THX si avviò lentamente per il corridoio pedonale, seguendo i cartelli che indicavano la Stazione di Controllo 7B73.
— Aiutateci a ridurre i livelli critici di rumore di quest’area. Comunicate tutti i decibel in eccesso di uno virgola cinque sulla scala miurawiegand.
A quell’ora il corridoio era quasi vuoto, e insolitamente quieto.
Raggiunse la Stazione di Controllo, il cui numero era accompagnato dal solito simbolo, una foglia di marijuana stilizzata. Esitò prima di entrare, poi, con determinazione, spinse la porta di plastica, che si chiuse alle sue spalle.
Si aspettava di vedere una specie di ospedale, o almeno di infermeria, tipo quella che c’era al centro montaggio. Invece non era altro che una cabina di preghiera molto più grande. C’era una comoda sedia modellata, dotata di poggiatesta, sistemata davanti a tre schermi incorporati in una parete. Le altre pareti erano nude, color pastello come tutto. Dall’altoparlante, una voce femminile che teneva un qualche tipo di conferenza:
— L’alterazione del carico si può ottenere solo con circuiti adeguati. I circuiti ad alta velocità sono pericolosi e possono produrre amplificazione di unità danneggiata. Occorre ridurre il tempo di dosaggio di un terzo…
Non c’era nessun altro nella stanza. Incerto, THX si sentiva a disagio.
— Sì? Qual è il vostro problema? — disse una suadente voce maschile. Doveva trattarsi di un nastro.
— Ho… bisogno di un consiglio. Di un consiglio psicologico. Per un amico.
Si sentì un «click». Poi — Benissimo. Sedetevi, prego. Un esperto psicologo si occuperà subito di voi.
Sempre a disagio, THX si sedette. — Non è per me, capite. È per il mio amico.
Nessuna risposta.
Poi un’altra voce, vivace e amichevole, disse: — Che cosa possiamo fare per voi?
Gli schermi erano ancora bianchi, ma almeno l’altoparlante era stato spento.
THX rispose nervosamente — Ehm, ho un amico che è nei guai.
— Avete provato le cabine di preghiera? La maggior parte dei problemi si possono risolvere con la preghiera convenzionale.
— Non è per me! — ripeté in fretta THX. — È per il mio amico che parlo. Lui è troppo sconvolto per venire di persona.
— Capisco.
D’un tratto lo schermo centrale mostrò l’immagine di un ‘ uomo serio, di mezza età, seduto in una sedia come quella dove stava THX. Era proteso in avanti.
— Un amico? — disse l’uomo, con tono d’incredulità.
THX annuì.
— Bene, qual è il problema del vostro… «amico»?
«Fa caldo qui.» — Ecco, ha commesso un crimine.
Lo psicologo sollevò impercettibilmente le sopracciglia.
— Davvero? Allora forse dovreste parlarne con la polizia.
— No. Non ancora. Ha bisogno d’aiuto. — THX sentì una paura improvvisa. — Queste visite mediche sono private, vero? Voglio dire, questa conversazione non viene registrata?
Per la prima volta lo psicologo sorrise. — I colloqui medici sono privilegiati. Né registrazioni, né monitor. La sacralità della relazione dottore-paziente è una delle pietre angolari della nostra società.
THX provò a rilassarsi. Ma aveva ancora paura.
— E poi — disse lo psicologo — voi state. parlando soltanto di un amico, quindi non dovete ovviamente aver paura.
— Sì, ma è una faccenda grave, la sua.
— Capisco. Perché non mi raccontate tutto?
Annuendo, THX disse: — Non so come cominciare.
— Avete detto che il vostro amico ha commesso un crimine. È un crimine grave?
— Un atto sessuale. — Le parole gli vennero fuori quasi involontariamente, veloci e mangiate.
Lo psicologo parve impressionato. — Eh, lo immaginavo. Com’è accaduto?
— Can la sua compagna di stanza. Una nata-naturalmente.
— Hmm. Una donna, eh?
— Sì.
Lo psicologo, scuotendo la testa, borbottò: — Quando impareranno? Per quanto forte sia il condizionamento, non si riescono a mettere i sessi opposti insieme senza che succedano guai. Specie se uno dei due è nato-naturalmente.
— Tutti e due hanno smesso di prendere i sedativi e tutto il resto. Né eccitanti, né tranquillanti, niente!
— Lo immaginavo. È molto grave, sapete.
— Lo so.
— Se la polizia lo scopre, e prima o poi lo scoprirà, il vostro amico finirà in prigione. La sua compagna di stan.za, essendo nata-naturalmente, verrà certamente distrutta.
— No!
— Temo proprio di sì. La società deve autoproteggersi. Non si può permettere che una procreazione indiscriminata inquini il nostro pool genetico. Ci sono volute generazioni per portare la società all’attuale livello di efficienza. Se lasciassimo che il sesso prendesse di nuovo il sopravvento, col risultato di avere bambini concepiti geneticamente a caso, dove andremmo a finire?
— Ma… — THX si trattenne per un pelo dal dire quello che stava per dire. — Ma il mio amico è talmente attratto da lei. Dice che gli sembra bellissimo stare con lei. Perché il sesso è un crimine?
Lo psicologo sorrise pazientemente. — Il sesso non è un crimine — disse. — Ci sono moltissimi sfoghi sessuali sani e sicuri che la società approva. Solo il sesso «sregolato» è pericoloso. Un tempo gli uomini e le donne si accoppiavano spinti da impulsi sessuali incontrollati e sregolati. I bambini che nascevano in questo modo erano geneticamente inferiori. E ne nascevano troppi. Il mondo era afflitto da sovrappopolazione. Era così sovraffollato che l’umanità era giunta a inquinare l’atmosfera e l’oceano. Vi siete mai chiesto perché viviamo felici e al sicuro sottoterra? Perché persone insensate, irrazionali, spinte dagli impulsi sessuali. hanno rovinato il mondo, in, superficie. Si sono distrutte da sole, mentre noi ci siamo dati una disciplina e abbiamo costruito, qua sotto, una società forte e stabile.
THX aveva imparato queste cose da bambino, nelle lezioni di storia. Ma ora suonavano irreali, vuote.
— Il sesso è bello, è naturale — proseguì lo psicologo. — Ma la sua funzione non è mai stata quella di dominare la vita umana. Il guaio del sesso sregolato è che costringe le persone ad avere rapporti interpersonali. Senza tener conto se questo sia un bene per loro, o no. Nella nostra società, si è imparato a incanalare gli impulsi sessuali. Tutti possono avere tutto il sesso che vogliono senza prendersi la briga di scegliere un partner. Ciascuno ha la sua privacy inviolabile, il suo isolamento dorato.
THX si immaginò a letto con LUH, s’immaginò di abbracciarla, di sentire il suo calore e il suo corpo tenero accanto al proprio. Chiuse gli occhi. «Devo essere pazzo!»
— E i bambini che produciamo in clinica — continuò lo psicologo — sono, sotto tutti gli aspetti, geneticamente superiori. Sperma e ovulo accoppiati con cura. Un accoppiamento indipendente dalle relazioni interpersonali, indipendente dalla grandezza del seno di una donna o del pene di un uomo. Questi fattori frivoli, questi stupidi particolari emotivi, sono stati banditi dal nostro sistema. Capite?
— Sì, certo, capisco — disse in fretta THX.
— La gente non si rende conto di quanto è fortunata. Abbiamo una farmacologia perfetta, medicine che aiutano a vincere gli istinti primitivi che continuano a minacciarci quotidianamente. — Lo psicologo scosse la testa tristemente. — Se penso alla cura e alla pazienza con cui gli ingegneri biochimici lavorano ogni giorno per produrre nuovi preparati, nuovi mezzi atti a mantenere la gente soddisfatta e felice, il pensiero di un uomo e una donna che deliberatamente si sottraggono al loro dovere mi riempie di rabbia.
THX annuì, cupo.
— Ecco dunque perché prendiamo medicine. Esse ci aiutano a evitare ogni sciocchezza emotiva. — Lo psicologo prese in mano una capsula gialla. — Avete già provato queste qui? Si chiamano neuracol. Fanno molto effetto.
— Io… no. Non mi pare che siano sul mercato, vero?
Lo psicologo sorrise e mise in bocca la pillola. — Non ancora, credo — borbottò. Ci bevve dietro un bicchier d’acqua.
— Be’, io consiglierei al vostro amico di ricorrere a un medico in persona. Naturalmente, poiché è colpevole di evasione e di atto sessuale, verrebbe fatto rapporto alla polizia. Però, seguito da un medico, forse riuscirebbe a curarsi. Sarebbe un, vero peccato che finisse i suoi giorni in prigione. O distrutto.
— Sì. Gliene parlerò.
Lo psicologo annuì, guardando THX alzarsi dalla sedia con la faccia che era il classico ritratto della colpa, della paura e dell’incertezza. Lo psicologo si appoggiò allo schienale, toccò un bottone sulla console e riguardò e riascoltò il colloquio.
Gli venne da ridere, davanti alle bugie evidenti di THX. — THX uno uno tre otto. Schedario medico, prego — disse al microfono della console.
Subito sugli schermi apparve la storia medica di THX. Niente di particolare.
— Lo schedario della compagna di stanza.
Sullo schermo apparve una fotografia di LUH con la registrazione sovraimpressa.
Lo psicologo guardò le parole e i simboli, poi si soffermò sulla foto.
Pensò, con un lieve ghigno: «Non posso dargli torto. Se avessi intenzione di uccidermi, questo sarebbe uno dei tanti buoni modi di farlo».
Tirò fuori dalla tasca altre due pillole e le inghiottì senz’acqua. Con l’altra mano toccò il pulsante destinato a mandare il colloquio con THX al Controllore.