Dopo che gli Hastur mi ebbero lasciato, feci ritorno nelle mie stanze e riflettei su quanto avevo saputo.
Non avevo sospettato che Dyan intendesse tendermi una trappola, e c'ero caduto in pieno. E se non ero stato esiliato, dovevo ringraziare il Reggente. Fin dal mio arrivo — ora me ne accorgevo — mi avevano spinto a violare qualche legge. Una volta esiliato me, questa mia figlia (o sorellastra, o nipote) sarebbe stata una docile marionetta nelle loro mani; avrebbero avuto in Consiglio una bambina, non un uomo adulto, con tutti i propri poteri.
E Callina. L'idea che una Guardiana dovesse rimanere vergine era una superstizione, certo, ma doveva basarsi su un fondo di verità scientifica, come tutte le tradizioni dei Comyn.
I superstiziosi potevano credere quello che volevano. Ma la mia esperienza mi aveva insegnato una cosa: un lettore del pensiero, dopo avere lavorato per qualche tempo con gli schermi monitor, si accorgeva che il suo sistema nervoso e i suoi riflessi finivano per entrare in sintonia con la matrice.
I tecnici delle matrici attraversano dei lunghi periodi di impotenza, del tutto involontaria, che era una sorta di difesa naturale. Se un tecnico sconvolge le proprie reazioni nervose o il proprio equilibrio ghiandolare con le droghe o con gli strapazzi fisici ed emotivi, si trova a dover pagare un caro prezzo. Senza che se ne accorga, il suo sistema nervoso si sovraccarica fino al punto di bloccarsi e può rimanere privo di energia nel momento cruciale. Le conseguenze possono andare dall'esaurimento nervoso alla morte.
Una donna, invece, non ha la difesa fisica costituita dall'impotenza. Le Guardiane sono sempre state rigorosamente isolate dai contatti con il mondo. Infatti, una volta che una donna, lettrice del pensiero, è stata risvegliata sessualmente da un uomo della sua casta, questa prima risposta sensuale ha enormi ripercussioni sul sistema nervoso e sul cervello.
Da quel momento in poi, non le è più possibile determinare i propri limiti di sicurezza, ossia il livello di energie che può ancora gestire. Perciò, per una donna, l'alternativa è semplice: o la castità assoluta, o rinunciare al lavoro sugli schermi di livello superiore.
A quel punto, sentii un forte brivido di paura. Dovevo fare attenzione. Avevo esposto Callina a un terribile pericolo!
Mi girai, perché mi era parso che fosse entrato qualcuno, e vidi il vecchio Andrés, che mi fissava con disapprovazione. È un terrestre basso e tozzo, scuro e brutto, burbero e ostile… ma io lo conoscevo troppo bene per lasciarmi ingannare dalle sue sopracciglia aggrottate.
Non ho mai capito come un terrestre, ex guardia della Polizia Spaziale, fosse riuscito a entrare nelle simpatie di mio padre, ma Andrés Ramirez era con noi da prima della mia nascita. Mi aveva insegnato a cavalcare e a fare la lotta con le armi e senza, aveva fabbricato giocattoli per Marjus, ci aveva sgridato quando ci accapigliavamo o quando lanciavamo il cavallo al galoppo, e ci aveva raccontato infinite storie delle sue avventure, senza mai lasciar trapelare la vera storia della sua vita. Non avevo mai saputo se non ritornasse sulla Terra perché non voleva o perché non poteva, ma nel vedere la sua aria severa mi parve di avere bruscamente perso vent'anni.
«Che cosa fai, fermo lì a mangiarti il fegato?» mi domandò.
«Non mi “mangiavo il fegato”, maledizione!» risposi. «Riflettevo su certi avvenimenti.»
Il vecchio sbuffò, con aria d'incredulità.
«C'è il giovane Ridenow che vuole vederti», mi disse. «Belle compagnie ti sei messo a frequentare!»
Nell'altra stanza c'era Lerrys, che mi parve teso e impacciato; nel vedere la sua espressione, cominciai a preoccuparmi anch'io, ma, sforzandomi di mantenere una parvenza di cortesia, gli feci segno di accomodarsi.
«Se sei qui come padrino di Dyan», lo avvertii, «digli che non se ne fa nulla. Il duello è sospeso. Ordine del Reggente.»
Lerrys si sedette.
«Be', no, non sono venuto per quello», disse. «In realtà venivo con una proposta. Come avrai notato, adesso che tuo padre è scomparso, la forza del Consiglio siamo tu, io e Dyan.»
«Mi metti proprio in una bella compagnia», commentai, seccamente.
«Lasciamo perdere gli insulti», rispose. «Non c'è ragione di litigare tra noi, c'è abbastanza potere per tutti. Tu sei per metà terrestre, e perciò suppongo che abbia un po' di buon senso terrestre.
«Sai come l'Impero Terrestre tratta i pianeti come il nostro, che non fanno parte della loro federazione ma sono in rapporti diplomatici con essa? Aspettando che chiedano l'ammissione a pieno titolo, lascia loro l'autonomia di governo per ciò che riguarda le questioni interne, e tratta con chiunque abbia l'autorità di dare ordini.
«Perché allora non dovremmo essere noi tre a trattare per Darkover?» terminò.
«Perché è alto tradimento», risposi io, lentamente. «Parli come se i Comyn fossero già esautorati.»
«In un paio di decenni lo saranno», replicò Lerrys, alzando le spalle. «Come osservavi tu, il Consiglio è incapace di prendere decisioni sulle questioni importanti. Sono stati tuo padre e il Vecchio Hastur a tenerlo unito con la pura forza della loro personalità, negli ultimi dieci anni. E conosci Derik. Pensi che possa prendere il posto del Vecchio?»
Non lo pensavo neanch'io, ma non feci commenti.
«In qualsiasi caso», dissi, «sono un Comyn e ho giurato di sostenere Derik finché sarà vivo.»
«Tenere in piedi il Consiglio per un'altra generazione, costi quello che costi?» chiese Lerrys. «Non è preferibile prendere accordi adesso, anziché aspettare che crolli tutto, e lasciare che regni per anni l'anarchia, prima che si possa rimettere in ordine la situazione?»
Appoggiando il mento sulle punte delle dita, mi fissò attentamente.
«I terrestri», riprese, «possono fare molto, per Darkover, e puoi farlo anche tu. Ascolta, Lew. Ogni uomo ha il suo prezzo, e oggi ho visto come guardavi Callina. Io non sfiorerei neppure con un dito quella gatta rabbiosa, e l'idea di innamorarmene mi pare francamente assurda, ma i gusti sono gusti.
«Per qualche tempo ho avuto l'impressione che ti piacesse Diana, ma anche tu e Callina potete rientrare benissimo nel nostro piano. Tu saresti perfino preferibile a Beltran. Hai studiato sulla Terra, ma sei cresciuto su Darkover. Sei un Comyn della più antica aristocrazia, più di un Ridenow o di un Ardais. Il popolo ti accetterebbe. Potresti essere tu a governare il pianeta.»
«Sotto il protettorato dei terrestri», aggiunsi io.
«Presto, qualcuno dovrà farlo», rispose Lerrys, stringendosi nelle spalle. «E se non vuoi essere tu… be', ti sei fatto una brutta fama a causa della ribellione di Sharra. E sei un Comyn. I terrestri non vogliono avere tra i piedi i membri delle precedenti famiglie reali, a meno che non siano disposti a collaborare. Alla Terra non importa che tu viva o muoia.»
Lerrys, riflettei, probabilmente era nel giusto, e non solo su quell'ultimo punto. Quando gli imperi sono sul punto di crollare, l'eccessiva fedeltà al passato diventa anacronistica. Il Consiglio avrebbe perso ogni autorità, con il suo attuale modo di fare; perché non sostituirlo con un direttorio di tre persone e impedire che il pianeta piombasse nell'anarchia?
«Allora», chiese Lerrys, «rifletterai sulla mia proposta?»
Non gli risposi. Una sorta di intuizione mi spinse ad alzare lo sguardo, e vidi che era pallidissimo, che il suo viso affilato era teso, esangue. E questo mi allarmò.
I Ridenow sono dei sensitivi. Nelle Epoche del Caos, quando gli uomini di Darkover entravano spesso in contatto con le razze non umane e con le entità dei vari livelli spirituali, quella Famiglia aveva selezionato nei propri discendenti la Dote dei Ridenow, che permetteva di scoprire i tentativi di possessione mentale, le presenze anomale, le razze non umane, o gli ambienti in cui si erano accumulate pericolose atmosfere psichiche o telepatiche.
«Ci sono cose peggiori dell'Impero Terrestre, Lew», mi disse, con uno strano tono di voce, stridulo come quello di un vecchio. «Meglio portare l'Impero su Darkover, che affrontare Sharra, o qualche altra entità come Sharra, scatenata dalla nostra stessa gente.»
«Che Erlik ci protegga da tutt'e due!» esclamai io, meccanicamente, facendo uno scongiuro.
«La decisione finale potrebbe spettare a te», continuò lui.
«Oh, maledizione, Lerrys, non sono così importante!» protestai.
«Può darsi che tu, senza saperlo», mi avvertì, «sia la chiave di tutto.»
All'improvviso ebbi la sensazione che Lerrys si fosse sdoppiato, e che in lui convivessero due persone diverse. Una era l'ex amico di mio fratello Marjus, che cercava di conquistarmi alla sua fazione, ma l'altra era una presenza più profonda, che usava il corpo e la mente di Lerrys per i propri scopi. Mi chiesi se non fosse il caso di attivare un attenuatore telepatico, prima che potesse tentare qualche trucco mentale contro di me.
Ma non fui abbastanza svelto.
Un flusso di pura malvagità scaturì improvvisamente da lui. Io mi alzai di scatto e, con uno sforzo terribile, riuscii ad allontanarlo dalla mia coscienza. Poi balzai su Lerrys, lo afferrai con una mano, e, con rabbia, scagliai la mia mente contro la sua.
Non era la mente di Lerrys!
Incontrai un blocco perfetto, una difesa inespugnabile… mentre Lerrys, senza aiuti esterni, non sarebbe riuscito a impedirmi di penetrare nella sua mente. Avevo usato contro di lui una forza molto più intensa di quella che avevo usato contro Dyan, e i Ridenow non hanno molta capacità di resistere agli attacchi mentali.
Inoltre, anche se non arrivava a toccare l'entità che si era impadronita di lui, la mia scarica era un tormento per il giovane Ridenow. Si agitò per un istante, poi si afflosciò; infine, spinto dalla volontà estranea che lo dominava, venne preso dalle convulsioni.
Con la forza di un pazzo o di un maniaco, riuscì ad allontanare da sé la mia mano. Poi, con l'energia mentale che gli veniva data dalla misteriosa entità che si era impadronita di lui, riuscì a innalzare un'ultima difesa che bloccò il mio attacco. Digrignando i denti per la collera, fui costretto a smettere: se la volontà esterna si fosse bruscamente ritirata, lasciando la sola mente di Lerrys a resistere al mio attacco, la forza del mio attacco mentale l'avrebbe fatto impazzire.
Per un momento, Lerrys rimase immobile, respirando affannosamente. Poi si alzò. Io mi preparai a rintuzzare un nuovo attacco mentale, ma, imprevedibilmente, il giovane mi sorrise.
«Non fare quella faccia così preoccupata, Lew», mi disse. «Ti stupisci, se ti dico che un Alton è importante per Darkover? Pensa a quanto ti ho detto. Tuo fratello era una persona dotata di molto buon senso, e anche tu dovresti averne. Sono certo che ti convincerai che ho ragione.»
Sorridendomi amichevolmente, mi porse la mano all'uso terrestre. Io ero ancora confuso. Gli sfiorai le dita, con cautela, sospettando qualche nuovo trucco.
Ma Lerrys aveva la mente vuota, senza colpe, e la presenza estranea se n'era ormai andata.
Il giovane Ridenow non sapeva neppure che cosa fosse successo.
«Come va, tra l'altro?» mi chiese. «Mi sembri pallido. Se fossi in te, accenderei un attenuatore e mi metterei a dormire. Non sei ancora del tutto a posto, secondo me. Su quei colpi alla testa non c'è da scherzare.»
Con un inchino, uscì dalla stanza; io mi lasciai scivolare su un divano, chiedendomi se il colpo non mi avesse davvero fatto avere le allucinazioni.
Devo guardarmi da tutti, mi chiesi, perché ogni persona è diventata un potenziale aggressore, oppure sono io che vaneggio?
Una lotta mentale come quella da me sostenuta lascia sempre qualche residuo, anche dopo che è terminata. Tremavo come una foglia. Andrés, che entrò nella stanza qualche istante più tardi, si fermò a guardarmi con apprensione.
«Portami da bere», gli dissi.
Stava cominciando a farmi il solito fervorino sui rischi che si corrono bevendo a stomaco vuoto, ma, dopo avermi dato un'altra occhiata, s'interruppe a metà della frase e uscì. Molte volte avevo già avuto l'impressione che riuscisse a leggere nei pensieri più di quanto non fosse disposto ad ammettere.
Quando fece ritorno, non aveva con sé il leggero cordiale di Darkover, ma il forte liquore terrestre di contrabbando che circola a Thendara.
Feci per prendere il bicchiere, ma la mano continuava a tremarmi: non riuscii a stringerlo. Dovetti sollevare la testa e farmi aiutare da Andrés, che mi accostò alle labbra il bicchiere.
Quel liquore forte e aspro non mi era mai piaciuto; ma, dopo averne inghiottito un paio di sorsi, la testa mi si schiarì e potei prendere in mano il bicchiere senza rovesciarlo.
«E piantala di trattarmi come se fossi un bambino!» gridai ad Andrés, che mi ronzava attorno come se temesse di vedermi andare in pezzi da un momento all'altro. Tuttavia, il suo brontolio ebbe un effetto calmante; aveva brontolato allo stesso modo quando ero caduto da cavallo e mi ero rotto un paio di costole.
Comunque, ricordi d'infanzia o no, rifiutai tutti i suoi suggerimenti di mangiare e di andare a dormire e uscii dal mio appartamento.
Il cielo era scuro, con tracce di nuvole. Dagli Hellers arrivavano nubi cariche di pioggia. Brutto tempo per i terrestri, che non possono fare a meno di aerei che volano nell'alto dell'atmosfera, dove le correnti aeree sono imprevedibili. Invece, i nostri cavalli di montagna viaggiano con qualsiasi tempo: pioggia, neve, tempesta. Perché gente intelligente come i terrestri si affidava a un elemento ingannevole come l'aria?
Scesi al piano terreno e attraversai il cortile fino al fondo; mi fermai sul passaggio che correva sulla parte superiore del muro di sostegno, tra il castello e la ripida scarpata che terminava sull'orlo di un alto precipizio; sotto di essa si stendeva l'intera città di Thendara. Mi appoggiai alla ringhiera. Se avessi voluto attaccare i terrestri, mi sarebbe bastato scegliere una notte di tempesta — che avrebbe costretto a terra i loro aerei e i loro elicotteri — per poterli affrontare ad armi pari.
Più avanti, le montagne erano soltanto una linea scura, seghettata, sotto il cielo scuro; ma lontano, poco al di sotto di una delle vette, vidi come una fiamma. Erano solo i fuochi di un carbonaio, probabilmente; ma a causa di quel chiarore ebbi l'impressione che in un altro punto di quei monti uno strano fumo bianco si levasse da una fiamma che non veniva da un normale fuoco, ma da un'incredibile matrice del decimo livello che distorceva lo spazio circostante.
Quando un uomo aveva conosciuto il fuoco di Sharra, quella strana fiamma lo chiamava a sé; faceva vibrare i suoi nervi come la mano dell'arpista faceva vibrare le corde tese del suo strumento. E se non avessi spento quelle vibrazioni, avrei finito per cedere a esse, completamente. Perciò mi opposi con tutte le mie forze alla pulsazione che sentivo dentro di me, simile al respiro di un calore vivo, e che mi ricordava cose che temevo e odiavo… ma che, in modo strano, con mia grande vergogna, desideravo, amavo, avrei voluto riavere.
Dove potevo andare, per smorzare quella vibrazione?
Solo da Callina.