Rand non ce l’aveva. Dei tutori potevano averlo preparato così in fretta?

«Perché sei venuto di fronte all’Amyrlin Seat?» chiese lei. «Sei venuto per presentare una richiesta oppure per arrenderti alla guida della Torre Bianca?»

Rand la esaminò, le mani ancora dietro la schiena. Proprio dietro di lui, tredici sorelle sfilarono in silenzio nel Consiglio, il bagliore di saidar attorno a loro mentre mantenevano lo schermo su di lui.

Rand non sembrava curarsene. Studiò la stanza, guardando le diverse Adunanti. I suoi occhi indugiarono sugli scanni delle Rosse, due dei quali erano vuoti. Pevara e Javindhra non erano ancora tornate dalla loro missione sconosciuta. Solo Barasine — scelta da poco per rimpiazzare Duhara — era presente. Bisognava riconoscerle che incontrò gli occhi di Rand con calma.

«Prima vi odiavo» disse Rand, voltandosi di nuovo verso Egwene. «Ho provato parecchie emozioni nei mesi recenti. Sembra che dal momento stesso in cui Moiraine giunse ai Fiumi Gemelli io mi sia sforzato di evitare di essere avvinto dal controllo delle Aes Sedai. Tuttavia ho permesso ad altre corde — corde più pericolose — di avvolgersi non viste attorno a me.»

«Ho capito di essermi sforzato troppo. Mi preoccupavo che, se vi avessi dato ascolto, voi mi avreste controllato. Non è stato un desiderio di indipendenza a guidarmi, bensì una paura di irrilevanza. Una paura che quello che avrei realizzato sarebbe stato vostro, e non mio.» Esitò. «Avrei dovuto desiderare un paio di spalle così larghe su cui ammucchiare la colpa per i miei crimini.»

Egwene si accigliò. Il Drago Rinato era venuto alla Torre Bianca per discutere di filosofia spicciola? Forse era davvero impazzito. «Rand» disse Egwene, attenuando il proprio tono. «Dovrò far parlare alcune Sorelle con te per stabilire se c’è qualcosa di... sbagliato in te. Per favore, cerca di capire.»

Una volta che avessero saputo di più sulle sue condizioni, avrebbero potuto decidere cosa fare con lui. Al Drago Rinato occorreva libertà per fare ciò che le profezie dicevano avrebbe fatto, ma potevano semplicemente lasciarlo andar via, adesso che ce l’avevano?

Rand sorrise. «Oh, io capisco, Egwene. E sono spiacente di rifiutartelo, ma ho troppo da fare. La gente muore di fame a causa mia, altri vivono nel terrore di quello che ho fatto. Un amico cavalca verso la sua morte senza alleati. C’è poco tempo per fare quello che devo.»

«Rand,» disse Egwene «dobbiamo essere sicuri.»

Lui annuì, come comprendendo. «Questa è la parte che rimpiango. Non desideravo venire nel tuo centro di potere, che hai ottenuto così bene, e sfidarti. Ma non se ne può fare a meno. Devi sapere quali sono i miei piani in modo da poterti preparare.»

«L’ultima volta che ho cercato di sigillare il Foro, sono stato costretto a farlo senza l’aiuto delle donne. Questo è stato parte di ciò che ha condotto al disastro, anche se forse sono state sagge a negarmi la loro forza. Be’, la colpa deve essere ripartita in modo uguale, ma non commetterò gli stessi errori una seconda volta. Credo che saidin e saidar debbano essere usati entrambi. Non ho ancora le risposte.»

Egwene si sporse in avanti, esaminandolo. Non pareva esserci follia nei suoi occhi. Lei conosceva quegli occhi. Conosceva Rand.

Luce, pensò. Mi sbagliavo. Non posso pensare a lui solo come il Drago Rinato. Io sono qui per una ragione. Lui è qui per una ragione. Per me, deve essere Rand. Perché di Rand ci si può fidare, mentre il Drago Rinato lo si deve temere.

«Quale sei tu?» sussurrò lei inconsciamente.

Lui udì. «Sono entrambi, Egwene. Io ricordo lui. Lews Therin. Posso vedere la sua intera vita, ogni momento disperato. La vedo come un sogno, ma un sogno chiaro. Il mio stesso sogno. È parte di me.»

Le parole erano quelle di un pazzo, ma vennero pronunciate in modo pacato. Lei lo guardò e ricordò il giovane che lui era stato. Quel giovane sincero. Non solenne come Perrin, ma nemmeno scapestrato come Mat. Saldo, diretto. Il tipo di uomo di cui ti potevi fidare per qualunque cosa.

Perfino per il destino del mondo.

«Entro un mese,» disse Rand «io viaggerò a Shayol Ghul e romperò gli ultimi sigilli rimasti sulla prigione del Tenebroso. Voglio il tuo aiuto.»

Rompere i sigilli? Egwene vide l’immagine dal suo sogno, Rand che colpiva le corde che legavano il globo cristallino. «Rand, no» disse.

«Avrò bisogno di te, di tutte voi» continuò. «Spero per la Luce che stavolta mi darete il vostro sostegno. Voglio che vi incontriate con me il giorno prima che io vada a Shayol Ghul. E allora... be’, allora discuteremo le mie condizioni.»

«Le tue condizioni?» domandò Egwene.

«Vedrai» disse lui, voltandosi come per andarsene.

«Rand al’Thor!» disse lei, alzandosi in piedi. «Tu non volterai le spalle all’Amyrlin Seat.»

Lui si fermò, poi si girò di nuovo verso di lei.

«Tu non puoi rompere i sigilli» disse Egwene. «In questo modo rischieresti di lasciar libero il Tenebroso.»

«Un rischio che dobbiamo correre. Sgombrare le macerie. Il Foro deve essere completamente riaperto prima di poter essere sigillato.»

«Dobbiamo parlare di questo» disse lei. «Pianificare.»

«Ecco perché sono venuto da te. Per lasciarti pianificare.»

Lui pareva divertito. Luce! Egwene si rimise a sedere, arrabbiata. Quella testardaggine era proprio come quella di suo padre. «Ci sono cose di cui dobbiamo parlare, Rand. Non solo questo, ma altre cose... non ultimo delle Sorelle che i tuoi uomini hanno vincolato.»

«Possiamo parlarne la prossima volta che ci incontreremo.»

Lei lo guardò accigliata.

«E così questo è quanto» disse Rand. Si inchinò a lei... un inchino poco profondo, quasi più un cenno col capo. «Egwene al’Vere, Custode dei Sigilli, Fiamma di Tar Valon, posso avere il tuo permesso di ritirarmi?»

Lo chiese in modo così educato. Egwene non riuscì a capire se la stesse prendendo in giro o no. Lei incontrò i suoi occhi. Non farmi fare qualcosa di cui mi pentirei, pareva dire l’espressione di Rand.

Egwene poteva davvero confinarlo qui? Dopo quello che aveva detto a Elaida sul fatto che lui aveva bisogno di essere libero?

«Non ti permetterò di rompere i sigilli» disse lei. «Questa è follia.»

«Allora incontrati con me nel luogo noto come il Campo di Merrilor, poco a nord. Parleremo prima che io vada a Shayol Ghul. Per adesso, non voglio sfidarti, Egwene. Ma io devo andare.»

Nessuno dei due distolse lo sguardo. Le altre nella stanza parvero non respirare. La sala era tanto immobile che Egwene poteva udire la debole brezza far gemere il rosone nella sua intelaiatura.

«Molto bene» disse Egwene. «Ma non finisce qui, Rand.»

«Non esiste nessuna fine, Egwene» replicò lui, poi le rivolse un cenno col capo e si voltò per uscire dal Consiglio. Luce! Gli mancava la mano sinistra! Come era accaduto?

Le Sorelle e i Custodi si separarono con riluttanza per lasciarlo passare. Egwene si portò una mano alla testa, provando un senso di vertigini.

«Luce!» disse Silviana. «Come hai fatto a pensare durante tutto questo, Madre?»

«Cosa?» Egwene si guardò attorno per il Consiglio. Molte delle Adunanti erano visibilmente afflosciate sui propri seggi.

«Qualcosa mi ha stretto il cuore,» disse Barasine, portandosi una mano al petto «strizzandolo forte. Non osavo parlare.»

«Io ho provato a parlare» disse Yukiri. «La mia bocca non voleva muoversi.»

«Ta’veren» disse Saerin. «Ma un effetto così potente... Avevo la sensazione che mi avrebbe schiacciato dall’interno.»

«Come hai fatto a resistere a questo, Madre?» chiese Silviana.

Egwene si accigliò. Non aveva provato quelle sensazioni. Forse perché pensava a lui come Rand. «Ci occorre discutere delle sue parole. Il Consiglio della Torre si riunirà di nuovo in seduta tra un’ora.» Quella conversazione sarebbe stata Sigillata per la Fiamma. «E qualcuno lo segua per accertarsi che se ne stia andando davvero.»

«Gareth Bryne lo sta facendo» disse Chubain da fuori.

Le Adunanti si tirarono in piedi, scosse. Silviana si sporse verso il basso. «Hai ragione, Madre. Non può essergli permesso di rompere i sigilli. Ma cosa dobbiamo fare? Se non vuoi tenerlo prigioniero...»

«Dubito che avremmo potuto trattenerlo» disse Egwene. «C’è qualcosa attorno a lui. Io... ho avuto la sensazione che avrebbe potuto spezzare quello schermo senza alcuno sforzo.»

«Allora come? Come lo fermiamo?»

«Abbiamo bisogno di alleati» disse Egwene. Trasse un profondo respiro. «Potrebbe essere persuaso da persone di cui si fida.» Oppure poteva essere costretto a cambiare idea se un gruppo unito e abbastanza numeroso lo avesse affrontato per fermarlo.

Adesso era ancora più vitale che lei parlasse con Elayne e Nynaeve.

Загрузка...