CAPITOLO III

Su un punto Forzon aveva ottenuto qualche informazione utile.

L’Ente Relazioni Interplanetarie aveva sempre operato più come un ordine segreto che come un dipartimento governativo. Poche persone estranee all’Ente sapevano quale fosse la sua funzione. Ma chiunque viaggiasse e lavorasse lungo le frontiere spaziali si rendeva subito conto che l’Ente vi esercitava un potere assoluto. Si diceva che perfino un ammiraglio della flotta spaziale chiedesse il permesso all’ERI se doveva manovrare oltre il confine.

Forzon ne capiva ora il perché. Il compito dell’Ente era quello di guidare i mondi verso la loro associazione alla Federazione, senza farglielo sentire. La cosa sarebbe stata impossibile se, su di essi, fossero piovuti in continuazione, dallo spazio, i commercianti, gli esploratori, gli scienziati, i vari rilevatori governativi, le astronavi in pericolo… senza parlare dei turisti smarriti. Perciò l’ERI montava la guardia alla frontiera.

Sul pianeta Gurnil c’era un continente, il Kurr, tuttora governato da un monarca. Ciò ritardava, da molto tempo, l’ammissione di mondi adiacenti perfettamente idonei. L’Ente era in un pasticcio. La situazione, chiaramente, esigeva delle misure drastiche; ma qualcuno, al Comando Supremo dell’Ente, in un momento di panico, doveva avere premuto un pulsante di emergenza.

Un intendente culturale di settore, al comando della squadra operativa del Kurr? Era esattamente come affidare a un ufficiale ERI un progetto di rilievo culturale. Forzon, da quel che aveva potuto già vedere, in merito al modo in cui l’Ente trattava le cose dell’arte, sapeva che cosa ne sarebbe venuto fuori.

Poiché non aveva la minima idea di quel che ci si aspettava da lui, era deciso a dare all’Ente l’unica cosa di cui sì intendeva veramente: un rilievo culturale. Preparò un campione dei moduli di rilievo e lo portò alla segretaria di Rastadt pregandola di tirare un migliaio di copie di ciascuno per cominciare. Il giorno dopo il campione era sempre lì, sull’angolo della scrivania. Forzon vide Wheeler, gli parlò fuor dei denti, e Wheeler, col pianto in gola, gli promise di tirare le copie lui stesso.

Forzon tornò a dedicarsi al corso di lingua, studiando con zelo, non aveva null’altro da fare; ma i suoi pensieri andavano verso la ragazza dal torru, appartenente alla Squadra B, che, secondo Wheeler, non c’era. Chissà se l’avrebbe rivista?


Venne di notte.

Una mano fredda e un sussurro svegliarono Forzon, strappandolo da un sonno agitato. Si sedette d’un balzo sul letto e cercò a tastoni l’interruttore.

«Non accendete!» gli mormorò.

Udì il fruscio della sua vestaglia e il suo respiro rapido, colse l’odore leggero di un profumo sconosciuto, ma non riuscì a vederla.

«Parto in volo domani» gli disse.

«Di giorno? Credevo che gli indigeni dovessero ignorare la presenza dell’ERI.»

«In Kurr sarà notte.»

«Naturalmente. Sapete che sono il nuovo comandante della Squadra B? Forse potrei venire con voi.»

«No!» ribatté fulmineamente. Poi aggiunse con tono di ovvia incredulità: «Il nuovo… comandante della Squadra B

«Così dicono gli ordini.»

«Molto interessante.»

Forzon cercò di evocare l’immagine della ragazza nel buio fitto della stanza. Ricordava perfettamente il suo viso, la dolce curva della guancia, la delicata perfezione del nasino voltato in su, quando l’aveva visto di profilo, china sul torru, con la fronte un po’ aggrottata per l’attenzione concentrata delle dita agili.

«Non venite con me» disse lei «sarà meglio che nessuno sappia che ci conosciamo.»

«Ci conosciamo? Non so neanche il vostro nome.»

«Ann Cory. Ufficialmente, Gurnil B-627.»

«Va bene, Gurnil B-627. Che cosa fate, nella Squadra B?»

«Fra le altre cose, sono una maestrina di musica a Kurra, capitale di Kurr. Do lezioni alle ragazze più o meno dotate della buona società.»

«Di quante persone si compone la Squadra B?»

«Circa duecento.»

«Due… cento? Non sapevo vi fossero tanti agenti in Kurr. Tutti travestiti da indigeni, suppongo?»

«I membri di una squadra dell’Ente non si travestono» disse freddamente. «Noi siamo degli indigeni quando siamo nel Kurr.»

«Capisco. Duecento… Be’ sparsi per tutto il territorio forse non è neanche tanto.»

«Il coordinatore non vi ha fornito le informazioni?»

«Wheeler mi ha portato un manuale, che gli ho restituito subito. E mi ha detto qualcosa della situazione. Ne deduco che il popolo di Kurr è perfettamente soddisfatto della sua sorte, altrimenti non si spiega perché l’ERI abbia faticato invano per quattrocento anni. So anche che Re Rovva rifiuta ostinatamente di prendere iniziative che scontentino il popolo. Io vedo le cose sotto il profilo culturale, e questo vi parrà forse un tradimento; ma mi sembra che quando un popolo è felice e contento (e i Kurriani lo sono, si vede dalla loro arte) l’ERI non abbia da intrufolarsi per obbligarli a cambiare governo.»

«Una delle cose che dovrete vedere in Kurr» disse lei dolcemente «sono le moncopoli, abitate unicamente da persone che hanno irritato il re e alle quali è stato mozzato il braccio sinistro sino al gomito. È un piacevole passatempo, al quale il re si dedica quando vuol divertire se stesso e la corte. Basta che qualcuno starnuti quando il re ha ordinato il silenzio, o lasci cadere un vassoio servendo in tavola… Non guarda in faccia a nessuno, neppure ai suoi ministri. Vi sono dei re buoni e dei re cattivi, e noi dell’Ente ci troviamo talvolta a far di tutto per rovesciare un monarca benevolo che personalmente stimiamo, È il sistema che è sbagliato. Un monarca ideale può avere per successore un mostro.»

«D’accordo. Il sistema è sbagliato e dev’essere mutato. Ma ad opera del popolo stesso. La democrazia dall’esterno…»

Si interruppe. La gonna della ragazza frusciava leggermente quando muoveva i piedi, ma lei rimaneva invisibile. «Sto studiando la lingua» disse Forzon. «Ancora un giorno e la saprò benino. Fra due giorni la parlerò correntemente. È una lingua facile. È più facile imparare la lingua che imparare a camminare con gli abiti sacerdotali che i vostri colleghi mi hanno affibbiato. Inciampo continuamente. Anche quell’orrendo naso falso, non mi va proprio. Però se i Kurriani sono afflitti da un’appendice nasale così monumentale, temo che senza di quella mi si noterebbe troppo.»

Forzon non avrebbe voluto dirglielo, ma ciò che più temeva nel presente incarico, era di incontrare Ann Cory con quel naso kurriano che sfigurava il viso.

«Quali abiti sacerdotali?» gli chiese Ann.

Forzon sospirò. «Laggiù sarò una specie di santone errante. Rastadt mi ha detto che ce ne sono molti nello stato del Kurr, e questo travestimento mi darà una tranquillità assoluta perché nessun indigeno oserà guardarmi in faccia due volte e ancor meno rivolgermi la parola. Immagino sappiate tutto di queste cose.»

«Tutto no, veramente. A Kurra non se ne vedono molti.»

«Esatto. Evitano le città che considerano cloache di miscredenti. Prima di potermi recare a Kurra mi occcorrerà una seconda identità. Anche voi avete una seconda identità?»

«Naturalmente. Ogni agente della Squadra B ha varie identità.»

«È consolante, perlomeno mi potrò disfare di quegli ingombranti paludamenti. Mi toccherà purtroppo portare quel naso durante tutto il tempo in cui sarò nel Kurr.»

«Vorrei sentire come ve la sbrigate a parlare» gli disse.

Forzon le lanciò un saluto in kurriano: «Salve cittadina!» Poi si dilungò sul tempo, sul prossimo raccolto e sul previsto arrivo dell’esattore delle imposte. Lei lo lasciò finire e non aggiunse alcun commento.

«Che cosa c’è» le chiese «il mio accento non va?»

«No, l’accento va benissimo, anzi è notevole, considerato il poco tempo che avete avuto a disposizione. Vi consiglio di attendere tre giorni prima di farvi portare in Kurr.»

«Perché tre giorni?»

«Per prudenza. Avremo così il tempo di preparare la vostra venuta.»

«La Squadra B è già informata della mia venuta. Sarò sbarcato in un luogo remoto dove non esistono santuari e quindi non sarò costretto a officiare funzioni religiose, né dovrò benedire gli indigeni, anche se mi sentissi benevolmente portato a farlo, il che non credo. Non posso cominciare a lavorare se non sono pronti i miei moduli. Ma sono certo che laggiù sarò in grado di raccogliere dei dati di prima mano più presto di quanto lo potrei fare qui alla base.»

«Quali moduli?» disse lei.

«I moduli per il rilievo culturale.»

Vi fu un altro silenzio rotto solamente dal soffice fruscio della gonna. Poi lei si decise a parlare. «Aspettate ancora tre giorni e non dite a nessuno che avete parlato con me. Vi vedrò in Kurr.»

Se ne andò e non si udì neppure il rumore dell’uscio che si chiudeva.

“È stato un saggio colui che ha scritto che se si tien dietro a un enigma abbastanza a lungo, si giunge inevitabilmente alla sua fine o al suo principio. Non ha detto, però, se si tratta della fine dell’enigma o di quella dell’inseguitore. Non mi piace. È già antipatico avere l’impressione di essere manovrati dagli altri. £ addirittura insopportabile non sapere da chi, e a quale scopo.”


Rimase nella sua stanza tutto il giorno successivo, concentrandosi nello studio della lingua. Ogni tanto una ragazza in uniforme gli passava un vassoio colmo di roba da mangiare e scappava con una fretta sgarbata che solo il timore di essere divorata in luogo della colazione poteva giustificare.

Il mattino dopo, si recò alla sezione amministrativa. L’impiegata dell’ingresso lo guardò con aria diffidente. Forzon la ignorò. Cominciava ad abituarsi alle occhiate sospettose. Andò direttamente nell’ufficio del coordinatore dove la segretaria lo informò freddamente che il coordinatore era indisposto.

«E il vice-coordinatore Wheeler?» suggerì Forzon.

«È in missione, oggi.»

«Squadra A o Squadra B?»

La ragazza alzò le spalle. Forzon non continuò il discorso. In fondo se ne infischiava. Raggiunse invece la stanza segnata Comando Squadra B, aprì la porta, guardò dentro. Le tristi rilegature degli atti ufficiali si allineavano sugli scaffali e, fila su fila, coprivano le pareti sino al soffitto. Gli stipetti circolari per gli schedari gremivano il pavimento, e su di essi si ammucchiavano delle scatole. Era il degno sepolcro dei resti disseccati di quattro secoli di insuccesso costante.

Forzon non esitò. Fece un passo indietro e chiuse la porta. Se non intendeva assolutamente trascorrere anni nello studio del manuale operativo ERI, non voleva neanche sprecare il tempo a riesumare il futile passato della Squadra B.

Nell’atrio contemplò pensoso i quadri. Anch’essi erano vecchi, e se non fosse stata l’aria filtrata e l’umidità controllata dell’ambiente, gli sarebbe forse toccato cominciare la sua opera sul pianeta Gurnil con un noioso lavoro di restauro della collezione di pittura dell’ERI.

«Da quanto tempo sono qui questi dipinti?» chiese alla segretaria.

Lo guardò con espressione vacua. «Non lo so, assolutamente.»

«Che scopo c’è a mantenere questa base se il personale sa così poco di Gurnil e gliene importa ancor meno?» Forzon chiese.

«La base serve di deposito per le provviste e per l’archivio» rispose compunta l’impiegata.

«Interessante» notò Forzon che continuava a guardare i quadri. «Allora vi sarà ben poco da fare, specialmente qui, al ricevimento. Gli agenti operativi verranno di rado. Gli indigeni forse non sanno che questa base esiste e presumo non vengano a trovarvi. Gli approvvigionamenti giungono con un lungo preavviso, e così pure le visite degli alti funzionari. Non riesco a capire perché questa sede abbia bisogno di un’impiegata all’ingresso.» Si voltò e le sorrise nel modo più gentile. «Per caso voi non sarete mica stata assegnata qui solo per tenermi d’occhio?»

La reazione della ragazza fu a dir poco antipatica. Forzon le disse, di sopra la spalla: «Vogliate avvisarmi, quando il coordinatore sarà in grado di ricevermi.» E tornò nel suo alloggio.


Rastadt lo fece chiamare un po’ più tardi, lo salutò aggrottando la fronte e dopo mezzo secondo di riflessione scattò in piedi e gli fece un saluto militare.

«Mi hanno detto che volevate vedermi.»

«Potete farmi portare in Kurr dopodomani?» chiese Forzon.

«In Kurr? E perché?»

«Per prendere il comando della Squadra B. Non voglio perdere più tempo dello stretto necessario qui alla base.»

«Potete comandare la Squadra B da qui» disse Rastadt. «Non c’è bisogno che andiate in Kurr. Nessun bisogno. E potrebbe anche essere pericoloso.»

«Strano che la pensiate così» notò Forzon. «Appena tre giorni fa, mi avete fatto provare la parte di un sacerdote kurriano.

«Era solo una dimostrazione. Non vi abbandonerò a voi stesso su Kurr, finché non sarete addestrato in tutte quelle cose che un prete kurriano deve sapere. Alla prima occasione faremo rientrare un agente della Squadra B con una esperienza concreta nell’impersonare questa parte. Finché egli non mi assicura che siete preparato, comanderete da qui la Squadra B.»

«Non si tratta di abbandonarmi. Io sarò vulnerabile soltanto fra il punto di sbarco e il comando campale della Squadra B, e comunque sarà notte. Wheeler mi ha detto che il costume era solamente una misura di prudenza.»

«Non è una misura sufficiente. Le squadre operative dell’ERI debbono la loro riuscita al fatto di prevedere tutto e non lasciare nulla al caso. Io non vi posso permettere di correre rischi del genere.»

Forzon disse freddamente: «Credo, coordinatore, che su questo punto debba decidere io.»

«Niente affatto. Anche se voi mi superate di quattro gradi gerarchici il coordinatore di un pianeta è sempre responsabile della sicurezza di tutto il personale ERI, a qualsiasi grado o classe esso appartenga.»

«È tornato Wheeler?»

«Credo di sì. Perché?»

«Fatelo venire qui.»

Rastadt lanciò un ordine nell’intercom e dopo un attimo comparve Wheeler. Fece un cenno cordiale a Forzon e chiese:

«Che cosa c’è?»

Rastadt lo fulminò con lo sguardo. «Non sapete ancora come ci si presenta a un intendente di settore?»

Wheeler arrossì, borbottò delle scuse e salutò militarmente. Forzon si sentì così imbarazzato che non tentò neppure di intervenire.

«Non mi meraviglio che questo pianeta sia tutto un pasticcio» brontolò Rastadt. «Non c’è uno che faccia le cose come devono essere fatte.»

Forzon si rivolse a Wheeler. «Mi hai detto o no che potevo recarmi in Kurr appena fossi pronto?»

«Io… Sì.»

«Sono pronto.»

Il coordinatore si chinò in avanti. «Vice-Coordinatore Wheeler, vi spiace citarmi l’articolo del regolamento in virtù del quale vi siete arrogato la mia autorità?»

«Ma ve lo avevo chiesto, signore, e mi avevate detto…»

«Vi ho detto che l’intendente poteva recarsi in Kurr appena fosse pronto. Non ho detto che potesse andarvi appena credesse di essere pronto. Un nuovo arrivato proveniente da un altro organismo governativo, qualunque sia il suo grado gerarchico, non ha competenza per prendere tali decisioni. La gente dell’ERI è ritenuta idonea a svolgere missioni operative solo dopo uno scrupoloso addestramento e indottrinamento. E se non l’avete ancora capito, vuol dire che il pianeta Gurnil ha urgente bisogno di un nuovo vice-coordinatore. Che avete in mente? Di fare andare a monte tutto il pianeta?»

Wheeler, col viso ora pallido e imperlato di sudore, aprì la bocca e la richiuse senza fiatare. Fra un attimo si sarebbe messo a strisciare davanti a Rastadt, e un pagliaccio strisciante era uno spettacolo al quale Forzon non si sentiva di assistere. Disse: «Coordinatore, credo sia giunto il momento di chiedere al Comando Supremo di chiarire la questione del comando su questo pianeta. Lo chiedete voi o lo faccio io?»

Rastadt scattò in piedi e rimase fermo come se si concentrasse per far scoppiare tutta la sua rabbia in faccia a Forzon. Poi si accasciò. «Lo… chiederò io» mormorò.

«Grazie» disse Forzon.

Rispose ai loro saluti militari, e uscì.

Wheeler lo raggiunse, affannato, nel corridoio, davanti alla sua camera. «Tutto a posto» ansimò. «Ti faccio approntare il trasporto quando lo desideri.»

«Dopodomani?»

«Se vuoi.»

«Come mai quest’improvviso mutamento?»

Asciugandosi la fronte, Wheeler gli disse con aria irrequieta: «Andiamo dove si possa parlare.»

Forzon lo precedette in camera, lo fece accomondare e notò: «Hai bisogno di un bicchiere di qualcosa. Mi dispiace di non avere da offrirtelo.»

Wheeler si asciugò di nuovo la fronte. «In questa base è proibito. Ordini del coordinatore.» Guardò Forzon con aria contrita ed entrambi scoppiarono a ridere.

«Desidero chiederti un favore» disse a un tratto Wheeler. «Le squadre operative dell’ERI sono autonome; ma il comandante agisce sotto la supervisione del coordinatore del pianeta. Ciò solleva un problema piuttosto arduo. Tu sei l’ufficiale più elevato in grado di questo pianeta. D’altra parte, le tabelle organiche ti pongono in sottordine del coordinatore in quanto comandante di una squadra operativa. È una situazione un po’ speciale e le tue istruzioni, come avrai notato, non sono chiare in proposito.»

«Che cosa suggerisci?»

«Che tu non ne faccia una questione. Rispetta la trafila gerarchica abituale e sottoponi i tuoi piani all’approvazione del coordinatore, come farebbe qualsiasi altro comandante di squadra. Il coordinatore li approverà senz’altro, ne sono sicuro. Non c’è niente di male a lasciargli l’illusione. È un bravo vecchio, in realtà, con una bella carriera alle spalle; ma ha avuto la sfortuna di essere destinato a questo posto spinosissimo.»

«Mi dà l’impressione di essere tremendamente irascibile.»

«Naturalmente, si sente frustrato. Il Kurr è un osso duro sul quale si sono rotti i denti vari coordinatori, e lui non vuole chiudere la sua carriera con uno scacco sul suo stato di servizio.»

Forzon disse educatamente: «Visto che non so nulla dei regolamenti dell’ERI non mi sembra irragionevole che qualcuno con maggiore esperienza di me esamini attentamente i miei piani.»

«Splendido!» Come per magia, era rispuntato il clown Wheeler. «Ma insisto sul fatto di andarmene dalla base» continuò Forzon. «Non lavorerei bene, qui. Fra l’altro, c’è una specie di complotto per tenermi lontano dal salone da pranzo e il personale della base rifiuta di parlarmi.»

Wheeler fece un gesto di indifferenza. «Probabilmente gli fai paura. Sei l’ufficiale di grado più elevato che molti di loro abbiano mai visto. Allora d’accordo. Dopodomani. Non puoi portarti via nulla, sai.»

«Proprio nulla?»

«Nulla» disse Wheeler con fermezza. «Non puoi avere addosso nulla che un sacerdote kurriano non avrebbe, ed è ben poco. Usiamo aerei speciali per le comunicazioni col Kurr. Non molto rapidi, ma praticamente silenziosi. Dobbiamo sbarcare i nostri agenti su tratti di costa scarsamente abitati, dove vi sia poca probabilità di far nascere qualche superstizione locale. Portarli a terra e scappare… vi sono dei pescatori notturni che lavorano nelle acque costiere molto vicino a terra e sarebbe seccante che qualcuno si imbattesse nell’aereo. Il coordinatore sta ora avvisando la Squadra B affinché qualcuno ti venga incontro. Un’altra cosa. Il coordinatore non è d’accordo che tu vada; ma poiché vuoi andare, vuole venire con te.»

«Non c’è niente di male.»

«Forse no.»

«Perché il coordinatore non dovrebbe andare in Kurr?» insisté Forzon.

«Nessun motivo in particolare. Mi sentirei più tranquillo se tu avessi con te un agente esperto. Speravo venire io. Ho appartenuto alla Squadra B e conosco il Kurr. Non che importi, in realtà. Verrai sbarcato vicino a un distaccamento campale della Squadra B e sarai accolto. Tuttavia il coordinatore insiste che tocca a lui.»

«Non è così?» disse Forzon educatamente.

«Forse sì. Ma, capisci… non è mai stato in Kurr.»

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