Arrivavano a coppie, o da soli, per la maggior parte a piedi, col viso stravolto, esausto, tirato dal dolore.
I nuovi ospiti. Quando l’ultima stanza di un dormitorio veniva assegnata, era pronto subito un nuovo edificio e si ponevano le fondamenta dell’edificio successivo. Un triste giorno arrivarono in dieci. Gli anziani del villaggio li ricevettero senza emozione e fecero accelerare la costruzione dell’ultimo fabbricato.
Forzon viveva nel villaggio già da un mese (un mese kurriano, cioè trentasette giorni), quando assistette all’arrivo di una donna. Un anziano la ricevette con l’usuale, silenziosa compassione, guidò il suo carro verso il dormitorio delle donne sul fianco della collina e, mentre gli passava vicino, Forzon notò che la donna era di mezza età, che il suo viso era solcato dalle lacrime e che infine possedeva quel nasino voltato in su che si era giurato di mai dimenticare.
Ann Cory B-627 furtivamente gli lanciò un’occhiata e ammiccò. Forzon la seguì a buona distanza e stette a guardare quando gli anziani le assegnarono un alloggio.
La incontrò a notte fatta e insieme andarono nel pallido chiarore della luna, sino in cima alla collina e sedettero a guardare il villaggio sottostante immerso in un buio profondo. Dei lumi ardevano nella casa dell’agente del re, l’uomo dal viso duro, l’individuo con due mani, che aveva accolto Tor e Forzon con tale disprezzo; ma la sua casa all’estremità della valle era staccata dal villaggio e guardava dall’altra parte, e così faceva anche l’agente, tranne nei giorni in cui si caricavano per portarle al mercato, le derrate eccedenti i bisogni del villaggio. Non vi erano mai lumi accesi nel villaggio e quando ardevano fin tardi ciò significava invariabilmente malattia o morte.
«È un luogo tetro» osservò Ann.
«È un luogo orribile» disse Forzon.
«Avrete, se non altro, la soddisfazione di abolire questi luoghi.»
Sconcertato, Forzon cercò di cambiare argomento. «Come stanno le cose fuori di qui?» chiese debolmente.
«Male. Ingarbugliate. Rastadt ne sapeva più di quanto credevamo, maledetto lui, e siamo stati più d’una volta sull’orlo del disastro. Ma ce la siamo cavata. Paul sta rappezzando i cocci e presto saremo in grado di agire a Kurra; ma ci vorrà più tempo per tornare ad impiantarci nelle province rurali. Il re ha lanciato i suoi ruff in ogni direzione, e ogni faccia nuova è sospetta… salvo in una moncopoli.»
«Avete ricevuto ordini diretti da Rastadt?»
«No, abbiamo interrotto le comunicazioni, come avevate suggerito. Egli saprà che siamo entrati nella clandestinità, e saprà che il re non ha acciuffato neanche uno dei nostri agenti, sempreché il re voglia ammetterlo. Anche se lo ammette, forse Rastadt non gli crederà, e poiché i consigli del coordinatore gli hanno fatto mettere sottosopra il paese senza ottenere alcun risultato tangibile, può anche darsi che il re abbia smesso di credere a Rastadt. È una situazione curiosa e quei due si meritano l’un l’altro. Che cosa ci avete preparato?»
«Poca cosa» ammise Forzon. E le disse dei suoi progetti di canzone sovversiva e della reazione di Tor.
Ann emise un giudizio decisivo. «Non poteva andare, comunque. Quel tipo di reazione sgorga spontanea quando il popolo è maturo per la ribellione. Anche se foste riuscito a comporre una canzone, chiunque l’avesse sentita avrebbe chiamato le guardie. Prima di tutto bisogna fare della rivoluzione una necessità, a quel momento l’idea del tradimento non scandalizzerà più nessuno.»
«Capisco» disse Forzon tristemente. «È la nona legge dell’Ente, suppongo.»
Guardando nell’ombra il suo profilo, Forzon pensò con nostalgia alla bella ragazza che aveva visto per la prima volta alla base.
Lei intuì che Forzon la guardava in modo deprecatorio. «È un travestimento orribile» disse. «Mi fa le spalle troppo larghe e poi devo sempre reprimere un impulso a picchiare con la sinistra. Sono riuscita per un pelo a non lasciarmi radere la testa. All’ultimo minuto Sven ci ha informati che per una serva di palazzo non era necessario farsi radere, solamente tagliare i capelli un po’ più corti. Così me la sono cavata con una parrucca. È scomodo, e non posso accapigliarmi con altre donne; ma perlomeno, quando me ne andrò di qui, non dovrò segregarmi finché non mi ricrescono i capelli. Comunque, sono qui.»
Forzon la baciò, o piuttosto baciò il ricordo di lei, di una ragazza dai capelli d’oro, dalla gonna frusciante, dal profumo stranamente esotico. Questa invece era Ann Cory Gurnil B-627, un’agente dell’ERI, in servizio. Lei arrese un istante le sue labbra soffici a quelle di Forzon, poi si scostò bruscamente. «Sono incaricata di vagliare con voi i piani che avete preparato e dirvi ciò che va e ciò che non va» disse bruscamente. «Sentiamo.»
«Io… mi sono sempre occupato di Tor» balbettò Forzon.
«Ebbene?»
«Era il più grande suonatore di torril del Kurr, una specie di eroe nazionale, mi avevano detto.»
«Esatto.»
«E fargli tagliare il braccio in una festa pubblica è stata la mossa più stupida che un re abbia fatto sin dal lontano arrivo della Squadra B, non è vero?»
«Uhm!… forse. Non so, se in quattrocento anni di attività della Squadra B… È certo che denuncia uno stato di non comune stupidità da parte di Re Rovva.»
«Non ci sarebbe mezzo di usare Tor come il simbolo di tutto ciò che non va nel regime?»
«Troppo tardi. Un musicista, quando suona, può essere un eroe nazionale; ma, quando non suona più, lo si dimentica presto. Vi sono altri suonatori di torril quasi altrettanto bravi. Qualcuno può diventare anche più bravo di Tor. Forse all’indomani del fattaccio vi sarebbe stata qualche possibilità di incitare il popolo a ribellarsi, ammesso che Tor fosse disposto a collaborare. E di questo dubito molto. No, il Tor di adesso è diverso, è un uomo diverso.»
«Capisco. Questo popolo» disse Forzon pensoso «è così centrato sulla bellezza estetica che non riesce a percepire la bruttezza morale. Le azioni del re sono turpi. La sua forma di governo e il modo come esercita questo governo sono ignobili; ma la bellezza artistica è fiorente, e di questa il popolo ha bisogno.»
«È un po’ troppo profondo per me, ma penso sia proprio così.»
«Non vi siete mai chiesti, nella Squadra B, perché i villaggi dei monchi sono amministrati dal re?»
«I villaggi sono più antichi della Squadra B. Re Rovva non ha fatto altro che seguire una tradizione, sia pure rincarando la dose. La popolazione di questi villaggi è cresciuta moltissimo durante il suo regno.»
«Il solo fatto che mantenga questa gente così generosamente dimostra che ha la coda di paglia» rifletté Forzon. «L’attuale scopo dei villaggi è quello di nascondere alla vista le vittime della turpe crudeltà del re.»
«È vero. È su questo, che si basa il piano? Nel far venire a galla la bruttezza?»
«Dubito che il popolo la vedrebbe. Ha un blocco mentale. In realtà, le cose sono sempre state sotto gli occhi di tutti. Se i cittadini pensassero al numero dei monchi che vengono avviati a quei villaggi, dovrebbero per forza arrivare a una conclusione concreta. Ma voltano le spalle. D’altra parte sarebbero disposti a sfidare il re qualora interferisse nella loro passione per la bellezza.»
«Che cosa ve lo fa pensare?»
«La condotta della donna che mi ha ospitato e nascosto quando sono arrivato qui. Le ho dato la veste sacerdotale, e solo perché era un oggetto bellissimo lei era disposta a sfidare la legge, capite, per potersela tenere, anche a rischio della vita. Ecco la mia ipotesi, sulla quale si potrebbe lavorare: se la turpitudine del re interferisce nell’amore dei cittadini per la bellezza, allora il cittadino sfiderà il re.»
«E noi, che cosa dobbiamo fare? Ordinare un milione di vesti sacerdotali?»
Forzon non rispose.
«Temo di non aver afferrato l’idea.»
«Forse neanch’io. Proprio ora mi sono accorto di avere effettivamente un’idea, ma non so che cosa farne. Esiste in questo paese uno strumento che si possa suonare con una sola mano?»
«Non me ne viene in mente nessuno. Che cosa volete fare?»
«È per Tor. Quell’uomo è un genio della musica. La perdita della musica lo sta uccidendo. Vorrei trovare qualcosa che egli possa suonare.»
«Non credo vi sia nulla, comunque non a livello artistico. Su quale concetto intendete lavorare?»
«Nessun concetto, per il momento. Vorrei solo dare a Tor uno strumento da suonare. Ciò che accadrà poi dipende dall’uso che ne farà.»
«Questo dunque ha occupato il vostro tempo?» gli chiese. «Uno strumento per Tor?»
La violenza della sua domanda lo fece sussultare. «Non esattamente» rispose. «Ma vorrei proprio scoprire…»
«Vorreste scoprire se Tor può adattarsi a imparare un altro strumento?»
«È una cosa che devo sapere prima di poter…»
«Date così poca importanza alla missione della Squadra B? Degli uomini e delle donne hanno rischiato ogni giorno la vita per essere pronti ad attuare il vostro piano. Paul ha lavorato come un matto per creare una rete di comunicazioni che ci consenta di muoverci rapidamente al momento stesso in cui voi sarete pronto. La Squadra B merita qualcosa di più, non certo una meditazione sullo stato psichico di un ex musicista. Sarà senz’altro una nobile idea, un sentimento umanitario; ma che cosa significa Tor per la Squadra B?» Si alzò di colpo, fece qualche passo giù per il pendio e si fermò, voltando le spalle e guardando nella valle.
Egli rispose con calma: «Tutto… credo.»
«Mi spiace» disse lei. «Il vostro addestramento è stato molto diverso dal nostro. Naturalmente guardate alle cose in modo diverso. L’avremmo dovuto capire… l’Ente avrebbe dovuto capirlo… ma ci sembravate una persona così in gamba, pieno d’iniziativa, e dal modo come parlavate noi, naturalmente, presumevamo che…»
«Ann!» esclamò Forzon. «Farò appello alla Regola dell’Uno.»
Ann si voltò di colpo e lo guardò in faccia. I suoi lineamenti si vedevano poco nella debole luce della piccola luna di Kurr, ma non ci si poteva ingannare sul tono di incredulità della sua voce. «Non potete! Non così! Dovete sottoporre i vostri suggerimenti al Comando Supremo e spiegare esattamente ciò che intendete fare; e perché la cosa è indispensabile ai vostri piani, perché non si può fare diversamente, e quali sono le eventuali conseguenze tecnologiche che ne potrebbero derivare. Il Comando Supremo esaminerà la vostra richiesta con molta cura e magari richiederà dei rapporti supplementari, dieci, dodici rapporti, e poi metterà la domanda a dormire per qualche anno. Al momento in cui si deciderà a respingerla, si sarà già escogitato un altro piano, per il quale non occorre più. Nessuno è mai ricorso alla Regola dell’Uno.»
«Io sono tagliato fuori, non ho più contatto col Comando Supremo» disse Forzon. «Non posso sottoporre la mia idea all’approvazione. Ma poiché sono io responsabile di questo pianeta, ho indiscutibilmente l’obbligo di prendere qualsiasi decisione di emergenza io ritenga necessaria, e in questo istante la cosa più necessaria su questo pianeta è di trovare uno strumento per Tor. Gli darò una tromba.»
Ann fece un passo verso di lui. «Sciocco! Avete almeno una vaga idea di quante innovazioni tecniche vi sono in una tromba? La Regola dell’Uno?… Ma fatemi il piacere!»
«Una tromba primitiva» continuò Forzon con pazienza. «Una tuba, senza pistoni. La maggior parte dei mondi, a un certo punto della sua evoluzione musicale, ne ha creato una. Può diventare uno splendido e artistico strumento. Richiede solo la fabbricazione di un tubo metallico, convenientemente ricurvo. Se gli operai kurriani che lavorano il metallo sanno già fare il tubo, la mia sola innovazione consisterà nel modo di usarlo,» Si fermò, poi proseguì in tono pensoso. «Salvo forse per l’imboccatura. È il bocchino a tramutare uno strumento che fa rumore in uno strumento musicale; deve essere sagomata a forma di coppa schiacciata perché sia realmente efficiente. Strano che i kurriani non abbiano strumenti a fiato. Già… la tromba è un’evoluzione del corno, e i corni più primitivi sono quelli degli animali. Tutti gli animali che ho visto su questo pianeta sono senza corna. Alcuni popoli primitivi usano trombe fatte con una conchiglia. Non vi è, che voi sappiate, sul pianeta Gurnil qualche animale il cui guscio si possa adattare a scopi musicali?»
«Addio» disse lei.
«Non c’è bisogno di scappare così presto, nessuno fa l’appello nei dormitori delle moncopoli. Se noi vogliamo passeggiare di notte è affar nostro. La regola di non interferenza è molto utile davvero.»
«Me ne vado. Sono venuta qui solo per vedervi, per sentire quali sono i vostri grandi piani. Dirò a Paul che siete troppo occupato a consolare un musicista depresso per curarvi di noi. Se mi affretto potrò raggiungere una sede della Squadra B prima dell’alba, e noi dell’ERI abbiamo da fare. Addio.»
«Aspettate!» implorò Forzon. «La faccenda di Tor…»
«…È molto interessante, non ne dubito. Avete tutto il tempo che occorre per svilupparla, perché temo occorra molto tempo prima che vi possiamo fornire un’identità non rischiosa. Frattanto qui siete perfettamente al sicuro.»
Si allontanò nella notte, ed egli continuò lungamente a guardare nella sua direzione. Infine tornò nel suo alloggio. Per il resto della notte rimase seduto, a gambe incrociate, sul suo pagliericcio, smarrito nei suoi pensieri. Alle prime luci dell’alba andò a rovistare nei secchi delle immondizie in cerca di qualche pezzo di pergamena. Impiegò parte della mattinata a fare schizzi.
Quando uno di questi gli parve soddisfacente, lo portò dai lavoratori del metallo: era il disegno di una tromba senza pistoni.