15 Usare un ciottolo

Nynaeve si affrettava per le strade lastricate di Tear, con l’Asha’man Naeff al suo fianco. Poteva ancora percepire quella tempesta a nord, distante ma terribile. Innaturale. E si stava spostando verso sud.

Lan era lassù. «Che la Luce lo protegga» sussurrò.

«Cos’era quello, Nynaeve Sedai?» chiese Naeff.

«Nulla.» Nynaeve si stava abituando ad aver attorno uomini in giubba nera. Lei non provava un brivido di disagio quando guardava Naeff. Quello sarebbe stato sciocco. Saidin era stato ripulito, col suo stesso aiuto. Non c’era bisogno di essere a disagio. Perfino se gli Asha’man ogni tanto fissavano il nulla, borbottando fra sé. Come Naeff, che stava guardando nell’ombra di un vicino edificio, la mano sulla spada.

«Attenta, Nynaeve Sedai» disse. «C’è un altro Myrddraal che ci segue.»

«Sei... sicuro, Naeff?»

L’uomo alto e dal volto rettangolare annuì. Aveva talento con i flussi — in particolare l’Aria, cosa insolita per un uomo — ed era molto cortese nei confronti delle Aes Sedai, a differenza di alcuni degli altri Asha’man. «Sì, sono sicuro» disse. «Non so perché riesco a vederli mentre altri no. Devo avere un Talento per questo. Si nascondono nelle ombre... una sorta di esploratori, ritengo. Non hanno ancora colpito. Penso che siano cauti perché sanno che posso vederli.»

Aveva preso l’abitudine di camminare di notte per la Pietra di Tear, osservando i Myrddraal che solo lui poteva vedere. La sua pazzia non stava peggiorando, ma le vecchie ferite non sarebbero scomparse. Avrebbe sempre portato questa cicatrice. Poveretto. Almeno la sua pazzia non era terribile come quelle di certi altri.

Nynaeve guardò avanti, marciando lungo l’ampia strada lastricata. Superarono edifici da entrambi i lati, costruiti alla maniera disordinata di Tear. Una grossa villa, con due piccole torri e un portone bronzeo simile a un cancello, era situata accanto a una locanda di modeste dimensioni. Dall’altro lato c’era una fila di case con ferro battuto a porte e finestre, ma la bottega di un macellaio era stata costruita proprio nel mezzo di quella fila.

Nynaeve e Naeff erano diretti verso il quartiere Tuttestate, che era appena all’interno del muro ovest. Non era la parte più ricca di Tear, ma era decisamente prospera. Naturalmente a Tear c’era solo una divisione: nobili o popolani. Molti dei nobili consideravano ancora i popolani come esseri completamente diversi e del tutto inferiori.

Incrociarono alcuni di questi popolani. Uomini con brache ampie legate alle caviglie, fusciacche variopinte alla vita. Donne in abiti dall’alto colletto, con pallidi grembiuli appesi sul davanti. Ampi cappelli di paglia dalla sommità piatta erano comuni, oppure cappelli di stoffa che pendevano da una parte. Molte persone portavano zoccoli per una corda sopra la spalla, da usare una volta tornati al Maule.

Le persone che incrociavano Nynaeve adesso avevano facce preoccupate, e alcune si guardavano impaurite alle spalle. Una bolla di male aveva colpito la città in quella direzione. Volesse la Luce che non molti fossero rimasti feriti, poiché lei non aveva molto tempo da perdere. Doveva tornare alla Torre Bianca. Dover obbedire a Egwene la irritava. Ma avrebbe obbedito e sarebbe partita non appena Rand fosse tornato. Lui era andato da qualche parte quella mattina. Uomo insopportabile. Almeno aveva preso delle Fanciulle con sé. A quanto pareva aveva detto che gli occorreva andare a prendere qualcosa.

Nynaeve affrettò il passo, con Naeff al suo fianco, finché non si ritrovarono quasi a correre. Un passaggio sarebbe stato più rapido, ma non sarebbe stato sicuro; non poteva essere certa che non avrebbe affettato qualcuno. Stiamo diventando troppo dipendenti da quei passaggi, pensò. I nostri stessi piedi non sembrano più andar bene.

Svoltarono un angolo e si ritrovarono in una strada dove un gruppo di Difensori nervosi — che indossavano giacche nere e corazze argentee, con maniche rosse e oro che sbuffavano fuori ai lati — erano disposti su una fila. Si fecero da parte per lei e Naeff, e mentre parvero sollevati che lei fosse arrivata, strinsero comunque le loro armi ad asta nervosamente.

La città dietro di loro sembrava lievemente... più blanda del normale. Slavata. Le pietre del selciato erano di una tonalità più chiara di grigio, i muri degli edifici di una sfumatura di marrone o grigio più debole di quella che avrebbero dovuto avere.

«Avete degli uomini all’interno in cerca di feriti?» chiese Nynaeve.

Uno dei Difensori scosse il capo. «Stiamo tenendo fuori la gente, ehm, lady Aes Sedai. Non è sicuro.»

Molti Tarenesi non erano ancora abituati a mostrare rispetto alle Aes Sedai. Fino a poco tempo prima, incanalare era stato proibito nella città.

«Manda i tuoi uomini a cercare» disse Nynaeve con fermezza. «Il lord Drago sarà adirato se il vostro timore costerà delle vite. Iniziate lungo il perimetro. Mandatemi a chiamare se trovate qualcuno che posso aiutare.»

Le guardie si avviarono. Nynaeve si voltò verso Naeff e lui annuì. Lei si girò e fece un passo nella zona colpita della città. Quando il suo piede toccò il selciato, la pietra si tramutò in polvere. Il suo piede affondò attraverso quella pietra in frantumi e colpì la terra battuta.

Abbassò lo sguardo, provando un brivido. Continuò ad avanzare e le pietre si sfaldarono in polvere non appena le toccò. Lei e Naeff si diressero verso un vicino edificio, lasciando una traccia di pietra polverizzata dietro di loro.

L’edificio era una locanda con eleganti balconi al primo piano, delicati lavori in ferro ai vetri delle finestre e un portico macchiato di scuro. La porta era aperta e, quando lei sollevò il piede per salire sul basso portico, anche le assi si tramutarono in polvere. Nynaeve rimase immobile, guardando in basso. Naeff vi salì accanto a lei, poi si inginocchiò, prendendo la polvere tra le dita.

«È morbida,» disse piano «la polvere più fine che abbia mai toccato.»

L’aria aveva un odore innaturalmente fresco, uno strano contrasto con la strada silenziosa. Nynaeve prese un profondo respiro, poi entrò nella locanda. Dovette spingere in avanti, camminando con il pavimento di legno alle ginocchia, le assi che si disintegravano non appena le toccava.

L’interno era in penombra. Le lampade sui loro sostegni non ardevano più. La gente era seduta tutt’attorno alla stanza, immobilizzata a metà movimento. Molti erano nobili con vestiti eleganti, gli uomini che portavano barbe oliate a punta. Uno sedeva a un alto tavolo vicino con sedie dalle lunghe gambe. Aveva un boccale di birra mattutina sollevato a metà verso le labbra. Era immobile, la bocca aperta per accogliere la bevanda.

Il volto di Naeff era cupo, anche se poco pareva sorprendere o sconcertare l’Asha’man. Mentre lui faceva un altro passo avanti, Nynaeve si allungò e l’afferrò per un braccio. Lui si accigliò verso di lei, e Nynaeve indicò in basso. Proprio di fronte a lui — a malapena visibile sotto le assi del pavimento ancora intere proprio davanti a loro — la terra cadde via. Era stato sul punto di precipitare nella cantina della locanda.

«Luce» disse Naeff, facendo un passo indietro. Si inginocchiò, poi picchiettò l’asse di fronte a lui. Venne ridotta in polvere, piovendo giù nella cantina buia sottostante.

Nynaeve intessé Spirito, Aria e Acqua per Sondare l’uomo seduto sulla sedia vicino a lei. Di solito avrebbe toccato qualcuno per Sondarlo, ma esitava stavolta. Avrebbe funzionato senza il contatto, ma non sarebbe stato così efficace per la Guarigione.

Sondarlo non rivelò nulla. Niente vita, nessuna sensazione che fosse mai stato vivo. Il suo corpo non era nemmeno di carne. Con un tuffo al cuore, Nynaeve Sondò altre persone nella stanza fosca. Una cameriera che portava la colazione verso tre mercanti andorani. Un locandiere corpulento che doveva aver avuto problemi ad aggirarsi fra i tavoli così ravvicinati. Una donna con un abito lussuoso seduta proprio in fondo alla stanza, che leggeva un libricino con aria compita.

Non c’era vita in nessuno di loro. Questi non erano cadaveri; erano involucri. Con dita tremanti, Nynaeve protese la mano e sfiorò la spalla dell’uomo al tavolo alto. Quello crollò immediatamente in polvere, che piovve giù in uno sbuffo. La sedia e le assi del pavimento di sotto non si dissolsero.

«Qui non c’è nessuno da salvare» disse Nynaeve.

«Povera gente» disse Naeff. «Che la Luce protegga le loro anime.»

Nynaeve spesso aveva problemi a provare pietà per i nobili tarenesi: di tutte le persone che aveva incontrato, quelli sembravano tra i più arroganti. Ma nessuno si meritava questo. Inoltre in questa bolla erano rimasti intrappolati anche parecchi popolani.

Lei e Naeff si diressero fuori dall’edificio, la frustrazione di Nynaeve che cresceva mentre strattonava la propria treccia. Odiava sentirsi impotente. Come con quella povera guardia che aveva dato il via all’incendio al maniero nell’Arad Doman oppure con le persone che erano morte a causa di strane malattie. E oggi quegli involucri polverosi. A cosa serviva imparare a Guarire se lei non poteva aiutare le persone?

E ora doveva andar via. Tornare alla Torre Bianca. Sembrava come fuggire. Si voltò verso Naeff. «Vento» disse.

«Nynaeve Sedai?»

«Colpisci l’edificio con una raffica di vento, Naeff» disse lei. «Voglio vedere cosa succede.»

L’Asha’man fece come richiesto, con i suoi flussi invisibili che soffiavano un getto d’aria. L’intero edificio esplose, sfaldandosi in polvere che venne spazzata via, come i semi bianchi di un soffione. Naeff si voltò verso di lei.

«Quanto hanno detto che era ampia questa bolla?» chiese lei.

«Circa due strade di larghezza in ogni direzione.»

«Ci serve più vento» disse lei, iniziando un flusso. «Crea la raffica più grande che puoi. Se c’è qualcuno ferito qui, lo troveremo in questo modo.»

Naeff annuì. I due vennero avanti, creando del vento. Mandarono in pezzi gli edifici, facendoli esplodere e crollare. Naeff era più abile di lei in quel procedimento, ma Nynaeve era più forte nell’Unico Potere. Assieme spazzarono edifici, pietre e involucri che si sgretolavano davanti a loro in una tempesta di polvere.

Era un lavoro estenuante, ma continuarono. Nynaeve sperava — contro ogni logica — di poter trovare qualcuno da aiutare. Edifici cadevano davanti a lei e Naeff, la polvere che veniva catturata nell’aria turbinante. Spinsero la polvere in un cerchio, muovendosi verso l’interno. Come una donna che spazzava il pavimento.

Superarono persone immobilizzate sulle strade a metà movimento. Buoi che tiravano un carretto. Bambini che giocavano in un vicolo, una vista da stringere il cuore. Tutti vennero ridotti in polvere.

Non trovarono nessuno vivo. Alla fine, lei e Naeff avevano dissolto tutte le parti rotte della città e spazzato la polvere al centro. Nynaeve la guardò, continuando a farla turbinare al suo posto con un ciclone che Naeff aveva intessuto. Incuriosita, Nynaeve incanalò una lingua di Fuoco nel ciclone e la polvere si accese.

Annaspò; quella polvere prese fuoco come carta secca gettata tra le fiamme, creando una ruggente tempesta infuocata. Lei e Naeff indietreggiarono, ma terminò in un lampo. Non lasciò alcuna cenere dietro di sé.

Se noi non l’avessimo radunata, pensò lei osservando il fuoco spegnersi, qualcuno avrebbe potuto farci cadere una candela. Un incendio del genere...

Naeff placò i suoi venti. I due restarono al centro di un cerchio aperto di terra nuda punteggiata ogni tanto dai buchi degli scantinati. Ai bordi, gli edifici erano stati resi, stanze aperte all’aria, alcune strutture crollate. Era inquietante vedere questa zona vuota. Come un’orbita con un occhio cavato in un volto altrimenti sano.

Diversi gruppi di Difensori si trovavano lungo il perimetro. Lei annuì a Naeff e i due si diressero verso il gruppo più numeroso. «Non avete trovato nessuno?» domandò Nynaeve.

«No, lady Aes Sedai» rispose un uomo. «Ehm... be’, abbiamo trovato qualcuno, ma quelli erano già morti.»

Un altro uomo annuì, un tipo tozzo a cui l’uniforme stava molto stretta. «Pare che chiunque avesse anche solo un dito dentro quell’anello sia morto. Ne abbiamo trovati alcuni a cui mancava solo un piede o parte del braccio. Ma erano morti comunque.» L’uomo rabbrividì visibilmente.

Nynaeve chiuse gli occhi. L’intero mondo stava cadendo a pezzi e lei non aveva il potere di Guarirlo. Si sentì nauseata e infuriata.

«Forse l’hanno causato loro» disse Naeff piano. Lei aprì gli occhi e lo vide annuire verso le ombre di un vicino edificio. «I Fade. Ce ne sono tre là, Nynaeve Sedai, che ci osservano.»

«Naeff...» disse lei, frustrata. Dirgli che i Fade non erano reali non avrebbe aiutato. Devo fare qualcosa, pensò. Aiutare qualcuno. «Naeff, rimani immobile.» Lei gli prese il braccio e lo Sondò. Lui la guardò sorpreso, ma non obiettò.

Nynaeve poteva vedere la sua pazzia, come una scura rete di vene che si insinuavano dentro la sua mente. Pareva pulsare, come un piccolo cuore palpitante. Lei aveva trovato una corruzione simile di recente in altri Asha’man. La sua abilità nel Sondare stava migliorando, i flussi più perfezionati, e poteva trovare cose che una volta le erano nascoste. Non aveva idea di come aggiustare quello che era sbagliato, però.

Qualunque cosa dovrebbe essere Guaribile, disse a sé stessa. Qualunque cosa tranne la morte stessa.

Si concentrò, intessendo tutti e cinque i Poteri, e pungolò con cautela la follia, ricordando quello che era successo quando aveva rimosso la Coercizione dallo sfortunato servitore di Graendal. Per Naeff sarebbe stato meglio rimanere con la sua pazzia che se lei avesse danneggiato ancora di più la sua mente.

Stranamente, l’oscurità pareva simile alla Coercizione. Era quello che aveva fatto la corruzione? Aveva piegato gli uomini che utilizzavano l’Unico Potere con la Coercizione stessa del Tenebroso?

Intessé attentamente un controflusso opposto alla pazzia, poi lo posò sopra la mente di Naeff. Il flusso scomparve e basta, non sortendo alcun effetto.

Nynaeve digrignò i denti. Quello avrebbe dovuto funzionare. Ma, come sembrava così frequente negli ultimi tempi, aveva fallito.

No, pensò lei. No, non posso semplicemente tirarmi indietro.

Sondò più a fondo. L’oscurità aveva minuscole proiezioni simili a spine conficcate nella mente di Naeff. Nynaeve ignorò le persone che si radunavano attorno a lei ed esaminò quelle spine. Usò con attenzione dei flussi di Spirito per staccarne una.

Uscì con qualche resistenza, e lei si affrettò a Guarire il punto in cui aveva penetrato la carne di Naeff. Il cervello parve pulsare, sembrando più sano. Una a una, staccò le altre. Fu costretta a mantenere i flussi, tenendo indietro i barbigli, per impedire che si conficcassero di nuovo dentro. Cominciò a sudare. Era già stanca per aver sgombrato tutta quella zona e non riusciva più a concentrarsi sul tenere lontano da lei la calura. Tear era così afosa.

Continuò a lavorare, preparando un altro controflusso. Una volta che ebbe staccato fino all’ultima spina, rilasciò il suo nuovo flusso. La chiazza scura si increspò e tremò, come qualcosa di vivo.

Poi scomparve.

Nynaeve barcollò all’indietro, prosciugata quasi fino allo sfinimento. Naeff sbatté le palpebre, poi si guardò attorno. Si portò una mano alla testa.

Luce!, pensò lei. Gli ho fatto del male? Non mi sarei dovuta tuffare in questo. Avrei potuto...

«Sono scomparsi» disse Naeff. «I Fade...'non riesco più a vederli.» sbatté le palpebre. «Perché mai dei Fade si sarebbero nascosti nelle ombre, comunque? Se avessi potuto vederli, mi avrebbero ucciso e...» La guardò, mettendo gli occhi a fuoco su di lei. «Cos’hai fatto

«Io... penso di aver appena Guarito la tua pazzia.» Be’, aveva fatto qualcosa per essa. Quello che aveva fatto non era stata una normale Guarigione, e non aveva nemmeno usato flussi Guaritori. Ma pareva che avesse funzionato.

Naeff le rivolse un sorriso intenso, sembrando perplesso. Le prese la mano con le sue, poi si inginocchiò di fronte a lei con le lacrime agli occhi. «Per mesi mi sono sentito come se fossi sempre osservato. Come se dovessi essere assassinato nel momento in cui avessi voltato le spalle alle ombre. Ora io... Grazie. Devo andare a trovare Nelavaire.»

«Allora vai» disse Nynaeve. Naeff si allontanò di corsa, precipitandosi di nuovo verso la Pietra in cerca della sua Aes Sedai.

Non posso permettermi di cominciare a pensare che niente di quello che faccio abbia importanza. È quello che vuole il Tenebroso. Mentre osservava Naeff precipitarsi via, notò che le nubi lì sopra si stavano diradando. Rand era tornato.

Degli operai cominciarono a sgombrare le macerie degli edifici che si erano tramutati in polvere per metà e Nynaeve finì per parlare in tono tranquillizzante ai Tarenesi preoccupati che iniziarono ad assieparsi attorno al perimetro. Non voleva che ci fosse panico; rassicurò tutti che il pericolo era passato e poi chiese di incontrarsi con qualunque famiglia avesse perso qualcuno.

Stava ancora facendo questo — parlando piano con una donna magra e turbata — quando Rand la trovò. La donna era una popolana che indossava un abito dall’alto colletto con tre grembiuli e un cappello di paglia. Suo marito aveva lavorato nella locanda in cui Nynaeve era entrata. La donna continuava a lanciare occhiate al buco nel terreno che era stato lo scantinato.

Dopo un momento, Nynaeve notò Rand, che la osservava e se ne stava con le braccia dietro la schiena, la mano serrata sul moncherino. Due Fanciulle gli facevano da scorta, un paio di donne chiamate Somma e Kanara. Nynaeve terminò di parlare con la Tarenese, ma gli occhi colmi di lacrime della donna le straziarono il cuore. Come avrebbe reagito lei se avesse perso Lan?

Che la Luce lo protegga. Per favore, per favore proteggilo. Sganciò il suo borsellino dalla cintura e lo diede alla donna, congedandosi da lei. Forse quello avrebbe aiutato.

Rand si avvicinò a Nynaeve. «Ti prendi cura della mia gente. Grazie.»

«Mi prendo cura di chiunque ne abbia bisogno» disse Nynaeve.

«Come hai sempre fatto» disse Rand. «Assieme al prenderti cura di alcuni che non ne hanno.»

«Come te?» chiese lei, sollevando un sopracciglio.

«No. Io ne ho sempre avuto bisogno. Di quello e altro.»

Nynaeve esitò. Non era qualcosa che si sarebbe mai aspettata che lui ammettesse. Perché non si era sbarazzato di quel vecchio mantello? Era sbiadito e logoro.

«Questo è colpa mia» disse Rand, rivolgendo un cenno col capo verso il buco nella città.

«Rand, non essere sciocco.»

«Non so se chiunque possa evitare di essere sciocco, a volte» Disse. «Io mi incolpo dei miei ritardi. Abbiamo procrastinato troppo a lungo il confronto con lui. Cos’è successo qui oggi? Edifici trasformati in polvere?»

«Sì» disse Nynaeve. «La loro sostanza è stata rimossa. Tutto si è sbriciolato nel momento stesso in cui l’abbiamo toccato.»

«Accadrebbe questo al mondo intero» disse Rand, la sua voce più bassa. «Si agita. Più aspettiamo — aggrappandoci con le unghie — più lui distrugge ciò che rimane. Non possiamo ritardare ancora.»

Nynaeve si accigliò. «Ma Rand, se lo lasci libero, questo non peggiorerà ulteriormente le cose?»

«Forse per un breve impeto» disse Rand. «Aprire il Foro non Lo libererà immediatamente, anche se gli darà più forza. A ogni modo deve essere fatto. Pensa al nostro compito come scalare un alto muro di pietra. Purtroppo ci stiamo attardando, correndo in tondo prima di tentare la scalata. Ogni passo ci stanca per il combattimento a venire. Dobbiamo affrontarlo mentre siamo ancora forti. E questo il motivo per cui devo rompere i sigilli.»

«Io...» disse Nynaeve. «Io penso davvero di crederti.» Rimase sorpresa nel rendersene conto.

«Sul serio, Nynaeve?» chiese lui, suonando stranamente sollevato. «Dici davvero?»

«Sì.»

«Allora cerca di convincere Egwene. Lei mi fermerà, se può.»

«Rand... lei mi ha richiamato alla Torre. Dovrò andarci oggi.»

Rand parve rattristato. «Be’, sospettavo che avrebbe potuto farlo prima o poi.» Prese Nynaeve per la spalla in uno strano gesto. «Non lasciare che ti rovinino, Nynaeve. Tenteranno.»

«Rovinarmi

«La tua passione è parte di te» disse Rand. «Ho cercato di essere come loro, anche se non avrei voluto ammetterlo. Freddo. Sempre con la situazione sotto controllo. Mi ha quasi distrutto. Questo per qualcuno è forza, ma non è l’unico tipo di forza. Forse tu potresti imparare a controllarti un po’ di più, ma mi piaci come sei. Ti rende genuina. Non vorrei vederti diventare un’altra 'perfetta’ Aes Sedai con una maschera dipinta al posto della faccia e nessuna preoccupazione per i sentimenti e le emozioni altrui.»

«Essere Aes Sedai è essere calmi» replicò Nynaeve.

«Essere Aes Sedai è quello che tu decidi che sia» disse Rand, il suo moncherino tenuto dietro la schiena. «A Moiraine importava. Potevi vederlo in lei, perfino quando era calma. Le migliori Aes Sedai che ho conosciuto sono quelle che altre si lamentano non siano quello che una Aes Sedai dovrebbe essere.»

Nynaeve si ritrovò ad annuire, poi rimase irritata con sé stessa. Stava prendendo consigli da Rand al’Thor?

C’era qualcosa di diverso in Rand ora. Una tranquilla intensità e parole misurate. Era un uomo da cui potevi prendere consigli senza la sensazione che stesse facendo una predica. Come suo padre, in effetti. Non che lei lo avrebbe mai ammesso con nessuno dei due.

«Va’ da Egwene» disse Rand, lasciandole andare la spalla. «Ma quando potrai, gradirei molto se tornassi da me. Avrò ancora bisogno del tuo consiglio. Come minimo, mi piacerebbe averti al mio fianco quando andrò a Shayol Ghul. Non posso sconfiggerlo col solo saidin, e se dovremo usare Callandor, avrò bisogno di due donne di cui mi fido nel circolo con me. Ancora non ho deciso l’altra. Aviendha o Elayne, forse. Ma tu di sicuro.»

«Ci sarò, Rand.» Si sentì stranamente orgogliosa. «Sta’ fermo per un momento. Non ti farò del male. Lo prometto.»

Lui sollevò un sopracciglio, ma non fece nulla mentre lei lo Sondava. Nynaeve era così stanca, ma se stava per lasciarlo, aveva bisogno di cogliere questa opportunità per Guarire la sua pazzia. all’improvviso parve la cosa più importante che potesse fare per lui. E per il mondo.

Sondò, tenendosi lontano dalle ferite al suo fianco, che erano pozze di oscurità che parevano tentare di risucchiare la sua energia. Mantenne la sua attenzione sulla mente di Rand. Domerà la...

Si irrigidì. L’oscurità era enorme, tale da ricoprirgli la mente nella sua interezza. Migliaia e migliaia di minuscole spine nere conficcate nel suo cervello, ma sotto di esse c’era un orlo bianco brillante di qualcosa. Una radiosità bianca, come Potere liquido. Luce a cui era stata data forma e vita. Rimase senza fiato. Quella luce rivestiva ciascuno dei dentini scuri, penetrando nella sua mente assieme a essi. Cosa voleva dire?

Non aveva la minima idea di come iniziare a lavorare su questo. C’erano così tanti barbigli. Come poteva Rand anche solo pensare con così tanta oscurità che premeva contro il suo cervello? E cosa aveva creato il biancore? Nynaeve aveva Guarito Rand in precedenza e allora non l’aveva notato. Naturalmente, lei non aveva mai visto l’oscurità se non di recente. Probabilmente il motivo era la sua dimestichezza con il Sondare.

Si ritrasse con riluttanza. «Sono spiacente» disse. «Non posso Guarirti.»

«In molti hanno provato su quelle ferite, inclusa tu stessa. Sono semplicemente insanabili. Non penso molto a esse, di questi tempi.»

«Non le ferite al tuo fianco» disse Nynaeve. «La pazzia. Io...»

«Puoi Guarire la pazzia

«Penso di averlo fatto con Naeff.»

Rand esibì un ampio sorriso. «Non smetti mai di... Nynaeve, Ti rendi conto che i Guaritori di maggior Talento durante l’Epoca leggendaria avevano difficoltà con le malattie della mente? Molti credevano che non fosse possibile Guarire la pazzia con l’Unico Potere.»

«Guarirò gli altri» disse lei. «Almeno Narishma e Flinn, prima di andare. Probabilmente tutti gli Asha’man hanno un accenno di questa corruzione sopra le loro menti. Non so se sarò in grado di arrivare alla Torre Nera.» O se voglio andarci.

«Grazie» disse Rand, guardando verso nord. «Ma no, non dovresti andare alla Torre Nera. Mi occorrerà mandare qualcuno lì, ma la faccenda sarà gestita in modo accorto. Sta succedendo qualcosa con loro. Ma ho così tanto da fare...»

Scosse il capo, poi la guardò. «Questo è un fossato che non posso attraversare al momento. Parla bene di me a Egwene. Ho bisogno che lei sia mia alleata.»

Nynaeve annuì, poi — sentendosi sciocca — gli diede un abbraccio prima di affrettarsi a cercare Narishma e Flinn. Un abbraccio. Per il Drago Rinato. Stava diventando sciocca quanto Elayne. Scosse il capo, pensando che forse un po’ di tempo nella Torre Bianca l’avrebbe aiutata a rimettere la testa a posto.


Le nuvole erano tornate.

Egwene era in piedi sulla sommità stessa della Torre Bianca, il piatto tetto circolare, che si teneva al muro alto fino in vita. Come un fungo strisciante — come insetti in uno sciame — le nuvole si erano richiuse sopra Tar Valon. La visita della luce solare era stata gradita, ma breve.

Il tè era tornato a sapere di stantio. Le riserve di grano che avevano scoperto si stavano esaurendo e i sacchi che erano arrivati dopo erano pieni di larve. La Terra è Uno con il Drago.

Inspirò, odorando l’aria nuova, rimirando Tar Valon. La sua Tar Valon.

Saerin, Yukiri e Seaine — tre delle Sorelle che erano state le cacciatrici originarie dell’Ajah Nera nella Torre — attendevano pazienti dietro di lei. Erano tra le sue sostenitrici più ferventi ora, e le più utili. Tutti si aspettavano che Egwene favorisse le donne che erano state tra quelle che si erano separate da Elaida, perciò essere vista a trascorrere del tempo con Aes Sedai che erano rimaste nella Torre Bianca era utile.

«Cosa avete scoperto?» chiese Egwene.

Saerin scosse il capo, unendosi a Egwene presso il muro. La cicatrice sulla sua guancia e il bianco alle sue tempie facevano sembrare la Marrone dalla carnagione olivastra e dal volto schietto simile a un generale attempato. «Alcune delle informazioni che hai richiesto erano incerte perfino tremila anni fa, Madre.»

«Qualunque cosa saprai fornirmi sarà d’aiuto, figlia» disse Egwene. «Finché non possiamo contare interamente su fatti, una conoscenza incompleta è meglio di totale ignoranza.»

Saerin sbuffò piano, ma ovviamente riconobbe la citazione da Yasicca Cellaech, una antica studiosa della Marrone.

«E voi due?» domandò Egwene a Yukiri e Seaine.

«Stiamo cercando» disse Yukiri. «Seaine ha una lista di possibilità. Alcune sono effettivamente ragionevoli.»

Egwene sollevò un sopracciglio. Chiedere teorie a una Bianca era sempre interessante, ma non sempre utile. Avevano la tendenza a ignorare ciò che era plausibile, concentrandosi su possibilità remote.

«Cominciamo da lì, allora» disse Egwene. «Seaine?»

«Bene,» disse Seaine «comincerò dicendo che una dei Reietti avrà sicuramente delle conoscenze che noi non riusciamo nemmeno a immaginare. Perciò potrebbe non esserci alcun modo per accertare come ha sconfitto il Bastone dei Giuramenti. Per esempio, potrebbe esistere un modo per disattivarlo per breve tempo, o forse esistono parole speciali che possono essere utilizzate per sfuggire ai suoi effetti. Il bastone è un oggetto dell’Epoca Leggendaria, e anche se lo abbiamo usato per millenni, non lo comprendiamo davvero. Non più di quanto facciamo con molti ter’angreal

«Molto bene» disse Egwene.

«Ma,» continuò Seaine, tirando fuori un foglio di carta «tenuto conto di questo, ho tre teorie su come qualcuno possa vanificare un giuramento sul bastone. Per prima cosa, è possibile che la donna abbia un altro Bastone dei Giuramenti. Si dice che un tempo ne esistessero altri, ed è plausibile che un bastone possa liberarti dai giuramenti di un altro. Mesaana avrebbe potuto conservarne uno in segreto. Avrebbe potuto contrarre i Tre Giuramenti impugnando il nostro bastone, poi in qualche modo usare l’altro per negare quei giuramenti prima di giurare che non era un Amico delle Tenebre.»

«Debole» disse Egwene. «Come avrebbe fatto a liberarsi senza che noi lo sapessimo? Richiede che lo Spirito venga incanalato.»

«Ci ho riflettuto» disse Seaine.

«Non sorprendente» disse Yukiri.

Seaine la squadrò, poi continuò. «Questo è il motivo per cui Mesaana avrebbe avuto bisogno di un secondo Bastone dei Giuramenti. Avrebbe potuto incanalarvi Spirito, poi aver invertito il flusso, lasciandola collegata a esso.»

«Sembra improbabile» disse Egwene.

«Improbabile?» replicò Saerin. «Sembra ridicolo. Pensavo che tu avessi detto che alcune di queste possibilità erano plausibili, Yukiri.»

«Questo è il meno probabile dei tre» disse Seaine. «Il secondo metodo sarebbe più semplice. Mesaana avrebbe potuto mandare qualcuno col suo stesso aspetto che indossasse lo specchio delle nebbie. Qualche sfortunata Sorella — o novizia, o perfino qualche donna non addestrata in grado di incanalare — sotto una pesante Coercizione. Questa donna potrebbe essere stata costretta a pronunciare i giuramenti al posto di Mesaana. Poi, dal momento che questa persona non sarebbe stata un Amico delle Tenebre, avrebbe potuto dire sinceramente che non lo era.»

Egwene annuì pensierosa. «Questo avrebbe richiesto parecchi preparativi.»

«Da quello che sono riuscita ad apprendere su di lei,» disse Saerin «Mesaana è sempre stata brava nei preparativi. È quello in cui eccelleva.»

Il compito di Saerin era stato scoprire ogni cosa che poteva sulla vera natura di Mesaana. Tutte quante avevano sentito le storie: chi non conosceva a memoria i nomi di ciascuno dei Reietti e le loro più terribili nefandezze? Ma Egwene riponeva poca fiducia nelle storie; voleva qualcosa di più concreto, se poteva ottenerlo.

«Hai detto che c’era una terza possibilità?» chiese Egwene.

«Sì» disse Seaine. «Sappiamo che alcuni flussi giocano col suono. Variazioni di flussi vocali sono utilizzate per amplificare una voce in modo da proiettarla a una folla, così come nella protezione contro orecchie indiscrete; in effetti, tali flussi sono usati in vari trucchetti utilizzati per origliare quello che viene detto nelle vicinanze. Usi complessi dello specchio delle nebbie possono cambiare la voce di una persona. Con un po’ di esercizio, Doesine e io siamo state in grado di elaborare una variazione di un flusso che alterava le parole che pronunciavamo. Nella pratica, dicevamo una cosa, ma l’altra persona ne udiva una completamente diversa.»

«Un terreno pericoloso su cui camminare, Seaine» disse Saerin, la sua voce burbera. «Questo è il genere di flusso che potrebbe essere usato per scopi maligni.»

«Non potevo usarlo per mentire» disse Seaine. «Ho tentato. I giuramenti reggono: fintantoché il flusso era lì, non potevo pronunciare parole che sapevo un’altra persona avrebbe udito come menzogne, perfino se erano verità quando lasciavano le mie labbra. A ogni modo, è stato un flusso semplice da sviluppare. Legato e invertito, rimaneva sospeso di fronte a me e alterava le mie parole in un modo che io avevo indicato.

«In teoria, se Mesaana aveva questo flusso attivo, avrebbe potuto prendere il Bastone dei Giuramenti e giurare qualunque cosa avesse voluto. "Giuro che mentirò ogni volta che mi piacerà", per esempio. Il Bastone dei Giuramenti l’avrebbe vincolata con quel voto, ma i flussi avrebbero cambiato i suoni nell’aria mentre superavano le sue labbra. Noi l’avremmo udita pronunciare i giuramenti giusti.»

Egwene digrignò i denti. Aveva presunto che sconfiggere il Bastone dei Giuramenti sarebbe stato difficile. Eppure ecco un semplice flusso in grado di compiere quell’impresa. Avrebbe dovuto saperlo: non usare mai un macigno quando basta un ciottolo, come diceva sempre sua madre.

«Con questo» disse Egwene «avrebbero potuto infiltrare Amici delle Tenebre fra le Aes Sedai per anni.»

«Improbabile» disse Saerin. «Nessuna delle Sorelle Nere che abbiamo catturato sapeva di questo flusso. In caso contrario, avrebbero cercato di usarlo quando le abbiamo costrette a pronunciare di nuovo i giuramenti. Sospetto che, se Mesaana conosce davvero questo trucco, se lo sia tenuto per sé. La sua utilità sarebbe scomparsa una volta che troppe persone ne fossero venute al corrente.»

«Comunque sia» disse Egwene. «Cosa facciamo? Sapendo del flusso, probabilmente potremmo trovare un modo per controllare se viene usato... ma dubito che le Sorelle sarebbero disposte a passare di nuovo attraverso il procedimento di contrarre da capo i giuramenti.»

«E se riuscissimo a prendere una dei Reietti?» chiese Yukiri. «Potrebbe valere la pena di arruffare qualche piuma per prendere la volpe che si nasconde nel pollaio.»

«Non si lascerebbe catturare» disse Egwene. «Inoltre, non sappiamo se sta usando uno di questi metodi. La logica di Seaine suggerisce che sia possibile — senza troppo fastidio — sconfiggere il Bastone dei Giuramenti. Il vero metodo usato da Mesaana è meno importante della possibilità di tale azione.»

Seaine lanciò un’occhiata a Yukiri. Nessuna delle tre aveva messo in discussione il fatto che Egwene sapesse che una dei Reietti era nella Torre Bianca, ma lei sapeva che erano state scettiche. Be’, almeno ora capivano che era possibile sconfiggere il Bastone dei Giuramenti.

«Voglio che continuiate il vostro lavoro» disse Egwene. «Voi e le altre siete state efficaci nel catturare diverse Sorelle Nere e nello stanare i furetti. Questa è più o meno la stessa cosa.» Soltanto molto, molto più pericolosa.

«Tenteremo, Madre» disse Yukiri. «Ma una Sorella tra centinaia? Una delle creature più ingegnose e malvagie mai vissute? Io dubito che lascerà molti indizi. Le nostre indagini sui delitti finora hanno dato pochissimo in termini di risultati.»

«Continuate comunque» “ disse Egwene. «Saerin, tu cos’hai da riferire?»

«Racconti, dicerie e sussurri» disse Saerin con una smorfia. «Probabilmente conosci le storie più famose riguardo Mesaana: come gestiva le scuole nelle terre conquistate dall’Ombra durante la Guerra del Potere. A quanto posso capire, quelle leggende sono piuttosto vere. Mairsim di Manetheren parla di ciò in dettaglio nei suoi Annali nelle ultime notti, e lei è spesso una fonte affidabile. Alrom ha raccolto un rapporto piuttosto completo del suo periodo trascorso in una di quelle scuole, e frammenti di esso sono sopravvissuti.

«Mesaana desiderava essere una ricercatrice, ma fu respinta.

I dettagli non sono chiari. Sovrintendeva anche alle Aes Sedai che passavano all’Ombra, a volte guidandole in battaglia, se si può credere al resoconto di Alrom. Io non sono convinta che sia affidabile: ritengo probabile che la capacità di comando di Mesaana fosse più che altro simbolica.»

Egwene annuì lentamente. «Ma la sua personalità? Chi è lei?»

Saerin scosse il capo. «I Reietti sono più mostri nella notte che vere 'personalità’ agli occhi di molti, Madre, e parecchio è stato perduto o male interpretato. Da quanto riesco a capire, tra i Reietti si potrebbe pensare a lei come alla realista: quella che, invece di sedere in alto su un trono, si fa avanti e si sporca le mani. In Vedere attraverso la Frattura, Elandria Bomdat insiste che, a differenza di Moghedien e Graendal, Mesaana fosse disposta a prendere le redini direttamente.

«Non è stata mai nota come la più abile o potente dei Reietti, ma era estremamente capace. Elandria spiega che quello che faceva era ciò che andava fatto. Quando altri stavano complottando, lei costruiva attentamente difese e addestrava nuove reclute.» Saerin esitò. «Lei... be’, suona molto simile a una Amyrlin, Madre. L’Amyrlin dell’Ombra.

«Luce» disse Yukiri. «Non c’è da meravigliarsi che si sia sistemata qui.» La Grigia pareva molto turbata da quello.

«L’unica altra informazione rilevante che sono riuscita a trovare, Madre,» disse Saerin «è stata un curioso riferimento da parte della studiosa dell’Azzurra Lannis, che indicava che Mesaana era seconda solo a Demandred per pura rabbia.»

Egwene si accigliò. «Io penserei che tutti i Reietti siano pieni di odio.»

«Non odio» disse Saeirin. «Rabbia. Lannis pensava che Mesaana fosse arrabbiata verso sé stessa, verso il mondo, verso gli altri Reietti — perché non era uno di quelli di primo piano. Questo poteva renderla molto pericolosa.»

Egwene annuì lentamente. È un’organizzatrice, pensò. Un’amministratrice che odia essere relegata a quella posizione.

Era questo il motivo per cui era rimasta nella Torre dopo che le Sorelle Nere erano state scoperte? Desiderava portare qualche grande risultato al Tenebroso? Verin aveva detto che i Reietti erano accomunati da una caratteristica: il loro egoismo.

Ha cercato di consegnare una Torre Bianca spezzata, pensò Egwene. Ma in quello ha fallito. Probabilmente faceva parte anche del tentativo di rapire Rand. Un altro fiasco. E le donne mandate a distruggere la Torre Nera?

Mesaana avrebbe avuto bisogno di qualcosa di grandioso per compensare così tanti fallimenti. Uccidere Egwene avrebbe funzionato. Quello avrebbe potuto far piombare la Torre Bianca di nuovo nella divisione.

Gawyn era stato mortificato quando lei gli aveva detto che poteva usare sé stessa come esca. Osava farlo? Strinse il parapetto, lì in piedi in cima alla Torre, sopra la città che dipendeva da lei, guardando un mondo che aveva bisogno di lei.

Bisognava fare qualcosa; Mesaana doveva essere stanata. Se quello che Saerin diceva era vero, allora la donna sarebbe stata disposta a combattere direttamente: non si sarebbe nascosta per dare colpetti dalle ombre. Il compito di Egwene, perciò, era di tentarla con un’opportunità, una che non sembrasse ovvia, una a cui non avrebbe potuto resistere.

«Venite» disse Egwene, dirigendosi verso la rampa che scendeva dentro la Torre. «Ho dei preparativi da fare.»

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