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Il robopoliziotto accompagnò THX nell’infinita vacuità bianca della prigione. Aveva con sé la sbarra elettrificata. THX camminava di malavoglia. Era depresso, senza speranze, ma stranamente non aveva paura.

— Mi uccideranno, vero? Mi distruggeranno?

Il robot rispose con la voce di OMM: — Va tutto bene. Sono qui con voi. Benedizione dello Stato. Benedizione delle masse. Sarete consumato, e nel consumo espierete i vostri peccati. Siate contenti di avere la possibilità di purificare la vostra anima servendo le masse. Meditate e siate felici.

THX si fermò di botto. — Siate felici? Quando mi uccideranno?

Il robot continuò a camminare un po’ prima di accorgersi che il prigioniero era rimasto indietro. Si voltò lentamente, fissò i suoi occhi elettro-ottici su THX e gli si diresse incontro. La sbarra era puntata contro la sua faccia.

— Continua a camminare — disse il robot, con voce di poliziotto, non più di OMM.

THX lo guardò. Quello fece un altro passo. La sbarra dondolava piano davanti agli occhi di THX. «Devi rimanere viva» disse una voce nella sua mente. «Vivo.»

THX lasciò cadere un po’ in avanti la testa, e la sbarra si allontanò. Il robot riprese a camminare: THX lo seguì, con la testa ciondoloni.

Gli parve che passassero ore. Alla fine vide, in distanza, una chiazza colorata, una forma solida. Il robot si dirigeva là. Cercò di aprir bene gli occhi per vedere di cosa si trattava.

Era un gruppo di persone strette intorno a strani oggetti che sembravano casse oblunghe. Avvicinandosi, THX vide che le casse erano in realtà dei lettini, sistemati in cima a strutture di plastica azzurre che parevano contenere cassetti e sportelli, sotto il materasso. Dieci letti, nove persone, ognuna col suo pigiama bianco gualcito.

Il robot si avvicinò al gruppo, piantò la sbarra in terra e disse semplicemente:

— THX uno uno tre otto.

I presenti, otto uomini e una donna, lo guardarono un attimo, poi se ne disinteressarono. Solo uno continuò a fissarlo: era SEN 5241.

THX lo riconobbe dopo un attimo. SEN gli sorrise con aria canzonatoria e gli si avvicinò.

— Lo so che mi hai denunciato tu — disse, calmo.

THX non disse niente.

— Sto abbastanza bene qui però — aggiunse SEN, con una scrollata di spalle.

THX guardò gli altri. Uno, chiaramente cieco, stava sull’orlo del letto e fissava il mondo con occhi vuoti. Vicino a lui un vecchio dalla faccia buona parlava con un ragazzo pieno di foruncoli. La donna sedeva tutta sola, pareva di cattivo umore. «O forse è una demente» pensò THX guardando più attentamente i suoi occhi spiritati. Da un altro lato c’era un uomo gigantesco, chiaramente pazzo: rideva e calciava, con la bava che gli scendeva lungo il mento.

Con un brivido, THX capì che quelli sarebbero stati i suoi compagni per il resto dell’esistenza.

— Sto facendo alcuni piani — continuò a dire SEN — ma non è facile…

Prese a braccetto THX e lo condusse al letto vuoto. — Ecco, questo è il tuo. — THX affondò nel materasso; era morbido, quasi comodo.

SEN si sedette vicino a lui. Parlava a voce bassa e si guardava intorno come se fiutasse pericolo. — Cominciamo dall’inizio. Ci vorrà un po’ di tempo prima che tu veda il mio piano completo. Per il momento quindi tienti lontano dalle cose che non capisci, eh? Mi renderesti tutto più difficile. È il minimo che tu possa fare. D’accordo?

«Siamo intrappolati in quest’inferno e lui fa dei piani?» THX avrebbe voluto urlare.

— Cos’hai? Perché non mi rispondi? Non fare così.

Il vecchio dalla faccia buona, una faccia rugosa con acquosi occhi azzurri e guance pendenti, si avvicinò e si chinò verso THX.

— Va tutto bene — disse. — Ora sei al sicuro. Sei fra amici, compagno. Mi chiamo PTO zero tre quattro zero.

THX si voltò dall’altra parte. PTO si strinse nelle spalle, guardò SEN, poi se ne andò scuotendo la testa.

SEN sussurrò: — Sei uno stupido. — Poi, sorridendo e sempre guardandosi intorno, si alzò e tornò al suo letto.

THX rimase immobile sul letto. Uno dei prigionieri più giovani faceva esercizi di ginnastica sul pavimento. Seduto-sdraiato, seduto-sdraiato. La donna, in trance, borbottava parole sconnesse. THX notò che aveva i vestiti laceri in più punti. Un uomo magro dall’aria fragile stava in ginocchio, lontano dai letti, e dipingeva enormi figure rosse, asimmetriche, sul pavimento.

Il gigante idiota si dondolava sull’orlo del letto e ogni due-tre minuti faceva un urlo da lacerare le orecchie.

SEN contava pacchi di cibo che aveva accumulato. «Parte del suo piano» pensò THX, disgustato. In silenzio si sdraiò, preparandosi a dormire.

Il tempo perse tutto il suo significato. THX dormiva e mangiava, ascoltava i compagni, li osservava trascinare le loro vite intorno a quei dieci letti. Al suono di una nota musicale e al lampeggiare di una luce blu, arrivava il cibo negli appositi bidoni. SEN riusciva sempre a ottenere da qualcuno almeno un cubo extra di roba. Molti glieli diede THX, che aveva sempre poca fame.

Varie volte THX si svegliava di soprassalto durante il sonno e vedeva il gigante idiota, TRG 3442, che lo guardava fisso.

THX non parlava mai. Le parole erano completamente inutili, inadeguate, insensate. Gli altri invece parlavano, parlavano continuamente.

PTO e SEN discutevano sempre di improbabili nessi logici. Spesso si intrometteva DWY 1519, un uomo magro e nervoso che riusciva a ravvivare la conversazione quando questa stava languendo.

— Perché ci tengono qui? — Fu PTO a fare una volta questa domanda retorica. — Perché non ci distruggono subito? Dal punto di vista economico non è giusto. Molto diverso da…

Intervenne SEN: — Ho già detto molte volte, e penso che dovrò ancora ripeterlo, che…

— Dal punto di vista economico… — riprese DWY. Ma PTO continuò: — r — enormemente più spaventoso «credere» di stare per essere distrutti che «essere» effettivamente distrutti. Molti di noi sono sull’orlo dell’isterismo. Bisogna trovare un rimedio.

— Di cosa stai parlando? — disse SEN. — Da quant’è che non dormi? Lo sai qual è il problema invece? È che sei stupido, sei cieco. È da tanto tempo che sei qui che non capisci quello che succede. Dobbiamo unirci. — Strinse le mani, — Abbiamo bisogno di «unità». E di «azione». Siamo arrivati a un punto che dobbiamo…

— Unirci! — disse DWY.

SEN si voltò verso di lui e gli fece un cenno. DWY si avvicinò. SEN gli parlò all’orecchio. — Senti — disse — perché non vai a dare una mano a TWA? È molto più interessante di noi due.

DWY si drizzò: era un po’ sorpreso, un po’ depresso per esser stato respinto dal suo leader. Fece qualche passo indietro, poi andò da TWA, il cieco, che camminava su e giù fra i letti con le mani tese come antenne di insetti.

PTO guardò DWY con paterna preoccupazione. Poi, rivolto di nuovo a SEN, riprese la discussione: — Afferrare l’essenza della nostra situazione qui non è un atto di intuizione, ma un sottile processo logico. L’intuizione si fa irretire dalla paura e dal terrore, mentre l’intelligenza logica no.

THX, dal suo letto, li guardava. SEN pareva esasperato, mentre il vecchio sembrava divertirsi.

SEN disse: — Io ho sempre notato certe qualità di carattere e sensibilità nelle persone più isolate, qualità che diventano doppiamente preziose se l’individuo è posto in un ambiente pieno di tensione come questo.

— Se si deve imparare qualcosa — disse PTO — la si deve imparare in un’atmosfera di chiarezza e precisione, lontano dalle intrusioni snervanti e debilitanti dell’irrazionale.

THX stava appoggiato sui gomiti. Cominciò a rendersi conto che quei due non discutevano. Erano impegnati in due monologhi separati!

— Quando ti conobbi — proseguì SEN — intuii una qualità profonda in te, che ritenni sarebbe stata importante per te come per noi. Ma ero turbato perché non riuscivo a chiarire quale fosse esattamente questa qualità.

— L’intuizione può sembrare più affascinante perché è intrinsecamente più drammatica — disse PTO.

— Adesso credo di capire che per qualche ragione nemmeno tu lo sai…

— L’intuizione non costringe la mente…

— No, non credo assolutamente…

THX si accorse che TRG lo stava guardando. Guardò in faccia il maniaco che stava, come una montagna ghignante, poco lontano dal suo letto. TRG ridacchiò e si pulì col dorso della mano la saliva dal mento. THX continuò a fissarlo, immobile.

— Cerchi sempre di eludere il vero problema — disse PTO, a voce alta. — Cosa c’è che non va nella nostra condizione? Stiamo bene, abbiamo cibo in abbondanza. Non mi sento assolutamente minacciato perché «non ci sono» minacce. Perché creare problemi? Sono le tue emozioni in realtà che devi esaminare. È insensato…

Un urlo infranse la conversazione.

TRG balzò indietro d’un passo e guardò per vedere da dove veniva l’urlo. THX guardò nella stessa direzione.

Uno degli uomini era sopra IMM e le copriva la bocca con la mano. La camicia era stata tirata giù, e si vedevano i due piccoli seni solcati da una cicatrice livida. TRG si avvicinò all’uomo, che lasciò andare IMM e corse via, inciampando per la fretta. La ragazza si rimise a posto la camicia e se la tenne stretta addosso. TRG si fermò davanti a lei, ma lei non lo guardò, rimase lì sul letto a sedere e a dondolarsi avanti e indietro, in silenzio.

THX tornò a sdraiarsi. La testa gli faceva un male terribile. PTO e SEN ripresero la conversazione come se non fosse successo niente, e continuarono per un pezzo.

Suonò il rintocco del pranzo. THX lo ignorò e cercò di dormire. Ma non riuscì. Continuava a fissare quell’infinito biancore vuoto, così spento e soffocante.

Senti i passi pesanti di un robopoliziotto, e il rumore della sbarra che batteva in terra…

— CAM cinque due cinque quattro — disse il robopoliziotto.

THX si girò e vide un ragazzo di circa quattordici anni dall’aria smarrita e terrorizzata.

TRG si avvicinò al ragazzo, lo guardò bene, poi si mise, a ridere. Il ragazzo tramava. Il robopoliziotto afferrò l’idiota per la collottola. TRG sembrava adesso una povera bambola di stracci. Il robopoliziotto se lo trascinò dietro, finche entrambi scomparvero in lontananza.

«Già» pensò THX, «solo dieci persone possono occupare dieci letti. Per ogni nuovo che arriva, uno deve andare.»

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