«L’aria nell’astronave sta diventando molto viziata, e io soffro quasi continuamente, di mal di capo. Rimane ancora parecchio ossigeno, ma i purificatori non hanno mai realmente eliminato tutti i veleni quando i liquidi contenuti nella nave spaziale avevano incominciato a bollire nel vuoto. Ogni volta che la situazione diventa troppo critica, scendo nella rimessa e lascio sfuggire un po’’ di ossigeno puro dalle capsule…
«Non vi è stata alcuna risposta a tutti i miei segnali, e a causa dell’inclinazione orbitale, mi sto allontanando sempre più dal TMA-2. Sia detto di sfuggita, il nome che voi gli avete attribuito non è affatto appropriato… non esiste qui ancora alcuna traccia di un campo magnetico.
«Attualmente, il mio massimo avvicinamento è di novantasei chilometri; questa distanza aumenterà fino a circa centosessanta chilometri man mano che Giapeto continuerà a ruotare sotto di me, e poi diminuirà fino a zero. Passerò direttamente sopra l’oggetto fra trenta giorni… ma è un periodo d’attesa troppo lungo, e d’altro canto l’oggetto sarà allora immerso nelle tenebre.
«Già adesso è visibile soltanto per pochi minuti prima di scomparire di nuovo dietro l’orizzonte. È deludente, maledizione… non posso fare alcuna osservazione approfondità.
«Sicché, vorrei che approvaste questo piano. Le capsule dispongono di propellente a sufficienza per arrivare fino al suolo del satellite e tornare all’astronave. Voglio uscire dal veicolo e fare una ricognizione ravvicinata dell’oggetto. Se non risulterà pericoloso, atterrerò accanto a esso, o anche sopra a esso.
«L’astronave sarà ancora sopra il mio orizzonte durante la discesa, e pertanto non interromperò il contatto per più di novanta minuti.
«Sono persuaso che questa sia la sola cosa da fare. Ho percorso un miliardo e seicento milioni di chilometri… non voglio essere fermato dagli ultimi novantasei.»
Per settimane, guardando eternamente nella direzione del Sole con i suoi strani sensi, la Porta delle Stelle aveva osservato la nave spaziale che si avvicinava.
I suoi costruttori l’avevano preparata in vista di molte cose, e questa era una di esse. La Porta delle Stelle riconobbe ciò che stava salendo nella sua direzione dal caldo cuore del sistema solare.
Se fosse stata viva, si sarebbe sentita eccitata, ma un’emozione del genere era completamente estranea alle sue capacità. Anche se l’astronave se la fosse lasciata indietro, non avrebbe provato la benché minima delusione. Aveva aspettato per tre milioni di anni; era preparata ad aspettare per tutta l’eternità.
Osservò, notò e non agì, mentre il visitatore frenava la propria velocità con getti di gas incandescente. Di lì a poco sentì il contatto dolce delle radiazioni che tentavano di sondare i suoi segreti. E ancora non fece nulla.
Adesso la nave spaziale era in orbita, e ruotava bassa sopra la superficie di quella luna stranamente calva. Incominciò a parlare, con emissioni di radioonde, contando i numeri primi, dall’uno all’undici, ripetutamente. Ben presto i numeri furono sostituiti da segnali più complessi, su molte frequenze… l’ultravioletta, quella dell’infrarosso, quella dei raggi X. La Porta delle Stelle non diede alcuna risposta; non aveva nulla da dire.
Seguì allora un lungo silenzio, poi la Porta delle Stelle notò che qualcosa stava scendendo verso di essa dall’astronave in orbita. Frugò nelle proprie memorie e i circuiti logici presero le loro decisioni, a seconda degli ordini impartiti loro molto, molto tempo prima.
Sotto la fredda luce di Saturno, la Porta delle Stelle destò le proprie capacità assopite.