CAPITOLO XVI

La notte discese su una città morta.

Hance Ultman, inviata in rapida ricognizione, non incontrò anima viva nei vicoli e non vide nemmeno una taverna con la torcia accesa. Le guardie avevano disertato le porte cittadine. Le case erano senza luce. Tranne il castello reale, dove i piani superiori erano illuminati a giorno. Tutti i cittadini di Kurra si rannicchiavano tremanti nell’oscurità.

Alcuni membri della Squadra B si riunirono nel sottoscantinato e si misero metodicamente a stilare rapporti; di tanto in tanto facevano un raffronto fra le loro osservazioni. Ma neanche questo sfoggio di ferrea disciplina poteva nascondere il fatto che tutti erano, chi più chi meno, scossi.

«Come stanno i trombettieri?» chiese Forzon.

«Stanno bene» disse Leblanc. «Qualche contusione, qualche strumento ammaccato, ma nulla di grave. Avete qualche messaggio da far pervenire?»

«Dite a Tor che continui a suonare.»

«Re Rovva non è uno stupido, mi pare di avervelo accennato. Non è tipo da ripetere due volte lo stesso sbaglio. Lascerà suonare le trombe.»

«Temo che abbiate ragione» disse Forzon.

«Non ho mai sentito dire che una rivoluzione si estingua così presto. D’altra parte… non ho mai sentito che un ufficiale dell’ERI tradisse. Se avete qualche asso nella manica è meglio lo tiriate fuori adesso, prima di trovarci di fronte una totale sconfitta.»

Forzon, con gli occhi di tutti fissi su di lui con espressione di attesa, poté solo alzare le spalle e disse ancora una volta:

«Dite a Tor di continuare a suonare.»


I venditori provenienti dalle campagne, che non erano stati a Kurra il giorno prima, varcarono all’alba le porte incustodite e si installarono sulla piazza del mercato. Non videro un solo cliente. Ma quando il sole fu più alto e il brutto Uccello del Male, con la sua ombra minacciosa, non tornò a volare sulla città, la gente gradatamente riprese coraggio e uscì di casa. Non si videro crocchi di passanti agli incroci, ma la gente si riunì nelle strade coperte e nelle botteghe per parlare di quel fenomeno. I venditori cercarono riparo con le loro merci sotto i muri sporgenti degli edifici, e i cittadini acquistarono in fretta ciò di cui avevano bisogno con un minimo di discussione sui prezzi.

A mezzogiorno, dei gruppi di trombettieri si recarono sulle piazze dei mercati. Mentre lanciavano le loro note di sfida, sorvegliavano furtivamente che l’Uccello del Male non apparisse in cielo, e che non apparissero i ruff dalle strade adiacenti. Non suonarono bene e non attirarono le folle alle quali erano abituati.

Leblanc disse a Forzon per l’ennesima volta:

«Se avete qualche asso nella manica…»

«Riattivate i collegamenti» disse Forzon.

«Non oseremo usarli. Non si sa mai, Wheeler potrebbe essere in ascolto.»

«L’arrivo tempestivo di quell’aereo non può essere stato una semplice coincidenza, Wheeler deve usare lui stesso qualche mezzo di comunicazione. Perché non lo ascoltiamo noi?»

Leblanc si batté la mano sulla fronte e uscì brontolando qualcosa.

Forzon trovò Joe Sornel intento a sorbirsi placidamente un bicchiere di vino, pur sorvegliando i trombettieri che suonavano nella piazza vuota del mercato, cosa che rivelò a Forzon un’altra qualità da aggiungere all’elenco dei requisiti essenziali dell’agente dell’ERI: la facoltà di rilassarsi.

«Mi scordavo quasi del coordinatore Rastadt. Come sta?»

«Delira sempre. L’abbiamo dovuto trasportare in una stanza isolata acusticamente. Si sveglia urlando qualcosa a proposito di una scatola nera.»

«Ne ha ben donde. Non credo sappia niente di utile; ma vorrei parlargli appena si sveglia.»

«Lo dirò ad Ann» promise Joe. «È lei che lo veglia. Nient’altro?»

«Ditele…» Forzon si fermò. «Non importa.»

Joe sorrise con indulgenza. «Le donne! Sapete, è stata proprio una bella rivolta. Non credevo di riuscire a vederne una a Kurra. Ne abbiamo parlato tutti e non comprendiamo ancora come avete fatto a farla scoppiare,»

«Cercate un po’ di scoprire come si fa a farla scoppiare un’altra volta.»

Joe scosse la testa con buon umore. «Comunque, è stato divertente. Vado a parlare con Ann.»

Nel lasciare la stanza si scontrò quasi con Leblanc, che lo aggirò, si sedette con esagerata ponderazione e disse:

«Preparatevi a una sorpresa.»

«Non faccio altro, dacché sono sceso qui.»

«Wheeler vuole parlare con voi.»

«Davvero? Alla radio?»

«In persona. Ha lanciato un messaggio su tutte le linee disponibili dicendo che desiderava che lo chiamaste sul primo canale. Allora ho chiamato l’addetto al primo canale e Wheeler è arrivato in linea in meno d’un minuto. Vuole avere con voi un dialogo personale.»

«Disinvolto, eh? O dovrei dire audace?»

«L’ho tenuto in linea abbastanza a lungo per fare un paio di rilevamenti. Si trova al castello, e questo non è certo una sorpresa. Gli ho detto che non era facile trovarvi lì per lì, ma che vi avrei fatto pervenire il messaggio appena foste tornato. Attende la vostra risposta. Insiste che ci vuole entro questa sera. Se questo non suona come un ultimatum, egli probabilmente lo considera tale.»

«E dove mi vuole incontrare?»

«È stato educatamente vago su questo punto; ha detto però che garantisce la vostra incolumità nel luogo d’incontro compresa l’andata e ritorno.»

«La sua parola d’onore?» chiese Forzon con un sorriso ironico.

Leblanc annuì sorridendo. «Speravo che l’avreste presa così. Ora gli potrò dire tutto ciò che penso di lui.»

«Un momento. Mi interessa sapere che cosa vuole, ma non al punto di andare a ficcare le mani in una scatola nera. Non potremmo essere noi a garantire la sua sicurezza?»

«Sì…»

«Allora mettiamola così. Sarà lui a doversi fidare della nostra parola, perché nessuna moneta della zecca di Re Rovva è di conio sufficientemente piccolo per valutare la sua. Gli dica così.»

Leblanc andò, un po’ accigliato e scettico, a trasmettere il messaggio, e tornò con un largo sorriso. «Ci tiene davvero a vedervi!»

«Avete preso gli accordi?»

«Sì, per questa sera. E gli ho anche detto che se avvistiamo un solo ruff l’immunità è annullata.»

«Questo non è giusto» osservò Forzon. «Non può rispondere di tutti i ruff del re.»

«Ah, no? Eppure ha accettato senza batter ciglio. Vuol dire che Re Rovva approva questa mossa, o che Wheeler ha più influenza su di lui di quanto ritenevo possibile. Ora, vi prego di scusarmi… Se questa è una trappola voglio essere sicuro che si chiuda dalla parte giusta.»

Forzon che guardava da una finestra-feritoia vide Wheeler attraversare con fare disinvolto la piazza del castello ed entrare in un vicolo secondario. Il vice-coordinatore aveva tuttora l’aspetto del pagliaccio. Pareva così grottesco, mal travestito nel costume kurriano, che se Forzon non l’avesse conosciuto prima avrebbe pensato lo facesse apposta per far ridere la gente. Hance Ultman uscì da un portone e gli si mise a fianco, accordando il passo al suo, poi tutti e due voltarono l’angolo e sparirono.

Leblanc studiava i passanti con il binocolo. «Mi sembra tutto tranquillo» annunciò «ma eseguiremo il nostro programma come stabilito. Appena sarà notte gli metteremo una benda sugli occhi e lo condurremo a fare il giro di Kurra, con in più un paio di gallerie. Poi lo riporteremo qui. È probabilmente una precauzione inutile; ma la camminata lo renderà forse meno arrogante.»

Era quasi mezzanotte quando Wheeler finalmente arrivò, scortato da Ultman e Joe Sornel. Forzon li sospettò di essersi divertiti a fargli fare un giro molto più lungo di quanto Leblanc avesse stabilito. Wheeler che sudava abbondantemente si tolse la benda e chiese:

«Era proprio necessario?»

«Kurra è un luogo molto pericoloso in questo momento» disse Joe cordialmente. «La prudenza non è mai troppa.»

Wheeler salutò freddamente Leblanc con un cenno del capo, poi esclamò: «Ah! Forzon!» Avanzò con la mano tesa; Forzon lo ignorò.

«Volevate parlare con me» disse Forzon. «Parlate.»

«Da solo» disse Wheeler.

«Lo avete perquisito?» chiese Leblanc.

«Passato a setaccio» rispose Joe sorridendo.

«Va bene, Wheeler. Ma io non mi fido di lasciarvi solo col Sovrintendente. Andremo nella sala grande, dabbasso. Potrete parlare segretamente finché vorrete, in un angolo; ma rimarremo tutti a sorvegliarvi.»

Wheeler disse ipocritamente: «Non è molto lusinghiero per. voi, Sovrintendente.»

«Neppure per voi.»

Wheeler ebbe un sorriso rattristato. «Forzon, mi piacete. Mi siete piaciuto sin dapprincipio.»

«E il coordinatore? Anche lui vi piace?»

«Rastadt è un vigliacco e un prepotente» disse Wheeler con indifferenza. «Lo odio profondamente.»

«Perlomeno nessuno vi può accusare di parzialità nei vostri tradimenti. Non esitate a tradire chi vi piace e chi non vi piace.»

Si sedettero nell’angolo più remoto della stanza di soggiorno. Wheeler si guardava intorno con diffidenza.

«Chi mi dice che Leblanc non abbia posto dei microfoni in questa stanza?» chiese.

«Perché Leblanc dovrebbe essersi preso questo disturbo?» chiese Forzon. «Appena ve ne andrete gli rivelerò io tutto ciò che abbiamo detto.»

«Lo farete poi? Egli se lo starà chiedendo. Gli riferirete davvero tutto? Perciò questa stanza può avere dei microfoni nascosti.»

Forzon mandò, attraverso la stanza, una voce a Leblanc che sedeva vicino alla porta con Sornel e Ultman senza perderlo d’occhio. «Wheeler pensa che questo posto sia imbottito di microfoni.»

Leblanc rispose con un diniego rabbioso. Wheeler chiese dolcemente: «Ho sollevato la questione per il vostro bene, Sovrintendente. Forse non avrete voglia di dirgli proprio tutto.»

«Nonostante le lezioni impartitemi da Re Rovva nell’arte della pazienza, sento di diventare ogni momento meno paziente. Siete qui per dirmi una cosa, ditemela.»

Forzon studiava intensamente Wheeler, cercando sul suo viso l’espressione del tragico pagliaccio che ricordava. Ma era cambiato, o forse Forzon aveva finalmente imparato a decifrare quella fisionomia. Sotto la maschera del pagliaccio vi era una ignobile astuzia che gli faceva ribrezzo. L’eterno schiavo, l’uomo destinato a trascorrere la sua esistenza quale assistente, perché nessuno lo poteva prendere sul serio, era arrivato sul gradino più alto d’un colpo solo, ed esultava.

«Io vi faccio una proposta» disse con sicurezza. «Vi offro la base dell’ERI in cambio del Kurr.»

Forzon lo guardò con espressione vacua, e non rispose.

«Quando sfollerà dal Kurr la Squadra B» continuò Wheeler «io trasferirò a Kurra il personale della base… quelli che vorranno venire con me. Se qualcuno della Squadra B volesse rimanere con me sarà il benvenuto. Quando tutti quelli che desiderano lasciare il pianeta saranno riuniti alla base, e tutti quelli che vogliono rimanervi saranno nel Kurr, potrete informare il Comando Supremo che il pianeta è bruciato, e chiedere l’evacuazione del personale.»

«Lasciando voi nel Kurr? Non siate ridicolo. Non avete pensato a ciò che vi farà il Comando Supremo?»

Wheeler rise. «Ci ho pensato, eccome! Il Comando Supremo… non farà niente! In quel momento, io sarò re di Kurr e il regolamento dell’ERI gli vieterà d’intervenire direttamente negli affari di un sovrano regnante. Ogni iniziativa dovrebbe essere presa dal popolo, e l’ERI non potrà rimanere qui a fomentare rivoluzioni perché il pianeta è bruciato. Qualsiasi cosa faccia il Comando Supremo, non potrà che peggiorare la situazione. E così evacuerà il personale e mi lascerà Gurnil.»

Forzon disse sbalordito: «In poche parole, avete volontariamente bruciato il pianeta per far andare via l’ERI, e credete che…»

«Io so!» Wheeler esultava. «Sono anni che ho il mio piano. Mi spiace che siate stato coinvolto in questa faccenda; ma siete arrivato al momento critico e non potevo lasciarvi la possibilità di guastare tutto. Invece devo dire che mi avete dato una spinta. Io sono ora in anticipo di un anno sul mio programma. Avrò il Kurr fra qualche giorno.»

«In che maniera vi ho dato una mano?» chiese Forzon.

«Con quella rivoluzione che avete inscenato. Re Rovva ha preso paura. Mi ha dato l’occasione di intervenire vistosamente e ora può contare solamente su di me. Non farà nulla senza consultarmi. Ma come diavolo ci siete riuscito?»

«La Sovrintendenza Culturale ha i suoi segreti.»

«Mi sento propenso a credervi. Mi sarebbe piaciuto vedere fin dove sareste arrivato, ma non potevo lasciare che la situazione sfuggisse di mano. Insediarsi in un governo totalitario è relativamente semplice: basta che il terreno sia preparato bene e che un numero sufficiente di funzionari siano convertiti alla nuova causa, poi non c’è che da spodestare il re e tutto continua esattamente come prima. Ma se il popolo avesse rovesciato il re e istituito un’altra forma di governo, forse sarei stato bloccato per sempre. Pertanto ho dovuto intervenire subito.»

«Quindi pensate sul serio di diventare re di Kurr, e che il Comando Supremo…»

«Sentite» disse Wheeler gravemente. «Avete visto il manuale ERI. Certo ne avete afferrato a sufficienza i sacri principi per capire che non si può violare uno solo di essi senza distruggere le fondamenta stesse della sua esistenza. Se gli indigeni hanno il minimo sospetto della presenza dell’ERI l’Ente deve ritirarsi. Per agire contro di me e contro il personale che mi sarà fedele, il Comando Supremo dovrebbe organizzare una campagna militare in piena regola e per gli indigeni sarebbe addirittura un cataclisma, una cosa che per diverse generazioni non potrebbero dimenticare. Ai fini pratici, l’ERI perderebbe Gurnil per sempre. Non vorrà mai rischiare questa eventualità, e così mi ignorerà ed evacuerà il pianeta.»

«E voi, che cosa ci guadagnate?» chiese Forzon, senza riguardo.

«Un mondo!» disse Wheeler, con gli occhi lucidi. «Dopo aver passato l’esistenza a mangiar melma per conto dei coordinatori incompetenti, e vederli onorati e promossi in virtù del mio lavoro, sarò padrone assoluto di un mondo. Appena avrò in mano il Kurr prenderò il Larnor. Ho dotazioni tecniche sufficienti per un’invasione militare di una certa importanza. Ma non dovrei averne bisogno. Con l’esperienza che mi ha dato l’ERI e lavorando senza le sue stupide restrizioni, non mi sarà difficile sovvertire il paese. Una volta che questo mondo sarà mio, farò quanto occorre per mantenerlo tale. Educherò il mio popolo a vigilare sugli agenti segreti dell’ERI. Se assolvo bene il mio compito, e so come assolverlo bene, renderò Gurnil immune dall’influenza dell’ERI per molte generazioni, e conserverò il trono per i miei discendenti.»

«Discendenti

Wheeler sorrise. «Vi sono alcune belle ragazze, giù alla base, alle quali non spiacerebbe l’idea di essere regine. Avrò un sacco di discendenti. Sentite, anche per voi ci sarebbe un posto. Avrò bisogno di amministratori competenti per ambo i continenti. Mi sembra abbiate capito questo popolo. Rimanete con me, e vi farò Governatore Generale di Kurr.»

«No.»

«E allora il baratto: il Kurr in cambio della base ERI.»

«No. Mi avete decisamente invogliato a mantenere la Squadra B qui nel Kurr, e a fomentare una rivoluzione prima che prendiate il potere.»

«Non ne avrete il tempo.»

«Non ci vuol molto. Non avete idea della rapidità con la quale ho fatto scoppiare quella precedente appena ho capito quello che c’era da fare. Se arrivo troppo tardi per rovesciare Re Rovva posso guidare una rivolta contro di voi con altrettanta facilità e ben maggiore soddisfazione. In un certo senso il re è vittima delle circostanze, ma voi ve la siete cercata.»

«Non sono sprovveduto di cultura come forse pensate» ribatté Wheeler. «So che sono stati quegli stupidi suonatori di trombe a provocare la sommossa. Non capisco perché, né come; ma so che sono stati loro.»

«Esatto. E ve lo dirò io il perché, dato che non c’è nulla che voi né chiunque possa farci. La gente del Kurr ha una sensibilità musicale inconsueta e la musica delle trombe ha destato il suo istinto marziale.»

«Posso provvedere, in proposito.»

«Non potete provvedere a niente, in merito alla loro sensibilità musicale. Il fatto è che sono molto sensibili a ogni forma di bellezza, e hanno una naturale repulsione per la bruttezza. Proprio per questo motivo prevedo per voi una triste fine.»

Wheeler gli lanciò uno sguardo attonito. «Triste? Perché?»

«Perché non siete bello.» Forzon si voltò con aria stanca: «Paul, sono stufo di guardare questa brutta faccia. Come sovrintendente-coordinatore ho il potere di promuovere o declassare, su questo pianeta?»

«Salvo conferma dei superiori comandi» disse Leblanc.

«Ebbene mettete ufficialmente a verbale, negli atti della Squadra B: Wheeler è degradato al rango più basso dell’ERI, accusato di insubordinazione o tradimento o qualsiasi altra cosa i regolamenti ERI contemplino, con ordine di rimanere agli arresti nel suo appartamento alla base.»

Wheeler ebbe un allegro sbuffo di risa.

«Portatelo via» disse Forzon.

Joe Sornel e Hance Ultman gli rimisero la benda sugli occhi e lo portarono fuori nella notte. Leblanc attraversò la stanza e si sedette vicino a Forzon.

«L’ERI ha un bel pasticcio per le mani» commentò Forzon.

«Ho sentito ogni parola.»

«Avevate mentito!»

Leblanc scosse il capo. «Ci sono molti modi di orecchiare senza installare microfoni. Questa stanza ha un’acustica eccezionale e non si può dire che voi due parlaste piano. Ma avete ragione. Questo è indubbiamente il peggiore pasticcio di tutta la storia dell’ERI.»

«Perlomeno ora sappiamo in che consiste.»

«È evidente che Wheeler era un ottimo vice-coordinatore» disse Leblanc pensoso. «Un coordinatore come Rastadt non poteva far a meno di dipendere interamente da lui, e quindi sono anni che Wheeler comanda il pianeta Gurnil per conto di Rastadt. La sua bramosia di diventare un alto papavero lo ha portato a interferire avventatamente in Kurr, causando una frana, nella quale un certo numero di altri agenti furono catturati dai ruff. Pensavamo che egli fosse sfuggito e avesse salvato gli altri per sua bravura; ma, probabilmente, si era ingraziato il re fingendo di diventare il suo informatore, anche se non gli ha mai detto più di quanto serviva a lui. Non gli ha mai rivelato la vera consistenza e le posizioni della Squadra B, fino al giorno in cui gli è parso necessario eliminare la Squadra B, e questo irritò a tal punto Sua Maestà che perse la testa e fece tagliare il braccio a Tor in pubblico.»

«È un buon attore» osservò Forzon. «Almeno, con me ha recitato benissimo. Sono caduto nella trappola del Kurr senza il minimo sospetto. E così pure Rastadt.»

«Siamo tutti buoni attori» disse Leblanc seccamente. «Noialtri però usiamo il nostro talento per fini più elevati. Wheeler è anche un uomo d’iniziativa. Ed è adattabile. Pensate in che modo ha reagito quando ha saputo che su questo pianeta era stato nominato un sovrintendente: ha semplicemente eliminato i suoi ordini e ha atteso gli eventi. Quando siete arrivato senza ordini, ne ha fabbricato subito una serie che gli consentiva di sbarazzarsi di voi e nello stesso tempo guadagnare terreno con Re Rovva.»

«E quando io ho inscenato una rivoluzione, lui se n’è servito per tornare nelle buone grazie del re.»

«Vogliamo andare? Dobbiamo abbandonare questa casa per sempre, nel caso Wheeler fosse riuscito a farsi seguire. Per il resto… siete l’ufficiale più elevato in grado di Gurnil. Il pasticcio non è opera vostra, ma è una vostra responsabilità. Fatemi sapere, quando avrete deciso quel che dobbiamo fare.»

Seguirono un itinerario complicato per raggiungere l’abitazione situata presso il mercato meridionale. Era l’alba quando arrivarono. Le porte della città erano aperte e carri e carretti carichi di prodotti agricoli scricchiolavano nei vicoli. Leblanc chiese la colazione e Ann apparve subito per servirli.

«Questo è uno spreco di talenti» Forzon osservò quando la ragazza uscì. «Non le potreste affidare qualcosa di meglio da fare?»

«Sì» disse Leblanc. «Uno spreco di talento. Avete in mente qualcosa di più adatto?»

Forzon non rispose.

«Come vanno le vostre mani?»

«Guariscono. Non credo di avere più bisogno delle fasce.»

«Allora toglietevele. Si vedono troppo.»

Gliele strappò lui stesso e dichiarò Forzon guarito, purché evitasse per un po’ di tempo di calarsi giù con una corda. Finirono di mangiare. Forzon cercò Ann per chiederle se Rastadt fosse in grado di parlare.

«Mi pare stiate molto meglio» disse lei. «Ha riposato tutta la notte, ma può darsi che dorma ancora. Vado a vedere.»

Andò in punta di piedi sino alla stanza di Rastadt e ne uscì come una freccia un momento dopo, correndo verso la scala. Forzon guardò dalla porta aperta: la stanza era vuota. Le corse appresso.

Parlava balbettando con Leblanc. «Il coordinatore…»

«Che cos’ha?» chiese Leblanc.

«È sparito.»

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