1. Louis Wu

Louis Wu si svegliò, infiammato di nuova vita, sotto il coperchio di una bara.

Schermi video gli si accesero davanti agli occhi. Composizione ossea, parametri ematici, riflessi profondi, equilibrio di urea e potassio e zinco: li riconosceva in gran parte. I danni elencati non erano grandi. Punture e incisioni; stanchezza; legamenti strappati e lividi estesi; due costole rotte; tutti ricordi della battaglia con il difensore vampiro, Bram. Tutti guariti. L’automed l’aveva ricostruito cellula per cellula. Lui si era sentito morto e freddo, quando si era infilato nella scatola di rianimazione.

Ottantaquattro giorni prima, diceva lo schermo.

Sessantasette giorni di Ringworld. Quasi un falan, pari a dieci rotazioni del Ringworld, settantacinque giorni di 30 ore. Venti o trenta giorni sarebbero dovuti bastare a guarirlo, pensò Louis. Sapeva d’essere rimasto ferito. Con tutti i lividi della battaglia contro Bram, non si era nemmeno accorto delle punture nella schiena.

Era stato in riparazione per il doppio di tempo, la prima volta che si era disteso in quella scatola. Poi le sue tubature interne avevano cominciato a perdere e lui era stato per undici anni senza il composto chimico per la longevità detto droga di vita. Era diventato moribondo e vecchio.

Il testosterone era alto; l’adrenalina, alta e in aumento.

Louis esercitò sul coperchio dell’automed una pressione costante verso l’alto. Sapeva che il coperchio non si sarebbe alzato più velocemente, ma il suo corpo aveva fame d’azione. Scivolò fuori e cadde su un pavimento di pietra, freddo sotto i piedi. “Pietra?” pensò con sorpresa.

Era nudo. In una vasta caverna. Dov’era la Needle?

L’ultima volta la nave interstellare Hot Needle of Inquiry era incastonata in un magma rappreso e il sistema sperimentale nanotecnologico di Carlos Wu si trovava nei quartieri dell’equipaggio. Ora i suoi componenti erano in un gruppo di strumenti e di cavi su un pavimento di lava raffreddata. L’automed era in parte smontato. Ogni cosa funzionava ancora. Superbo, imponente, grandioso: un tipico lavoro da difensore. Armonista, il difensore dei Ghoul, aveva di sicuro esaminato l’automed, mentre l’apparecchiatura curava Louis.

Nei pressi, la Hot Needle era stata sfilettata come un pesce senza pinne. Una fetta di scafo che andava quasi dal muso alla coda era stata asportata e lasciava vedere la parte sottocoperta, lo spazio merci, l’ormeggio per una navetta ora distrutta, piastre di propulsori e l’alloggiamento del motore iperspaziale. Più di metà del volume della nave era occupato da serbatoi, naturalmente ora prosciugati. Il bordo del taglio era stato rivestito di rame o bronzo e cavi nel metallo portavano a strumenti e a un generatore.

La sezione tagliata era stata asportata da massicci macchinari. La superficie era orlata di bronzo munito di cavi. Il motore iperspaziale aveva occupato tutta la lunghezza della nave. Adesso era deposto nella lava, in un gruppo di strumenti. Ancora opera di Armonista?

Louis andò a guardare. Il motore era stato riparato. Dodici o tredici anni prima, Louis aveva abbandonato Ultimo nello spazio del Ringworld, tagliando in due il motore iperspaziale. Smontato, pareva pronto per portare la Needle fra le stelle a velocità Quantum I, tre giorni per un anno luce.

“Potrei tornare a casa” pensò Louis, assaporando l’idea. “Che fine hanno fatto gli altri?” Si guardò intorno. Cominciava a rabbrividire di freddo.

Ormai aveva quasi 240 anni, no? Ma le nanomacchine nell’automed sperimentale di Carlos Wu gli avevano letto il DNA e avevano riparato tutto fino nel nucleo delle cellule. Lui aveva già fatto l’esperienza. Il suo corpo credeva di avere appena passato la pubertà.

“Tranquillo, ragazzo. Nessuno ancora ti ha sfidato.”


L’astronave, la sezione di scafo, l’automed, macchine per trasporto e manutenzione di quei pezzi, nonché strumenti d’aspetto rudimentale predisposti per esaminarli, formavano uno stretto grappolo in spazi più vasti. La caverna era enorme e quasi vuota. Louis vide piastre di carico simili a pile di gettoni da poker e più in là una sghemba torre di enormi toroidi che da un’apertura nel pavimento arrivava fino al soffitto. Vicino all’apertura c’erano cilindri ingabbiati in altri macchinari di Armonista. Erano più grossi della Needle e ciascuno un po’ diverso dagli altri.

Louis era già passato una volta da quel posto. Guardò in alto, sapendo cosa aspettarsi. “Cinque o sei miglia più su” pensò. La Mappa di Marte era alta quaranta miglia e quel livello si trovava di sicuro vicino al soffitto. Louis ne distingueva i contorni, li vedeva come la parte posteriore di una maschera: la maschera di un vulcano a scudo delle dimensioni di Cerere.

La Needle era penetrata nel cratere di Olympus Mons, nel Centro Manutenzione che si trovava sotto la Mappa di Marte in scala uno a uno. Teela Brown li aveva intrappolati lì, una volta diventata difensore. Aveva spostato l’astronave per ottocento miglia in quei corridoi, poi aveva riversato intorno a loro roccia fusa. Loro avevano usato dischi passatoio, il sistema di trasporto istantaneo dei burattinai, per arrivare a Teela. Da allora, per tutti quegli anni, l’astronave era rimasta intrappolata. Ora Armonista l’aveva riportata nella stazione di lavoro sotto Olympus Mons.

Louis conosceva Armonista, ma non bene. Aveva disposto una trappola per Armonista, la Creatura della Notte, il riproduttore. L’aveva fatto diventare un difensore. L’aveva guardato combattere contro Bram. In pratica di lui non sapeva altro. Ora Armonista aveva in pugno la sua vita ed era stato proprio lui a dargliela.

Armonista era stato più furbo di lui. Il tentativo di anticipare le mosse di un difensore era sciocco… e inevitabile. Nessuna cultura umana aveva mai smesso i tentativi di anticipare Dio.

Già. La Needle era un’astronave interstellare, se qualcuno vi avesse montato di nuovo l’ipermotore. L’enorme torre sghemba, lunga quaranta miglia se arrivava giù fino al Centro Manutenzione, era un acceleratore lineare, un sistema di lancio. Forse un giorno Armonista avrebbe avuto bisogno di un’astronave. Intanto avrebbe lasciato sventrata la Needle, perché altrimenti Louis Wu e Ultimo avrebbero potuto usarla per fuggire e il difensore non voleva la loro fuga.

Louis andò fin sotto la Needle. Un cilindro di 33 metri, con il ventre appiattito. Dall’astronave non mancavano molte cose: l’ipermotore, l’automed, che altro? Gli alloggi dell’equipaggio erano una sezione trasversale, con il pavimento 24 metri più in alto. Sotto, Louis vedeva i sistemi delle cucine e del riciclaggio. Se avesse potuto arrampicarsi fin lassù, avrebbe trovato da mangiare e anche da vestirsi. Non vide un chiaro percorso, forse c’era un collegamento mediante disco passatoio. Ma non riusciva a immaginare dove Armonista potesse sistemare un disco passatoio e neppure dove il congegno l’avrebbe portato.

Era visibile anche il ponte di comando di Ultimo. Alto tre piani, con soffitti più bassi di quanto non servissero a uno Kzin. Louis vide come poteva arrampicarsi fino al piano più basso. Un Difensore non avrebbe avuto nessuna difficoltà.

Scosse la testa: cosa pensava, Ultimo? I Burattinai di Pierson si attenevano a una filosofia vecchia di milioni di anni, basata sulla codardia. Quando aveva costruito la Needle, Ultimo aveva isolato il ponte di comando da eventuali intrusi, anche membri del suo stesso equipaggio di alieni. Non c’erano porte, solo dischi passatoio con mille trappole esplosive. Ora, pensò Louis, probabilmente il burattinaio si sentiva nudo come lui.

Si piegò sui talloni sotto il bordo di una struttura piatta in cima, forse il sistema di purificazione dell’aria. Saltò, si aggrappò e prese ad arrampicarsi. Per le riparazioni dell’automed era dimagrito, ridotto quasi pelle e ossa, non faceva gran fatica a tirarsi su. Dopo quindici metri si fermò un momento, appeso per le dita. Aveva raggiunto il piano inferiore della cabina di Ultimo, la parte più privata. Avrebbe trovato meccanismi di difesa. Forse Armonista li aveva staccati, forse no. Si tirò su e fu nello spazio a lui vietato.


Vide Ultimo. Poi vide su un tavolo il suo stesso droud, il congegno con il quale poteva collegare il proprio cervello a una qualsiasi presa elettrica. L’aveva distrutto, l’aveva dato a Chmeee e aveva guardato lo Kzin farlo a pezzi. Perciò era un congegno di ricambio. Un’esca per lui, droud-dipendente. Si toccò la nuca, fra i capelli, sotto il codino. Innesta il droud, pensò, lascia che la corrente elettrica ti scorra nel centro del piacere… non trovò la presa.

Scoppiò a ridere. Era sparita! Le nanomacchine dell’automed gli avevano ricostruito il cranio senza una presa per il droud. Rifletté su quella scoperta. Prese il droud. Se sei confuso, pensò, trasmetti un messaggio che confonda l’avversario.

Ultimo sembrava uno sgabello ingemmato, con le tre gambe e tutt’e due le teste infilate per protezione sotto il tronco. Louis sorrise. Venne avanti, affondò la mano nella chioma ornata di gioielli e scosse il burattinaio rincantucciato per la paura.

— Non toccare niente!

Louis trasalì. La Voce fu un’esplosione di musica di contralto, quella di Ultimo, con il volume alzato, e si espresse in Interlingua. — Dimmi cosa desideri, ma non toccare niente.

La Voce di Ultimo, in realtà il pilota automatico della Needle, lo conosceva, conosceva come minimo la sua lingua e non l’aveva ucciso. Louis ritrovò la parola. — Mi aspettavi?

— Sì. Ti do libertà limitata in questo ambiente. C’è una presa di corrente vicino al…

— No. Voglio fare colazione. — A un tratto sentiva le proteste del proprio stomaco. — Ho bisogno di cibo.

— Qui non c’è cucina adatta alla tua specie.

Una bassa rampa girava intorno alle pareti e portava ai piani superiori. — Tornerò — disse Louis.

Salì la rampa, al passo e poi di corsa. Rallentò intorno alla parete, sopra un salto di venticinque metri, non difficile, solo un po’ impressionante, e fu negli alloggi dell’equipaggio. Un buco indicava il punto da dove l’automed era stato rimosso. Per il resto gli alloggi non erano cambiati. Le piante erano ancora vive. Louis andò alla parete cucina e selezionò cappuccino e frutta. Mangiò. Si vestì, con calzoni e maglietta e un giubbotto tutto tasche, una delle quali era gonfia per la presenza del droud. Terminò la frutta, poi selezionò una omelette, patatine, un secondo cappuccino e una focaccia dolce. Mentre mangiava, rifletté. Che cosa voleva veramente?

Svegliare Ultimo? Aveva bisogno di lui per farsi dire che cosa succedeva; ma conosceva l’abilità dei burattinai nel manipolare gli altri e la loro reticenza e il continuo cambiamento dell’equilibrio di potere nel Centro Manutenzione. Meglio saperne di più, prima. Avere una piccola leva, prima di cercare la verità.

Gettò nel contenitore di riciclaggio rifiuti i piatti della colazione. Riprese a salire intorno alla parete, con prudenza. — Voce di Ultimo — chiamò.

— Ai tuoi ordini. Non ti serve rischiare una caduta. Qui c’è un disco passatoio. — Un cursore a freccia indicò un punto negli alloggi.

— Mostrami la Sala Difesa Meteore.

— Termine sconosciuto. — Nella parete di sinistra comparve una finestra olografica. — Ti riferisci a questo?


La Sala Difesa Meteore sotto la Mappa di Marte era un vasto spazio buio. Tutte le stelle dell’universo correvano intorno a una parete ellissoide alta nove metri, il pavimento e il soffitto. Tre lunghi bracci girevoli terminavano in sedioli muniti di tastiera portatile e risaltavano nero su nero davanti allo schermo a parete.

Oltre il bordo della finestra a comparsa, sotto una forte luce, c’erano ossa nodose esposte a scopo di studio. Appartenevano al più antico difensore noto a Louis e da lui battezzato Crono. Lontano nelle ombre c’erano colonne sormontate da larghe piastre, simili a funghi meccanici. Louis indicò l’interno della finestra. — Quelle cosa sono?

— Cataste di servizio — esclamò la Voce di Ultimo — composte di parecchie piastre levitanti, sormontate da un disco passatoio.

Louis annuì. I costruttori del Ringworld avevano lasciato piastre levitanti per tutto il Centro Manutenzione. Se impilate, avevano portata maggiore. L’aggiunta di un disco passatoio pareva un’ovvia finezza, se si aveva tempo da perdere.

Louis vide un braccio muoversi contro il fondale di stelle. Il movimento terminò in un’ombra nodosa, spigolosa.

Tutti i difensori assomigliano a un’armatura medievale.

Il difensore teneva d’occhio una spruzzata di stelle, con telecamere montate sul Ringworld stesso, forse all’esterno del muro del bordo, lontano dal sole. Non parve rendersi conto d’essere osservato.

Louis non s’aspettava certo asteroidi o pianeti. Sconosciuti costruttori li avevano eliminati dal sistema del Ringworld. Il turbine di luci in movimento era composto di veicoli spaziali appartenenti a varie specie. Ora l’immagine si focalizzò su una diafana e fragile astronave di Estranei; poi su un ago di vetro, scafo tipo 2 della General Products, di appartenenza ignota; poi su un’astronave da guerra della ARM, a forma di palanchino.

Armonista pareva completamente concentrato. Zumò il panorama stellare velato da un grumo nebuloso, una proto-cometa. Minuscole macchine spigolose andavano alla deriva intorno a essa, marcate da cerchi lampeggianti del cursore. Una lancia di luce, molto più vivida, indicava una nave da guerra con motore a fusione. Un’altra nave da guerra attraversò rapidamente lo schermo. “La Guerra Periferica è ancora fredda” pensò Louis. Si domandò ancora per quanto. Una tregua formale non poteva reggere, fra tante menti così diverse.

Le braccia del difensore si agitarono sulla tastiera. Con la coda dell’occhio Louis notò l’abbassamento del bagliore solare. Si girò di scatto. Sopra la Needle, il cratere di Olympus Mons si apriva, inondava di luce non filtrata la caverna. L’acceleratore lineare rombò, un arco luminoso risalì dal fondo. Il cratere cominciò a richiudersi.

Louis si girò di nuovo verso lo schermo. Da sopra la spalla di Armonista osservò il bagliore di fusione ridursi a puntino luminoso. Qualsiasi cosa Armonista avesse lanciato, era ormai troppo distante.

Armonista interveniva nella Guerra Periferica! Non ci si poteva aspettare che un difensore non reagisse, anche se l’alternativa era attirare la guerra. Louis si accigliò. Il difensore Bram era stato pazzo, anche se di suprema intelligenza. Ora lui doveva stabilire se anche Armonista era pazzo e decidere come comportarsi.

Intanto il Difensore era impegnato, pensò Louis, e si chiese quanta libertà gli avrebbe concesso. Disse: — Voce di Ultimo, mostrami la posizione di tutti i dischi passatoio.

La Voce di Ultimo mostrò all’improvviso tutti i 360 gradi della sala Mappe. Louis fu circondato dal Ringworld; cursori luminosi balenarono sulla superficie, alcuni a forma di freccia. Lo schema era molto cambiato dall’ultima volta.

— Quanti? — chiese Louis.

— Novantacinque dischi passatoio sono attualmente in funzione. Due si sono guastati. Tre sono stati lanciati nello spazio per far passare sonde. Le flotte li hanno abbattuti. Dieci sono tenuti di riserva.

Ultimo aveva ammassato nella Hot Needle un certo numero di dischi, pensò Louis, ma di sicuro molto meno di centodieci. — Ultimo ne sta costruendo altri? — domandò.

— Con il suo aiuto Armonista ha impiantato una fabbrica di dischi passatoio. Il lavoro procede lentamente.

Le piccole luci arancioni che indicavano i dischi passatoio erano numerose lungo il lato più vicino del Ringworld, l’arco del Grande Oceano. Due luci a freccia avevano quasi raggiunto il bordo dell’Altro Oceano. Altre si muovevano nella stessa direzione.

L’Altro Oceano era una losanga che si estendeva per la maggior parte dell’ampiezza del Ringworld, a 180 gradi dal Grande Oceano. Due simili masse d’acqua dovevano equilibrarsi. “È il momento” pensò Louis. La maggior parte dei dischi passatoio era raggruppata intorno al Grande Oceano e in particolare intorno a quella che era di sicuro la Mappa di Marte. Louis indicò un punto al largo di Marte. — Quello cos’è?

— La navetta della Hot Needle of Inquiry.

Il difensore Teela, ricordò Louis, aveva distrutto la navetta durante il loro ultimo duello. — Funziona?

— Il collegamento al disco passatoio funziona.

— E la navetta?

— Il supporto vita è minimo. I sistemi motori e l’armamento non funzionano.

— È possibile collegare al sistema alcune di quelle cataste di servizio?

— Già fatto. — Linee collegarono le luci palpitanti. Alcune avevano il segno di divieto, un cerchietto sbarrato in diagonale: chiuso. Il labirinto era complicato e Louis non tentò di capirlo. — Il mio Padrone ha codici di annullamento — disse la Voce.

— Posso averli?

— No.

— Numera per me quei siti con disco passatoio. E stampami una mappa.

Data l’estensione del Ringworld, la scala era piccolissima. A occhio nudo Louis non avrebbe mai colto i particolari. Comunque prese dalla stampante la mappa, la piegò e la mise in tasca.


Andò a fare colazione e tornò. Mise in movimento due cataste di servizio e cambiò alcuni collegamenti. La Voce di Ultimo stampò una nuova mappa con le modifiche. Louis mise in tasca anche quella. Meglio averle tutt’e due. Ora, con un po’ di fortuna, avrebbe avuto percorsi di viaggio sconosciuti ad Armonista. O forse era lavoro sprecato. Ultimo, una volta sveglio, poteva cambiare tutto in un momento.

La Voce si rifiutò di fare armi. Nemmeno la cucina negli alloggi dell’equipaggio della Needle ne aveva fatte. Armonista, sempre in cima a un braccio mobile, continuava a seguire ciò che aveva lanciato nello spazio, qualsiasi cosa fosse.

— Dove sono gli altri? — chiese Louis alla Voce.

— Chi cerchi?

— Accolito.

— Non ho quel nome…

— Lo Kzin con cui abbiamo diviso la nave. Il figlio di Chmeee.

— Ho in elenco quella EL come… — (Un ululato agghiacciante: Louis fu costretto a staccare le dita dal bordo del tavolo.) — Lo rinomino Accolito?

— Grazie.

Era ricomparsa la mappa, con un puntino lampeggiante accanto al Pugno-di-Dio, centomila miglia a babordo contro spin dal Pugno (quattro volte la circonferenza della Terra) e il doppio a favore di spin rispetto alla Mappa di Marte. La vastità del Ringworld era una continua sorpresa. La Voce disse: — Abbiamo messo lì Accolito, con una catasta di servizio, trentuno giorni fa. Da allora si è spostato di 1100 miglia. — Il puntino si spostò di pochissimo. — Armonista ha alterato la regolazione del disco passatoio. Ora porta a un osservatorio sulla Mappa della Terra.

Patria del padre di Accolito. — L’ha usato?

— No.

— Dove sono i Costruttori di Città?

— Intendi i bibliotecari? Kawaresksenjajok e Fortaralisplyar e tre figli sono stati riportati al luogo d’origine…

— Bene! — Aveva avuto intenzione di farlo lui stesso.

— La biblioteca nella città galleggiante. Noto la tua approvazione. Devo rintracciare altri?

Chi erano stati i suoi compagni? Due difensori. Bram, il difensore vampiro, era morto. Armonista era… ancora impegnato, a quanto pareva. Nella Sala Difesa Meteore lo schermo telescopico del difensore seguiva un puntino in allontanamento, il veicolo lanciato poco prima. Il motore si spense, lampeggiò vividamente, si spense di nuovo. Quella era una nave da guerra e per la guerra servivano ancora motori a reazione: i moderni propulsori erano molto più lenti in accensione e spegnimento.

— Hai tenuto traccia di Valavirgillin? — chiese Louis.

La mappa saltò. — Lì, vicino alla città galleggiante e un locale centro del Popolo delle Macchine.

Bene, pensò Louis, era ben lontana dai vampiri. Non la incontrava da dodici anni. — E perché hai tenuto traccia di lei, Voce di Ultimo?

— Ordini.

Cauta domanda: — Da chi prendi ordini?

— Da te e da Armonista e da… — (Un’esplosione orchestrale caotica, di un dolce straziante, nella quale Louis riconobbe il vero nome di Ultimo.) — Ma possono tutti essere annullati da… — (Di nuovo il nome di Ultimo.)

— Armonista ha il divieto di entrare in qualche interessante livello di questa nave?

— Al momento, no.

Ultimo era ancora avvoltolato su se stesso, in stato catatonico. — Da quanto non mangia? — chiese Louis.

— Due giorni locali. Si sveglia per mangiare.

— Sveglialo.

— Come posso svegliarlo senza traumi?

— Una volta l’ho visto durante una danza. Fa’ così. Preparagli del cibo.

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