Questa notte, nelle buie ore prima dell’alba, mi è venuta per la prima volta l’idea che dovrei offrirmi di adempiere alla clausola di suicidio contemplata nel Nono Mistero. È stato un fugace attimo di disperazione, svanito com’era apparso; ma merita un’analisi alla luce del giorno.
Evidentemente ciò che mi rode è la faccenda del sesso. Il mio fallimento totale nel compito di padroneggiare le tecniche. Un fiasco dopo l’altro. Ma come faccio a trattenermi? Mi danno splendide donne, mi dicono di ararne due o tre di fila…
Oh, schmendrick, schmendrick, schmendrick! Si ripete sempre lo stesso episodio con Margo. M’infiammo, mi lascio prendere dal trasporto… È l’esatta antitesi dell’atteggiamento di un seguace dei Teschi.
Non una sola volta sono riuscito a trattenermi abbastanza a lungo da farmele tutt’e tre. Non credo che sia umanamente possibile: non per me, almeno. Già, ma non è umanamente possibile neppure il tipo di longevità di cui si parla qui. Se si vuole sconfiggere la morte è necessario trascendere i valori umani: diventare letteralmente disumani, non umani. Ma se non riesco neanche a frenare gli aneliti del mio membro, come posso sperare di tenere sotto controllo il mio metabolismo, d’invertire il decadimento organico mediante lo sforzo mentale, di acquisire — come questi frati — il dominio del corpo fino a livello cellulare? Non posso. Vedo già incombere su di me il fallimento.
Fra Leone e Fra Bernardo hanno detto che mi sottoporranno a un allenamento particolare, che mi mostreranno alcune tecniche utili al rilassamento sessuale: ma io non nutro molta fiducia in questi sistemi. Il problema è radicato troppo profondamente nella mia basilare «elità», che è troppo tardi per cambiare: ormai io sono quello che sono.
Mi metto lì a montare quelle donzelle, quelle flessuose sacerdotesse azteche; e, pur avendo la testa piena d’istruzioni circa la necessità di trattenere il seme, il mio corpo parte al gran galoppo, si scatena, e io esplodo in un empito di passione. E la passione è esattamente ciò che si deve dominare se si vuole sopravvivere a questa Iniziazione.
Fallendo questa prova, fallisco tutto: cado per strada, non posso più raggiungere l’immortalità; meglio dunque che sopprima la mia inutile vita dato che qualcuno dovrà pur farlo, e in tal modo liberi il cammino agli altri.
Così ho pensato stanotte, nelle buie ore prima dell’alba. E ho pensato anche che Timothy è un altro che certamente fallirà, perché non è capace — o non ha voglia — di raggiungere la necessaria introflessione. Lui è prigioniero del suo stesso atteggiamento sprezzante; a tal punto disprezza la Confraternita e i suoi riti che riesce a malapena a frenare l’impazienza. E così non riesce neppure a imparare la necessaria disciplina. Noi meditiamo: lui si limita a guardare.
C’è poi il serio pericolo che uno di questi giorni pigli su e se ne vada: il che, alterando l’equilibrio del Ricettacolo, manderebbe ovviamente a carte quarantotto ogni cosa. Di conseguenza designo nascostamente Timothy per l’adempimento della seconda clausola del Nono Mistero. Non è possibile che lui ottenga ciò che la Confraternita offre; perciò, che soccomba, che venga trucidato a favore degli altri.
Stanotte, mentre giacevo penosamente sveglio, mi è venuta l’idea di portare immediatamente le cose all’acme desiderata: rubare un coltello in cucina, pugnalare Timothy nel sonno, e poi trafiggermi anch’io. Così il Nono Mistero verrebbe adempiuto, e Ned e Oliver avrebbero il loro passaporto per l’eternità.
Mi sono addirittura rizzato a sedere sul letto. Ma al momento critico ho esitato, chiedendomi se era il momento giusto per compiere quanto avevo in animo. Forse il Nono Mistero ha già il suo posto in una ben precisa fase futura del rituale. Forse, intervenendo arbitrariamente adesso senza neppure un segnale da parte dei frati, sciuperei tutto. Se un sacrificio prematuro è privo di utilità, è meglio che io non agisca.
Perciò sono rimasto a letto, e il mio impulso è sparito. Stamattina, pur essendo ancora depresso, ho scoperto che non avevo nessuna voglia di togliermi la vita. Certo, nutro grande sfiducia nei miei confronti; certo, sono molto sgomento per le mie lampanti inadeguatezze assortite; ma lo stesso voglio vivere più a lungo possibile.
Però le prospettive di ottenere la longevità dei frati mi appaiono improvvisamente scarsissime. Credo che nessuno di noi ce la farà. Credo che questo Ricettacolo cadrà in pezzi.