15

Un robopoliziotto venne a prendere IMM. L’afferrò per il bavero della camicia, ma la stoffa era così liscia che gli rimase in mano. IMM stava lì imbronciata, coi seni piccoli e sodi attraversati dalla cicatrice. Era una situazione quasi comica. THX pensò che il robot forse se ne sarebbe andato con la camicia vuota. Invece buttò in terra la camicia e prese per un braccio IMM. Lei lo seguì, con lo sguardo appannato di sempre.

THX si addormentò. Quando la nota musicale avvertì dell’arrivo del cibo, THX prese i cubi dall’apposito distributore sotto il materasso. Mangiò tutti i cubi che c’erano, non ne lasciò per SEN. A volte di cubi ce n’erano due o tre, e di solito uno. Spesso la nota e la luce azzurra segnalavano, ma non arrivava niente nel distributore. «Non fa mai la stessa cosa due volte di seguito. Lo fanno per non annoiarci? O per non annoiarsi loro?»

DWY affilava un cucchiaio sfregandolo contro l’orlo della struttura del suo letto. Si rifiutò di dire come aveva avuto il cucchiaio. Ogni giorno lo affilava un po’. E diceva che avrebbe trovato il modo di tornare libero. Un cucchiaio affilato contro robot di acciaio.

SEN, dopo uno dei pasti, tenne un discorso. Stava in piedi e parlava a voce alta.

— I più non se ne sono accorti — disse — ma si è formato un «nuovo schieramento» che rappresenta uno sviluppo eccitante, «salutare». Questo schieramento è già una nuova maggioranza: avrà conseguenze sul futuro di noi tutti. Abbiamo bisogno di una nuova unità, un’unità che non scoraggi il dissenso. Noi «abbiamo bisogno» del dissenso. — Indicò PTO per illustrare le sue argomentazioni.

Quando tutti si furono girati verso PTO, SEN continuò: — Ma ci vuole un dissenso «creativo». Le nostre voci non costituiscono un coro armonioso. Però le differenze sono di intonazione, non di sostanza.

«Ho già sentito questo discorso» pensò THX. «Era il nastro di un vecchio discorso politico. L’ha mandato a memoria, parola per parola!»

— Ora, l’esigenza fondamentale del nuovo schieramento — continuò SEN — è di comunicare coi suoi elementi piuttosto che mantenere linee parallele destinate a non incontrarsi mai. Una volta che abbiamo messo a fuoco il nuovo movimento, saremo in grado di ottenere una nuova unità.

— E cosa sarebbe? — disse PTO.

— Guardate! — gridò CAM.

Si voltarono tutti. Un robopoliziotto portava un altro prigioniero. Era piccolo come un bambino.

— Un bambino!

— No, un cavernicolo.

Era spaventosamente brutto. Pelo lungo e arruffato in testa come in faccia, denti che lampeggiavano in mezzo a quella roba, e vestiti che somigliavano alla capigliatura o alla pelle di qualche animale estinto da tempo. Gli occhi erano incavati. Braccia e gambe corte e deformi.

Il poliziotto che aveva portato in braccio il mostro, lo lasciò cadere in terra senza tante cerimonie. Batté la sbarra tre volte e annunciò:

— Soggetto indefinibile; designazione sei quattro tre tredici due otto quattro.

SEN sembrava aver perso la consueta sicurezza. Fissava il mostro con gli occhi fuori dalla testa.

PTO spiegò a CAM: — Un cavernicolo. Vivono nella struttura superficiale. Visto? Sono deformi. È una cosa abbastanza unica, sai: ce ne sono stati solo altri due qui. Puzzano, vero? — Il vecchio era molto fiero di essere così informato.

TWA mosse con prudenza qualche passo verso l’essere. Questi digrignò i denti e ringhiò. Ma TWA si avvicinò ancora, e gli diede un calcio. Il cavernicolo strillò facendo un salto indietro, poi scappò via di gran carriera e saltò in grembo a DWY. DWY urlò terrorizzato. — Via! Via! — Cercò freneticamente di cacciar via l’intruso usando gambe e braccia.

Il cavernicolo, con urla acutissime, saltò da un letto all’altro finché ne trovò uno distanziato di parecchi metri dagli altri. Vi si rannicchiò, diventando una specie di palla pelosa, tutto tremante e mugolante.

«Ha più paura di noi» pensò THX.

Gradatamente tutti tornarono alla normalità. PTO alle sue storie pedagogiche con CAM. SEN ai discorsi politici e alla raccolta di cibo. THX guardò il cavernicolo. Era così piccolo e così spaventato. Tranne quando digrignava i denti.


THX camminava piano intorno al gruppo di letti. TWA e DWY stavano insieme a guardare il vuoto che li circondava, come cercando di tirarne fuori qualcosa.

— È là? — chiese TWA.

— No, non c’è niente.

— Sei sicuro?

— Certo.

TWA scosse la testa. — Vorrei poterla vedere.

— Dev’essere là, da qualche parte.

— Eh sì.

— SEN sostiene che se la troviamo, questa barriera, se riusciamo a vederla, possiamo fare in modo di oltrepassarla. Ci credi?

TWA si chiuse nelle spalle. — Esaminiamo in quella direzione — disse.

SEN stava dicendo a PTO: — Penso che un leader, nei limiti del possibile, debba prendere decisioni per aumentare la conoscenza, non per diminuirla. Però deve essere così saggio da limitare la libertà per garantire la libertà. Insomma, bisogna mantenere il popolo forte, e dargli una direzione.

PTO sollevò le mani scoraggiato, in segno di protesta.

Arrivarono TWA e DWY e si piazzarono davanti a SEN. Allora? — chiese SEN ansiosamente.

— Abbiamo fatto centocinquanta spostamenti dislocati a caso, come avevi detto — disse DWY.

— E allora?

— Centoquarantasei assolutamente negativi, quattro incerti, ma erano i primi, quando dovevamo ancora familiarizzarci. Probabilmente non sono importanti.

PTO ridacchiò. — Non è molto incoraggiante.

— Al contrario! — ribatté DWY. — Prova quello che ho sempre sospettato. Ci troviamo in uno spazio uniforme senza limiti visibili.

SEN lo interruppe: — Sì, bello. Ma dobbiamo trovare la barriera. Non possiamo far niente finché non la troviamo.

THX si teneva lontano da loro. Erano tutti pazzi. Poi sentì il passo di un poliziotto e i tre colpi sul pavimento.

— LUH nove nove nove otto.

Prima che il robot avesse finito di parlare, THX si era già voltato, gridando il nome di LUH.

Ma il nuovo arrivato era un uomo maturo dall’aria tranquilla, solo stordito e spaventato per il fatto di trovarsi lì.

— Parla! — disse DWY con stupore. Tutti guardavano THX.

— Certo che parla — disse SEN. — Io lo sapevo. Ve l’ho anche detto.

Ma THX non li vedeva né sentiva. Per una frazione di secondo aveva sentito la speranza, forse perfino la felicità. Depresso, tornò al suo letto e vi si buttò sopra.

SEN gli si sedette accanto. — Ti senti bene? Qualcosa non va?

— Vattene — disse THX. — Sono stanco.

Il robopoliziotto non se n’era ancora andato. Si diresse verso DWY, che stava mangiando dei pezzetti di cibo che aveva raccolto. Il poliziotto lo prese per il bavero.

DWY alzò sul robot due occhi pieni di terrore. — Cosa mi volete fare? — strillò.

Il robot non disse niente. Cominciò a trascinarlo. DWY aveva le gambe molli, che strisciavano inerti sul pavimento. Una macchia umida apparve sul cavallo dei suoi pantaloni. Mentre veniva sospinto via tra i lamenti, DWY lasciò in terra tuta una traccia di bagnato.

Il cavernicolo saltò giù dal letto e si precipitò sulla traccia umida, toccò con un dito l’urina e l’assaggiò. Era impossibile capire, tra quel pelo arruffato, se la cosa gli piacesse o no.

A interrompere lo stato d’animo di tutti arrivarono la nota musicale e la luce azzurra. Tutti andarono ai loro letti, ma questa volta nei distributori non c’era niente.

— Ancora vuoto — disse TWA, furioso.

— Come faremo? Sono più spesso vuoti che pieni. Vogliono farci morire di fame!

A THX sembrò quasi di udire la risata di chi adesso li stava osservando su un qualche schermo.

— State calmi — disse SEN. — Mantenete la calma. Questa mancanza di cibo ci fa sentire in pericolo. Ma il cosiddetto coraggio non ci serve in queste situazioni. Conta di più la capacità di eliminare la paura individuale pensando in modo altruistico.

TWA lo interruppe: — Facile parlare per te, che hai tutto quel cibo nascosto!

— Già!

SEN alzò le mani, accattivante. — Su, su. L’egoismo non migliora la situazione. Dobbiamo tutti…

— Cercate nel suo letto!

In cinque mossero verso SEN.

— Aspettate — disse lui, con un gran sorriso. — Sì, ho messo da parte del cibo. Per emergenze come questa! Che leader sarei se non mi preparassi per le emergenze?

I cinque si fermarono e guardarono SEN tirare fuori da sotto il materasso una manciata di cubi.

— Tutti in fila adesso, per dividere equamente.

Si misero in fila, ubbidienti.

— Niente spinte o gomitate — gridò SEN. — Ce n’è per tutti.

Mise in mano a ciascuno un cubo, borbottando: — Disciplina e ordine.

THX, sul letto, guardava. Non aveva fame: in fondo avevano mangiato poco prima. O almeno a lui sembrava fosse passato poco tempo. Gli altri invece parevano affamati. Anche il vecchio PTO s’era messo in fila. SEN era raggiante quando gli porse il cubo.

PTO, preso il cubo, disse — La nostra vita è breve e misera. Su tutti noi incombe un destino spietato e oscuro. Cieca al bene e al male, incurante di distruggere, l’autorità, onnipotente, avanza inesorabile.

SEN si girò verso THX con faccia disgustata.

La nota musicale suonò ancora, come arrabbiata, e la luce azzurra lampeggiò. Tutti corsero ai distributori e trovarono ben quattro cubi a testa!

— Siamo salvi! — gridò CAM con la sua voce stridula di ragazzino.

— Amici, amici — gridò SEN, con le braccia aperte e il sorriso beato — abbiamo superato la crisi. Ma, nella mia qualità di capo, da voi opportunamente eletto, devo sottolineare che non sapremo mai quando saremo colpiti da un’altra situazione di emergenza. Prepariamoci adesso. Mettete da parte metà del vostro cibo assieme al mio, con equa distribuzione.

Si formò di nuovo la schiera e ciascun uomo lasciò cadere sul letto di SEN due cubi. Fu raccolto così un discreto mucchio.

THX era rimasto nel suo letto. Alla fine, dopo che tutti ebbero mangiato, SEN, finito di nascondere sotto il materasso le sue scorte, si diresse sorridente verso THX.

— Tutti dividono con gli altri la loro fortuna — disse affabile. — Ciascuno aiuta l’altro. Come tuo capo, devo chiederti di fare altrettanto.

THX guardò quella faccia tonda e sorridente e pensò che sarebbe stato molto bello prenderla a pugni. Invece aprì il distributore, tirò fuori quattro cubi e li allungò a SEN.

— Tutti? — disse SEN, sorpreso.

THX si alzò da letto. — Sì. Spero che ti piaceranno.

— Ma cos’hai intenzione di fare? Dove vai?

THX disse, senza voltarsi a guardarlo: — Me ne vado.

— Te ne vai! E da dove? — Poi: — Sì, capisco! Aspetta un attimo!

Tenendo stretti al petto i quattro cubi con un braccio, SEN corse dietro a THX e con l’altro braccio cercò di bloccarlo. — Aspetta! Solo un attimo!

THX si fermò. SEN si rivolse agli altri prigionieri.

— Dopo lunga riflessione, ho deciso di andare a esaminare personalmente la barriera. Per vedere direttamente quali sono le difficoltà e come superarle. Capisco che ci sono dei rischi, e anche dei pericoli, ma in momenti come questi occorre fare una scelta e agire indipendentemente dal pericolo. Torneremo presto, ma staremo fuori abbastanza da poter elaborare un piano di fuga accurato e funzionale, e io così saprò come meglio organizzare tutti noi in una squadra che sappia lavorare bene.

Dopo le prime cinque-sei parole di SEN, THX aveva cominciato a camminare piano allontanandosi dai letti. Nella direzione opposta a quella presa l’ultima volta.

SEN finalmente si accorse che THX se n’era andato e tagliò corto, correndo per raggiungerlo. Ma dopo pochi passi tornò precipitosamente al proprio letto, tirò fuori una gran provvista di cubi e si diresse di nuovo verso THX. Fece il segno di vittoria con le dita, rivolto agli altri, e così facendo lasciò cadere alcuni cubi, su cui quasi inciampò.

— Il nuovo schieramento! — gridò, e corse dietro a THX.

— Straordinario — disse PTO.

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