16

SEN corse più che poté, con i cubi che gli scivolavano in terra lasciando una scia come quella di Hansel e Gretel. Gridò a THX: — Aspetta! Dammi una possibilità!

THX si voltò e rallentò un poco così che SEN poté raggiungerlo.

— Giusto per tirargli su il morale — ridacchiò SEN. — Per mostrargli chi sono i capi. Quando torneremo, saranno ancora là, ad aspettarci! — Stese la mano destra, lasciando cadere altri tre cubi.

— Non c’è alcun dubbio — disse. — Perfino il vecchio PTO è stato colto di sorpresa. — Si voltò a guardare indietro. — Quanto ci vorrà prima che non ci vedano più?

THX continuava a camminare. SEN mise i cubi che gli rimanevano nelle tasche.

— Sei sicuro che non siamo già andati abbastanza lontano? Forse faremmo meglio a fermarci a riposare un attimo.

THX continuò a camminare. Camminarono in silenzio per un po’. Alla fine SEN si fermò e guardò indietro, nella direzione da cui erano venuti. Si riparò con una mano gli occhi dalla luce.

— Non riesco a vederli più. Basta che stiamo qui un pochino e poi torniamo indietro.

SEN guardò meglio e all’improvviso si rese conto che non era sicuro della direzione per tornare indietro. Non si vedeva niente.

— Indietro — mormorò. Poi, a THX: — Sei… sei venuto fin qua l’ultima volta?

THX, in silenzio, continuò a camminare. SEN spalancò gli occhi come avesse d’un tratto capito tutto, e gli corse dietro. — Non crederai mica sul serio a quelle sciocchezze sullo scappare? Non si può scappare. Nessuno può.

— Possiamo provarci.

— No! Non capisci? Le autorità, lo Stato, non lo permetterebbero mai. Non avrebbero mai costruito questa complicata prigione in modo da permettere la fuga. La fuga è solo una speranza, una carota da far vedere a quegli asini là, perché stiano tranquilli.

— Lo Stato non fa sempre tutto bene — disse THX. — Le macchine non funzionano, i computer si rompono. Forse la prigione non è a prova di fuga. Non lo sapremo mai se non tenteremo.

Preso dalla paura, SEN balbettò: — Ti uccideranno! Ti fermeranno. Perché nessuno l’ha mai fatto? Te lo sei chiesto? Non ci son posti dove andare…

— Come sai che nessuno l’ha fatto? Pensi che te lo verrebbero a dire?

— Ma, ma non abbiamo abbastanza cibo.

THX scosse la testa, continuando a camminare.

— Ecco, fermati. — SEN frugò in tasca e tirò fuori un cubo. Corse dietro a THX e glielo offrì.

THX rifiutò con un cenno deciso della mano. SEN lo morse un po’. Poi, d’un tratto, disse: — LUH!

THX si fermò.

— Stai cercando LUH, vero? — Capì la risposta dagli occhi addolorati di THX. — È ridicolo.

— Sta’ attento a quello che dici — gli disse THX, duro. Riprese a camminare.

SEN si affrettò. — Ascolta, fermati. C’è qualcosa che ti voglio dire. Fermati, ti prego. LUH, il LUH che si è aggiunto al nostro gruppo, mi ha detto che l’ha vista!

THX lo guardò, ma non rallentò.

Un po’ ansimante, SEN continuò: — Sì. L’ha vista prima di essere portato da noi. Verrà anche lei. Sì.

— Come sta? — chiese THX.

— Bene, bene. È in ottima salute. Proprio come l’hai lasciata.

— Balle!

— È vero! Te l’assicuro.

THX spinse da parte SEN, che barcollò un po’ gridando: — Sei un pazzo. Non la troverai mai, e non saprai mai…

SEN guardò THX allontanarsi. Poi si voltò indietro e non vide niente, da nessuna parte. Il solito biancore.

— Non puoi! — gridò. — Non ce la puoi fare!

La sagoma di THX si faceva sempre più piccola. Presto sarebbe scomparsa.

— Aspettami! — strillò SEN. — Non lasciarmi solo! Aspettami!


THX camminava avanti, e SEN lo seguiva. Parlavano poco o niente. Ogni tanto si riposavano, e SEN tirava fuori un cubo e lo divideva con THX, senza dire una parola. SEN sembrava istupidito, ma anche scontroso e impaurito. THX pensava a LUH, ma capiva che SEN aveva probabilmente ragione. Non l’avrebbe mai rivista, non avrebbe mai saputo. «Ma non tornerò mai più nella loro prigione» si diceva. «Mai più!»

Ora i commenti di SEN erano sempre più rari. O almeno era passato a un’altra tattica.

— L’aria si è fatta più rarefatta — disse a un certo punto. — O forse è la pressione che è aumentata. Sì, è la pressione. Come ti senti?

— Bene.

— Sento qualcosa di strano alle orecchie. Sei sicuro che sia la direzione giusta?

— Non ci ha ancora fermato nessuno.

Continuarono a camminare, ma SENI rimaneva sempre più indietro. Alle fine cadde in ginocchio e rotolò su un fianco. Gemette, boccheggiando.

THX si fermò e tornò da lui.

— È l’aria — disse SEN in un soffio. — Sta diminuendo. Non ce la faccio più. Non c’è spazio. Non c’è aria.

THX si accovacciò vicino a lui. Si sentiva come un insegnante impaziente con un alunno recalcitrante. — Non ho tempo. Puoi restare qui se vuoi.

Si rialzò in piedi e s’incamminò.

— No! — SEN si alzò faticosamente in piedi e corse dietro a THX.

Ore dopo, SEN borbottò — Non dovremmo andare così lontano.

Ma continuò a camminare. All’improvviso THX si fermò.

— Cosa c’è?

— Guarda! — disse THX.

C’era qualcosa, nel biancore vuoto. Una macchia, come una capocchia di spillo che interrompeva la vacuità.

— Oh no — mormorò SEN.

THX si concentrò, cercando di distinguere cosa fosse.

— Non sembra che si muova — disse.

— È un’illusione ottica — disse SEN.

— O forse un poliziotto.

Gli occhi di SEN si riempirono di paura. — Non penserai che…

THX gli rise dietro. — Cosa possono farci? Metterci in prigione? Ucciderci?

Si diressero verso la macchia. Dopo un bel po’, questa prese forma, una forma umana.

— Guarda! Ci sta facendo cenni di saluto. Se fosse un robopoliziotto non lo farebbe, vero?

THX non rispose. Presto furono tanto vicini da vedere che era un nero alto e muscoloso, con braccia grosse e una faccia forte e bella.

— Salve! — gridò. — Mi chiamo SRT cinque cinque cinque cinque.

— THX uno uno tre otto — disse THX — e questo qui è SEN cinque due quattro uno.

Erano abbastanza vicini da toccarsi con le mani, adesso. Ma SEN si tenne un po’ indietro.

— Ehi, da dove venite? — chiese SRT.

— Da qualche parte laggiù.

— Dalla prigione? Ma credo sia uguale da tutte le parti. Avete da mangiare? Sono affamato.

THX si girò verso SEN, che rimase zitto. — Dagliene un po’ — gli disse.

SEN guardò prima THX poi SRT, e tirò fuori da una tasca un pezzettino di cubo. SRT lo prese.

— Grazie. Grazie davvero. Non mangiavo da… be’, da tanto.

Dopo che il nero ebbe mangiato, THX gli disse: — Cosa fai qui?

— «Pensavo» di essermi perduto — disse lui.

— Adesso invece non lo pensi più?

— No…

— Conosci il modo di uscire? — chiese SEN, tutto contento.

Il nero annuì con forza.

— Dove si deve andare? — chiese THX.

— È qui attorno, da qualche parte.

— Cosa? Come? — disse SEN.

— Si tratta di un’entrata — disse SRT. — Io ci son passato un paio di giorni fa. C’erano delle luci che lampeggiavano, lì intorno.

THX disse: — Allora non sei un prigioniero? Un condannato?

— Io? No. Sono un ologramma. Un attore. Dovreste avermi visto all’Ora dei Manichini, l’oloshow più popolare della città, almeno secondo l’indice di gradimento del mese scorso.

— Mente — sussurrò SEN a THX. — Oppure è pazzo.

SRT lo sentì e rise. — No, né l’uno né l’altro. Il mio show è stato eliminato. Cancellato. Quel maledetto computer ha fatto un errore e ha messo il mio show ultimo, anziché primo, negli indici di gradimento. Così hanno fatto posto agli altri show, e a noi hanno detto di non tornare finché le cose non si sistemavano. Stavo passeggiando per la città, quando sono capitato qui.

— Impossibile! — sbottò SEN.

SRT scosse la testa e disse — Insomma, c’è un’uscita qui intorno, segnalata da luci intermittenti. Decidete poi voi se crederci o no. lo la cerco. Grazie del cibo.

S’incamminò.

— Aspetta! — gridò THX. — Andiamo insieme. Forse tutti e tre insieme riusciremo a trovarla.

SRT si strinse nelle spalle. — Va bene.

— Ma sta andando dalla parte da dove siamo venuti — protestò SEN.

— Forse giravate in cerchio. Sono abbastanza sicuro che di qua si vada all’uscita.

SEN prese per un braccio THX e gli parlò all’orecchio. — È una spia. Una spia della polizia. Cerca di portarci lontano dalla barriera, di farci tornare dagli altri. È una trappola.

THX continuò a seguire con gli occhi il nero. Aveva un’aria abbastanza amichevole, anche se sembrava un po’ troppo impaziente di andare e un po’ esasperato dal comportamento di SEN.

— Guardate che se non volete venire con me, vado da solo. Per me va sempre bene.

— No — disse THX, d’istinto. — Verremo con te.

SEN borbottò fra sé, guardando il biancore vuoto dove stavano tornando.

Dopo un’ora, SRT si fermò di colpo e indicò. — Ecco là! — gridò.

THX puntò gli occhi nella direzione che il nero mostrava, ma non vide niente.

— Non c’è niente là — disse SEN. — È pazzo.

Ma SRT corse avanti, come se vedesse davvero qualcosa. THX esitò un momento.

— Forza, venite! Eccola qua! — gridò SRT.

Ma THX, benché facesse del suo meglio, continuava a non vedere niente. «Avrebbe voluto» vedere una porta con luci intermittenti. Ma non era così.

— Ti dico io che è una trappola — mormorò SEN.

— Forse — disse THX. Poi, stringendosi nelle spalle, si diresse verso SRT, che era già abbastanza lontano. «Se è una trappola» pensò, «almeno l’avrò fatta finita una volta per tutte.»

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