11. Il terreno ferito

La maggior parte dei Mangiatopi era appisolata nel sottosuolo dopo il pasto del mattino. Wembleth non aveva quell’abitudine. Wembleth era un viaggiatore, adattava il proprio comportamento a quello degli ospiti. Da diversi giri del cielo viveva con quei cacciatori notturni e divideva i loro pasti e le loro femmine, insegnando a tutti come fabbricare e usare utensili, cose da lui imparate altrove.

Quasi tutti gli abitanti del villaggio erano nelle case tana. Bambini più grandicelli e anziani ripulivano i resti del banchetto, con l’aiuto di Wembleth, mentre le ombre si ritraevano dal sole. Per Wembleth era una buona scelta: aveva bisogno di un po’ di sole per tenersi in salute. Fra qualche minuto sarebbero andati tutti dentro…

Il giorno si incendiò. Bambini strillarono. I Mangiatopi non sopportavano la semplice luce del giorno: come avrebbero resistito a quel bagliore? Wembleth fu costretto a socchiudere gli occhi. Prese in braccio due bambini, li riparò contro il proprio petto e gridò agli altri: - Andate dentro! - Scattò verso la casa più vicina. Gli altri avrebbero dovuto seguirlo o cercarsi la propria casa.

Nelle case dei Mangiatopi le finestre erano semplici feritoie. Wembleth depositò nel buio i bambini, ne oltrepassò altri spaventati e tornò fuori. Bambini e anziani correvano, ciechi, nell’orribile luce. I Mangiatopi anziani tendevano comunque a perdere la vista: un’anomalia che permetteva loro di andare in giro di giorno. Wembleth, a occhi socchiusi, riusciva ancora a vederci. Gli altri, no. Gli adulti erano più grossi di lui. In qualche modo Wembleth riuscì a spingerli negli ingressi.

Non sapeva quanto tempo era passato, ma l’accecante luce svanì. Un vento forte e caldo soffiò nella piazza, sparpagliò le braci del fuoco comune e si estinse. Ora un debole vento soffiava nella direzione opposta. Wembleth non trovò nessun altro, non vide più niente e allora strisciò dentro. Il buio era completo e lui aveva perduto la visione notturna e anche l’orribile luce si era affievolita. Si distese e ansimò per ritrovare il fiato. Ci sarebbe stato un cambiamento. Ce n’era sempre uno, quando le cose andavano male. Bisognava stare attenti alle opportunità che si sarebbero presentate come conseguenza.

Wembleth si accorse d’essere senza fiato, di soffocare.


L’esplosione scagliò la Snail Darter, in campo di stasi, contro una scogliera rocciosa sovrastante un’estesa foresta. Quando il tempo riprese a scorrere, la nave era diventata parte di un’immensa slavina di scisti frantumati. Molto lontano, a favore di spin, un mare di nebbia oscurava l’orizzonte e nascondeva ogni cosa, su fino alla base dell’Arco. Ancora più lontano, la nebbia si alzava in una cupola. Il limitare più vicino era un’onda d’urto ancora in pigro movimento verso la Snail Darter.

Pare la fine del mondo - disse Oliver. - Di ogni mondo. Di un mucchio di mondi.

Guardate chi c’è intorno - ordinò Roxanny.

Il detective Oliver Forrestier si impegnò con vari sensori. La Right Whale, il grosso incrociatore della ARM, si era alzato contro un bestione kzinti senza nome, un attimo prima della palla di fuoco e del totale oscuramento. C’erano state anche altre navi, ma adesso non c’era niente. - Nessuna scia di condensazione evidente - disse Oliver. - La nube emette neutrini… le ultime tracce di antimateria, direi, in diminuzione. Nessun punto di partenza. Nessuna grande nave.

La palla di fuoco si sgonfia - disse Claus, a disagio. - Come se fosse risucchiata giù.

Be’, andiamo a guardare - disse Roxanny. - Siamo rimasti senza nemici, giusto, Forrestier? L’esplosione li avrà eliminati tutti. Anche gli amici. Perciò la nostra missione è la raccolta dati. Portaci su, Claus.

La Snail Darter si alzò. Il detec Claus Raschid chiese: - Dritto dentro, Roxanny?

Tieniti basso, senza fretta. Guarda intorno. Claus, c’è un foro al centro di quella roba. Un foro nel Ringworld è una via per casa.

Roxanny, cosa ti mette così di buon umore?

Roxanny Gauthier rise di gusto. - Siamo vivi! Non basta? Guarda il solco che abbiamo lasciato. Possiamo seguirlo fino al luogo dell’esplosione. Claus, Oliver, con tutto quanto sappiamo sui campì di stasi, ci credete veramente? Ha senso poter fermare il tempo e rimetterlo in moto? Quando ho visto la luce, ho capito che ero dentro un’esplosione di antimateria. Ho pensato che eravamo morti!

Quella era una città - disse Oliver. Mosse gli strumenti sulla griglia di vie e di edifici. - Grande. Estesa, come Sydney.

Claus, rallenta e scendi - disse Roxanny. - Non vedo molti cadaveri. Dove sono i morti?

Dentro - azzardò Oliver. - Per proteggersi dall’onda d’urto. Guarda i monitor, Roxanny. La pressione dell’aria è bassa e in rapida diminuzione. Si sono nascosti per l’onda d’urto e poi…

Soffocati? - Claus non era stupido: solo, veniva da un rifiuto. - L’aria si esaurisce. Abbiamo ucciso il Ringworld. Ehi…

Avremo diecimila anni d’indagini sulla struttura per apprenderne i segreti - disse Roxanny. - Cosa fai, Claus?

Scendo. Vedo un superstite.

Sotto terra Wembleth stava soffocando. Strisciò faticosamente nella luce, ma fuori l’aria non era migliore. La luce si era ridotta a giorno pieno, ma c’era una bizzarria a favore di spin, come se avessero portato via mezzo mondo, lasciando solo nebbia e caos. Ansimando, Wembleth andò nella piazza centrale. Un’ora fa si banchettava, ora non c’era nessuno. I fuochi erano spenti. I Mangiatopi non sarebbero usciti in caso di emergenza e Wembleth non aveva una risposta migliore di loro.

Dal cielo scendeva un oggetto dalla sagoma che ricordava vagamente un argenteo uovo di vinch. Wembleth si alzò, anche se sul punto di svenire, e agitò le braccia. Nel dubbio, chiedi aiuto: era il suo istinto, sostenuto dal ragionamento sempre meno lucido. C’era gente con il potere di volare! Si raccontavano storie su quel potere, ma questa gente volava nel vento di un disastro di enorme portata. Se era in grado di farlo, qualcosa doveva pur sapere!

Bisognava portare ad altri popoli la notizia del disastro. Wembleth era caduto sulle ginocchia e sulle mani, quando due persone di specie sconosciuta scesero verso di lui. Portavano corazza dura, come i mitici Vashneesht. Gli diedero una sacca e lo spinsero a strisciarvi dentro. Wembleth obbedì. Aria sibilò nella sacca e lui poté di nuovo respirare. Non sapeva come dire ai Vashneesht che c’erano altri da salvare. Non pensò che i Vashneesht, i maghi, potessero essere la causa del disastro che distruggeva il mondo.


La gravità nei pressi di un Mondo Globo segue una legge quadratica inversa. Per contrasto, il Ringworld è una superficie piana. La gravità non decresce quando si sale e neppure la gravità dello spin o la forza magnetica, finché il Ringworld sembra meno un piano che un nastro, di centinaia di migliaia di miglia di altezza. I costruttori del Ringworld inserirono nel pavimento un merletto di cavo superconduttore. Questa griglia permette la manipolazione magnetica di eruzioni solari per provocare un effetto laser supertermico, la difesa del Ringworld dai meteoriti; ma apre anche alla levitazione magnetica l’intero Anello. Veicoli ad alimentazione magnetica potrebbero raggiungere qualsiasi altezza.

Era notte quando le aviobici si alzarono. A sessanta miglia di quota, realmente fuori dell’atmosfera, seguirono a favore di spin lo scavo. Il panorama verdeggiante divenne tempestoso, increspature e fiumane di nubi illuminate da fulmini, anziché schemi a spirale. Poi furono solo nubi ininterrotte. Il terminatore, il segno del bordo di un quadrato delle ombre, scivolò su di loro. Una falce di sole sempre più ampia divenne bagliore di mezzodì. Louis si domandò da quanto tempo non vedeva un’alba.

Sorvolarono un enorme tubo incurvato, lievemente luminoso. Equiseti di nebbia fluivano sul tubo flaccido e scomparivano nel vuoto. Il tappo di Armonista non avrebbe tenuto per sempre. Terriccio e pietre aderivano ancora al pavimento di scrith. C’erano pozze e nastri di ghiaccio spumoso, tutti devastati in uno schema radiale. Lo seguirono avvicinandosi al foro. Il bordo luccicava. Forse, forse il sistema di tessitura di Armonista stava funzionando.

— Nave spaziale — disse Accolito. — Sopra il foro.

Non c’erano gas di scarico. La nave era librata su propulsori: una sagoma cilindrica dal ventre appiattito, poco più grande del serbatoio che si era lasciata alle spalle, ma con un bulbo trasparente per muso.

— Un modello della ARM, classe Kittycatcher — disse Louis. — Un caccia “acchiappagatti”. Tre persone di equipaggio. A quest’ora ci avranno già visti.

— Ci spareranno?

— Abbiamo un aspetto abbastanza inoffensivo — rispose Louis. Cercò più che altro di persuadere se stesso.

Ologrammi in miniatura dei suoi due alleati divennero confusi, poi diventarono due prospettive di una donna dalla pelle scura, in uniforme della ARM. UNA voce da contralto echeggiò dall’altoparlante: — Intrusi, rispondete subito o sarete distrutti! Siete entrati in zona di guerra!

— Sono Luis Tamasan — rispose Louis Wu. — Mi ricevete?

— Ti riceviamo, Luis Tamasan. Accosta per favore alla Snail Darter.

— Che intenzioni avete?

— Siamo osservatori delle Nazioni Unite — disse la donna. — Cosa sai degli eventi in questa regione?

— Siamo venuti a vedere un foro nel pavimento del Ringworld.

— Il tuo compagno è uno Kzin.

Louis rise. — Accolito è un indigeno, nativo del Ringworld. Anche io sono indigeno.

La donna scrutò l’ologramma. — Sembri umano.

— Sono umano. Nato qui. Come Accolito, che è Kzin.

— Ci sono Kzinti, qui?

— Antichi Kzinti, nel Grande Oceano. — La dichiarazione avrebbe dovuto suscitare la loro curiosità.

La donna della ARM parve stizzita. — Abbiamo provato ogni ragionevole frequenza. Perché comunichi con un sistema usato dalla Flotta di Mondi?

— Burattinai hanno trovato il Ringworld e burattinai l’hanno esplorato per primi — rispose Louis, con una traccia di gelo nella voce. — I miei genitori e il padre di Accolito sono venuti qui con Burattinai di Pierson.

— Atterrate là sul bordo.

— Siamo venuti a guardare il foro. Possiamo girarvi sopra?

— Atterrate subito, figli del Ringworld!

Louis disse: — Giù, Accolito. — Abbassò l’aviobici. La donna della ARM chiese: — Accolito, parli l’interlingua?

— Sì, signora EL — brontolò lo Kzin.

— Sono al servizio delle Nazioni Unite, perciò puoi usare il mio grado, secondo pilota o detective, non Entità Legale. E io nei tuoi confronti?

— Accolito, finché non mi sarò guadagnato un nome più degno.

— Quali legami hai con il Patriarcato?

— Ne ho notizie da mio padre. Vediamo le luci della Guerra Periferica.

Le aviobici si posarono al suolo.

La Snail Darter discese con evidente cautela e toccò il suolo. Sotto la punta arrotondata si aprì una camera d’equilibrio. Ne uscì una figura umana, poi una seconda che tirò da un portello troppo stretto una sorta di bulbo, riuscendo a farlo passare. Un agente della ARM si avvicinò rapidamente alle aviobici, mentre l’altro posava il bulbo sul terriccio secco. Il bulbo era un modulo di salvataggio, un pallone pieno d’aria, con alcuni rigonfiamenti opachi dovuti ad attrezzature supporto vita. Mentre rotolava verso le aviobici, lasciava scorgere l’ombra della persona che camminava all’interno.

La Primo Detec Gauthier, facilmente riconoscibile dal casco a bolla, aveva avuto di sicuro una chiara visuale di Hanuman in grembo ad Accolito. Lo Kzin agganciò un cavo alla tuta pressurizzata di Hanuman, come per impedire al Sospeso di allontanarsi. I due smontarono e si unirono a Louis. Gauthier si sistemò davanti a loro.

— Mi sento piccolo — disse Accolito, a disagio.

Così vicino al foro, il pavimento era lucido per l’esplosione di antimateria: scrith informe, semitrasparente e liscio, artificiale e infinito. Louis e i suoi compagni erano minuscoli. Louis non aveva avuto quell’impressione, finché lo Kzin non l’aveva espressa.

— EL Accolito, EL Luis — disse Gauthier, usando la forma di cortesia anche se né Accolito né Luis Tamasan potevano essere registrati come Entità Legali — vi presento il detec Oliver Forrestier e la EL Wembleth. Io sono la detec Roxanny Gauthier. — Aveva addolcito le maniere.

Il detec Forrestier, secondo ufficiale di volo, era grosso e pallido, forse un abitante della Fascia cresciuto in ambiente a bassa gravità. Aveva ricci color ruggine tagliati corti, come Gauthier. Sorrise e toccò il guanto con l’uomo e poi con lo Kzin. — Lieti di trovarvi — disse.

— Potete prendere Wembleth al posto nostro? — disse Gauthier. — Non abbiamo spazio.

— È una nave per tre persone — spiegò Forrestier.

— Cos’è Wembleth? — chiese Louis. — Un indigeno?

Wembleth era rimasto più indietro. Non pareva infastidito di far rotolare un pallone camminandovi dentro, ma non poteva certo correre. Quando cercò di fermarsi, il pallone continuò a muoversi. Wembleth cadde e si rialzò senza imbarazzo. Forse era collegato e ascoltava, ma restava in silenzio.

— L’abbiamo trovato dove l’aria si rarefaceva — disse Forrestier. — Cadaveri e cunicoli schiacciati tutt’intorno a lui. Riconoscete il tipo?

— La sua specie? — disse Louis. Esaminò Wembleth.

Wembleth batté le palpebre, come se provasse fastidio per la luce, ma incrociò lo sguardo di Louis senza trasalire. Era venti centimetri più basso di Louis, sul metro e sessanta. Portava abiti di stoffa, brache e un’ampia camicia con tasche applicate, color sabbia. Era scalzo, con piedi grandi e callosi e unghie puntute che parevano armi. Aveva pelle più scura di Louis e più chiara di Roxanny Gauthier, piena di rughe nelle mani, faccia e collo. Spessi peli bianchi e neri gli nascondevano gran parte del viso. Gli ornamenti azzurri a volute sulla fronte e sulle guance erano forse tatuaggi rituali o frutto di evoluzione mimetica naturale. Wembleth sorrideva, interessato, mentre una qualsiasi persona normale probabilmente si sarebbe rincantucciata per il terrore.

— Non conosco questa specie particolare — disse Louis. Non aveva incontrato indigeni nel raggio di centinaia di milioni di miglia, ma lo tenne per sé: ancora non aveva deciso quanto Luis Tamasan avesse viaggiato. — Nel Ringworld ci sono migliaia di specie ominidi, forse decine di migliaia, per la maggior parte intelligenti. Wembleth rientra nella media della corporatura. Anche il colore della pelle è molto comune. I denti… — Wembleth sorrise e Louis trasalì.

I denti di Wembleth erano guasti e scoloriti. Quattro mancavano. Però c’erano ancora tre canini. Louis chiese: — Carnivori?

Detec Gauthier si strinse nelle spalle. — Gli abbiamo dato una tavoletta delle razioni standard. C’è anche una taratura per carne cruda, ovviamente, nel caso che ci capiti un prigioniero kzinti. Ha mangiato un po’ di quella.

— Allora possiamo nutrirlo — disse Louis. — Anche se la sua ecologia è morta.

— Bene — disse Forrestier. — Un’altra cosa. Ditemi tutto ciò che potete su questo. — Mosse le braccia a indicare la zona intorno.

“La catena montuosa comparsa all’improvviso” pensò Louis. La prima domanda ovvia, eppure non aveva preparato una risposta. Improvvisò. — L’abbiamo vista scendere. Su cose di questa scala, la scala del Ringworld, nemmeno i miei genitori hanno molto da dire. Chiron ci ha mandati ad apprendere di più.

— Chiron?

— Portò qui mio padre. Un burattinaio.

— Ah. Vieni qui, Luis. — Si diresse verso il foro, lontano un paio di metri. Louis si mise a seguirlo. Forrestier si fermò, punta dei piedi troppo vicina al bordo. Da lì il foro era ancora un abisso senza fondo, del diametro di dieci o quindici miglia. In diminuzione. Era difficile mantenere a fuoco il bordo: quando Louis mosse la testa, il bordo divenne confuso e luccicò di luce tremula.

— È normale? — chiese Forrestier.

— Non ho mai guardato in uno strappo nel pavimento del mondo — disse Louis. — Mette paura. — Non era una bugia vera e propria. Aveva visto il cratere Pugno-di-Dio… ma “Luis” no.

Gauthier disse: — Bene, pare che si ripari da solo. Avviene sempre? Nel corso degli anni abbiamo visto alcune di queste tempeste a clessidra esaurirsi. Crediamo che siano fori e perdite d’aria.

Louis corrugò la fronte, assumendo l’espressione di chi non capisce. Ricordò una parola di zone molto lontane, usata per “stregone”, ma che significava “Difensore”. — Vashneesht — disse. — Ci sono segreti che non conosceremo mai.

— Oliver — disse il detec Gauthier — vieni via da lì! Luis, Accolito, rizziamo una tenda?


Roxanny e Oliver portarono fuori della camera d’equilibrio un pacco voluminoso. Lo deposero sullo scrith e lo ormeggiarono grazie ai bordi adesivi. La tenda si gonfiò da sola, torcendosi e cercando di rotolare, perché ovviamente l’adesivo non faceva presa sullo scrith. Roxanny lasciò Oliver a sbrigarsela con quel problema e andò al modulo cucina.

Oliver vide che cosa faceva ed esplose: — EL Gauthier, sei schizza? Non possiamo perderlo!

— Se ne facciamo a meno per qualche ora viviamo lo stesso.

— Perché hai cercato di dare via Wembleth? Un nativo del Ringworld! È una scoperta fantastica.

— Wembleth è un tesoro, d’accordo. Rimpiango di non poterli prendere entrambi, ma lui è pur sempre un semplice indigeno. Non sa abbastanza. Voglio Luis Tamasan! Prenderei lo Kzin, se potessi sistemarlo sulla nave, ma non posso, perciò prima lo interrogheremo.

— Roxanny, è sempre uno Kzin!

— Hai paura? È solo un ragazzo. Tutt’e due sono ragazzi. I loro genitori erano sul Ringworld prima della Flotta e i ragazzi ne avranno sentito parlare da quando sono nati.

Oliver rifletté. — Cosa faranno i loro genitori per riaverli?

— Forse scopriremo anche questo, quando sapremo tutto quello che sanno. — Sorrise. — Ollie, hai visto l’espressione sul viso di Luis? Pareva…

Oliver aveva visto e mostrò nella voce il proprio risentimento. — Sì, pareva che non avesse mai visto una donna, prima. D’accordo, Roxanny, fa’ a modo tuo. Strisceremo nella tenda insieme con uno Kzin e per la legge di Finagle lui sarà il primo a nutrirsi! Ma abbiamo ottenuto più dati di quanti dovevamo raccogliere e il problema adesso è riportarli a casa!


Quelli della ARM erano impegnati a rizzare la tenda. Nessuno guardava Louis, quando la miniatura di Armonista saltò fuori sul cruscotto. — Ho urgente bisogno di sapere se il sistema di tessitura funziona — disse il difensore. — Il foro si riduce? Quali drastiche decisioni devo prendere per salvare qualcosa? Vi devo avvertire di stare attenti a non cadere nel foro.

Louis si domandò se la Snail Darter o la nave madre origliavano. La linea era privata, ma le piccole teste di ologramma erano visibili. Louis rispose rapidamente: — Il foro si sta chiudendo. Si sta chiudendo davvero. Abbiamo compagnia. — Spense lo schermo olografico. Ora Armonista poteva solo ascoltare.

La tenda si era gonfiata, formando un tubo con una grossa camera d’equilibrio, una nicchia per attrezzature da vuoto, un ambiente da soggiorno e argentee pareti che nascondevano di sicuro un gabinetto. Gauthier da dentro e Forrestier da fuori aiutarono gli altri a entrare.

Accolito portò in braccio Hanuman, ma non gli tolse la tuta pressurizzata. — La tuta provvede alle faccende igieniche — spiegò. Hanuman disse l’unica parola nella lingua della sua specie: — Ook.

Gauthier si era tolta il casco, ma non la tuta. Oliver l’aveva imitata. I due ARM non parevano eccessivamente sospettosi. Louis e Accolito aprirono il proprio casco. Tutti si sistemarono intorno a un piccolo convertitore di cibo.

Wembleth parlò in una lingua che Louis non aveva mai udito. Da una delle sue tasche provenne la voce di un traduttore automatico: — Bene, qui c’è molto più spazio. — Tirò la cerniera del modulo di salvataggio e con un sospiro di soddisfazione si contorse e scivolò fuori.

— Wembleth è il numero quattro in una nave per tre persone — spiegò Forrestier. — L’abbiamo trovato in mezzo ai cadaveri di una specie più grossa e più irsuta, mentre boccheggiava come un pesce sulla spiaggia, ma era in piedi e si trascinava verso di noi appoggiandosi a ogni muro non distrutto dalla tempesta. L’abbiamo interrogato, sa cose che ci servono, ma non possiamo decollare in queste condizioni, EL Luis. Dobbiamo difenderci.

— Lo porteremo dove può vivere — disse Louis.

— Troveremo un modo per agganciare al vostro apparecchio volante il suo modulo di salvataggio. Non abbiamo una tuta che gli si adatti.

Gauthier distribuì tavolette standard prodotte dal convertitore. Dopo qualche regolazione, diede ad Accolito una tavoletta che gocciolava sangue e a Hanuman una che profumava di frutta. — È la sola cucina che abbiamo e funziona anche da automed. In volo, in tempo di pace, la tenda sboccia dallo scafo. Se non possiamo dispiegarla, non abbiamo nemmeno lo spazio per muoverci. La guerra è un inferno. Volete da bere?

— Tè? — disse Louis. — Succo di frutta?

— Birra.

— Meglio di no. E poi Accolito è troppo giovane.

Accolito ringhiò.

Roxanny rise. — Senti chi parla, Luis!

“Crede che sia giovane” pensò Louis. — Sì, EL — rispose.

Roxanny distribuì contenitori da spremere: una bevanda al gusto di mirtillo per Louis, brodo per Accolito e Wembleth. — Siete cresciuti tutt’e due sul Ringworld. Vostro padre vi ha parlato dei pianeti?

— Abbiamo imparato la fisica a quel modo — disse Accolito. — Mio padre, Chmeee, ha cercato di mostrarmi cos’è una tempesta di Coriolis, un uragano. Non sono sicuro d’avere capito.

— Mi piacerebbe vedere la Terra — disse Louis. Una nave spaziale funzionante! La sua prima occasione di disertare da quando l’odioso Bram l’aveva trovato… no, da prima ancora. Da quando aveva tagliato in due il motore iperspaziale della Needle! Doveva esserci un modo per parlare a Roxanny Gauthier in separata sede.

La tuta di lei non era aderente, faceva solo intuire una sagoma che gli stringeva il cuore. Donna robusta, un’atleta. Faccia austera, mento quadrato e naso dritto. Sulla cinquantina, giudicò Louis, basandosi sul linguaggio del corpo e sulla deferenza di Forrestier… a meno che non fosse semplice questione di grado. Aveva capelli radi e un ciuffo nero sulla fronte, probabilmente si depilava o si rasava periodicamente. Dopo tutti gli ominidi incontrati, Louis rimase sorpreso di provare tanto desiderio di vedere una donna.

Ma lei gli rivolse una domanda. — Sai qualcosa di una grossa nave trasparente?

Louis scosse la testa. Accolito fu un po’ meno prudente. — Come una nave della General Products? — disse. — Cosa vedremmo, una bolla di vetro?

— Sì, una grossa bolla di vetro. Cosa sai degli scafi della General Products?

— Il padre di Luis è giunto qui su un n. 2 — disse Accolito. Troppi particolari, pensò Louis, con il timore che lo Kzin prima o poi si sarebbe contraddetto; ma di sicuro Chmeee aveva descritto al figlio la Liar, uno scafo n. 2, quando gli aveva parlato della prima spedizione. E poi Accolito si stava divertendo.

— Una grossa bolla di vetro piena di meccanismi — disse Gauthier. — Macchine enormi.

— O quattro scie fiammeggianti nel cielo — aggiunse Forrestier. — Ha quattro motori a fusione. È stata rubata, forse dal tuo Chiron.

— Chiron non ci racconta tutto. Anzi, poco o niente.

— In realtà è stata rubata due volte — disse Roxanny. — Prima dagli Kzinti, poi agli Kzinti. Non l’abbiamo vista giungere nel Ringworld, ma pensiamo che si trovi qui. La rivogliamo.

— Parlateci della spedizione di Chiron — ordinò Oliver.

Louis improvvisò. — Papà dice d’averci messo due anni ed era tutto rattrappito. — Doveva attenersi a ciò che era possibile… — Mia madre giunse con la prima spedizione. Dice che la Lying Bastard era in origine uno scafo n. 2, poi accresciuto a dismisura, diventando più grande ogni volta che un burattinaio pensava un nuovo sistema di sicurezza. Alla fine aveva la forma di una grossa ala con al centro il cilindro della General Products. Il campo di stasi includeva il cilindro, ma hanno perduto tutto ciò che c’era nell’ala. — Notizie che erano di sicuro negli archivi della ARM, comprese le ipotesi dello stesso Louis Wu. E la sua descrizione di Chiron.

— Così, quando Chiron costruì la sua nave, infilò ogni cosa nello scafo — disse Accolito. — Ci sono stato, ma quando ero alto solo così, e già non c’era più spazio per muoversi…

— Ci piacerebbe parlare con Chiron — disse Oliver. — Dove possiamo trovarlo?

— Chiron ci ha detto chiaramente che non dobbiamo dire a nessuno come trovarlo — rispose Accolito.

Oliver si rivolse a Roxanny. — La Long Shot era nelle mani degli Kzinti. I burattinai potrebbero trovarlo doloroso, non credi? Un burattinaio potrebbe agire per riprendersela. — A Louis chiese: — La nave di Chiron ha un nome?

— La chiamò Paranoia - rispose Louis, tutto serio.

— Armi?

— La Paranoia non è armata, a parte qualche utensile che potrebbe essere usato come arma. Non dobbiamo parlarne.

— Da quale parte del Ringworld è scesa? Vicino al Grande Oceano, dove la prima spedizione scaricò Teela Brown?

— Non posso dirlo.

— Ragazzo, a quanto pare non hai niente da scambiare — disse Roxanny. — Cosa vorresti sapere da noi? Chiron ti ha detto quali domande fare?

— Vuole sapere se il Ringworld guarirà. Vedo che il foro si aggiusta da solo. Comunque, cosa puoi dirci della Guerra Periferica? Sta per andarsene?

— Non credo — rispose Roxanny.

— O diventerà così estesa e violenta da distruggere ogni cosa?

— Questo non deve avvenire — disse con fermezza Roxanny.

Oliver rise. Roxanny si guardò intorno, infastidita, e Oliver disse: — Solo un pensiero casuale. Luis, quanti anni hai?

Louis aveva previsto di passare per un trentenne, ma i due della ARM parevano convinti che avesse appena superato la pubertà. Per qualche ragione, ne era contento. Tanj, perché no? Disse: — Ottanta falan e un pezzetto.

— E un falan sarebbe?

— Dieci rotazioni del cielo.

— Circa 75 giorni? — disse Oliver. — Di 30 ore? — Mormorò in un computer da tasca, più grosso della versione per civili. — Allora hai circa vent’anni, tempo terrestre. Io ne ho quarantasei. Roxanny?

— Cinquantuno — rispose lei, senza esitazione.

— Assumiamo la droga della vita, naturalmente, per non invecchiare — disse Oliver. — Mi era venuto in mente, Luis, che lei è la prima donna che hai mai visto, a parte tua madre.

Roxanny sorrideva con riluttanza. E Louis era arrossito, consapevole a un tratto d’avere tenuto troppo gli occhi addosso a Roxanny Gauthier, d’essersi avvicinato a lei più di quanto non giustificasse lo spazio ristretto, di non riuscire a guardarla e a parlare con coerenza. Di sicuro l’aria era satura di feromoni… quelli di Roxanny e anche quelli di Oliver. E siccome Oliver era il primo maschio umano che avesse visto o fiutato in venti e passa anni (non c’era spazio per una doccia a bordo della Snail Darter) non doveva sorprendersi se si sentiva eccitato e minacciato al tempo stesso.

— Chiedo scusa — disse e si tirò indietro di due tre centimetri.

Pensò che l’intimidazione poteva assumere varie forme. I due volevano informazioni che lui avrebbe dovuto inventarsi, tuttavia…

Roxanny si mise a ridere, spensierata. — Di niente — disse. — Luis, ti piacerebbe vedere la Snail Darter? Accolito, non possiamo portare a bordo anche te. Non c’è spazio. Luis ti racconterà dopo.

Hanuman incrociò lo sguardo di Louis, ma rimase in silenzio. Wembleth e Accolito avevano iniziato una conversazione a spizzichi. Wembleth era affascinato dallo Kzin. Louis chiuse la piastra facciale e seguì fuori i due della ARM.


La nave non aveva un briciolo di spazio libero. Tre sedioli di schiena l’uno rispetto agli altri intorno a una colonna centrale. Uno era occupato. Accanto al portello della camera d’equilibrio c’era una nicchia per la tenda ora montata fuori. Un buco nel pavimento portava a una cavità della grandezza di una persona: la Sala Armi e Missione.

Roxanny entrò per prima, occupò il secondo sediolo. — EL Luis Tamasan, ti presento il secondo detec Claus Raschid — disse. — Claus, lui è Luis. Non un vero e proprio indigeno.

Claus si girò e tese la mano. Era più scuro di Roxanny, più alto di Oliver e aveva braccia molto lunghe. — Luis, sono il pilota. Siediti qui.

Louis si era augurato di poter parlare in privato a Roxanny o addirittura a Oliver. Invece tutt’e due lo avevano accompagnato, un po’ troppo da vicino per i suoi gusti, lasciando Accolito e Wembleth (e Hanuman) da soli nella tenda. Si sistemò nel terzo sediolo. Sentì lo spostamento di piani che si conformavano alla sua altezza, al suo peso e all’ingombro della tuta pressurizzata. Sediolo di base: non gli si adattava alla perfezione.

Roxanny Gauthier batté un’istruzione sui braccioli del sedile, usando tutt’e due le mani. Una rete antiurto avviluppò Louis prima che potesse muoversi. Il campo di forza di una rete antiurto avrebbe protetto il passeggero in caso di collisione, ma era utile anche per lavori da centrale di polizia.

Louis non reagì subito: cosa avrebbe fatto il Luis che impersonava? Sarebbe impietrito per il panico, almeno quanto bastava per pensare a una soluzione. E poi?

— Serve solo a proteggerti — disse Roxanny, con un sorriso da gatta. — Avevi detto che ti sarebbe piaciuto vedere la Terra.

Oliver entrò dalla camera d’equilibrio e poi scivolò giù nel boccaporto e si sistemò nel quarto sediolo. La Sala Missione e Armi lo rivestiva come un guanto.

Louis si dimenò un poco, il massimo permesso dal campo di forza. Chiese: — Andiamo sulla Terra?

— Torniamo alla Gray Nurse, almeno — rispose il terzo detec. — Saremo lì in un’ora. E sarà meglio. Roxanny, ti sei lasciata dietro il convertitore di cibi.

— Non potevamo fare altro.

Stet, ma se tutto va storto… stet. Luis, la portaerei Gray Nurse è la nostra prima fermata e altri, non noi, decideranno dove andrai da lì. M’aspetto che sia la Terra o almeno il sistema di Sol. Potrai dirci qualcosa, mentre siamo in viaggio. Ora Chiron non può fermarti. Sarai il secondo nativo del Ringworld a entrare nello spazio umano.

— Non attraversate quel foro — disse Louis.

Tutt’e tre i detec della ARM girarono la testa a guardarlo. — Perché no? — chiese Roxanny.

Bella domanda. Louis Wu era sicuro che Armonista non avrebbe permesso a una nave spaziale della ARM di fuggire così facilmente. L’avrebbe bloccata in qualche modo… ma perché Luis Tamasan avrebbe detto una cosa così in contrasto con il proprio personaggio?

Rispose: — Chmeee dice d’avere lasciato il mondo passando dal Pugno-di-Dio. Mio padre entrò da un altro foro. Nessuno dei due ha visto niente di simile a quel… luccichio. Il Pugno non si sta riparando da solo, no? Questo foro, invece sì.

— Anche il Pugno-di-Dio — disse Claus. — Quel cratere si è chiuso da solo qualche settimana prima che noi ce ne accorgessimo. Pensavamo che tu potessi parlarcene.

Di sicuro Armonista ha provato il sistema di tessitura, pensò Louis. Nei panni di Luis, rimase in silenzio.

Claus Raschid aveva acceso uno schermo virtuale. — Noi siamo qui. Luis, cerca di seguire il discorso. Il foro più vicino a noi noto dista un milione di miglia. Troppo lontano. Ci rintraccerebbero sulla superficie. Ogni specie della Guerra Periferica vuole noi almeno quanto noi vogliamo te, per apprendere quanto potremmo conoscere. Ma potremmo fuggire se attraversiamo immediatamente, proprio qui, a motori spenti! — La nave si sollevò. — Qui è dove la nostra nave madre, la Gray Nurse, ci aspetta, nel buio, contro il pavimento del Ringworld…

Sotto di loro Oliver gridò: — Raschid! A che gioco stai giocando?

Louis cercò di gridare più forte. Impazziva, a essere immobilizzato. — Buttateci dentro qualcosa, prima! Guardate che fine fa!

— Riporto tutti a casa — disse Raschid a Oliver. La nave deviò di lato. Ora si trovava sopra il foro. — Fonti d’energia disinserite. Se avessi il serbatoio ausiliario, Luis, lo sgancerei, ma non c’è più.

Erano in caduta. Louis scorse la tenda isolata sullo scrith. Quelli laggiù erano a posto, pensò, avevano Hanuman come guida. Il foro divenne più esteso. Era pieno di stelle.

La Snail Darter cozzò contro qualcosa che cedette. Le reti di sicurezza spinsero in su e all’indietro quelli che lo avevano catturato. Louis sentì il cervello saltargli nel cranio. Non nuovo all’esperienza, fu il primo a ricuperare… però sempre immobilizzato. Sentì Oliver urlare sotto di lui.

— Cosa abbiamo colpito? — gridò Claus.

— Portaci fuori, portaci fuori! — strillò Roxanny.

Sistema di tessitura, l’aveva chiamato Armonista. Quanto erano solidi i fili di scrith? Abbastanza da bloccare un’astronave in caduta? Ma avrebbero inciso lo scafo. Il foro era di sicuro un merletto di fili.

— I propulsori sono morti — disse Claus.

— Dove si trovano? — domandò Louis.

Claus piegò il collo per rivolgergli un ringhio. — Sono sul fondo, vero? — disse Louis. Una vecchia abitudine: i costruttori d’astronavi tendevano a mettere i propulsori dove avrebbero messo i razzi. — La cosa che è nel foro, che rammenda il foro, taglia a pezzi i propulsori. Affonderemo. Quanto ci vorrà perché raggiunga le fonti di energia? Cosa usate per fonte d’energia? Dove si trova? — Chiacchiere, le sue erano solo chiacchiere. Come mai il campo di stasi non era entrato in funzione? A parte il fatto che in quel caso sarebbero rimasti lì in eterno.

Claus si riprendeva lentamente. Roxanny Gauthier disse: — A mezza nave. Una batteria. Se qualcosa la incide…

La nave stava realmente affondando nel foro, centimetro dopo centimetro. Peggio, cominciava a ribaltarsi. Claus li fissava, senza capire. Quando capì, lanciò un urlo di terrore. Le sue mani danzarono sui comandi.

— Aspetta! — gridò Roxanny.

Il boccaporto nel pavimento si chiuse. Il grido di Oliver fu troncato di netto.

Un motore a razzo rombò. La sezione di cabina si staccò e si alzò rapidamente, traballò, poi si stabilizzò. Claus prese i comandi manuali e la cabina si inclinò di brutto, cadde, si raddrizzò.

— L’hai ucciso! — gridò Roxanny. — Oliver!

— Era seduto nel posto sbagliato — replicò Claus, con uno sguardo di odio a Louis Wu nel sediolo di Oliver. Poi, a Roxanny: — Non eri tu a gridare: “Portaci fuori”?

La tenda sbatacchiò nei vapori di scarico mentre il modulo di fuga atterrava con un colpo sordo. Il contraccolpo spinse avanti di parecchi centimetri Roxanny e Claus, prima che la rete di sicurezza li fermasse. Attraverso la parete della tenda Louis scorgeva che Accolito e Hanuman aprivano il modulo di salvataggio per far entrare Wembleth.

Una luce brillante avvampò nella direzione del foro. Poi quel lato della cabina si annerì. Louis urlò: — Roxanny, liberami!

— Aspetta che passi, Luis. Un’onda d’urto colpì la cabina.

— Là fuori stanno morendo! Liberami! Claus! Claus disse: — Ecco fatto. — Mosse la mano e Louis fu libero. Rotolò giù dal sediolo e nella minuscola camera d’equilibrio.


La tenda era spiaccicata in pezzi come un pallone esploso. La raffica aveva sparpagliato il contenuto. Wembleth e il modulo di salvataggio rotolarono piano passandogli davanti, con Wembleth che si dimenava come panni in un’asciugatrice dell’età del petrolio, mentre Louis si contorceva per uscire dalla camera d’equilibrio. Accolito cercava di rimettersi in equilibrio, cadeva, riprovava. Hanuman non era in vista. Wembleth aveva ripreso i sensi: adesso era strettamente raggomitolato, ma rotolava ancora.

— Accolito, stai bene? La pressione è a posto?

— La tuta regge. Vedi Hanuman?

— No.

Wembleth era il più vicino. Louis accese i jet d’assetto, ricadde più avanti di lui e corse lungo il pallone, spingendo per fermare il suo spin. Il Ringworld cercò d’aiutarlo. Lo fermarono, anche se Wembleth era fuori equilibrio… perché Hanuman era avvinghiato a lui, faccia contro il petto. Hanuman aveva ancora la tuta a pressione.

— Accolito, li ho presi tutt’e due.

Tornarono verso la tenda in rovina. Accolito, Claus e Roxanny si avvicinarono. Roxanny portava un oggetto pesante, un mattone oblungo tenuto stretto al seno. Il convertitore di cibi non si era spostato. Pareva intatto. Lo agganciarono all’aviobici di Louis e a quella di Accolito legarono il modulo di salvataggio di Wembleth. I due della ARM davano ordini come se fossero ufficiali superiori. A un certo punto Louis chiese: — C’è qualche motivo per prendere il vostro veicolo di fuga? Non credo che i motori di aviobici siano all’altezza.

— Lascialo perdere — disse Roxanny. — È morto.

L’esplosione della batteria del caccia forse ha danneggiato il sistema di tessitura, pensò Louis. Bisognava informare Armonista… ma il difensore era già informato, a voce e via telecamera. Solo, non poteva rispondere. E a Louis andava bene così.

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