44 Una richiesta ambigua

Morgase uscì dalla sua tenda sul fianco della collina e guardò L’Andor. Sotto si trovava Whitebridge, benedettamente familiare, anche se poteva vedere che era cresciuta. Le fattorie erano in disarmo, le ultime scorte dell’inverno si stavano guastando, così molta gente si dirigeva nelle città.

Il paesaggio sarebbe dovuto essere verde. Invece perfino l’erba ingiallita stava morendo, lasciando cicatrici di marrone. Non sarebbe passato molto prima che l’intera terra fosse come il Deserto. Lei agognava fare qualcosa. Questa era la sua nazione. O lo era stata un tempo.

Lasciò la sua tenda, andando in cerca di mastro Gill. Sulla strada, passò davanti a Faile, che stava parlando di nuovo con il furiere. Morgase annuì, mostrando deferenza. Faile annuì a sua volta. C’era una crepa tra loro due ora. Morgase desiderava potesse essere altrimenti. Lei e le altre avevano condiviso un frammento delle loro vite quando la speranza era stata più debole della fiamma di una candela. Era stata Faile che aveva incoraggiato Morgase a usare l’Unico Potere — strizzando ogni goccia della sua patetica abilità — per segnalare aiuto quando erano state intrappolate.

Il campo era già ben organizzato e, cosa sorprendente, i Manti Bianchi si erano uniti a loro, ma Perrin non aveva ancora deciso cosa fare. O almeno, se l’aveva deciso, non aveva condiviso tale decisione con Morgase.

Si diresse alle linee dei carri, passando davanti a maniscalchi e stallieri che cercavano pascoli migliori, gente che discuteva del deposito delle provviste, soldati che di malavoglia scavavano trincee per i rifiuti. Tutti avevano il loro posto tranne Morgase. I servi si allontanavano con un mezzo inchino, incerti su come trattarla. Lei non era una regina, ma non era nemmeno una semplice nobildonna come altre. Di sicuro non era più una serva.

Anche se il suo tempo con Galad le aveva ricordato cosa volesse dire essere una regina, era grata per quello che aveva imparato come Maighdin. Non era stato così male come aveva temuto; c’erano stati vantaggi nell’essere la cameriera di una signora. Il cameratismo con gli altri servitori, la libertà dai fardelli del comando, il tempo passato con Tallanvor...

Quella vita non era la sua. Era tempo di smettere di fingere.

Alla fine trovò Basel Gill che caricava il carro, con Lini a supervisionare, Lamgwin e Breane che aiutavano. Faile aveva esonerato Breane e Lamgwin dal suo servizio in modo che potessero servire invece Morgase. Morgase non aveva detto nulla sul fatto che Faile le avesse così gentilmente concesso di nuovo i suoi servitori.

Tallanvor non era lì. Be’, non poteva più struggersi per lui come una ragazzina. Doveva tornare a Caemlyn e aiutare Elayne.

«Maes...» disse Gill con un inchino. Esitò. «Voglio dire, mia signora. Perdonami.»

«Lascia stare, mastro Gill. Io stessa ho problemi a ricordarlo.»

«Sei sicura di voler procedere con questo?» Lini incrociò le braccia sottili.

«Sì» disse Morgase. «È nostro dovere tornare a Caemlyn e offrire a Elayne l’assistenza che possiamo.»

«Se lo dici tu» replicò Lini. «Io penso che chiunque permetta che ci siano due galli nello stesso granaio si meriti il putiferio che fanno.»

Morgase sollevò un sopracciglio. «Annotato. Ma penso che scoprirai che sono piuttosto capace di aiutare senza usurpare l’autorità a Elayne.»

Lini scrollò le spalle.

La donna non aveva tutti i torti: Morgase doveva essere cauta. Restare nella capitale troppo a lungo poteva gettare un’ombra su Elayne. Ma se c’era una cosa che aveva appreso dai suoi mesi come Maighdin era che le persone avevano bisogno di fare qualcosa di produttivo, perfino se si trattava di qualcosa di così semplice come imparare a servire il tè. Morgase aveva capacità di cui Elayne poteva avvalersi per i tempi pericolosi ormai prossimi. Se lei avesse iniziato a mettere in ombra sua figlia, però, se ne sarebbe andata da Caemlyn per ritirarsi nei suoi possedimenti a ovest.

Gli altri lavorarono rapidamente per caricare e Morgase dovette incrociare le braccia per trattenersi dall’aiutarli. C’era un certo appagamento nel fare qualcosa da sé. Mentre aspettava, notò qualcuno giungere a cavallo su per il sentiero da Whitebridge. Tallanvor. Cos’era andato a fare in città? Lui la vide e si avvicinò, poi si inchinò, la sua faccia magra e squadrata un modello di deferenza. «Mia signora.»

«Hai fatto visita alla città? Hai avuto il permesso di lord Aybara?» Perrin non aveva voluto che un’improvvisa piena di soldati e profughi si riversasse nella città, causando guai.

«Mia signora, ho famiglia lì» disse Tallanvor, smontando di sella. La sua voce era rigida e formale. «Ho ritenuto saggio investigare le informazioni scoperte dagli esploratori di lord Aybara.»

«Ma davvero, tenente della Guardia Tallanvor?» disse Morgase. Se lui si poteva comportare in modo così formale, allora poteva farlo anche lei. Lini, nel passare con le braccia cariche di lenzuola da mettere via, sbuffò piano al tono di Morgase.

«Sì, mia signora» rispose Tallanvor. «Mia signora... se posso avanzare un suggerimento?»

«Parla.»

«Stando ai rapporti, tua figlia ancora ti ritiene morta. Sono certo che, se parliamo con lord Aybara, lui ordinerà ai suoi Asha’man di aprirci un passaggio per farci tornare a Caemlyn.»

«Una proposta interessante» disse Morgase con cautela, ignorando il sogghigno sul volto di Lini mentre ripassava nell’altra direzione.

«Mia signora,» disse Tallanvor, squadrando Lini «possiamo parlare in privato?»

Morgase annuì, allontanandosi verso il lato del campo. Tallanvor la seguì. A poca distanza, lei si voltò per guardarlo. «Ebbene?»

«Mia signora» continuò lui a voce più bassa. «La corte andorana di sicuro verrà a sapere che sei ancora viva, ora che l’intero campo di Aybara lo sa. Se non ti presenti e spieghi di aver rinunciato al trono, le voci sulla tua sopravvivenza potrebbero minare l’autorità di Elayne.»

Morgase non rispose.

«Se l’Ultima Battaglia sta davvero arrivando,» disse Tallanvor «non possiamo permettere...»

«Oh, zitto» replicò lei in tono brusco. «Ho già dato a Lini e agli altri l’ordine di fare i bagagli. Non hai notato cosa stavano facendo?»

Tallanvor arrossì nel notare Gill trascinare una cassapanca e metterla sul carro.

«Mi scuso per la mia insolenza. Col tuo permesso, mia signora.» Tallanvor le rivolse un cenno col capo e si girò per andarsene.

«Dobbiamo sempre essere così formali l’uno con l’altro, Tallanvor?»

«L’illusione è finita, mia signora.» Si allontanò.

Morgase lo guardò andare e sentì il proprio cuore stringersi. Maledizione alla sua testardaggine! Maledizione a Galad! Il suo arrivo aveva ricordato a Morgase il suo orgoglio, il suo dovere regale.

Era male per lei avere un marito. L’aveva imparato da Taringail. Nonostante tutta la stabilità che il suo matrimonio con lui aveva portato, ciascun vantaggio era giunto con una minaccia per il suo trono. Quello era il motivo per cui non aveva mai fatto di Bryne o Thom un suo consorte ufficiale, e Gaebril non aveva fatto che dimostrare che aveva avuto ragione a preoccuparsi.

Qualunque uomo che la sposasse poteva, in teoria, essere una minaccia per Elayne così come per l’Andor. I suoi figli, se ne avesse avuti altri, sarebbero stati rivali di Elayne. Morgase non poteva permettersi di amare.

Tallanvor si fermò a poca distanza e a lei si mozzò il fiato. Si girò, poi tornò da lei. Estrasse la spada e si chinò, mettendola con reverenza ai suoi piedi mentre lei stava lì fra erbacce e arbusti.

«Ho sbagliato a minacciare di andarmene, prima» disse lui piano. «Ero ferito, e il dolore rende stupido un uomo. Sai che sarò sempre qui, Morgase. Te l’ho promesso prima e lo dicevo sul serio. In questi giorni, mi sento come un mordimi in un mondo di aquile. Ma ho la mia spada e il mio cuore, ed entrambi sono tuoi. Per sempre.»

Si alzò per andare.

«Tallanvor» disse lei, quasi un sussurro. «Non me l’hai mai chiesto, sai. Se ti vorrei.»

«Non posso metterti in quella posizione. Non sarebbe giusto costringerti a fare quello che sappiamo che devi, ora che sei stata smascherata.»

«E cosa devo fare?»

«Respingermi» proruppe lui, ovviamente arrabbiandosi. «Per il bene dell’Andor.»

«Devo davvero?» chiese lei. «Continuo a dirlo a me stessa, Tallanvor, eppure lo metto in discussione.»

«A che ti servirei?» chiese lui. «Come minimo, dovresti sposarti per aiutare Elayne ad assicurarsi la lealtà di una delle fazioni che hai offeso.»

«E così mi sposerei senza amore» disse lei. «Di nuovo. Quante volte devo sacrificare il mio cuore per l’Andor?»

«Quante volte è necessario, suppongo.» Suonava così amareggiato, i pugni serrati. Non arrabbiato verso di lei, ma verso la situazione. Era sempre stato un uomo così passionale.

Morgase esitò, poi scosse il capo. «No» disse. «Non di nuovo. Tallanvor, guarda il cielo sopra di noi. Hai visto le cose che si aggirano nel mondo, hai percepito le maledizioni del Tenebroso colpirci. Questo non è il momento di essere senza speranza. Senza amore.»

«E allora il dovere?»

«Il dovere può dannatamente mettersi in fila. Tutti hanno avuto la loro parte di me, Tallanvor. Tutti tranne l’uomo che voglio.» Passò sopra la sua spada, ancora stesa fra lo xanthium, poi non riuscì a trattenersi. In un batter d’occhio lo stava baciando.

«D’accordo, voi due» disse una voce severa da dietro. «Andremo a far visita a lord Aybara proprio ora.»

Morgase si ritrasse. Era Lini.

«Cosa?» Morgase cercò di riacquistare un po’ di contegno.

«Voi due vi sposerete» dichiarò Lini. «Anche se vi dovrò trascinare per l’orecchio.»

«Io farò le mie scelte» disse Morgase. «Perrin ha cercato di...»

«Io non sono lui» disse Lini. «Sarà meglio che questo sia fatto prima che torniamo da Elayne. Una volta che sarai a Caemlyn ci saranno complicazioni.» Voltò i suoi occhi su Gill, che aveva caricato la cassapanca. «E tu! Scarica le cose della mia signora!»

«Ma Lini,» protestò Morgase «noi andremo a Caemlyn.»

«Domani sarà abbastanza presto, bambina. Stanotte, festeggerete.» Lei li fissò. «E finché il matrimonio non sarà completato, non penso che sia sicuro fidarsi a lasciarvi soli.»

Morgase arrossì. «Lini» sibilò. «Non ho più diciotto anni!»

«No, quando avevi diciotto anni eri sposata come si deve. Devo prenderti per l’orecchio?»

«Io...» disse Morgase.

«Arriviamo, Lini» disse Tallanvor.

Morgase gli scoccò un’occhiataccia.

Lui si accigliò. «Cosa?»

«Non l’hai chiesto.»

Lui sorrise, poi la tenne stretta. «Morgase Trakand, vuoi essere mia moglie?»

«Sì» rispose lei. «Ora troviamo Perrin.»


Perrin strattonò il ramo di quercia. Si spezzò in uno sbuffo di polvere di legno. Mentre teneva il ramo in alto, della segatura si riversò dall’estremità sull’erba marrone.

«È successo la scorsa notte, mio signore» disse Kevlyn Torr, tenendo i suoi guanti. «L’intera macchia di legnoduro laggiù, morta e seccata in una sola notte. Quasi un centinaio di alberi, suppongo.»

Perrin lasciò cadere il ramo, poi si ripulì le mani. «Non è peggio di quello che abbiamo visto prima.»

«Ma...»

«Non preoccuparti per questo» disse Perrin. «Manda alcuni uomini a raccogliere questo legno per il fuoco; pare che brucerà davvero bene.»

Kevlyn annuì, poi si precipitò via. Altri boscaioli stavano dando dei colpetti agli alberi, con aria turbata. Che querce, frassini, olmi e noci morissero nel corso di una notte era già brutto. Ma morire, poi seccarsi come se fossero morti da anni? Quello era decisamente inquietante. Meglio far finta di nulla, però, in modo che gli uomini non si spaventassero.

Perrin tornò verso il campo. In lontananza riecheggiavano le incudini. Avevano comprato materiali grezzi, ogni pezzo di ferro o acciaio che potevano ottenere da Whitebridge. La gente era stata desiderosa di scambiarli per cibo e Perrin aveva ottenuto cinque fucine, con uomini per spostarle e allestirle, assieme a martelli, attrezzi e carbone.

Forse aveva perfino salvato alcune persone in città dal morire di fame. Per un poco, almeno.

I fabbri continuavano a martellare. Sperava che non stesse facendo sforzare troppo Neald e gli altri. Armi forgiate col Potere avrebbero dato ai suoi uomini un vantaggio critico. Neald non era stato in grado di determinare con esattezza cosa aveva fatto nell’aiutare a forgiare Mah’alleinir, ma Perrin non era stato sorpreso. Quella notte era stata unica. Posò una mano sull’arma, percependone il debole calore, pensando a Hopper.

Ora, Neald aveva determinato come creare lame che non si sarebbero rotte o smussate. Più si esercitava, più le lame che aiutava a creare erano affilate. Gli Aiel avevano già cominciato a domandarle per le loro lance, e Perrin aveva dato a Neald l’ordine di provvedere prima a loro. Era il minimo che gli doveva.

Sul terreno di Viaggio al margine del grosso campo sempre più circondato dalla trincea, Grady era in circolo con Annoura e Masuri, tenendo aperto un passaggio. Questo era l’ultimo gruppo di non combattenti che voleva lasciarlo, il gruppo diretto a Caemlyn. Tra loro, aveva mandato un messaggero a Elayne. Avrebbe avuto bisogno di incontrarsi con lei presto; non era certo se esserne preoccupato o no. Il tempo l’avrebbe rivelato.

Degli altri stavano tornando attraverso il passaggio, portando alcuni carretti di cibo comprati a Caemlyn, dove le provviste erano ancora disponibili. Finalmente scorse Faile che si faceva strada attraverso il campo verso di lui. Alzò una mano per farsi notare.

«Tutto a posto con Bavin?» chiese Perrin. Faile era stata nella tenda del furiere.

«Tutto a posto.»

Perrin si sfregò il mento. «Avevo intenzione di dirtelo da qualche tempo... non penso che sia particolarmente onesto.»

«Lo terrò come osservato speciale» disse lei, odorando di divertimento.

«Berelain sta passando più tempo con i Manti Bianchi» disse Perrin. «Pare che abbia occhi per Damodred. Mi sta lasciando stare tutto il tempo.»

«Ma davvero?»

«Sì. E ha pubblicato quella dichiarazione, condannando le voci su di me e su di lei. Ero preoccupato che l’avrebbero visto come un segno di disperazione.»

Faile odorò di soddisfazione.

Lui le posò una mano sulla spalla. «Non so cos’hai fatto, ma grazie.»

«Conosci la differenza tra un falco e un falcone, Perrin?»

«Le dimensioni, perlopiù» disse lui. «Anche la forma delle ali. Il falcone ha più l’aspetto di una freccia.»

«Il falcone» disse Faile «vola meglio. Uccide col becco e può volare rapido e veloce. Il falco è più lento e più forte; eccelle nel prendere una preda che si muove sul terreno. Gli piace uccidere con gli artigli, attaccando dall’alto.»

«D’accordo» disse Perrin. «Ma questo non significa che, se entrambi vedono un coniglio sul terreno, il falco sarà più capace di ghermirlo?»

«È esattamente quello che significa.» Faile sorrise. «Il falco è più bravo nel cacciare il coniglio. Ma, vedi, il falcone è più bravo nel cacciare il falco. Hai mandato il messaggero da Elayne?»

Donne. Non le avrebbe mai capite. Per una volta, però, pareva una buona cosa. «L’ho fatto. Spero che saremo in grado di incontrarla di persona.»

«Nell’accampamento gira già voce di chi potresti portare con te.»

«Perché dovrebbero girare voci?» disse Perrin. «Sarai tu. Sei quella che sa meglio come trattare con Elayne, anche se avere con noi Alliandre probabilmente non farà male.»

«E Berelain?»

«Lei può restare al campo» disse Perrin. «Badare alle cose qui. È venuta l’ultima volta.»

Faile odorò ancora più soddisfatta. «Dovremmo...» Si interruppe, accigliandosi. «Be’, pare che finalmente l’ultima foglia sia caduta.»

«Cosa?» disse Perrin voltandosi. Faile stava guardando verso un gruppo diretto nella loro direzione. L’attempata Lini e, dietro di lei, Morgase e Tallanvor, che si fissavano come una coppia appena tornata dal suo primo Bel Tine assieme. «Pensavo che lui non le piacesse» disse Perrin. «O, anche se le piaceva, che Morgase non avesse intenzione di sposarlo comunque.»

«Le opinioni cambiano,» disse Faile «molto più in fretta dei sentimenti.» Il suo odore era vagamente di rabbia, anche se lei lo soppresse. Non aveva perdonato del tutto Morgase, ma non era più apertamente ostile.

«Perrin Aybara» disse Morgase. «Sei la cosa più vicina a un lord di cui questo accampamento dispone, a parte il mio figliastro, perciò suppongo che andrai bene. Quest’uomo ha chiesto la mia mano in matrimonio. Officerai la cerimonia per noi?»

«Hai un modo ambiguo di chiedere il mio aiuto, Morgase» disse lui.

La donna strinse gli occhi verso Perrin. E anche Faile lo guardò e odorò di rabbia. Perrin sospirò. Potevano litigare fra loro quanto volevano, ma erano sempre pronte a coalizzarsi contro un uomo che diceva la cosa sbagliata, perfino se era la verità.

Comunque, Morgase si calmò. «Sono spiacente. Non intendevo insultare la tua autorità.»

«È tutto a posto» disse lui. «Suppongo che tu abbia ragione nel metterla in discussione.»

«No» disse Morgase, ergendosi più alta. Luce, poteva davvero sembrare una regina quando voleva. Come non se n’erano accorti prima? «Tu sei un lord, Perrin Aybara. Le tue azioni lo dimostrano. I Fiumi Gemelli sono fortunati ad averti, e forse anche l’Andor. Finché continui a farne parte.»

«Intendo farlo» promise Perrin.

«Be’, se vorrai fare questa cosa per me,» disse lei, guardando verso Tallanvor «io sarò disposta a parlare a tuo favore con Elayne. Si possono prendere disposizioni e dei titoli — titoli giusti — possono essere conferiti.»

«Accetteremo la tua offerta di parlare per noi» si affrettò a dire Faile prima che Perrin potesse parlare. «Ma decideremo noi, con sua maestà, se conferire titoli è la linea d’azione... adeguata, a questo punto.»

Perrin la squadrò. Non stava ancora considerando di separare i Fiumi Gemelli in un regno a sé stante, vero? Non ne avevano mai discusso prima in termini tanto schietti, ma lei lo aveva incoraggiato a usare la bandiera di Manetheren. Be’, ne avrebbero dovuto parlare.

Lì vicino, Perrin vide Galad Damodred dirigersi verso di loro, con Berelain al suo fianco, come sempre di recente. Pareva che Morgase gli avesse mandato un messaggero. Galad teneva qualcosa infilato in tasca. Una piccola lettera, sembrava, con un sigillo rosso. Dove se l’era procurata? Pareva turbato, anche se sembrò più sollevato nell’arrivare. Non appariva sorpreso dalla notizia del matrimonio; rivolse un cenno col capo a Perrin e abbracciò sua madre, poi riservò un saluto dallo sguardo grave — ma cordiale — a Tallanvor.

«Che genere di cerimonia vi piacerebbe?» chiese Perrin a Morgase. «Io conosco solo quella dei Fiumi Gemelli.»

«Credo che dei semplici giuramenti davanti a te saranno sufficienti» disse Morgase. «Sono abbastanza vecchia per essere stanca delle cerimonie.»

«Mi sembra appropriato» disse Perrin.

Galad si spostò da un lato, e Morgase e Tallanvor si presero per mano. «Martyn Tallanvor» disse lei. «Ho avuto da te più di quanto meriti, per più tempo di quanto me ne sia resa conto. Hai affermato che l’amore di un semplice soldato non è nulla davanti al mantello di ma regina, ma io dico che un uomo non si misura dal suo titolo, bensì dalla sua anima.

«Ho visto in te coraggio, dedizione, lealtà e amore. Ho visto il cuore di un principe dentro di te, il cuore di un uomo che è rimasto fedele mentre centinaia attorno a lui sono venuti meno ai loro impegni. Giuro di amarti. E, davanti alla Luce, giuro di non lasciarti. Giuro di serbarti per sempre e averti come mio marito.»

Berelain tirò fuori un fazzoletto e si asciugò gli angoli degli occhi. Be’, le donne piangevano sempre in occasioni come i matrimoni. Anche se Perrin... be’, sentiva un prurito agli occhi pure lui. Forse doveva essere il sole.

«Morgase Trakand» disse Tallanvor. «Mi sono innamorato di te per il modo in cui trattavi chi ti stava attorno quando eri regina. Ho visto una donna che prendeva il dovere non solo con un senso di responsabilità, ma con passione. Perfino quando non mi distinguevi da qualunque altra guardia, mi trattavi con gentilezza e rispetto. Trattavi tutti i tuoi sudditi a quel modo.

«Ti amo per la tua bontà, la tua intelligenza, la tua forza di mente e di volontà. Uno dei Reietti non è riuscito a spezzarti; gli sei sfuggita quando lui ti riteneva del tutto sotto controllo. Il più terribile dei tiranni non è riuscito a spezzarti, nemmeno quando ti teneva in pugno. Gli Shaido non sono riusciti a spezzarti. Un’altra persona al tuo posto sarebbe piena d’odio, se avesse dovuto passare tutto quello che hai passato tu. Ma tu... tu sei cresciuta, sempre di più, in una persona da ammirare, amare e rispettare.

«Giuro di amarti. E, davanti alla Luce, giuro che non ti lascerò mai, mai. Giuro di serbarti per sempre e averti come mia moglie. Lo giuro, Morgase, anche se parte di me non riesce a credere che questo stia succedendo davvero.»

E poi rimasero lì così, a fissarsi l’un l’altro negli occhi, come se Perrin non fosse nemmeno lì.

Lui tossì. «Be’, e sia, dunque. Siete sposati.» Avrebbe dovuto dare dei consigli? Come poteva lui dare dei consigli a Morgase Trakand, una regina che aveva figli della sua stessa età? Si limitò a scrollare le spalle. «Andate, allora.»

Accanto a lui, Faile odorava di divertimento e di una lieve insoddisfazione. Lini sbuffò per come Perrin aveva assolto il suo compito, ma condusse via Morgase e Tallanvor. Galad gli rivolse un cenno col capo e Berelain una riverenza. Si allontanarono, con Berelain che sottolineava la fulmineità di tutto quanto.

Faile gli sorrise. «Dovrai migliorare in questo.»

«Lo volevano semplice.»

«Tutti dicono così» replicò Faile. «Ma puoi avere un’aria di autorità pur mantenendo le cose brevi. Ne parleremo. La prossima volta farai un lavoro migliore.»

La prossima volta? Scosse il capo mentre Faile si voltava e si dirigeva verso l’accampamento.

«Dove stai andando?» chiese Perrin.

«Da Bavin. Ho bisogno di requisire delle botticelle di birra.»

«Per cosa?»

«Per i festeggiamenti» disse Faile, lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla. «Si può lesinare sulla cerimonia, se necessario. Ma non si può lesinare sui festeggiamenti.» Rivolse gli occhi al cielo. «In particolare in tempi come questi.»

Perrin la osservò andare e scomparire nell’enorme accampamento. Soldati, contadini, artigiani, Aiel, Manti Bianchi, profughi. Quasi settantamila unità, nonostante quelli che se n’erano andati o erano caduti in battaglia. Come era finito con una forza tanto numerosa? Prima di lasciare i Fiumi Gemelli, non aveva visto più di un migliaio di persone radunate in uno stesso posto.

La porzione più numerosa era il gruppo di ex mercenari e profughi che si erano addestrati sotto Tam e Dannil. La Guardia del Lupo, si erano denominati, qualunque cosa significasse. Perrin iniziò a camminare per controllare i carri di provviste, ma qualcosa di piccolo lo colpì alla nuca.

Si immobilizzò, esaminando la foresta dietro di sé. Sulla destra, era bruna e morta; sulla sinistra, la copertura degli alberi si diradava. Non riusciva a vedere nessuno.

Mi sto affaticando troppo?, si domandò, sfregandosi la testa mentre si voltava per continuare a camminare. Immagino cose che...

Un altro colpetto sulla nuca. Si girò e notò qualcosa che cadeva per terra. Accigliandosi, si chinò e lo raccolse. Una noce. Un’altra lo centrò sulla fronte. Era venuta dalla foresta.

Perrin ringhiò e avanzò tra gli alberi. Uno dei pochi bambini dell’accampamento, forse? Più avanti c’era una grossa quercia, il tronco abbastanza spesso e largo da nascondere qualcuno. Una volta avvicinatosi, esitò. Era qualche sorta di trappola? Posò la mano sul suo martello e procedette piano. L’albero era sottovento e lui non poteva cogliere l’odore di...

All’improvviso una mano sbucò da dietro il tronco, reggendo un sacco bruno. «Ho catturato un tasso» disse una voce familiare. «Vogliamo lasciarlo libero sul prato del villaggio?»

Perrin rimase immobile, poi proruppe in una risata tonante. Girò attorno all’albero e trovò una figura con una giacca rossa dall’alto colletto — bordata d’oro — ed eleganti pantaloni bruni seduta sulle radici esposte della pianta, il sacco che si contorceva vicino alle sue caviglie. Mat stava masticando distrattamente un lungo pezzo di carne essiccata e indossava un cappello nero a tesa larga. Un’arma ad asta nera con una lama ampia in cima era appoggiata contro l’albero accanto a lui. Dove aveva preso dei vestiti tanto eleganti? Una volta non si era lamentato di Rand perché indossava abiti come quelli?

«Mat?» chiese Perrin, quasi troppo stupefatto per parlare. «Cosa ci fai qui?»

«Acchiappo tassi» disse Mat, scuotendo il sacco. «Dannatamente difficile, sai, in particolare con poco preavviso.»

Il sacco frusciò e Perrin udì un debole brontolio dall’interno. Poteva fiutare che c’era in effetti qualcosa di vivo lì dentro. «Ne hai davvero preso uno?»

«Chiamami nostalgico.»

Perrin non sapeva se rimproverare Mat o ridere di lui: questo particolare miscuglio di emozioni era comune quando Mat era nei paraggi. Per fortuna nessun colore turbinò davanti agli occhi di Perrin ora che erano vicini. Luce, quello sì che sarebbe stato disorientante. Perrin però provò un senso di... giustezza.

Il suo amico allampanato gli sorrise, posando il sacco a terra e alzandosi in piedi, offrendogli una mano. Perrin la prese, ma tirò a sé Mat in un abbraccio caloroso.

«Luce, Mat» disse Perrin. «Sembra passata un’eternità!»

«Una vita» disse Mat. «Forse due. Ho perso il conto. Comunque, Caemlyn brulica già di notizie del tuo arrivo. Ho immaginato che l’unico modo per riuscire a darti il benvenuto fosse infilarmi in quel passaggio e trovarti prima di chiunque altro.» Mat raccolse la sua lancia e se la posò sulla spalla, la lama all’indietro.

«Che hai combinato? Dove sei stato? Thom è con te? E Nynaeve?»

«Così tante domande» disse Mat. «Quant’è sicuro questo tuo accampamento?»

«Sicuro come qualunque posto.»

«Non abbastanza sicuro.» Mat assunse un tono solenne. «Perrin, ascolta, abbiamo alle calcagna gente molto potente. Sono venuto perché volevo avvertirti di fare particolare attenzione. Degli assassini ti troveranno molto presto e farai bene a essere preparato. Abbiamo parecchie cose da raccontarci. Ma non voglio farlo qui.»

«Dove, allora?»

«Incontriamoci in una locanda chiamata La folla felice a Caemlyn. Oh, e se non ti spiace, mi servirà prendere in prestito uno di quei tuoi tizi in giubba nera per un poco. Ho bisogno di un passaggio.»

«A quale scopo?»

«Te lo spiegherò. Ma più tardi.» Mat inclinò il suo cappello, voltandosi per dirigersi a passo rapido verso il passaggio ancora aperto per Caemlyn. «Davvero» disse, voltandosi e camminando all’indietro per un momento. «Stai attento, Perrin.»

Detto questo, superò alcuni profughi e attraversò il passaggio. Come era riuscito a superare Grady? Luce! Perrin scosse la testa fra sé, poi si chinò per slegare il sacco e liberare il povero tasso che Mat aveva catturato.

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